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Autore: Echocide    08/11/2017    1 recensioni
Dai lombi fatali di questi due nemici
toglie vita una coppia d'amanti avventurati,
nati sotto maligna stella,
le cui pietose vicende seppelliscono,
mediante la lor morte...

Agreste e Dupain sono due famiglie nobili di Paris, una città ricca di mistero e magia.
Una notte, il patriarca degli Agreste condanna i Dupain alla morte e dalla strage della famiglia, una bambina si salva: il suo nome è Marinette.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Inori
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: fantasy, romantico, drammatico
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 2.231 (Fidipù)
Note: E si ritorna con un nuovo capitolo di Inori: si spostano le pedine per iniziare a muoversi verso il finale della storia che vedrà gli Agreste contro i Duapin. Ma i Bourgeois rimarranno tranquilli a guardare oppure no? E mentre io inizio a sognare il letto, come sempre, passo alle informazioni di rito: vi rimando la pagina facebook per ricevere piccole anteprime e restare sempre aggiornati e al gruppo facebook Two Miraculous Writers, gestito con la bravissima e talentuosa kiaretta_scrittrice92.
Per concludere, voglio dire grazie a tutti voi che leggete, commentate e inserite le mie storie nelle vostre liste!

 

Fu osservò il giovane seduto davanti a lui, notando le mani che artigliavano la tazza e lo sguardo completamente perso nella bevanda: «Se non lo bevi, si raffredderà» mormorò, attirando così l’attenzione del giovane e osservandolo annuire, serrando maggiormente la presa: «Ah, perdonatemi per tanta familiarità.»
«Non importa» mormorò Adrien, senza distogliere lo sguardo dal liquido ambrato all’interno della tazza e stringendo le labbra: «Le commissioni che ci avete dato oggi, a me e a Marinette, servivano per farci vedere in che stato versasse Paris, non è vero?» domandò senza tanti preamboli, alzando finalmente lo sguardo e posandolo sull’anziano: «Per aprire gli occhi a me. Marinette è cresciuta in quell’ambiente e…»
«In un certo qual modo» Fu lasciò andare un sospiro e sorseggiando poi un po’ del suo the: «Tuo padre vi ha tenuto segregato al castello, direzionando le tue uscite e rendendoti così ignorante di quello che era realmente il mondo esterno.»
«Io sono stato educato a governare. Io…»
«Tu sei stato educato a essere come tuo padre» sentenziò Fu, bevendo nuovamente un sorso della bevanda calda: «Ciò che è lui, saresti stato tu.»
«Io non sarei mai stato un tiranno.»
«E invece sì» dichiarò Fu, posando la tazza sul tavolo e fissandolo: «Pensi che tuo padre sia a conoscenza di ciò che c’è al di fuori delle mura della sua reggia? Di quello che le guardie fanno ogni giorno al popolo? Della dura vita di coloro che pagano le tasse?» si fermò, scuotendo appena la testa e osservando il giovane alzarsi e iniziare a muoversi per la stanza: l’anziano ne seguì i movimento con lo sguardo, rimanendo in silenzio. Più e più volte Adrien si fermò, le braccia abbandonate lungo il corpo, aprendo la bocca e richiudendola, scuotendo la testa e riprendendo a muoversi con irrequietudine: «Forse non avrei dovuto parlare.»
«No. Avete fatto bene» Adrien si fermò e strinse i pugni, osservando le proprie dita ripiegate su se stesse e scosse il capo, riportando poi l’attenzione sull’uomo seduto davanti a lui: «Io…» si fermò, spostando lo sguardo di lato e sentendosi incapace di sostenere quello di Fu: «Io non pensavo che la situazione, fuori dal castello fosse così. Io…»
«Tu non credevi che tuo padre avesse abbandonato la città che, invece, doveva proteggere e governare?» continuò per lui Fu, vedendo il giovane annuire e chinare poi la testa, nascondendo lo sguardo con i ciuffi della frangia: «Gabriel è un uomo tormentato, immerso nel proprio dolore e non credo che qualcosa all’infuori di lui lo interessi. Ha voluto il trono di Paris…»
«Per cosa? Per lasciare marcire la città in questo modo?»
«Non so darti una risposta, Adrien. Mi dispiace» dichiarò Fu, riprendendo la tazza fra le mani e fissandone il bordo: «Ma sono contento del tuo spirito ribello: è grazie a esso che qualcosa è cambiato. Se adesso sei qui è solo perché non volevi seguire il percorso che era stato stabilito.»
«Perché volevo sposare un’umile fornaia piuttosto che la figlia di un nobile.»
Fu sorrise, assaporando un sorso di the e annuendo: «Tua madre era così» dichiarò, piegando le labbra in un sorriso mentre posava lo sguardo: «La famiglia Agreste non era importante, eppure lei si era innamorata di Gabriel e ha fatto di tutto per seguire il suo amore.»
«La conosceva?»
«Ho avuto questo onore sì» Fu annuì, alzando lo sguardo e incontrando quello di Adrien, adesso attento e completamente dedito a lui: «Era una donna forte e decisa ma, allo stesso tempo, dolce e gentile. Era una madre affettuosa e tu eri il suo tesoro più prezioso, Adrien.»
Il giovane sorrise appena, un’espressione che si dissolse subito dal suo volto: «Io devo andare» mormorò, avvicinandosi alla porta sotto lo sguardo attento di Fu.
«Adrien» la voce dell’anziano lo fermò, mentre posava la mano sul pomello della porta: «Ti chiedo di restare nella tua stanza per oggi. Avrò una visita…» Fu si bloccò, inspirando profondamente e stringendo la presa sulla tazza mentre un sorriso senza vitalità apparve sul suo volto: «Qualcuno che è meglio se non incontri.»

 

Chloè storse la bocca, osservando la testa fulva che non sembrava essere intenzionata ad alzarsi dal blocco da disegno, mentre la mano si muoveva veloce e linee scure prendevano vita dando forma a un volto: Nathaniel aveva un grande talento, anche lei lo ammetteva, ma non era assolutamente all’altezza di prendere il posto di Adrien.
Non aveva il carisma, il fascino e la bella presenza del cugino.
Adrien era sempre parte attiva a quei ricevimenti, Nathaniel se ne stava in disparte, la testa rivolta ai fogli bianchi e lo sguardo che, di tanto in tanto, si alzava febbrile per cogliere quel particolare dettaglio che solo lui notava: «Perché lui? Perché lui è l’erede di Gabriel?» sbottò la ragazza, posando con forza il ventaglio sul tavolo e facendo sobbalzare Sabrina dallo spavento, mentre posava lo sguardo sul padre: «Io non voglio sposare Nathaniel! Io voglio Adrien, solo lui è degno di stare al mio fianco.»
«Tesorino mio…» André tirò fuori un fazzoletto candido, asciugandosi il sudore sulla nuca e abbozzando un sorriso: «Devi solo conoscerlo.»
«Io non voglio conoscere Nathaniel, so quanto serve per capire che è una nullità. Non sarà mai degno del trono di Paris, padre.»
«Lo so, ma…» André si fermò, scivolando con lo sguardo verso Gabriel che, non molto distante da loro, sorseggiava a piccoli sorsi il liquido vermiglio dal calice che teneva in mano: «…devi solo pazientare e avrai ciò che vorrai.»
Chloé fissò il padre, stringendo le labbra in una smorfia e scuotendo il capo, portando poi le mani all’elaborata acconciatura e accertandosi che tutto fosse a posto, scoccando poi un’occhiataccia a Sabrina che, in silenzio, si mise all’opera per sistemare le forcine che erano scivolate via e rimediare al danno che aveva fatto.
Chloè sbuffò, incrociando le braccia e voltandosi nuovamente verso Nathaniel: la testa era ancora china sul foglio ma la mano non si muoveva più veloce ma era ferma, le dita strette attorno al carboncino e quasi sembrava che il giovane volesse spezzarlo usando tutte le sue forze. Rimase a fissarlo, finché Sabrina non le assicurò che tutto era a posto e, solo allora, Chloé distolse lo sguardo da Nathaniel, allungando la mano verso il bicchiere che un servitore aveva riempito di vino annacquato e cercò di non badare più di tanto al brivido che le era corso lungo la schiena.


Fu osservò la donna che passeggiava avanti a lui, domandandosi per l’ennesima volta dove fosse finita la giovane Sabine che aveva conosciuto: della fanciulla pacata e sorridente era rimasto veramente poco, aveva intravisto qualche sprazzo di quella donna solo quando questa interagiva con la figlia e prima che rivelasse a Marinette chi era veramente.
Da quando era stato rivelato alla giovane il suo lignaggio, Sabine aveva fatto suo l’odio che aveva covato per tutto quel tempo e ne aveva usufruito per aizzare le folle contro Gabriel, ammantandosi nuovamente del suo status di Dupain e lasciando la figlia lì: «Che cosa ne pensi?» domandò Sabine, riportando l’attenzione di Fu sulla situazione attuale: «Un nuovo erede? E il figlio dove l’ha messo? Ha ucciso anche lui?»
«Sabine…» Fu mormorò pacato il nome della donna, allungando una mano verso di lui e notando lo sguardo azzurro completamente arso dal fuoco dell’odio: «Il principe Adrien è…» si fermò, ben conscio che non poteva rivelare la verità: conosceva Sabine da tempo, aveva visto il suo dolore trasformarsi in odio e furia, ed era certo che il giovane rampollo degli Agreste ne sarebbe stato vittima.
No, non poteva permettere che Sabine mettesse le mani su Adrien.
«Che cosa sai, Fu?»
«Quello che sai anche tu» dichiarò l’anziano, chinando la testa e scuotendola appena: «Adrien Agreste è sparito e Gabriel ha dichiarato suo erede Nathaniel Kurtzberg, figlio della sorella defunta.»
«E’ l’occasione ideale» mormorò Sabine, storcendo le labbra in un sorriso: «Il popolo non ce la fa più e invoca il nome dei Dupain: Marinette potrebbe…»
«Marinette non è pronta.»
«Se aspettiamo te, Fu, lei non sarà mai pronta.»
«Sabine, ricordi l’accordo con la moglie di Gabriel…»
«Nessun accordo con gli Agreste è valido» dichiarò Sabine, interrompendolo e fissandolo quasi con disprezzo: «Non legherò il nome dei Dupain a quello degli Agreste. Fu, non possiamo permettere che coloro che hanno ucciso mio marito la passino liscia.»
«Non tutti gli Agreste sono colpevoli, Sabine.»
La donna lo fissò, rimanendo immobile per una buona manciata di secondi, poi alzò il mento e indietreggiò di un passo: «Ti sei rammollito, Fu» bisbigliò, indietreggiando e tenendo sempre lo sguardo sull’anziano: «Un tempo non avresti detto così.»
«Un tempo non mi sarei fatto problemi a spargere sangue innocente e tu lo sai, ma adesso…»
«Che cosa è cambiato, Fu?»
«Tutto, Sabine» bisbigliò l’anziano, scuotendo la testa: «Non possiamo provare a risolvere questa cosa in maniera pacifica? Per il bene di Paris, per il bene di tua figlia…»
«Farò da sola» la voce di Sabine, glaciale come le notti d’inverno, fermò Fu dal continuare: «Farò tutto da sola e nessuno mi fermerà.»


Marinette sorrise, osservando lo stallone nero nel proprio box che cercava di avvicinarsi, per quanto poteva, alla parete di legno che lo separava dalla cavalla dal manto fulvo: Plagg sembrava avere un carattere molto simile a quello del suo cavaliere e, per quanto Tikki lo rifiutasse, lui continuava imperterrito a provare con lei.
Non era la prima volta che lo vedeva irrequieto da quando, assieme al proprio padrone, si era stabilito nell’abitazione di Fu.
Tikki sbuffò, allontanandosi per quanto poteva dal muro che divideva i due box e scosse il capo, battendo il terreno con le zampe anteriori: un atteggiamento che Marinette conosceva bene ma sembrava non far desistere lo stallone che nitrò allegro.
«Non sa quando è l’ora di smettere» commentò la voce di Adrien, facendo sobbalzare appena la ragazza: Marinette si voltò lentamente verso l’entrata e osservando la figura del giovane che, in maniche di camicia e braghe, ricordava più un garzone piuttosto che il principe che era.
«Co-come il suo padrone» balbettò la giovane, riportando l’attenzione sui due destrieri e provando, con tutta se stessa, a ignorare la presenza di Adrien: lo sentì muoversi per la stalla e poi il tiepido calore della vicinanza del corpo di lui: «Hai parlato con Fu?» domandò, dopo una buona manciata di secondi in silenzio e, non avendo risposta, si voltò verso Adrien: stava fissando i due cavalli, lo sguardo verde che sembrava essere da tutt’altra parte che lì.
Lontano da lei.
Distante.
Si girò, posandogli una mano sul braccio e vedendolo riscuotersi appena, le labbra che si piegarono in un piccolo sorriso e le iridi verdi brillare appena: «Va tutto bene?» gli domandò Marinette, inclinando appena la testa e guardandolo mentre si poggiava alla recinzione del box di Tikki e allungava la mano verso la cavalla: «Fu ha…»
«Ho parlato con lui e, per l’ennesima volta, mi sono accorto della gabbia dorata in cui vivo» dichiarò Adrien, poggiando gli avambracci sulla porta del recinto e chinando la testa, nascondendo lo sguardo con le ciocche bionde della frangia: «Un vero e proprio principino.»
«Oh. Quello è vero.»
Adrien si voltò verso di lei, assottigliando lo sguardo e imbronciandosi appena: «Era…» si fermò, scuotendo il capo e voltandosi, incrociando le braccia al petto e fissandola con un sorriso in volto: «Non c’era bisogno di inferire, mia principessa.»
«Io non…»
«Non puoi dire di non essere una principessa» decretò Adrien, scostandosi dalle pareti del box e muovendo una mano per aria: «Essendola per nascita: vorrei ricordarti che tuo padre e tua madre erano i reggenti di Paris, prima che mio padre…beh, sappiamo quel che ha fatto.»
Marinette sbuffò, avvicinandosi ad alcune casse di legno e accomodandosi su queste, lisciando la gonna del vestito e poi posando lo sguardo sul giovane: «C’è un fine a tutto questo discorso?» domandò, mentre Adrien le si avvicinava, posando le mani vicino ai suoi fianchi e diventando pericolosamente vicino: sentì l’aria iniziare a mancarle dai polmoni, mentre il suo respiro si mischiava a quello del giovane e il volto diventava incandescente.
Avrebbe voluto muoversi, sfuggire da quello sguardo verde che era fisso nel suo e le impediva di distogliere il proprio: «Sposami» mormorò Adrien per l’ennesima volta mentre riduceva ancora la vicinanza fra loro; le sue labbra erano pericolosamente vicine alle sue e Marinette boccheggiò come un pesce fuor d’acqua: «Sposami, Marinette» le bisbigliò nuovamente, sfiorandole appena la bocca con la propria e poggiando poi la fronte contro quella della ragazza: «Tu sei l’unica che voglio, dal momento in cui sono entrato nella tua panetteria. Mi hai stregato anima e corpo. Sono tuo.»
Non riusciva a muoversi.
Non riusciva a fare niente.
Inspirò profondamente, stringendo le labbra e alzando una mano, sentendo il braccio tremare appena: e lei? Lei cosa prova per quel ragazzo che aveva perso tutto, che si era ritrovato a fare i conti con una realtà che non conosceva, con un mondo che pensava completamente differente?
Sorrise appena, mentre sfiorava con le punte delle dita la guancia di Adrien e lo vedeva aprire le palpebre, che aveva chiuso mentre si dichiarava, e lo sguardo verde posarsi su di lei: aveva davvero bisogno di domandarselo? Aveva davvero bisogno di continuare quella farsa, quando sapeva già la risposta a quella proposta che lui le aveva fatto tante volte.
«Sì» bisbigliò con la voce che tremava, il volto che le bruciava e lo sguardo di Adrien nel proprio: «Sì.»

 

   
 
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