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Autore: Ordinaryswan    09/11/2017    0 recensioni
Aria è una ragazza dolce ma chiusa. Aria ha paura del mondo esterno da quando suo padre l'ha abbandonata, anzi ha abbandonato lei e sua madre. Entrambe si fanno forza a vicenda ma l'unico pensiero della vita di Aria è quello di studiare e rendere orgogliosa sua madre. Forse non l'unico pensiero da quando una compagnia di ballerini americani piomberà in città e lei ci finirà dentro con tutte le scarpe (a punta).
Dal primo capitolo:
“Vuole forse ammalarsi il primo giorno di lavoro?” Girandomi notai solo quegli occhi di ghiaccio che mi stavano nuovamente fissando quasi arrabbiati. 
“Non mi ammalerò, mi lasci andare .. me la so cavare”
“Non mi sembra visto che non sa mettere nella borsa neanche un ombrello per ripararsi, sa com'è l'inverno.. lo conosce?” Faceva davvero ironia con me?
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Cappuccino doppio


Non mi aveva abbandonato sul divano, non del tutto. Era uscito per dieci minuti per prendere la colazione, cosa che mi fece letteralmente impazzire. Prima che potesse anche solo accorgersi che mi ero svegliata, sgattaiolai nel bagno a darmi una ripulita. Non avevo dormito benissimo ma non avevo neanche un aspetto così orribile. Tornai in cucina e trovai due fette di apple pie sul tavolo e due bevande da asporto. “Buongiorno” mi sorrise allungando la mano a spostarmi una ciocca davanti agli occhi “Cappuccino doppio, right?” mi porse la tazza. Annuii incerta. “Ho visto che quando vieni a teatro ne hai sempre uno in mano” si affrettò a dire capendo il mio leggero disagio di fronte a quella sorpresa. Non c’è neanche da indovinare il fatto che lui la mattina bevesse del thé, ma fu notevole scoprire che a teatro mi aveva osservato. 
“Non so che dire, è una cosa che ti capita spesso di fare? Comprare la colazione fuori, dico” chiesi bevendo un grande sorso del cappuccino che più amavo della città. 
“Dici che è troppo? Non so, non volevo avvelenarti col mio caffè” ridacchiò per un secondo ma tornò subito serio. Anche lui sembrava non essere abituato ad avere a che fare con una ragazza se non per questioni strettamente anatomiche. 
“Non è troppo, è molto piacevole. È il risveglio più bello che si possa avere” appena uscirono queste parole dalla mia bocca, arrossii tremendamente. Mi ero trasformata in uno zuccherino tempo tre ore passate a dormire col ragazzo. 
Non mi potei trattenere oltre la colazione, la domenica era sempre una giornata piena. Dovevo recuperare tante cose da fare e volevo anche prendere le distanze per capire cosa mi stava succedendo. 
“Vuoi che ti accompagni?” mi chiese gentilmente alla porta. “Sai che prima di incontrarti, come le persone normali, prendevo i mezzi pubblici?” scherzai ma lui rimase serio. 
“Non mi piace sapere che torni a casa da sola” era una frase che continuava a ripetere in situazioni e contesti diversi, ma non ne capivo il motivo. “Ti scrivo appena sono a casa”
“Bene” disse ancora più serio e mi diede un bacio sulla fronte. Non che mi aspettassi il grande bacio sul portone di casa ma era stato tutto perfetto fino a quel momento e non sapevo cosa lo aveva turbato. Il suo volto era teso, ma me ne andai. 

Il giorno seguente a lavoro dovetti rimanere chiusa nel camerino a compilare pratiche burocratiche per tutte le questioni di copyright di musica e video. Sembravano infinite e non mi avevano lasciato molto tempo per poter aggirarmi in teatro. Sabato ci sarebbe stata la serata di beneficenza e doveva essere tutto perfetto, così mi ero impegnata a leggere riga per riga e norma per norma. 
Il lunedì come spesso capitava facevo mezza giornata.
“Ehi, è un po’ di tempo che non vieni a vedere un film da me?” Ero arrivata alla porta di uscita quando venni placcata letteralmente da Maria. Film da lei significava anche film con Jaime e non era qualcosa che al momento riuscivo a rifiutare. 
“Penso proprio che possa andare bene” corsi a casa a studiare. Ero rimasta indietro con tutto. Avevo invitato Valentina per darmi una mano. Dopo aver pranzato insieme iniziammo a studiare, ognuna per il proprio argomento di laurea. Eravamo prossime al grande evento ma non poi così tanto consapevoli a cosa stavamo andando incontro. Speravo in una collaborazione con Newman o con qualsiasi altro teatro nel futuro prossimo ma non avrei potuto mai dire cosa poteva succedere da lì a qualche mese. 
“Facciamo un pausa, un caffè?” Proposi e scendemmo in cucina. La casa quel giorno era praticamente deserta. Mia nonna e mia madre erano dal medico per visite di routine per entrambe. 
Preparai la moka mentre l’argomento sempre più si stava spostando dall’università alla nostra vita da tirocinanti. Valentina era inserita in una compagnia musicale, il suo lavoro si limitava a controllare le apparecchiature audio e video. Mi ritenevo molto fortunata a lavorare con Newman ed avere tanta libertà. 
“Insomma, col ragazzo, quello un po’ insopportabile… Come sta andando?” Uscì fuori questa domanda all’improvviso e diventai rossa subito. 
“Meglio, credo che mi piaccia. E ci stiamo frequentando, cioè in un modo molto strano” dissi esitando un po’. 
“Credi che ti piaccia? Finalmente abbiamo il candidato giusto. Di solito neanche ti interessava instaurarci un dialogo … Vabbé ma quello lo fai con le persone in generale” ridacchiò dandomi una spinta. 
“Non è vero!” E risi con lei. Un fondo di verità c’era ma non pensavo di dare un’impressione così drammatica della mia capacità di comunicazione. Anzi, pensavo all’università in qualche modo di essermi sbloccata sempre se si parlava di studio ovviamente. Per un esame avevo addirittura provato a studiare in gruppo e la cosa non mi dispiacque. 
Prima di mandare via Valentina mi feci consigliare, non che mi interessasse apparire agli occhi di Jaime ma avevo voglia e bisogno di sentirmi un po’ femminile ai suoi occhi. Non cercai vestiti provocanti perché andavo a vedere un film, ma misi un rossetto rosso sulle labbra. Non lo facevo mai, anzi l’ultima volta che avevo messo un rossetto probabilmente avevo quattordici anni e avevo scoperto i trucchi di mia madre, ma avendo già una bocca molto carnosa a mio avviso, risultavo volgare. 
Stavolta riprovai e l’effetto del rossetto scuro non mi dispiacque. Per il resto mi lascia al naturale, con la chioma nera che ormai mi arrivava al seno e gli occhi verdi senza un minimo di trucco. 

Una volta scesa alla mia fermata mi avviai verso la casa dei due ballerini. 
Quando bussai alla porta dell’appartamento, mi trovai davanti entrambi. A sinistra la piccoletta che mi venne ad abbracciare per un istante e alla mia destra, Jaime che teneva la porta e con un leggero imbarazzo mi diede un bacio sulla guancia e mi prese lo zaino. Indossava solo una canotta e dei pantaloncini mostrandomi per la prima volta le sue cosce nude. Ecco se volevo risultare provocante avevo completamente fallito visto che quella sedotta in un millesimo di secondo ero io, nuovamente.
“Abbiamo ordinato chinese food, spero non ti dispiaccia” mi disse il ragazzo facendomi cenno di seguirlo al tavolo. Scossi la testa. In realtà mi piaceva, ma ero ancora stordita da tutti i miei pensieri. Perché ero così nervosa? E lui, così freddo. 
Mangiammo praticamente ascoltando Maria parlare di come si trovasse bene con Filippo e del fatto che quella sera, mentre io ero a dormire nel letto di Jaime, i due si erano dati da fare. 
“Voi italiani lo fate sempre così?” Si rivolse a me e quasi mi strozzai con un noodle. 
“Cosa Maria?” Sentii Jaime ridacchiare. Mi morsi il labbro, ricordandomi solo dopo del rossetto sparso sulla mia bocca. 
“Sesso, voglio dire, avrai provato diversi ragazzi italiani. Sono così passionali vero?” Spalancai gli occhi. Sì li avevo provati anche se non avrei utilizzato quelle parole. 
“Non so voi americani come lo fate” e guardai per un attimo Jaime “Ma mi pare che dipenda da persona a persona … Ma tu la lasci raccontare così tutti i dettagli, cioè dico come fratello n-non" Mi rivolsi a Jaime alla fine ma non sapevo come finire la frase e lui scoppiò a ridere. 
“Non che salti di gioia nel sapere che mia sorella scopa, ma lo farebbe anche se non fossi d’accordo quindi meglio parlarne che farne un tabù” mi disse serio e Maria annuì. Non volevo affatto giudicarla e mi spiegai infatti che ero io molto in imbarazzo ma che è bello il rapporto che ha col fratello. 
Beh io a diciassette anni stavo appena scoprendo il mio corpo, ma ognuno ha i suoi tempi. 
Finita la cena, con ancora più tensione tra me e Jaime ci mettemmo tutti e tre sul divano, ma Jaime si sedette all’angolo opposto così cercai di concentrarmi sul film. 
Per quella sera avevo scelto Prisoners, un thriller che mi avrebbe concentrato per almeno un paio d’ore. Non ci furono pause infatti. 
Alla fine del film ero praticamente con la testa che mi penzolava dalla stanchezza. Mi ero alzata presto e poi non avevo fatto che altro che lavorare e studiare. 
“Noi andiamo a letto” annunciò Maria trascinandomi per il polso, ma fui agganciata per l’altro polso dal ragazzo. 
“Posso rubartela per cinque minuti, poi te la riporto in stanza tutta intera promesso” scherzò ma mi svegliai di un colpo dall’ansia che mi era appena arrivata dalle sue parole. 
Appena entrai nella sua stanza mi ritrovai schiacciata alla sua porte con le sue mani che bloccavano le mie. 
“Sei bellissima stasera, non so neanche come mi sto trattenendo dal saltarti addosso”
“No aspetta, prima mi allontani, a teatro neanche mi saluti e ora vuoi saltarmi addosso? Posso chiederti che ti è preso l’altra mattina.. Io ero così felice di averla trascorsa con te” Il suo viso si rabbuiò di nuovo e tese la mascella. 
Non mi parlava e non sapevo cosa avevo fatto di male. 
“È che non mi piace quando vai a giro da sola, so che non è un buon motivo per comportarmi da stronzo ma non sono abituato a pensare costantemente ad una persona” si avvicinò e il suo respiro andava a riempire il mio tanto che non seppi come ritrovare lucidità per rispondergli. 
“Non mi succederà niente se ogni tanto prendo un mezzo pubblico, lo sai no?”
“No, tu non lo puoi sapere” scosse la testa e mi liberò le mani. Andai subito a cercare il suo volto e lo guardai dritto negli occhi. Ero così sincero e dispiaciuto. 
“Prima o poi dovremo parlare di questa cosa che ti turba” annuì alla mia richiesta sottintesa e mi regalò un sorriso. 
Ero ancora schiacciata tra lui e la porta e se ne rese conto pure lui che la situazione era particolarmente accaldata. 
“Quindi saresti curiosa di sapere come gli americani lo fanno?” Si chinò a darmi una bacio sul collo dopo quella domanda. 
“Potrei … Una sera di queste” accarezzai le sue mani che si erano ricongiunte alle mie. 
“Vorrei baciarti” tornò a fissarmi negli occhi con le sue iridi azzurre “Vorrei toglierti quel rossetto, ti prego di metterlo più spesso, anche se è puro masochismo da parte mia dirtelo” ridacchiai ma poi tornai seria e mi avvicinai alle sue labbra fino a toccarle. 
Una mano teneva la mia e l’altra si stava spostando sulla testa. E avevo bisogno di essere sorretta. Appena schiusi la bocca la sua irruenza e prepotenza mi colse impreparata ma fu anche tremendamente dolce. Posò le labbra più volte sulle mie carezzandole, prima di mandarmi definitivamente da Maria che mi stava aspettando.
Tornai nella camera della sorella in una situazione piuttosto imbarazzante ma lei non disse nulla ed io mi misi a dormire. 

Al risveglio Maria mi guardava con un sorrisetto soddisfatto. 
“Jaime sta ancora dormendo, vai dai, ti lascio libera” realizzai la cosa e pian piano mi alzai. Ero un po’ impacciata ma aprii la camera di Jaime e lo vidi sdraiato nel suo letto. La maglia era per terra ed era coperto solo dal piumone. Prima che si svegliasse uscii a preparargli una tazza di tè e quando fu tutto pronto tornai nella sua camera. Si era girato leggermente verso la porta ma stava dormendo così beatamente che mi sentivo in colpa a svegliarlo. Posai la tazza sul suo comodino e feci per andarmene quando sentii il mio polso stretto nella sua mano. 
“Scusami io, volevo…” provai a balbettare qualcosa di senso compiuto. 
“Vieni qua” mi rispose il ragazzo alzando la coperta e mostrandosi in tutta la sua bellezza. Indossava solo dei boxer neri e quello bastò a farmi cedere da entrare nel suo letto. Se avessi saputo che la mia forza di volontà si sarebbe annullata così facilmente non avrei mai pensato all’idea di svegliarlo. Dovevo cercare un briciolo di lucidità per non fare qualcosa, spinta dall’istinto e dagli ormoni.
“Ti ho fatto un tè, e volevo darti il buongiorno” mi accomodai fra le sue braccia calde ma non mi sdraiai con lui, anzi lo costrinsi ad alzarsi leggermente. 
“Buongiorno” mi diede un bacio sulle labbra. “Vuoi proprio che ci alziamo?” mugolò in un italiano masticato.  Gli passai la tazza. 
“Tra poco devo andare via, devi alzarti per salutarmi” dissi con un tono leggermente provocatorio. 
“Ti va di farmi compagnia mentre mi riscaldo?” lo guardai inizialmente male dopo la sua frase ma il tono non era malizioso, anzi era piuttosto serio e capii che il riferimento era alla danza che evidentemente era il suo primo pensiero. 
“E ti posso aiutare nel riscaldamento?” continuavo senza volerlo davvero ad essere maliziosa. Fece un sorrisetto avendo avuto il mio stesso pensiero e poi fece cenno di sì con la testa. 
Dopo esserci alzati e vestiti, Jaime rigorosamente in tuta, tornammo in camera sua. Vi era un tappetino disteso per terra ed iniziai ad osservarlo mentre scaldava i muscoli, prima le braccia e poi sedendosi, le gambe. In realtà non ero molto utile se non per passargli gli attrezzi. Si appoggiò poi alla finestra utilizzandola come sbarra. “Posso provare anche io?” mi uscì spontaneo vedendolo così agile ed elegante tanto da farmi venir voglia di imparare qualcosa anche io. Ero negata per lo sport e soprattutto per la danza ma forse, con Jaime, potevo rimediare. 
“Vieni qua, partiamo dalle basi miss muovo il sedere sul tavolo” disse leggermente serio ma d’altronde, lui, con la danza, non scherzava mai. Mi posizionai di fronte a lui in imbarazzo. In cosa mi stavo cacciando? Risi di me stessa. 
Seguii i suoi movimenti: la prima posizione, le gambe e poi le mani davanti a me. Poi, passammo alla seconda ma mi fu difficile mantenere la corretta posizione con le spalle. 
“Il petto in fuori, ma non troppo e il sedere in dentro. Spingi gli addominali e plie” Per dieci minuti buoni andammo avanti con questa piccola lezione mentre questo gli permetteva di mettere le mani ovunque e stuzzicarmi ogni volta che sbagliavo. Era incredibile che queste cose difficilissime o forse, per un ballerino facili, come le posizioni, fossero così esaustive. Ero stanca dopo dieci minuti mentre Jaime si allenava per ore. Cominciavo a capire come mai una passione del genere in qualche modo assorbisse la propria vita fino a far sì che tutto giri intorno a quella disciplina. 
Andai via troppo presto, ma dovevo. La situazione non stava precipitando, ma sentivo comunque che stavamo correndo. Certo, non avevamo fatto sesso ma eravamo passati da scambiarci poche frasi ogni tanto a volerci l’uno per l’altra. Spesso però i gesti valgono molto di più delle parole e con Jaime potevo ben dirlo.


Eccomi ancora. Stavolta parlo poco e vi lascio il capitolo. 
Grazie ancora a chi mi sta seguendo, vi adoro. 
A presto,

Cri

 
  
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