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Autore: lady lina 77    07/11/2017    0 recensioni
E se nella scorsa fanfiction mi riagganciavo al finale della S2, ora mi aggancio a quello della S3. Tutto comincia in quella spiaggia dove Demelza, col cuore a pezzi, si concede a Hugh Armitage. E dopo? Se non fosse tornata a casa, cosa sarebbe successo?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avrebbe voluto seguire Ross, spiegargli, dirgli che si sbagliava... Ma Hugh stava male, lei non era in forma e suo marito era partito a cavallo senza voltarsi e in un attimo era sparito nella foresta.

E poi, spiegargli cosa? Ciò che sospettava Ross, in un certo senso era vero. Fra lei e Hugh c'era stato qualcosa, non in quel momento ma un mese prima, fra le dune, era stata una moglie infedele proprio come Ross era stato infedele con Elizabeth. Come poteva dirgli che aveva capito male se in fondo le sue supposizioni, anche se per una sola volta, erano esatte?

Pure lei aveva ceduto a Hugh Armitage e anche se le motivazioni che l'avevano spinta a farlo potevano essere accettabili, avevano un perché e si era concessa a un altro spinta dal dolore, dalla delusione e dalla sensazione di aver vissuto da sempre un matrimonio fasullo, restava una sola cosa su tutte: era stata infedele, aveva tradito e davanti a questo non c'erano giustificazioni. O se ce n'erano, lei non era in grado di darsele e di assolversi.

Era vero, pure Ross era stato infedele e lei ne aveva sofferto tanto. E probabilmente aveva continuato ad esserlo, visto quanto raccontatole da Prudie. Oppure aveva frainteso, come Ross con Hugh quando lo aveva visto fra le sue braccia davanti al mulino? E se le parole di suo marito fossero state sincere, se quello fra lui ed Elizabeth fosse stato un commiato e un chiudere un capitolo doloroso?

Ross se n'era andato a cavallo col cuore spezzato, sapeva di averlo ferito. E si sentiva in colpa perché i silenzi, le cose non dette o ascoltate, avevano finito per far del male ad entrambi. Forse avrebbe dovuto lasciare da parte il suo orgoglio, in questo sia lei che Ross erano uguali, due testardi con la testa dura come un muro, seguirlo e parlarsi a cuore aperto. Avrebbe fatto male ma forse... forse se avessero scoperto le loro carte, se fossero stati capaci di ascoltarsi, capirsi, ammettere i propri errori ed esprimere i loro veri sentimenti... Forse non sarebbe andato tutto perduto...

Demelza voleva andare a Nampara, voleva andarci da quando Ross se n'era andato a cavallo annunciandole che voleva partire per Londra coi loro bimbi. Un gesto dettato dalla rabbia e dalla gelosia, lo sapeva, e proprio per questo doveva fermarlo. Non poteva sopportare che i loro figli divenissero uno strumento di vendetta e non poteva nemmeno accettare l'idea che lui se ne andasse così, portandoglieli via senza la speranza di poterli rivedere.

Ma non era andata a Nampara...

Dopo che Hugh, ripresosi, era tornato a casa pallido e sofferente, si era sentita male di stomaco.

Aveva passato una notte infernale contorcendosi dal dolore e dalla nausea e la mattina dopo, quando aveva messo i piedi giù dal letto, aveva vomitato tutta la misera cena della sera precedente. A fatica si era lavata il viso al ruscello, cercando refrigerio nell'aria fresca del mattino e un po' di calma. Il suo stomaco era a pezzi e l'unica motivazione accettabile era che fosse a causa dello stress che stava vivendo. Ma doveva riprendersi e in fretta, la strada per Nampara era lunga da percorrere, o Ross sarebbe partito e lei non avrebbe avuto alcuna possibilità di rivedere i suoi bambini.

Dopo essersi lavata al ruscello, si avviò mollemente verso casa per sistemarsi i capelli, ma appena vi mise piede il suo stomaco cedette di nuovo. Si accasciò a terra, non ricordava di essere mai stata tanto male in vita sua. Era sola, lontana da tutto e tutti, senza una mano amica che potesse aiutarla. E cominciava ad essere spaventata... Cosa le prendeva? E come avrebbe fatto ad arrivare a Nampara se nemmeno riusciva ad uscire di casa?

Quel pensiero durò un attimo... Improvvisamente fu troppo, tutto divenne nero, la stanza prese a vorticare e si accasciò a terra senza sensi.

Si svegliò molto dopo, non seppe nemmeno lei quanto rimase senza sensi. Avvertì il freddo del pavimento sulla guancia, il dolore allo stomaco e un gran mal di testa che sembrava farla impazzire. Per un istante volle svenire di nuovo per non sentire più nulla di tutto questo ma alla fine dovette stringere i denti, strisciare fino al letto e gettarsi sul materasso senza forze.

Si chiese se un malessere tanto forte fosse davvero dovuto al pesce, non era normale star male così ed era abbastanza sicura di non essere malata. E se...? Scosse la testa davanti a un pensiero strisciante che forse si era già formato nella sua mente ma che lei si rifiutava di accettare. Al diavolo, no, non poteva essere, non DOVEVA essere! Chiuse gli occhi e si addormentò di nuovo, mentre le lacrime le rigavano il viso. Non sarebbe mai riuscita ad andare a Nampara, a parlare con Ross e a riabbracciare i suoi piccoli. Lui sarebbe partito odiandola, i bambini avrebbero dimenticato il suo viso e a lei non sarebbe rimasto nulla di loro. Pensò a Ross, il suo amore, il suo uomo forte e coraggioso, passionale e scavezzacollo, gentile ma dal carattere forte come il metallo, pensò a quanto lo amava e a come, da sempre, avesse desiderato il suo amore e che la guardasse come guardava Elizabeth. Ma in fondo come avrebbe potuto lei, Demelza di Illugan, figlia di un minatore, competere con una donna nata per essere amata e ammirata, sempre bella, perfetta ed altera, fine e ben educata? Singhiozzò, pensando a Hugh, a come la guardava e amava, a come era innamorato di lei in maniera dolce, gentile, pulita e mai egoista. E capì in cosa erano simili: entrambi amavano delle persone che non avrebbero potuto ricambiare i loro sentimenti perché i loro cuori appartenevano già ad altri. Il cuore di Ross apparteneva ad Elizabeth, il suo apparteneva a Ross. Lei e Hugh erano anime affini, affamate di un amore che non poteva essere ricambiato. Le si strinse il cuore pensando a Hugh e sperò che si fosse ripreso almeno lui...

Poi, spossata e vinta dal malessere, piangendo, scivolò in un sonno profondo e tutto smise di esistere.


...


Ross aveva fatto i bagagli in fretta e furia, ordinando a Prudie di preparare le cose per i bambini. Aveva noleggiato una carrozza e avvertito gli uomini della miniera dei suoi piani, lasciando a Zachy l'intera gestione della Wheal Grace. Poi si era recato da Dwight e Caroline per salutarli e nonostante loro avessero cercato di farlo desistere dall'intenzione di portare Clowance e Jeremy con se, non aveva voluto sentire ragioni e si era accomiatato da loro, lasciandoli perplessi e preoccupati per la piega che stava prendendo la sua separazione da Demelza.

Il mattino seguente la carrozza era arrivata e senza fermarsi a riflettere su quanto stava facendo, caricò i bagagli. Non voleva fermarsi a pensare o mille dubbi l'avrebbero rallentato. Stava facendo la cosa giusta? Clowance e Jeremy ne avrebbero tratto beneficio o ne avrebbero sofferto?

Al diavolo, Demelza se n'era andata tradendo tutti loro e non era certo lui che doveva sentirsi in colpa verso i bambini! Sarebbero stati bene, avrebbe lottato perché fosse così. Si sarebbero divertiti a Londra, avrebbero fatto tante nuove conoscenze, scoperto mille cose nuove e non avrebbero avuto tempo di pensare alla loro madre.

Prudie, accigliata, gli portò i bambini ancora assonnati. La piccola Clowance, in braccio, si strofinò gli occhietti mentre Jeremy si faceva trascinare mezzo addormentato.

"Signor Ross, io credo che non dovreste..." - tentò di argomentare Prudie.

"Io credo che DOVREI, invece! E credo che tu non dovresti preoccuparti di quello che faccio coi miei figli".

La donna sospirò, passandogli la piccola. "Portarli via dal loro mondo, dalla loro casa, dalle loro abitudini e dalla loro madre... E' troppo".

Ross strinse a se la piccolina, accarezzandole i capelli biondi, poi prese Jeremy per mano. "La loro madre se n'è andata! ANDATA! Non credo proprio che cambiare aria farà loro male, anzi, li aiuterà a non pensare al fatto che sono stati abbandonati".

Prudie scosse la testa. "Abbandonati? Sapete che non è così".

Jeremy abbassò il capo, singhiozzando. "Quando torniamo dalla mamma?".

Lo sguardo di Ross si indurì, non poteva permettere che i sensi di colpa lo divorassero. Era stato fin troppo paziente con Demelza e lei lo aveva fatto fesso... "Stiamo andando a Londra, ti piacerà! Staremo via un po'".

"Ma la mamma non puo' venire con noi?" - insistette il bimbo. "Basta che fate la pace e lei parte".

"No, non puo' venire" – tagliò corto Ross. "Ha altro da fare e ci sono altre persone che vuole frequentare".

Prudie lo interruppe, brusca. "SIGNORE! NO!". Gli prese il polso, lo strinse e lo attirò a se con sguardo che faceva scintille. "Non dite queste cose ai bambini, non fate loro del male. E non fatene a Demelza, lei non lo merita, vive per i suoi figli e glieli state portando via".

Ross si liberò dalla stretta con un gesto secco. "Avrà chi la saprà consolare, sta tranquilla".

"Come non siete stato capace di fare voi?".

Ross la guardò storto, adirato e pronto ad esplodere. Che ne sapeva Prudie del suo dolore e di cosa stesse passando? Che ne sapeva di cosa si prova quando la donna che ami, ama un altro? Che ne sapeva di cosa si prova a perdere la propria ragione di vita, la propria compagna e ogni certezza? "Il tuo compito è gestire la casa, limitati a quello! Quando torno voglio trovare Nampara splendente! Per quanto riguarda Demelza, non mi pare mi abbia seguito per cercare di farmi cambiare idea...". Mise i piccoli sulla carrozza perché non sentissero, chiuse il portellino e tornò a guardare la serva in viso. "E' rimasta a coccolarsi il suo poeta invece che venire qui a lottare per i suoi figli! Hugh Armitage e il suo orgoglio sono più forti dell'amore per loro e io non starò qui a farmi umiliare e a vedere i miei figli soffrire per una madre che li ha abbandonati per stare con un altro". Poi si mise il tricorno in testa, aprì il portellino della carrozza e vi salì. Strinse a se Clowance che si era addormentata e asciugò le lacrime di Jeremy. "Andrà tutto bene, vedrai che ti piacerà" – gli disse.

Jeremy non rispose. Abbassò il capo, lo poggiò sulle sue gambe e lasciò che lui gli accarezzasse la testolina.

Poi partirono e per la prima volta da tanti anni, Ross si sentì come al suo ritorno dalla Virginia. Senza speranze, un futuro, un affetto... Solo e con una vita da ricostruire.

Ma poi, abbassando lo sguardo, vide i suoi due bambini rannicchiati contro il suo petto e si rese conto che in fondo non era solo. C'erano loro... E glieli aveva donati lei... Lei, a cui li stava portando via...


...


Per una settimana rimase praticamente sempre a letto, eccetto per lavarsi e mangiare il poco che riusciva. La dispensa era quasi vuota, ma in fondo non le importava molto perché il suo stomaco faticava a trattenere ogni cosa.

Aveva svolto il suo lavoro di sarta a letto, quando la nausea glielo aveva permesso e sperava di trovare presto le forze per alzarsi e andare a consegnare al villaggio i capi che aveva cucito. Aveva dannatamente bisogno di riprendere in mano la sua vita, guadagnare, uscire e vedere gente o gli incubi della sua mente l'avrebbero fatta impazzire.

Hugh non si era più visto... In fondo non se ne stupiva troppo, era giusto così. Che ci faceva un ragazzo come lui con lei, che non poteva promettergli e dargli nulla e che aveva una montagna di problemi insormontabili? Si era stancato, come era giusto che succedesse, non trovava altre spiegazioni a quel suo silenzio. Sperò non si trattasse della sua salute, era un timore che la attanagliava, e preferiva pensare che il diverbio con Ross lo avesse stancato e spinto a cercare compagnie più adatte alla sua persona. Le sarebbe mancato, ma era giusto così... Hugh era giovane, nobile, pieno di talenti e desideri e lei era una donna sposata, con una vita matrimoniale distrutta e due figli piccoli che forse non avrebbe visto mai più.

E ora persino la salute pareva abbandonarla...

Dopo una settimana di riposo forzato, un pomeriggio il suo sonno fu interrotto da un mesto bussare alla sua porta.

A fatica, sorpresa, si alzò dal letto per andare ad aprire, chiedendosi chi si fosse spinto fin lì. Era Miss Tindall, venuta a ritirare le camicie rammendate? O forse qualcuno dei suoi fratelli, preoccupati per la sua assenza?

Aprì la porta e a sorpresa scoprì che non si trattava di nessuno di loro. "Dwight!" - esclamò, felice.

Il suo vecchio amico le sorrise nel suo solito modo gentile, annuendo. "Scusa se mi presento qui senza preavviso ma ero preoccupato per te e Ross mi ha detto dove vivi e cosa è successo e...".

Demelza sorrise dolcemente, era felice di vedere un volto amico. "Dwight, sei e sarai sempre il benvenuto. Entra pure".

Il medico annuì, poi entrò nel mulino. La osservò pensieroso prima di accomodarsi sulla sedia, mentre Demelza si sedeva sul letto. Quei pochi passi l'avevano distrutta e la nausea era tornata a farsi fortissima.

"Ti senti bene? Sei pallidissima".

Demelza scosse la testa. "Per niente, sono a letto da più di una settimana".

Dwight si accigliò. "Non è da te! Che cos'hai?".

"Niente di grave, sono solo molto stanca, passerà. Sei venuto qui per Ross?".

L'uomo sospirò, poggiandosi sul tavolo. "No a dire il vero. Ma tuo marito mi ha raccontato cosa è successo e voglio dirti che mi dispiace. E che io e Caroline saremo sempre amici di entrambi e di qualunque cosa avrete bisogno, noi ci saremo...".

"Lo so, grazie". Demelza sorrise, Dwight era un amico d'oro, uno di quelli rari da trovare, dall'animo gentile e delicato. "Ross è partito?".

"Sì, settimana scorsa" – rispose l'amico, a fatica.

Le sembrò che il cuore gli si spezzasse in mille pezzi. Se n'era andato, maledicendola e strappandole i suoi piccoli. "Coi bambini?".

"Sì. Gli ho detto di non farlo, che era un errore e che voi due dovevate semplicemente sbollire la rabbia e parlare, ma era fuori di se. Crede che tu abbia una relazione con Armitage e so che tu pensi che lui l'abbia con Elizabeth Warleggan. Ross mi ha raccontato di Valentine e di ciò che è successo tre anni fa fra voi e ti giuro, ti capisco, comprendo la tua rabbia e l'infinita pazienza che hai dovuto sopportare. Ma dagli un'altra possibilità, ci metterei la mano sul fuoco che Ross non ti tradisce, il suo è stato l'errore di una notte e so che ti ama. Vive per te, sei la sua vita! Io e Caroline abbiamo sempre guardato a te e lui come a un modello da imitare e so che non ci siamo sbagliati. Dagli tempo, è la stessa cosa che ho consigliato a lui, lascia che la rabbia sbollisca in entrambi e tornerete insieme più forti di prima".

Demelza avrebbe voluto credergli, le parole di Dwight erano un balsamo per la sua anima. Ma le cose erano sfuggite troppo di mano ad entrambi e ora... "Non si puo' tornare indietro, Dwight" – disse, prendendo un profondo respiro per combattere la nausea.

Il dottore la fissò, poi si avvicinò prendendole il polso. "Mi dici che sintomi hai? Mi sembri un fantasma, Demelza".

"Nausea fortissima, vomito. Soprattutto al mattino, poi nel pomeriggio va meglio... Settimana scorsa sono svenuta, è stato orribile. Volevo raggiungere Ross a Nampara per parlargli di quanto successo con Hugh ma non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi".

"Capisco". Dwight le poggiò la mano sulla spalla. "Su stenditi, ti voglio visitare".

"Non è necessario".

"Sì che lo è. Ma prima dimmi se hai avuto febbre o altri malesseri".

"No, nient'altro per fortuna".

Dwight le tastò il ventre, pensieroso. "Dovrei farti una visita più accurata, ma non credo che tu sia malata. Demelza, hai avuto tre figli e di certo riconosci i sintomi di una gravidanza. C'è questa possibilità?".

Quella domanda ebbe l'effetto di un terremoto su di lei. Qualcosa nella sua mente glielo gridava da giorni ma MAI aveva voluto affrontare quella vocina che tentava di mostrarle la realtà. I suoi occhi si inumidirono, no non poteva essere, sarebbe stato un incubo! Eppure, ora che Dwight a voce aveva espresso quel dubbio, tutto sembrava diventare una certezza.

"Demelza?".

Deglutì, piangendo silenziosamente. "Sì, potrebbe".

A quell'affermazione, Dwight rise eccitato. "Demelza, ma non capisci? E' meraviglioso, un miracolo! Tu e Ross avevate bisogno di una cosa così per trovare un appiglio e riavvicinarvi! Quando saprà che diventerà di nuovo padre, si precipiterà qui coi bambini e...".

Demelza lo guardò, nel suo viso non vi era traccia di gioia e felicità. No, non era meraviglioso, era e sarebbe stata una catastrofe. Ross non la sfiorava con un dito dalla morte di Agatha avvenuta quattro mesi prima. E l'unico rapporto intimo avuto era con... "Non è come pensi, non sarà meraviglioso! Non posso essere incinta, Dwight!" - esclamò, prendendo a piangere più forte ed affondando il viso nel petto dell'amico.

"Demelza, cosa stai cercando di dirmi?".

"E' successo solo una volta, Dwight" – singhiozzò – "Ero distrutta, disperata, credevo che il mio matrimonio fosse finito. O mai iniziato... Volevo solo sentirmi amata e far felice una persona che mi venerava e adorava come non aveva mai fatto nessuno. Volevo essere come Elizabeth, per una volta. Volevo dimenticare per qualche istante tutto il male che Ross mi aveva fatto, ogni ferita, ogni illusione...".

Dwight la prese per le spalle, spalancando gli occhi inorridito. "Demelza, stai cercando di dirmi che questo ipotetico bambino non è di Ross? E' di Armitage?".

Demelza annuì. "Senza ombra di dubbio".

"Senza ombra di dubbio, perché...?" - chiese Dwight, con la voce spezzata.

"Perché io e mio marito eravamo in crisi dalla morte di zia Agatha e lui aveva mille cose a cui pensare come sempre, i nostri rapporti erano tesi e non ci degnavamo di uno sguardo a letto".

Dwight alzò gli occhi al cielo, sprofondando sulla sedia. Si mise le mani nei capelli, scompigliandoli, inspirò e poi la guardò preoccupato. "Dio mio, cosa avete fatto tu e Ross? Come possono due persone come voi, che si amano come avete sempre fatto voi, ad essere arrivate a questo?".

Demelza si morse il labbro. "Forse non era amore...".

Dwight sospirò e gli si riavvicinò, prendendole la mano. Cercò di calmarsi e di calmarla, come ogni buon amico avrebbe fatto. "Lo era Demelza. Credimi, Ross è la peggior canaglia che io abbia mai conosciuto, uno scavezzacollo incallito. Ma so che ti ama e so che non ama Elizabeth! Ma vi siete fatti male, molto ed entrambi. Non so cosa dirti, non so cosa consigliarti, ma sappi che non ti lascerò da sola ad affrontare tutto questo se sei davvero incinta. Avvertirò Prudie di venire qui, non puoi stare da sola in questo stato. E io e Caroline ti aiuteremo come potremo".

"Ross ti odierebbe per questo".

"Sono un medico, è mio dovere curarti. Posso visitarti ora?".

Demelza arrossì. "Preferirei di no".

Dwight sorrise. "E' il medico che parla adesso, non l'amico. Ricordi, ti ho aiutata a partorire Jeremy?".

"Lo so, ma è solo che ho paura di scoprire la verità".

"Non riuscirai a sfuggirle. Nel caso fosse confermato..." - chiese Dwight – "Cosa vuoi fare? Demelza, sei una donna sposata e potresti partorire il figlio illegittimo di un altro, sai a cosa porterebbe?".

Demelza lo osservò senza capire, ma con la sensazione che quello che gli stava per dire sarebbe stato devastante. "Che cosa stai cercando di dirmi?".

"Esistono modi per interrompere la gravidanza" – tagliò corto Dwight.

Rabbrividì inorridita davanti a quelle parole. Avrebbe dovuto uccidere un bambino? Il suo bambino? Non importava da dove venisse, se c'era ed esisteva, lei era sua madre e avrebbe lottato sempre per proteggerlo. "Non potrei mai fare una cosa del genere. Ho già perso Julia, i miei due bambini e ora... Non me lo perdonerei mai! So che sarà un inferno e so che me lo meriterò tutto. Ma non posso fare del male al mio bambino, se esiste... Non pagherà le mie colpe".

Dwight annuì, accarezzandole la guancia. "Va bene, come vuoi... Sei una donna forte e intelligente e so che agirai per il meglio. Ti consiglio però di prepararti perché sarà difficile. Ross, quando lo saprà...".

Demelza deglutì... Ross avrebbe scatenato l'inferno e lo sapeva, questo bambino le avrebbe tolto ogni possibilità e diritto di vedere Jeremy e Clowance. Ma che poteva fare? CHE POTEVA FARE? "Sopporterò tutto quello che verrà e me lo sarò meritato" – disse, senza quasi fiato.

"Ami Hugh?" - chiese Dwight, senza mezzi giri di parole.

Demelza sorrise dolcemente. "No, non lo amo. E' un caro amico, una persona dolce e gentile che ha saputo curare le ferite del mio cuore e che mi è stata accanto in un momento difficile. Ma non è amore, l'amore è un'altra cosa".

Dwight abbassò lo sguardo. "Te lo chiedo, perché è per conto di Armitage che sono qui. Sei la moglie di Ross Poldark e Hugh non potrà mai riconoscere questo bambino ed esserne padre. Non potrà farlo per legge e perché la sua famiglia glielo impedirebbe, non vogliono scandali e ti farebbero la guerra se provassi a pretendere diritti per il bambino".

"Questo lo so". Già, lo sapeva e nemmeno voleva intromettersi nella sua vita e rivoluzionargliela più di quanto non avesse già fatto... E di fatto era consapevole che non avrebbe potuto essere altrimenti, non potevano essere una famiglia! E nemmeno lo voleva, la sua famiglia sarebbe rimasta sempre quella che aveva lasciato a Nampara.

"E poi..." - proseguì Dwight – "Lui sta molto male e vorrebbe vederti. Demelza, le sue condizioni di salute sono critiche e io dubito di poterlo curare. Indipendentemente da tutto, non potrà fare nulla per te".

Demelza ricordò il malessere di pochi giorni prima, quando aveva rivisto Ross. Sapeva che Hugh stava male ma non credeva che fosse tanto grave come stava facendole intendere Dwight. "E' possibile che siano solo gli occhi?".

Dwight scosse la testa. "La perdita della vista non è la malattia ma il sintomo di qualcosa di più grave che io non posso curare. Demelza, non è in grado di venire qui ma vorrebbe tanto vederti. L'ho visitato stamattina e mi ha implorato di venirti a chiamare".

Il cuore di Demelza parve spezzarsi nel sentire quelle parole. Hugh... Così giovane, con così tanti sogni e così tanta vita davanti... Come poteva essere? "Dwight... no... Ti prego, curalo! Ha una vita intera da vivere, ha mille talenti ed è una persona dolce e gentile e...".

"Stagli vicino, è tutto quello che puoi fare" – tagliò corto il medico. "E ora stenditi e vediamo se i nostri timori sono fondati. Qualunque sia il responso, sarà un periodo duro per te".

Demelza annuì, tremando. Era ora di conoscere la verità e Dwight aveva ragione, non poteva più scappare. La sua vita stava per cambiare per sempre e sarebbe stata dura, solitaria, piena di dolore e priva di amore.

Lasciò che Dwight facesse il suo lavoro, chiuse gli occhi e pianse in silenzio ogni sua lacrima, chiedendosi cosa avrebbe fatto.

E quel giorno ebbe il responso che tanto temeva...

A marzo avrebbe messo al mondo un bambino. E non sarebbe stato un Poldark.


  
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