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Autore: acchiappanuvole    08/11/2017    0 recensioni
Erano davanti alla stazione, il treno che li aveva portati era già ripartito, una folla si accalcava ancora alle barriere: infermiere, soldati francesi e belgi, una vecchia vestita di nero con una stia di polli. Candy si voltò. In lontananza, come le aveva promesso il Dottor Martin, c’era la sua destinazione: Etaples.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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La vita è un’ombra che cammina, un povero attore che si agita e pavoneggia la sua ora sul palco e poi non se ne sa più niente. È un racconto narrato da un idiota, pieno di strepiti e furore, significante niente.
(Macbeth)


“Credevo non avresti accettato il mio invito signorina Andrew!”
“Ho un’ora prima di riprendere il turno.”
“Giusto il tempo per una omelette. L’omelette della fine del mondo! Non lo trovi tragico e comico insieme, potrebbe essere un buon titolo!?”
Candy alzò le spalle incerta “ trovi?”
Jonathan le prese il braccio e salirono le scale del Café, Candy si muoveva rigida come una marionetta e non guardava Jonathan. Era spaesata e in qualche modo percepiva una strana irritazione che non le era chiara.
“Scusami ancora per ieri” Jonathan le aprì la porta, dentro pochi soldati stavano radunati intorno ad un tavolo intenti ad osservarne altrettanti impegnati in una partita a carte.
“Non sei tu che devi scusarti ma io” lo guardò “perché fingere dopotutto? Non ne sono mai stata capace anche se ultimamente è quasi necessario. Hai ragione tu lo so, affetto è una parola debole e io amavo Terence, l’ho amato per anni.”
“Terence Granchester ecco come si chiamava!” Jonathan scostò una sedia dal tavolino per farla accomodare.
Un brivido percorse la schiena di Candy “non scriverai queste cose, vero Jonathan?! Terence è fidanzato ed io non voglio che nulla intacchi la sua felicità.”
“Sono qui per fare il reporter di guerra Candy non rischierei certo la pelle per scrivere su giornali scandalistici."
“Comunque questo è tutto, l’ho amato ed è finita. Lui sta con Susanna Marlow ora, se conosci la compagnia Stratford sai sicuramente di chi si tratta.”
Jonathan annuì “ebbe un brutto incidente ricordo. Una grande attrice comunque, la vidi nella parte di Ofelia in uno dei suoi primi ruoli, lo ricordo  perché fui io a recensire la serata.”
“Già una donna bellissima, così aggraziata e fine. Davvero poco a che vedere con me.” Candy fece una smorfia, “allora questa omelette?”
Jonathan sorrise e fece segno ad un grosso oste corpulento di portare loro quello che era l’unico piatto disponibile: omelette e patate.
“Perché come sei tu signoria Andrew?”
“Ricordo male o avevi detto che non avresti fatto più domande?” Candy allungò le gambe sotto al tavolo stiracchiando i muscoli “io sono scialba, neppure brutta ma scialba, piuttosto sbadata e…che altro…ah ho un sacco di lentiggini! Immagino le avrai notate, dicono che con l’età diminuiscano ma a me pare il contrario, tuttavia ne sono fiera in qualche modo. E’ un tratto distintivo, no?” Candy emise un singhiozzo soffocato ed il suo viso si contrasse, asciugò le lacrime con il dorso della mano e cercò lo sguardo di Jonathan ridendo e piangendo, il ragazzo le porse un fazzoletto perché si soffiasse il naso.
L’uomo corpulento portò le omelette e per un poco tra i due il silenzio la fece da padrone.
“Avevi ragione è davvero buona. Se solo riuscissi a procurarmi delle uova potrei provare a cucinarle anche per i feriti, la brodaglia che passano al campo non è certo sufficiente per dar loro forza, ho provato a protestare un’infinità di volte con i superiori ma dicono che devo già ringraziare che ci sia quella sbobba scotta ogni santo giorno.” Lanciò un’occhiata verso un vecchio orologio a muro “devo tornare, ho il turno per la notte e…mi spiace di essermi comportata così, credo sia la stanchezza.”
“Hai detto che il turno iniziava tra un’ora e a ben guardare ci resta ancora del tempo, possiamo bere un po’ di tè annacquato,” Jonathan guardò la stufa a carbone accesa nell’angolo e poi si tolse il pastrano e la sciarpa. Ordinò due tazze di tè che Candy rimestò pensosamente.
“Mi ricordi una persona” disse infine “ una persona molto importante per me.”
“Davvero?”
Candy annuì “è il mio benefattore, è sempre stato presente per me, una cara voce amica nei momenti più bui. Confesso che mi manca molto. Era contrario al fatto che venissi qui, si è opposto tenacemente ma io ormai avevo deciso. Gli scrivo costantemente, i momenti in cui metto nero su bianco i miei pensieri e so che lui li leggerà sono quelli che rasserenano queste giornate.”
“è il tuo innamorato?”
Candy sorrise “è il mio principe. Il mio principe della collina.”
“Principe della collina? Questo sì sembra un titolo per una rappresentazione teatrale.”
La ragazza annuì soddisfatta “ sarebbe troppo lunga da raccontare, ma se ci rivedremo alla fine di questa guerra, Jonathan Harris, sarò ben lieta di raccontarti quanto William Albert Andrew ha fatto per una povera orfana delle Casa di Pony.”
“Sei piena di spunti interessanti Candy e fai sembrare più piacevole persino quest’acqua sporca che con coraggio ho voluto chiamare tè.”
“Hai finito il tuo articolo?”
“Alla fine ne è uscita una poesia.”
 Candy sembrò illuminarsi, “una poesia?”
Jonathan parve assorto, disegnò sul vetro appannato della finestra un uccello, una barca, infine un uomo.
“Una poesia sull’amore.” Annunciò all’improvviso, “quando ti ho vista stavo cercando di comporla ma non veniva mai bene. Io tento ma non mi vengono le parole.”
Prese il quaderno dalla tasca l’aprì alla pagina piena di parole e di cancellature, strappò il foglio, l’appallottolò e andò a gettarlo nella stufa. Tornò a sedere cercando di non badare all’espressione allibita della ragazza.
“Perché Jonathan?”
“Perché è quello che ci salva quando siamo in  situazioni come questa. Cosa può esserci di più orribile di una guerra? E cosa può esserci di più rasserenante se non pensare all’amore?”
Jonathan appoggiò i gomiti sul tavolo, il mento sulle mani.
“Amo un ragazzo. Un ragazzo che è partito per questo incubo e del quale non ho più notizie. Ti sconvolge?”
Candy aderì meglio allo schienale della sedia “e tu non sai dove si trova?”
Il ragazzo scosse il capo, “ho pensato di iniziare da Etaples ma fin’ora senza risultato. Chissà magari è morto ed io non lo saprò mai.”
“Non dire così! Come si chiama?”
“ Scott, Scott Wilkers. Abbiamo frequentato insieme l’università ed io…beh me ne sono innamorato all’istante, ci credi? Una cosa inaspettata che mi terrorizzava, avevo sempre la sensazione che tutti sapessero o che capissero. Ma poi, nella più anonima delle notti americane, seppi d’essere ricambiato. Immagina che scandalo ne sarebbe seguito. Talvolta penso che la sua scelta scellerata di arruolarsi per questa guerra sia dipesa da me, sia colpa mia. Cerco di scrivere della guerra e non posso, più guardo e meno capisco.” Jonathan s’interruppe di colpo e batté le palpebre come se l’idea gli fosse venuta solo in quel momento, “ti ho scandalizzata?”
Candy era arrossita, cercò di immaginare un uomo nelle braccia di un altro uomo, un uomo dagli occhi scuri e caldi come quelli di Jonathan. Sorrise.
“Non sono scandalizzata. Non potrei mai scandalizzarmi davanti all’amore. E Scott ti ama…”
Jonathan sembrò riflettere “dice di sì, credo sia vero…a modo suo.”
“Non ti ha mai scritto?”
“Mi scriveva tutti i giorni i primi tempi, ora invece è da parecchio che non ho sue notizie. E vuoi sapere una cosa del tutto irrazionale? Lo amo ancora di più.”
Candy si tese verso Jonathan “vedrai che lo ritroverai.”
Jonathan aveva ripreso a disegnare sul vetro appannato, un’altra figura, un’altra barca. Mise la figura nella barca e aggiunse tre linee ondulate a rappresentare il mare, le parole confortanti della ragazza non sembravano aver sortito effetto. Rimise in ordine le sciarpe, indossò il cappotto, uscirono. Si avviarono verso il campo a braccetto.
“Mezzanotte come cenerentola.”
“Sarò di servizio sull’ambulanza di turno alla stazione.”
“Stai attenta signorina Andrew, e grazie per questo bel pomeriggio, è stato quasi surreale se pensi al luogo in cui ci troviamo.”
La ragazza annuì mesta, Jonathan fece un cenno di saluto con la mano e si avviò in direzione di un vecchio magazzino adibito a dormitorio, fischiettava un motivo stonato ma allegro. Candy lo seguì con lo sguardo, poco più avanti la batteria della torcia elettrica si accese e poté udire Jonathan proruppero in un’esclamazione soddisfatta.

****

“Annie le galosce!”
Archie si ferma davanti alla grande casa guardando i piedi di Annie.
“L’erba è così bagnata se dobbiamo attraversare il giardino ci vogliono le galosce.”
“Non ne ho bisogno, Archie.” Annie risponde con una certa asprezza, da qualche tempo l’eccessiva galanteria del fidanzato la irrita.
Albert li osserva pigramente, sventola la racchetta da tennis, guarda il cielo in lontananza.
“Stanotte ha piovuto e l’erba non è ancora asciutta potresti prenderti un raffreddore.”
La voce di Archie ha assunto il tono ostinato di sempre quando la sua proiettività viene contestata Annie nota quel lieve corrugamento della fronte che tanto l’affascinava durante il periodo della Saint Paul’s School. Tutti sono convinti che prima o poi il giovane Andrew le chiederà la mano, ma il passare del tempo sembra allontanare questa eventualità ed Annie non riesce a darsene ragione.
“Oh santo cielo Archie” Albert ne è stranamente esasperato “vuoi giocare a tennis o no? Abbiamo già sprecato metà del pomeriggio.”
“Stavo solo pensando che…”
Albert lascia cadere a terra la racchetta “se insisti tanto andrò io prendere le galosce.” E il capofamiglia Andrew si allontana senza dare modo ne ad Archie ne ad Annie di replicare.
“Io non capisco è sempre stato una persona pacata ed invece ora è sempre più irritabile,” sbotta Archie sedendosi su di una panchina del giardino a fianco ad Annie.
“Devi comprenderlo è preoccupato come lo siamo tutti. Mi sembra così stupido stare qui a discutere di tennis e galosce quando…” Annie cerca di trattenersi “è più di due settimane che non ricevo una sua lettera e lo stesso forse vale anche per Albert. Sono così furiosa!” Annie si alza stringendo tra i  pugni la stoffa avorio della gonna “ perché ha voluto farci questo? Non è bastato quanto accaduto a Stear?!”
“Calmati Annie, anch’io sono amareggiato e preoccupato quanto te ma sappiamo entrambi che quando Candy si mette in testa qualcosa nemmeno il cielo potrebbe farle cambiare idea.”
Annie si risiede sospirando “credo che Albert non ritornerà” mormora.
“Vado a vedere dov’è e a scusarmi con lui, so di essere insistente su delle sciocchezze ma è il mio modo di non pensare, chiedo scusa anche a te.” Così dicendo Archie si allontana ed ad Annie non resta che fissare la schiena del fidanzato raggiungere il boschetto di betulle e sparire. Quando Archie trova Albert, l’uomo è seduto nel gazebo con una lettera tra le mani. Archie si chiede se è il caso di fare commenti e decide che non sarebbe politico, ad Albert non piace essere spiato. Si avvicina “che giornata sciocca, prima ho perso a croquet con il figlio dei Davon poi zia Elroy mi ha annoiato a morte sulla tenuta contabile delle nostre proprietà. Avevo il viso come una barbabietola non sapevo più che fare, ogni giorno diventa se possibile ancora più acida. Hai notato?”
Albert accenna un sorriso “vagamente.”
“E’ una lettera di Candy?” i buoni propositi di Archie si sono dileguati non appena ha scorto il timbro postale francese sulla carta.
“Sì, ma è vecchia, dopo questa non ne ho più ricevute altre. Sto pensando di andare a prenderla Archie, probabilmente si arrabbierà con me ma non posso tollerare oltre di saperla in quell’inferno. Io l’ho visto e so bene di cosa si tratta.”
Archie annuisce “lascia che venga con te.”
“No, tu devi rimanere qui e sostituirmi fintanto che non farò ritorno, sai bene che quegli avvoltoi dei Legan non aspettano altro che mi allontani per poter influenzare negativamente la zia.”
“Ho sentito che quel codardo di Neal rientrerà questa settimana dalla Francia, non è resistito nemmeno un paio di settimane quel vigliacco.”
“Meglio così, per quanto Neal sia deprecabile non è certo il caso di augurargli di saltare per aria in una inutile guerra.” Albert consulta l’orologio ed estrae dalla tasca un porta sigarette d’oro.
“Un regalo del mio defunto padre,” dice “non l’ho mai utilizzato ma in questo momento credo sia provvidenziale.”
Archie osserva l’astuccio con una certa aspettativa.
“Ne vuoi una?”
“Annie mi ucciderebbe se sapesse che ho accettato,” arrossisce “per la verità sono arrivato ad una al giorno, le ho acquistate in una tabaccheria di Chicago poco dopo la morte di mio fratello.”  Albert porge l’astuccio e Archie ringrazia con un cenno, “riportala a casa sana e salva Albert.”
“Lo farò è una promessa.”

 

  
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