Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: bittersweet Mel    09/11/2017    1 recensioni
The World è una grande città spezzata a metà, da una parte le ville e il lusso, dall'altra le palazzine malfamate e la povertà.
Roxas vive nella sua splendida casa, il giardino perfetto e una famiglia all'apparenza perfetta; Axel convive con due amici e fatica a pagare l'affitto, ma continua a coltivare il sogno di diventare un attore.
Il giorno in cui si incontreranno tutte le problematiche della grande città si fonderanno e inizieranno a farsi pian piano sempre più pressanti.
[ Axel/Roxas ]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Demyx, Roxas, Ventus
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco, Altro contesto
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
VI


 
 
Xion aveva passato un’ora intera davanti al guardaroba per poter indossare il suo vestito più bello, abbinandolo al meglio con i braccialetti d’oro bianco, infine era corsa fuori casa con un sorriso smagliante.
Si sentiva meravigliosa, con quel grazioso vestitino bianco a maniche corte, la gonna a sbuffo che sembrava soffice come una nuvola.
I corti capelli neri erano acconciati con un semplice cerchietto chiaro, mettendo in mostra il piccolo viso fine.
I piedi, coperti dalle lucide scarpe nere con un po’ di tacco, continuavano a fare avanti e indietro lungo un breve tratto della main street.
Di tanto in tanto gli occhi blu correvano sopra il cellulare, osservando i minuti che passavano e la cartella dei messaggi ricevuti completamente vuota.
Roxas aveva accetto di uscire con lei quel pomeriggio e sentiva delle leggere scosse alla bocca dello stomaco ogni volta che ci ripensava; non dava molto peso al ritardo del ragazzo, dato lo stato d'eccitazione in cui si trovava.
Solamente qualche volta sospirava, emettendo un leggero sbuffo scocciato.
La ragazza attivò la fotocamera frontale del cellulare, osservando il proprio volto ricambiare lo sguardo.
Con il mignolo sfumò leggermente l’ombretto chiaro, per poi passare a rimpolpare un po’ il lucidalabbra fruttato che via via stava scomparendo.
Roxas era in ritardo di una decina di minuti, ma ancora non perdeva la speranza di vederlo apparire dietro all’angolo, magari con un mazzo di fiori per giustificare quei minuti che l’aveva fatta aspettare.
In ogni caso non le dispiaceva attendere qualche minuto da sola, aveva occupato il tempo rassettandosi il vestito, pulendosi qualche piccola macchiolina dalle scarpe, e infine si era perfino sistemata il trucco; non aveva altro da fare, se non rimanere immobile sotto i portici ad aspettare l’arrivo del biondo.
Le labbra di Xion si aprirono ancora una volta in un sospiro stanco, gli occhi nuovamente sopra l’orologio analogico.
Le 15:12, il ritardo stava aumentando.
Pensò di chiamare Roxas, anche se sapeva benissimo che non avrebbe ricevuto alcuna risposta, come sempre.
Certe volte non poteva fare a meno di chiedersi perché perdesse tempo a correre dietro proprio a lui, quando suo fratello gemello era identico, bello uguale, ma con un carattere decisamente più affabile.
Ci aveva pensato più volte, di andare da Ventus e chiedergli di uscire, ma sapeva che non sarebbe riuscita a passare più di un pomeriggio in compagnia di qualcuno che non fosse Roxas.
Dalla prima volta che aveva visto il biondo, seduto da solo al banco nell’aula d’arte, l’aveva trovato incredibilmente attraente, con quell’espressione indifferente e le labbra spesso corruciate.
Non parlava con i compagni di classe, rimaneva in silenzio a scrivere e ad ascoltare musica, e pareva vivere su un altro pianeta.
Non appena Roxas gli aveva rivolto la parola per la prima volta, poi, si era sentita la ragazza più fortunata di tutta la scuola.
Così Xion, con il passare del tempo, si era persa a fantasticare su un futuro insieme; il primo bacio, il ballo scolastico di fine anno, la loro prima volta quella stessa sera, poi le giornate passate insieme, le pause in sala mensa, il diploma, il College, la convivenza.
Nella sua testa era tutto già così chiaro e nitido, come una fotografia, e non aspettava altro che una mossa da parte del ragazzo.
Ogni volta che uscivano insieme Xion gli si avvicinava, ma automaticamente Roxas faceva un passo indietro, perdeva interesse e spariva per giornate intere.
Il pensiero le fece sorgere sul viso un leggero broncio.


«  Scusa il ritardo. »
La ragazza si ridestò dai suoi pensieri e si voltò verso Roxas, aprendo il volto in un gran sorriso. Gli si avvicinò e depositò un leggero bacio sopra la guancia del ragazzo in segno di saluto, poi indietreggiò di un solo passo.
«  Non preoccuparti, non sono qui da molto. »
Roxas schioccò le labbra e si guardò attorno, indeciso.
Erano settimane intere che non camminava per le vie della main street e si era quasi dimenticato degli alti portici, delle piante lussureggianti ai lati delle strade, delle persone che camminavano lentamente con le borse tra le mani.
Si sentì stranamente a disagio in quel posto, dove un tempo era solito andare.
Forse, si diceva, c’era più vita dall’altra parte della città, dove le strade erano aspre e prive di alberi, dove i negozi tiravano giù le serrande con circospezione e le persone si guardavano le spalle, quando la notte calava.
La main street, ora, aveva perso tutto il vecchio interesse che aveva spinto Roxas a visitarla.
Era noiosa, sempre uguale, con il chiacchiericcio alto delle persone e le boutique che mettevano in mostra vestiti di moda o scarpe costose.
Nonostante la sua scarsa voglia di uscire, però, aveva deciso di chiamare Xion e passare almeno un’ora con lei.
Era stato Ventus a convincerlo, senza nemmeno rendersene conto.
Il pomeriggio precedente, quando aveva visto il gemello andarsene via con quell’espressione triste sul volto, Roxas aveva sentita un’orribile sensazione farsi strada nel corpo.
Non gli ci era voluto molto a capire di cosa si trattasse: sensi di colpa.
Per come trattava Ventus e, infine, per come stava illudendo Xion.
Non era mai stata sua intenzione ferire nessuno dei due, né suo fratello né tanto meno la ragazza, era semplicemente fatto così.
Non gli interessava passare le giornate con loro, per quanto di tanto in tanto si sforzasse di uscire di casa.
Allora era qui, a schermarsi il viso dal sole del pomeriggio, per dire apertamente a Xion che gli dispiaceva, ma non aveva intenzione di continuare ad uscire con lei, se non altro non come fidanzato.
Le parole, però, risultavano troppo crude nella sua mente, nonostante le avesse provate e riprovate più volte.
Era sicuro che Xion si sarebbe offesa, si sarebbe sentita punta sul vivo, ma Roxas non sapeva che altro fare.
Si schiarì la voce e osservò il volto felice della ragazza, mentre dei nuovi sensi di colpa riaffioravano con prepotenza.

«  Ehm …», iniziò, non sapendo esattamente cosa dire. Si guardò intorno e decise che quello non era di certo il posto migliore dove parlare, « ti va di andare a prendere qualcosa da bere?»
Xion annuì, affiancandosi subito al ragazzo, sollevando la mano per stringerla sopra l’avambraccio del biondo. Roxas serrò appena le labbra, ma non l’allontanò, nonostante il leggero disagio.
«  Possiamo andare all’attico, va bene? »
Roxas concordò con poche parole, prendendo a camminare fianco a fianco con Xion.
Rimase in silenzio, ripetendosi mentalmente il discorso che si era preparato la sera precedente, mentre la ragazza al suo fianco iniziava a parlare del più e del meno, raccontandogli di come stavano procedendo le sue vacanze estive.
Qualche festa a casa di amici, Hayner che di tanto in tanto le chiedeva che fine avesse fatto Roxas, e Olette che non riusciva a uscire con un solo ragazzo.
Roxas teneva le sue parole come un leggero sottofondo musicale, ascoltando solamente qualche pezzo di frase, ignorandone il contenuto.
Non gli importava poi molto dei suoi compagni di classe, per quanto fosse costretto a vederli quasi per un anno intero.
Certo, era gentile con loro, gli passava i compiti e rispondeva alle loro domande, ma non voleva passare le sue vacanze con nessuno di loro; perfino con Hayner, che riusciva a metterlo a disagio dopo un po’ con le sue continue chiacchiere sulle ragazze.
Mentre camminava lungo la via affollata, allora, concordò mentalmente con se stesso che Axel era una compagnia gran lunga migliore di qualsiasi altra.
Dopotutto quelle erano le vacanze estive più belle che avesse mai vissuto, superavano perfino quelle al mare, dove andava da piccolo insieme alla mamma e Ventus.
Era merito di Axel.
Accennò ad un leggero sorriso, che Xion gli ricambiò immediatamente, scambiandolo per un segno di apprezzamento.

«  Vero? Anche a me piacerebbe andare in vacanza insieme agli altri. Stavamo pensando di andare a Destiny Island. »
Roxas sbatté le palpebre un paio di volte e focalizzò, finalmente, la sua attenzione sulle parole di Xion.
Si rese conto della gaffe commessa e subito cercò di rimediare, scuotendo il capo.

«  Insomma … non mi piace molto il mare. Da piccolo mi divertiva molto di più.»
La ragazza scosse la testa, ridacchiando appena, civettuola, assumendo quel comportamento che non era solito avere.
«  Ma insieme sarebbe divertente. Io, te, Hayner e Olette. »
Sarebbe così romantico.
Le labbra di Xion faticarono a trattenere quella singola frase, tanto che dovette mordersi le labbra.
Roxas scrollò le spalle, svoltando verso destra, dove c’era l’Attico.
Era un locale arredato con vecchi mobili d’epoca, le ampie vetrate e un grosso giardino dove prendere il tè.
Era uno dei posti preferiti di Xion, e quella era la terza volta che ci andavano insieme.
Roxas salì lentamente le scale all’esterno, osservando davanti a sé il bar e il giardino tutto intorno.
Era un bel posto, lo ammetteva anche lui; gli ispirava una di quelle vecchie storie romantiche, con i due amanti che si rifugiavano in giardino, sotto al gazebo di legno, nascosti dietro ai fiori profumati, e lì si scambiavano il primo bacio.
Deglutì leggermente, sentendo lo stomaco contrarsi, mentre un leggero rossore gli andava inspiegabilmente a colorare il viso. Serrò le labbra e distolse lo sguardo dal parco, cercando di scacciare via ogni pensiero.
Raggiunse il bar affianco a Xion e ordinarono entrambi due frappé, uno alla vaniglia e l’altro alla fragola, prima di mettersi seduti fuori, sotto uno dei tanti ombrelloni chiari.
Attesero un minuto prima di ricevere gli ordini e allora Roxas si rilassò leggermente, prendendo coraggio.
Era il momento di essere chiaro con lei, di smetterla di girarci intorno; senza rendersene conto aveva aumentato le speranze della ragazza, senza mai dirle apertamente che sì, certo, inizialmente l’aveva trovata davvero interessante, ma che con il passare del tempo tutto era cambiato.
Ignorò con un leggero fastidio il pensiero involontario che scivolò ad Axel, come a volergli rammentare che c’era qualcosa che lo teneva lontano da Xion ancora più di prima.

«  Allora, Roxas, sono felice di essere uscita con te, lo sai? Non ci speravo neanche più. »
La prima mossa l’aveva fatta Xion, ora toccava a lui andare avanti.
Roxas appoggiò entrambe le mani sopra al tavolino di vetro, allungando leggermente le gambe, sistemandosi compostamente.
Per qualche secondo rimase in silenzio, poi sospirò.

«  In effetti volevo parlarti proprio di questo », proferì, corrugando leggermente la fronte. Cercò di spronarsi, prima di riprendere a parlare. 
«  Non credo … non credo di voler uscire con te in quel senso. »
Il biondo si sforzò di allontanare lo sguardo dal volto di Xion, cercando di evitare l’espressione della ragazza il più possibile, eppure con la coda dell’occhio non poté fare a meno di vedere come il suo volto si trasformava.
Prima leggermente incuriosita, poi sconcertata, e infine colma di tristezza.
Il volto sconvolto, le labbra schiuse, senza parole, e gli occhi che cercavano una risposta.

«  Cosa? », disse solamente, boccheggiando un paio di volte, prima di passarsi una mano tra i capelli, incappando nel cerchietto.
«  Perché adesso? »
Ecco, si disse Roxas, era il suo momento di spiegarle con chiarezza ogni cosa, di scusarsi per il suo pessimo carattere, per la sua poca voglia di parlarle.
Era il suo momento, eppure non trovò la risposta.
Ora toccò a Roxas boccheggiare per un secondo, con lo sguardo che scivolava lontano.
Si ripeté ancora e ancora quello che voleva dirle, tutte quelle parole che aveva perfino provato a letto, con gli occhi chiusi, immaginandosi la scena.
Solo ora si rese conto che non aveva una spiegazione vera e propria, non c’era un perché vero e proprio.
C’erano le sue colpe, c’era Xion che non gli interessava, ma non sapeva esattamente cosa gli avesse fatto scattare questi pensieri.
Perché ora? Perché proprio in queste settimane?
Con un nodo alla gola il biondo chinò il capo, scuotendo la testa.
Che idiota, sono … un idiota. Il perché …
Era così ovvio, ma non voleva ammetterlo, non voleva nemmeno pensarci.
Il perché era nato lentamente, strisciandogli sotto la pelle, insinuandosi nella sua mente, riversandosi nelle sue giornate.
Il perché lo faceva sorridere la mattina, lo faceva uscire di casa, gli faceva perdere il fiato con ogni risata sguaiata e ogni camminata.

«  Mi dispiace, semplicemente … Non mi interessi », decise di dire, tornando a guardare la ragazza, specchiandosi nei suoi occhi blu.
La vide serrare le labbra, mentre il suo sguardo evitava quello di Roxas.

«  Cazzate », disse Xion alla fine, scuotendo la testa. «  Cazzate! »
La voce rimbombò nel giardino e qualche ragazzo si voltò nella loro direzione, abbandonando le proprie conversazioni per poterne osservare un’altra.
Roxas deglutì e sollevò la mano destra, cercando di far abbassare la voce alla ragazza.
Eppure Xion non lo ascoltò.

« Non puoi venire qui oggi e dirmi che non ti interessa. Siamo usciti insieme altre volte, abbiamo passato interi pomeriggi insieme! Sei stato tu la prima volta a sederti di fianco a me, sei tu che … che …», la voce di Xion si perse lentamente, mentre sbatteva le palpebre. Probabilmente l’aveva capito anche lei.
Roxas la vide passarsi l’indice sopra gli occhi umidi.

«  Oddio, tu non hai mai fatto nulla », riprese a parlare, la voce leggermente tremula, «  sono sempre stata io ad invitarti, a chiederti di venire da me, di uscire con me. »
Roxas rimase in silenzio, lo stomaco che sembrava essersi trasformato in marmo.
Sentiva i palmi delle mani sudati, ma per una volta non era colpa del caldo. Era agitato e dispiaciuto.
Xion scosse ancora la testa e si strofinò nuovamente le dita sopra gli occhi, tirando su col naso.

«  Non ti sono mai piaciuta?», gli domandò alla fine, appoggiando la mano destra sopra al tavolino.
Roxas evitò il suo sguardo, sospirando appena.

«  Sì, all’inizio sì, credo. Non lo so, non so esattamente come … funziona. »
La vide scuotere il capo e subito dopo emettere una risata amara, leggermente ironica. Roxas la guardò di sottecchi, concentrandosi sopra la matita sbavata attorno agli occhi, piuttosto che sul volto.
« Perché, secondo te io so come funziona? Tu saresti dovuto essere il primo. Il mio primo ragazzo, io … »
Questa volta il biondo non poté evitare il volto di Xion. Si costrinse quasi a guardarlo, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime e le labbra si serravano con forza, cercando di trattenersi, di non mostrarsi debole.
Automaticamente Roxas allungò la mano, appoggiandola sopra quella della ragazza.
Lei la scansò via, alzandosi l’attimo dopo.
La giovane lo guardò dall’alto in basso, ora le guance umide dalle lacrime che non era riuscita ad intrappolare tra le lunghe ciglia.

«  Non voglio un gesto di pietà, Roxas, io volevo stare con te. Volevo te, non la carità. »
Il suono dei tacchi di Xion accompagnò i pensieri di Roxas per qualche secondo, mentre la guardava scendere velocemente le scale.
Le persone lì attorno ancora guardavano il loro tavolo, con lo stesso sguardo impietosito che probabilmente aveva dovuto avere anche Roxas pochi minuti prima.
Il biondo sospirò e posò lo sguardo sopra ai lunghi calici di frappé. Osservò sconsolato le goccioline che scivolavano verso il sottobicchiere.

« Che spreco», disse solamente.
 

 
***
 

«  Ecco il suo resto signore, a presto.»
Il sorriso di Axel scivolò via non appena il cliente si allontanò, lasciando spazio ad un sospiro annoiato.
Fortunatamente quel pomeriggio al Jimbo’s scarseggiava la clientela, si erano visti sì e no una decina di clienti da quando aveva iniziato il turno pomeridiano.
Nonostante non dovesse muoversi più di tanto – oggi gli era toccata a lui la cassa, con suo enorme piacere- Axel si sentiva ugualmente stanco.
Sbadigliò, mentre Marluxia al suo fianco lo fissava attentamente, mezzo appoggiato al bancone e con il mento sostenuto dal palmo aperto della mano.

«  Stanco, dolcezza? », lo apostrofò l’uomo, sollevando un sopracciglio chiaro.
Axel gli lanciò una sola occhiata e poi si scrollò le spalle, appoggiandosi al bancone con la schiena.

«  Della vita? Tutti i giorni, non devi chiedermelo ogni volta. »
L’altro ridacchiò appena, sollevandosi e sgranchendosi la schiena con un sospiro pesante.
Marluxia schioccò le labbra e si guardò intorno; c’erano solo tre persone in tutto il locale, due ragazzi che parlavano in fondo e un signore in giacca e cravatta che lavorava al computer.
Era un pomeriggio sonnacchioso, sia per lui che per Axel, ma sempre meglio dei giorni affollati, dove non riusciva nemmeno a concedersi una sigaretta in santa pace.

«  Piuttosto che lamentarti della vita, pensa che fortuna: siamo qui, soli soletti, potremmo anche- »
«  Taci, ti prego, non ci voglio nemmeno pensare », lo interruppe subito Axel, scuotendo il capo e storcendo le labbra.
Marluxia si divertiva tremendamente – con quell’umorismo che piaceva solo a lui- prendere in giro Axel con quel giochetto.
Da quando aveva scoperto che il suo collega era gay, Marluxia aveva iniziato a punzecchiarlo di tanto in tanto, quando non erano sotto gli occhi di Xigbar, il supervisore dell’intera catena.

«  Andiamo, una sveltina veloce nei bagni! Non me lo sono mai fatto succhiare da un uomo», continuò l’uomo, tamburellando le dita sopra al bancone.
Axel ruotò gli occhi al cielo e incrociò le braccia al petto, non così seccato come poteva sembrare; in un certo senso quegli scambi di battute facevano passare il tempo velocemente, sempre meglio che guardare Larxene che passava infastidita tra i tavoli a pulire.

« Amico, davvero, sarò pure gay, ma i miei standard sono alti», poi guardò Marluxia da capo a piedi, «  troppo alti per te.»
L’altro si appoggiò la mano sopra al petto, mormorando un: “ ah, questo brucia”, mentre le labbra si sollevavano in un sorriso sfacciato.
Axel annuì, allora, tremendamente serio, e si passò una mano tra i capelli.

«  E dimmi, fiammetta, che aspetto hanno questi tuoi standard elevati »
Il fulvo schioccò le labbra un paio di volte, prima di fare spallucce, fingendo una certa nonchalance.
Nella mente aveva un’immagine ben precisa, ma preferiva non compromettersi troppo; quanto sarebbe risultato sconveniente dire che si sentiva attratto da un minorenne?

«  Non ti riguarda. Ti dico solo che deve essere un ragazzo bello, intelligente e simpatico. »
«  Cazzo, buona fortuna. Già non ci sono così tanti gay in giro, figurati poi se ne vuoi trovare uno perfetto. »
Axel ruotò nuovamente gli occhi al soffitto – suo malgrado si concentrò sopra la tinta giallognola, un tempo bianca- e si lasciò andare ad un “mmh” indeciso, prima di riprendere a parlare.
«  Non ho detto che lo voglio perfetto, ma deve avere delle qualità. »
L’altro sbuffò una risata e tornò a tamburellare le dita sopra il ripiano, giocherellando poi con i tasti della cassa, aprendola e richiudendola.
«  Ammettilo e basta, l’importante è che sia bello e che venga a letto con te », prima ancora che Axel potesse ripetere ancora una volta che quello non gli importava, Marluxia ammiccò nella sua direzione e indicò la vetrata, «  che ne pensi di quel tipo? Non male.”
Axel si voltò automaticamente a guardare, incuriosito, e rimase qualche secondo a fissare il ragazzo dietro la vetrina, che si guardava da una parte all’altra.
Per qualche secondo il fulvo rimase fermo, poi si voltò verso Marluxia e tentennò appena.

«  Ehm … mi dai un minuto? »
L’altro sollevò il sopracciglio, prima di dire: «  anche due, perché? »
Axel indicò con un cenno del capo la vetrina, dove Roxas continuava a guardare dentro, ora lo sguardo concentrato sopra al corpo del ragazzo.
«  E’ un mio amico, ecco. E visto che non c’è gente, ecco, vado un attimo da lui. »
Marluxia sollevò le labbra in un mezzo sogghigno, scimmiottando l’ecco  di Axel.
«  Va, va », gli disse solamente, scuotendo il capo, « non pensavo di averci azzeccato seriamente, con il tuo tipo di ragazzo perfetto. »
Axel lo lasciò con uno sbuffo imbarazzato e scavalcò il bancone, uscendo nella calura estiva.
Raggiunse Roxas e sollevò la mano, sorridendo subito.

«  Hey, come mai da queste parti? »
Il biondo serrò le labbra e fece giusto un passo avanti, scrollando le spalle come se accidentalmente fosse capitato da quelle parti.
«  Nessun motivo, avevo solo voglia di vederti. »
«  Oh, diretto, mi piace », esclamò Axel, ridacchiando appena. Guardò dentro al locale, dove incrociò lo sguardo interessato di Marluxia, e si voltò con sospiro. 
«  Vuoi qualcosa da mangiare? Anche se io ti consiglio di non farlo, i panini fanno davvero schifo. Però il gelato è buono. »
Roxas scosse la testa, incassando le spalle.
«  Questa volta passo.»
Axel lo guardò attentamente, da capo e piedi, e il sorriso scemò appena dalle labbra.
Non era difficile capire quando Roxas era triste oppure giù di morale. Parlava molto di meno, sembrava chiudersi in se stesso, e specialmente non lo guardava direttamente negli occhi.
Nonostante il pensiero che l'altro non fosse di umore spumeggiante, Axel non poté trattenere un altro piccolo sorriso.
Se davvero Roxas era triste, quello era il primo posto dov’era andato: da lui.
Lo accompagnò all’ingresso, aprendogli la parola, mentre Roxas sbuffava con un mezzo sorriso.

«  Che galanteria, fai entrare così tutti i clienti. »
«  Solo quelli che mi piacciono, ma ora …», afferrò il biondo per la spalla, facendolo voltare verso la cassa, « mi serve il tuo aiuto per schiodarmi in anticipo dal lavoro. Fingi con me, d’accordo? »
Prima ancora che Roxas potesse chiedere anche solo cosa dovesse fingere, Axel al suo fianco assunse un’espressione affranta, dispiaciuta, tanto che il biondo pensò stesse improvvisamente male.
Poi lo sentì parlare all’uomo dietro la cassa, e allora resse il gioco.

«  Marluxia, lui … lui è Roxas, un mio amico » la voce di Axel si spense lentamente, così come i suoi occhi si abbassarono e scivolarono sopra al biondo al suo fianco, «  mi dispiace chiedertelo così, lo sai, ma … ho un favore da chiederti. »
Roxas alzò lentamente lo sguardo, fingendosi mortificato per qualcosa che nemmeno sapeva, e guardò di sottecchi l’espressione di Marluxia farsi più divertita.
Lo vide sollevare un sopracciglio e guardare Axel con diffidenza, prima di dirgli di proseguire pure.
Allora il fulvo si schiarì la voce e scosse il capo, mestamento, appoggiando una mano sopra la spalla di Roxas.

«  E’ venuto di corsa fin qui – sai, abitiamo vicini, per fortuna- per chiedermi se potevo portare suo fratello in ospedale. Sta male. »
Roxas si ritrovò a schiarirsi la voce, annuendo. «  Sì, ha mangiato qualcosa di strano e ora sta male, ma non ho la macchina, quindi … »
«  Quindi ha pensato di chiedere a me. Posso prendere la macchina di Zexion e portarlo al pronto soccorso. »
Marluxia, in tutto questo, continuava a guardare da una parte all’altra con interesse, senza però levarsi il sorriso dalle labbra.
Alla fine schioccò le labbra e si limitò a dire un: 
«  ah, ma davvero? »
Sia Axel che Roxas annuirono contemporaneamente, mentre il fulvo lasciava qualche buffetto sopra le spalle del più piccolo, come a volerlo consolare.
Marluxia sospirò stancamente e tornò ad appoggiarsi al bancone, puntellando il gomito sopra al ripiano e adagiando il volto contro la mano.

«  Non sono un cretino, Rais, ma puoi andare lo stesso », poi lanciò uno sguardo al fast-food, «  ma solamente per questa volta, e solo perché non c’è nessuno. »
Axel esalò un “ eheh”, colto sul vivo, e diede una pacca più forte sulle spalle di Roxas.
Effettivamente non era stata una delle sue improvvisazioni migliori, ma non si poteva dire che non ci avesse provato.

«  Quando ti troverai meno soldi a fine mese, però, non venire qui a piangere da me. Non ti pago queste due ore, chiaro? »
Axel gli sorrise, prima di annuire.
«  Va bene, va bene, l’ho sempre detto che in fondo, in fondo, sei una persona gentile. »
Gli angoli della bocca di Roxas tremolarono leggermente, in procinto di sorridere, mentre Marluxia scacciava via Axel con un movimento della mano.
«  Grazie », aggiunse allora il biondo, sia all’amico che a Marluxia, prima di voltarsi e iniziare ad uscire.
Axel dietro di lui sollevò il pollice al collega, che gli rispose con il dito medio sollevato.
Se non altro ci aveva guadagnato due ore di libertà. Meno soldi, ma più tempo libero, era un duro compromesso, ma ne valeva la pena.
Uscirono entrambi all’esterno – un bel cambiamento, dall’aria fresca del Jimbo’s- e iniziarono ad incamminarsi lentamente lungo la strada.
Sembrava di camminare nel deserto, tanto che l’asfalto davanti a loro pareva andare a fuoco, sfumato all’orizzonte.

«  Allora, dimmi …», incominciò Axel, ficcandosi una mano in tasca e afferrando la sigaretta, « come mai sei venuto qui? »
Roxas scrollò le spalle, osservando l’accendino dell’altro dar fuoco alla punta della cicca.
« Ho appena fatto piangere una persona. »
Axel si voltò verso di lui, facendo un tiro e passando la sigaretta a Roxas.
Lui la fissò, un po’ indeciso, e alla fine strinse la cartina tra le mani. Si portò il filtro alle labbra e fece un tiro un po’ troppo lungo, finendo col tossire l’attimo dopo.
Axel ridacchiò appena, e Roxas con la voce leggermente gracchiante lo mandò a fanculo.

«  Come mai hai fatto piangere qualcuno? Non hai la faccia di una persona capace di farne piangere un’altra. »
Roxas sbuffò, afferrando ancora una volta la sigaretta, sperando che il nuovo tentativo non lo intossicasse come prima.
Inspirò lentamente e buttò fuori il fumo, soddisfatto.

«  Non volevo, infatti, ma … »
Scrollò ancora le spalle e Axel lo guardò di sottecchi, serrando appena le labbra.
Il fulvo, senza nemmeno pensarci, gli passò la mano sopra la testa, in un gesto veloce, sfiorando i capelli biondi, prima di lasciar correre le dita verso la nuca.

«  Ma ci sei rimasto male lo stesso? »
Il biondo annuì, fermandosi e sollevando lo sguardo verso Axel.
Quello che era successo con Xion, così come con Ventus, non riusciva a dargli pace; era davvero una persona crudele? Capace di interessasi per pochi giorni a qualcosa e poi abbandonarla?
Roxas deglutì, inspirando lentamente.

«  Credo ci sia qualcosa che non vada nella mia testa. Forse sono uno stronzo e nemmeno me ne accorgo. »
Axel scosse la testa e tornò ad accarezzargli il capo, prima di appoggiare la mano sopra la sua spalla e dargli un leggero colpetto d’incoraggiamento.
Non poteva dire di conoscere Roxas come il palmo della sua mano, certo, ma sapeva con sicurezza che non era né cattivo né crudele.

«  Sai Rox, quando ero piccolo mio fratello mi diceva sempre che ero un cagasotto e d’accordo, aveva ragione, ma pensa che me lo dice ancora. A chilometri di distanza, anni e anni dopo, ancora continua a dire che ho paura di qualunque cosa », Axel schioccò le labbra, ora voltandosi del tutto verso Roxas; gettò a terra la sigaretta e appoggiò anche l’altra mano sopra la spalla del biondo,  « però io so che non è vero. Certe volte per le persone è più facile anteporre le loro supposizioni e i loro pensieri, prima di una persona, e così non vedono com’è realmente. Forse ti diranno che c’è qualcosa che non va con il tuo modo di fare, ma questo non vuol dire che sei la persona che descrivono.»
Roxas si morse l’interno guancia, mentre le parole dell’altro continuavano a volare nella sua mente.
Com’era possibile che Axel riuscisse sempre, sempre, a dire qualcosa di buono su di lui?
Il biondo si ritrovò a sospirare, come se fossero bastate le parole dell’altro per allontanare tutti i brutti pensieri, e si avvicinò di slancio al corpo dell’altro.
Roxas spiaccicò la faccia contro al petto di Axel, affondando il naso contro la maglia a righe dell’altro, socchiudendo gli occhi.
Per qualche secondo le mani del fulvo tentennarono, ma poi si strinsero contro al corpo di Roxas, mentre un leggero sorriso spuntava sopra le sue labbra.

« Grazie Axel », mormorò Roxas, deglutendo, cercando di aggiungere qualcosa che non sapeva nemmeno lui.
Conosceva quel ragazzo da un mese, ma era l’unico che riusciva a farlo sentire così bene.
Axel, d’altro canto, scrollò le spalle e strinse maggiormente il corpo del biondo contro al proprio, sperando che Roxas non sentire il cuore che, dio, stava battendo all’impazzata per quel singolo contatto.

«  E di che? A cosa servono gli amici, se non per questo? »
Roxas accennò ad una risata, sollevando il capo e guardando Axel in volto, dall’alto in basso, incrociando gli occhi verdi dell’altro, la chioma che pareva rilucere sotto la luce del tardo pomeriggio.
«  Già, è bello avere degli amici. »
Subito dopo averlo detto si sentì un’idiota, tanto che si allontanò dal corpo dell’altro, facendo un passo indietro. Si passò una mano tra i capelli biondi, schiarendosi subito dopo la voce.
«   E comunque … la tua maglietta puzza da impazzire. »
Axel sgranò appena gli occhi,fingendosi offeso, e poi si tirò verso il volto il colletto della maglia del Jimbo’s, annusandola.
«  Oh cazzo, hai ragione, che schifo. Sa di patatine e hamburger scadenti. »
Roxas ridacchiò leggermente, ficcandosi una mano in tasca; osservò l’ora sul cellulare e sospirò.
Non aveva voglia di tornare a casa, non voleva vedere Ventus in silenzio sul divano, sua madre nello studio, e stranamente, per la prima volta in vita sua, non aveva ancora voglia di andare da sua nonna.
Guardava Axel, lì davanti a sé, con il naso ancora sepolto nella maglietta, e voleva stare con lui.

«  Posso rimanere a dormire da te, sta sera?», non seppe dire esattamente come gli uscì fuori quella frase, come trovò il coraggio di pronunciarla, ma le parole scivolarono fuori dalla sua bocca da sole.
Axel per qualche secondo lo guardò interdetto, poi annuì.

«  Certo, certo che puoi », poi si passò una mano tra i capelli, tirando all’indietro qualche ciuffo sfuggito alla coda, «  ma per cena non aspettarti granché, credo di avere solo delle uova e del pane. »
Roxas annuì, con un gran sorriso sulle labbra, mentre una nuova scarica di felicità lo fece annuire altre due volte.
«  Hai mai provato un toast con l’uovo nel buco? »
Axel lo guardò con un cipiglio quasi schifato, scuotendo il capo quasi con disapprovazione.
 
«  Che cos’è ‘sta roba sofisticata? »
Roxas sbuffò, ruotando gli occhi al cielo; ecco un’altra delle tante cose per cui Axel lo prendeva in giro, oltre che l’età.
« Fidati, lo preparo sempre quando non c'è niente di pronto, uscirà una meraviglia. »
Effettivamente era l’unica cosa che Roxas era in grado di cucinare ai fornelli.
Il fulvo scrollò le spalle con indifferenza e mormorò un: 
«  se lo dici tu » poco convinto, prima di guardare la strada davanti a loro.
«  Ora muoviamoci, non vedo l’ora di assaggiare questa prelibatezza »
Roxas sbuffò ancora, dandogli una gomitata leggera contro al braccio, e riprese a camminare affianco a lui, lasciandosi alle spalle ogni problema.
















***
Oh-oooh.
Roxas forse ha capito qualcosa? Forse la sua eterosessualità era solo un miraggio lontano? Chi lo sa! ( Io lo so, ovviamente, ma la domanda retorica era obbligatoria.)
Il prossimo capitolo sarà un po' più corto, un piccolo bonus tutto per Axel e Roxas a casa da soli, come ogni futura coppietta dovrebbe fare.
Le domande di questo capitolo:
1) 
Con Xion è finita qui o la ragazza serberà un po' di rancore? Giusto un pochino?
2) Axel può essere più ghei di così?
3) Marluxia è oppure no gay?
4) Niente Tatty? 

Al prossimo capitolo, folks-

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: bittersweet Mel