Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Shainareth    10/11/2017    4 recensioni
Le voci spaventate degli altri arrivavano ovattate alle sue orecchie, come se al momento lei stessa si trovasse in un’altra dimensione. Il fatto era che, presa com’era dal reprimere le proprie emozioni, Marinette non si era resa conto di essere sull’orlo di esplodere. Cosa che era effettivamente avvenuta quando Adrien aveva ammesso di essere innamorato di qualcuno. Di Ladybug. Di lei, quindi. Ma Adrien non lo sapeva. Né sapeva che lei sapeva. Che gran casino.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Fiducia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



CAPITOLO SETTIMO




«Ce l’ho fatta, Plagg! Sono riuscito a dirglielo!» esultò Adrien, non appena rientrò dalla finestra della sua camera e sciolse la trasformazione. Si sentiva fiero e forte come un leone, pieno di energia e di buona volontà, come se dopo quella sera avesse potuto spaccare il mondo. E se Marinette un giorno avesse ricambiato i suoi sentimenti? Cielo, sarebbe stato ancora meglio!
   Ci pensò Plagg a farlo sgonfiare come un palloncino. «È stato Chat Noir a dirglielo, non tu», gli fece presente, svolazzando con aria stravolta verso il divano, sul quale si abbandonò stancamente.
   «E che differenza fa?»
   «Marinette non sa che tu sei Chat Noir.»
   Rimasero in mortale silenzio per qualche terribile attimo. Poi Adrien si portò le mani nei capelli con fare disperato ed esplose: «Sono un emerito idiota!»
   «Almeno ne sei consapevole», sbadigliò il kwami, grattandosi il fondoschiena.
   L’altro lo ignorò, concentrato com’era sulla propria tragedia personale. «Ero talmente preso dai miei sentimenti che mi sono completamente dimenticato di dirle la cosa più importante!»
   «Ormai la frittata è fatta. C’è del camembert?»
   «Torno da lei.»
   «Non ti azzardare! Sono stanco morto!»
   «Ma ho bisogno di dirle la verità!»
   «Avresti potuto pensarci prima di metterti a fare il galante, mostrandole la città dall’alto e facendo il poeta!» lo rimbrottò Plagg, che davvero non concepiva come potesse avere a che fare con un ragazzo tanto melenso. «Inoltre ritengo che oggi tu abbia giocato fin troppo con il cuore di quella povera ragazza, perciò lasciala in pace!»
   «Io non ho giocato con il suo cuore!» ribatté Adrien, seriamente offeso. Lo faceva davvero così superficiale? Non era colpa sua se, quando era troppo coinvolto in qualcosa, agiva d’istinto anziché soffermarsi a riflettere sulla faccenda come faceva di solito. Mise mano al cellulare. «La chiamo.»
   «Pessima mossa.»
   «Perché? Marinette aspettava una mia telefonata, nel pomeriggio.»
   «E che le dirai? Scusa, mia cara, ma siccome sono stupido, tra una romanticheria e l’altra mi è sfuggito di dirti che ero io, il tizio vestito di nero che stasera ti ha praticamente assalita senza neanche lasciarti il tempo di respirare.»
   Pur corrucciando la fronte per il verso in falsetto che il kwami gli aveva fatto, Adrien contestò solo il succo del discorso: «Detta così, sembra inquietante.»
   «Appunto», rimarcò Plagg. «Mettiti nei panni di quella ragazza.» L’altro abbassò lo sguardo, dovendo rassegnarsi a dargli ragione. «Di una cosa, però, bisogna darti atto», riprese il suo piccolo amico dopo qualche istante. «Grazie alle tue doti da gran seduttore, potresti benissimo essere appena diventato il rivale di te stesso.»
   Sentendosi preso in giro, il ragazzo marciò verso l’uscita della camera senza cogliere la sua provocazione. Aveva ben poco da recriminare, a dirla tutta, poiché Plagg non era andato poi troppo lontano dalla realtà.
   Non appena Chat Noir aveva spiccato un balzo dal terrazzino di casa Dupain-Cheng, Tikki si era precipitata all’interno della camera di Marinette dopo aver assistito all’intera scena da una delle finestre. Aveva trovato l’amica immobile davanti alla scrivania, con il viso paonazzo e stravolto dalle forti emozioni che il giovane era riuscito a riversare su di lei con quell’appassionata dichiarazione del tutto inattesa. Quando poi il piccolo kwami aveva provato a chiamarla per chiederle come stesse, Marinette aveva sentito le gambe tremare ed era scivolata giù, seduta sul pavimento con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata. «N-Non scherzava, allora…» aveva annaspato, ancora incredula. «Quando… Quando diceva tutte quelle cose… lui le pensava sul serio…»
   Tikki si era stretta nelle spalle, dispiaciuta che l’amica non se ne fosse mai resa conto. «Davvero non lo avevi capito?»
   La ragazza aveva scosso leggermente la testa. «E come avrei potuto prenderlo sul serio, viste tutte le altre sue spacconate?» Si era portata le mani al volto, trovandolo bollente. «Sono una persona orribile…» aveva farfugliato subito dopo, facendosi un esame di coscienza.
   «Cosa? Perché mai pensi una cosa del genere?»
   «Perché ho sempre sminuito i suoi sentimenti e non ho fatto altro che respingerlo, senza fermarmi un attimo a riflettere! Se Adrien facesse una cosa simile con me…!»
   «Marinette…»
   Aveva quindi issato le ginocchia al petto e vi aveva nascosto il viso contro, sentendosi sull’orlo delle lacrime. «Lui, invece, non ha mai desistito, neanche dopo aver scoperto che sono io, Ladybug…» aveva mormorato con voce tremula.
   Dopo di che, non aveva detto più nulla, chiudendosi in un silenzio angosciante fino a che non aveva deciso che fosse abbastanza tardi per mettersi a letto. Difficilmente sarebbe riuscita a dormire, quella notte, ma almeno avrebbe provato a rilassarsi nel buio della stanza, cercando di svuotare la mente dai mille pensieri che l’affollavano.
   A dispetto del cielo quasi terso di quella sera, la mattina seguente portò con sé un tempo uggioso che ben si sposava con l’umore della ragazza. Alla fine era riuscita ad appisolarsi a tarda ora, benché i suoi sogni non l’avessero aiutata a riposare per davvero, tormentandola ora con le sembianze di Chat Noir ora con quelle di Chloé, che era riuscita a conquistare Adrien e gli proibiva categoricamente di telefonarle, facendo cadere nell’oblio ogni tenue speranza del suo povero cuore.
   Si alzò dal letto più svogliatamente del solito, ma non protestò, preparandosi con gesti lenti e meccanici per uscire di casa. Si risvegliò davvero solo quando, arrivata davanti scuola, inciampò rovinosamente sul gradino più alto della scalinata d’ingresso, finendo col far girare un bel po’ di persone nella sua direzione e regalando diverse risate.
   «Tutto bene?» La voce gentile di Nino le coprì almeno in parte, inducendo Marinette ad alzare lo sguardo e a ricambiare il suo sorriso. «Non ti sei fatta male, vero?»
   «No», rispose lei, accettando di buon grado la mano dell’amico per tirarsi su. «Ormai, con tutte le cadute prese nel corso degli anni, credo che il mio corpo si sia evoluto per autodifesa diventando di gomma.» Per lo meno, si consolò spolverandosi i vestiti, il senso dell’umorismo non aveva risentito troppo del tornado dalle orecchie a punta che l’aveva travolta con tutta la sua potenza.
   «Che voleva il preside da te ed Adrien, ieri?»
   Bastò quella semplice domanda a restituire a Marinette un po’ di colore sulle guance. «Ah… eh… pare… pare che io e lui siamo stati spesso assenti insieme…» cominciò a spiegare, mentre i ricordi del colloquio con monsieur Damocles riaffioravano alla memoria e le causavano un nuovo, prevedibile batticuore.
   Nino sollevò la visiera del cappello con fare stupito. «Davvero? Non me n’ero accorto.»
   «Tu non ti accorgeresti nemmeno di essere investito da un treno in corsa», lo prese in giro Alya, affiancandosi a loro. Lui le fece una smorfia che lei ricambiò ridendo, prima di sporgersi per dargli un bacio sulla guancia. Marinette li osservò con tenerezza e un briciolo di sana invidia: sarebbe riuscita anche lei, un giorno, ad avere un rapporto simile con Adrien? Oppure tutto ciò che l’aspettava erano i soliti, sconfortanti balbettii dovuti alla sua maledetta timidezza?
   «Allora, ti ha chiamata?» domandò Alya, sorridendole con complicità.
   «Chi doveva chiamarla?» s’incuriosì Nino, rimanendo tuttavia senza risposta.
   Marinette assunse un’aria impacciata e rassegnata a un tempo. «Sarebbe stato troppo bello.»
   «Quell’idiota…» borbottò la sua amica, incrociando nervosamente le braccia al petto.
   «Ma chi?» cercava di capirci qualcosa Nino. Insomma, se dovevano parlare dei loro affari davanti a lui, potevano anche decidersi a coinvolgerlo, no? «Oh, ecco Adrien!» esclamò poi, notando il giovane che stava scendendo da un’auto in sosta davanti all’ingresso della scuola.
   Il solo pensiero che lui fosse lì trasformò di colpo Marinette in un pezzo di legno. Alya tornò a sorriderle e le sussurrò: «Chiedergli perché non ti ha chiamata potrebbe essere un ottimo spunto di conversazione, non credi? Così forse capirai anche il suo strano comportamento di ieri.»
   Aveva ragione lei, rifletté la ragazza fra sé, scacciando ogni esitazione e voltandosi verso il punto in cui si trovava ora Adrien, e cioè a metà dei gradini che portavano a loro. Quando i loro sguardi si incrociarono, il giovane arrestò d’istinto il passo, avvertendo tutto l’imbarazzo di quell’incontro: forse lei non ne era consapevole, ma lui le aveva messo il proprio cuore fra le mani appena una manciata di ore prima.
   «C-Ciao, Adrien…» balbettò la sua bella, agitando con fare adorabile una mano a mezz’aria. Il giovane sentì nitidamente il viso e la punta delle orecchie farsi roventi: quanto avrebbe resistito prima di vuotare il sacco? Soprattutto, quando sarebbe stato opportuno farlo?
   «Buongiorno, Marinette…» salutò dopo un attimo, ricominciando a salire e affiancandosi a lei.
   «Fate pure come se non ci fossimo…» commentò risentito Nino, poiché sembrava essere diventato improvvisamente invisibile agli occhi dell’amico, la cui attenzione era stata calamitata da Marinette. Alya tirò il proprio innamorato per un braccio, allontanandolo da lì con forza. «Ehi, che c’è?» si lagnò quello, trovando tutti stranamente enigmatici, quella mattina.
   Rimasti soli, i due eroi in incognito si scambiarono un vago, vergognoso sorriso, distogliendo lo sguardo e, infine, ammutolendo del tutto. Da una parte, dopo quel che le avevano chiesto Nino e Alya, Marinette non faceva altro che pensare a quanto era successo nell’ufficio del preside e al bizzarro, imbarazzante comportamento di Adrien che le aveva fatto quasi esplodere il cuore di gioia; dall’altra, invece, lui continuava a tornare con la mente alla sera precedente, quando le aveva confessato i suoi sentimenti, sia pure dietro la maschera di Chat Noir. Non andava bene, si disse il giovane, serrando i pugni e le mascelle: doveva chiarire il prima possibile, in modo da evitare che Marinette potesse credere di essere vittima di un pessimo scherzo.
   «Senti…» iniziò allora, ma la sua voce fu coperta dal suono della campanella della prima ora.
   «È meglio andare in classe», disse lei, provando un certo conforto: la scuola le avrebbe dato tutto il tempo per calmare l’animo inquieto. Si avviò senza aspettare risposta, tuttavia, con le membra ancora irrigidite per l’emozione che le causava la sola presenza di Adrien, finì col mettere di nuovo il piede in fallo e perse l’equilibrio. Il braccio che il giovane protese con prontezza in avanti le impedì una seconda caduta, facendole tirare un sospiro di sollievo.
   «Mi farai venire i capelli bianchi…» borbottò lui, spaventato all’idea che l’amata potesse farsi male, visto che già la sera prima aveva rischiato di rompersi l’osso del collo sul balcone di casa.
   Mortificata, Marinette farfugliò: «M-Mi dispiace… e grazie…» Recuperò la stabilità sulle gambe e fece per lasciarlo andare, ma Adrien la trattenne gentilmente per una mano. Lei sussultò, avvertendo il sangue affluire con prepotenza al viso, e sollevò lo sguardo su di lui, timida e incapace anche solo di fiatare.
   Gli  occhi di Adrien non erano mai stati così profondi. Fu questo che si ritrovò a pensare, confusa per quella situazione del tutto insperata. Era chiaro che lui volesse dirle qualcosa di importante, e l’intensità di quello sguardo le riportò alla mente quello con cui Chat Noir l’aveva ipnotizzata la sera prima, confessandole in modo chiaro e definitivo i propri sentimenti per lei. Che Adrien volesse fare la medesima cosa? Impossibile. Marinette non poteva davvero sperare in un simile miracolo.
   «Volevo scusarmi per quello che è successo ieri.»
   Quelle parole la scossero, risvegliando ancora una volta in lei il ricordo del colloquio con monsieur Damocles. «Oh… ehm… non… non c’è problema…» tartagliò, risultando tutt’altro che convincente. E come avrebbe potuto esserlo, se il suo cuore sobbalzava ogni volta che ripensava alle insinuazioni fatte riguardo al loro rapporto?
   «Ho agito d’istinto», continuò allora Adrien, mortalmente serio e deciso a mettere in chiaro le cose una volta per tutte, «senza tener conto dei tuoi sentimenti.»
   «M-Ma no, te l’ho detto… va tutto bene…» tentò di rassicurarlo Marinette, reputando che l’amico stesse prendendo quella faccenda con troppa serietà. Sì, certo l’aveva colta di sorpresa e probabilmente aveva compromesso la loro reputazione con la professoressa Bustier e il preside, ma almeno avevano scansato una punizione – e lei aveva potuto continuare a nascondere la sua doppia vita senza alcun problema.
   Adrien strinse le labbra: davvero non provava alcun risentimento? Si era figurato ben altra reazione, da parte sua, scoprendo che lui e Chat Noir erano la stessa persona – perché dopotutto era quello che aveva appena ammesso implicitamente. «In ogni caso…» riprese allora, lasciandole a malincuore la mano, «perdonami.»
   Marinette gli rivolse un nuovo sorriso, questa volta più incoraggiante. «Ora che ci siamo chiariti, forse sarebbe il caso di andare in classe, prima che inizino a girare certe voci.» Tempismo perfetto. Si morse la lingua e Adrien la fissò stupito, prima di scoppiare a ridere nervosamente, portandosi una mano alla nuca con imbarazzo.
   «Giusto, sì…» convenne con lei, schiarendosi la gola senza che ve ne fosse davvero bisogno. «Abbiamo promesso di non fare altre assenze… non insieme, per lo meno.» Quindi, pur continuando ad essere entrambi tesi come corde di violino, si affrettarono a raggiungere il resto dei loro compagni senza più scambiarsi una parola.
   La giornata trascorse veloce, aiutando Marinette ad accantonare almeno in parte il peso che sentiva nel cuore. E se fino al giorno prima aveva sperato che Chat Noir si facesse vivo, per avere sue notizie e assicurarsi che andasse tutto bene, adesso a questo si era aggiunto anche un vago, paradossale timore al pensiero di trovarselo di nuovo davanti. Come avrebbe dovuto comportarsi? Cosa avrebbe dovuto dirgli? Dargli una risposta? Il giovane le aveva lasciato intendere che non era necessaria, poiché era consapevole che il suo amore per lei non era ricambiato.
   Marinette abbassò lo sguardo sulla schiena del ragazzo che le sedeva davanti; sebbene negli ultimi giorni il suo collega nella lotta al crimine si fosse impadronito di buona parte dei suoi pensieri, il suo cuore continuava a battere solo per Adrien. E come poteva essere altrimenti? Lui era semplicemente perfetto – anche quando la metteva in imbarazzo con i professori o mancava alla promessa di chiamarla.
   Neppure Adrien, in verità, riusciva a concentrarsi troppo sulle lezioni, quel giorno. La sua mente continuava ad arrovellarsi attorno ad un unico pensiero: perché Marinette non aveva manifestato stupore alla rivelazione che le aveva fatto? Era forse ancora troppo scossa da ciò che era accaduto la sera prima? Doveva elaborare il tutto? Sì, evidentemente era così, e lui le avrebbe lasciato tutto il tempo per farlo.
   «Nino…» esordì dopo la scuola, quando lui e il suo amico si concessero del tempo insieme passeggiando lungo la riva della Senna. «Ho bisogno di un consiglio.»
   Il tono che usò manifestava tutta la sua frustrazione, perciò l’altro non poté fare a meno di guardarlo con espressione preoccupata. «Di che si tratta?»
   «Marinette», fu la laconica risposta che ricevette e che lo indusse ad aggrottare le sopracciglia.
   «È da un paio di giorni che la fissi di sottecchi… È successo qualcosa?»
   «Sono innamorato di lei», gli fu detto, senza troppi giri di parole.
   Nino credette di aver sentito male e Adrien fu costretto a ripetere. «M-Ma fino all’altro giorno giuravi di amare Ladybug», contestò il ragazzo dai capelli scuri, cercando di capirci qualcosa. «Hai mentito durante la nostra riunione sulla fiducia? Lasciati dire che non è stato molto corretto, da parte tua…» osservò con un vago senso di delusione nello sguardo e nella voce.
   «Ho detto la verità, lo giuro», sospirò stancamente Adrien, le mani in tasca, calciando un sassolino sulla strada. «Il fatto è che Marinette mi è sempre piaciuta, ma ho realizzato di amarla solo adesso.»
   Nino rimase in silenzio per qualche attimo, concludendo che non aveva davvero nulla da rimproverargli: anche lui era stato piuttosto volubile, mettendosi con Alya pur convinto di essere innamorato di Marinette. «Hai intenzione di dirglielo?»
   «L’ho già fatto.»
   Gli occhiali gli scivolarono sul naso per la sorpresa. «Sul serio? Wow, sei coraggioso!»
   «Dici?» ribatté Adrien, poco convinto.
   «E che ti ha risposto?»
   Si strinse nelle spalle e fece una smorfia. «Nulla. In realtà non le ho lasciato il tempo di fiatare e sono andato subito via.»
   «Perché?»
   «Perché era inutile, so già che mi considera soltanto un amico.»
   Nino sorrise, tirandosi su gli occhiali con la punta di un dito. «Anche Alya diceva la stessa cosa di me… E comunque, che ne sai? Te l’ha detto lei?»
   «Più o meno…» Adrien si portò una mano al volto, sempre più scoraggiato. Per quanto Marinette gli volesse bene, come aveva dimostrato in più occasioni sia nei suoi confronti che in quelli di Chat Noir, era sempre stata piuttosto chiara nei suoi modi di fare, reprimendo sul nascere ogni tentativo di approccio romantico da parte sua.
   «Ora che ci penso…» riprese Nino, fermandosi e sollevando lo sguardo al cielo carico di nubi con aria pensosa. «Una volta Alya mi ha detto che a Marinette piace qualcuno della classe.»
   Adrien alzò di scatto la testa e strabuzzò gli occhi, avvertendo un brivido all’altezza del petto. «Qualcuno della classe?!» ripeté palesemente sconvolto. «Chi?!» pretese di sapere, afferrando l’amico per le spalle e costringendolo di nuovo a guardarlo in faccia.
   «Ehi… non lo so…» rispose quello, sorpreso da tanta irruenza. «Non ha fatto nomi.»
   «Maledizione», imprecò Adrien fra i denti, allentando la presa e tornando a commiserare se stesso. «Chi diavolo potrà mai essere?!»
   «Amico, datti una calmata.»
   «Nathaniel! Ma certo! Non è abbastanza ovvio?» s’infervorò, passando mentalmente in rassegna tutti i loro compagni di classe ed escludendo a priori se stesso. «È innamorato di lei, ricordi?»
   Nino lo fissò sconsolato. «Ciò non significa che Marinette ricambi i suoi sentimenti… Anzi, non mi pare abbia mai dimostrato interesse nei suoi confronti.» Di questo Adrien poteva dargliene atto, perché quando Nathaniel era stato akumizzato, Marinette si era ben guardata dal mostrare un qualsivoglia coinvolgimento sentimentale al riguardo. «Smettila con quell’espressione corrucciata, ti verranno le rughe, e con il tuo lavoro di modello non puoi permettertele.»
   Anziché sorridere alla battuta dell’amico, il ragazzo si incupì ulteriormente. «Se non le piacciono i tipi timidi come Nathaniel e neanche quelli sfacciati come me, mi chiedo quale sia il suo tipo ideale…» ragionò fra sé.
   «Tu non sei sfacciato», obiettò Nino, stranito dal modo in cui lui si era appena descritto.
   «Questo perché non mi hai mai visto mentre le ronzo attorno», gli assicurò Adrien, lasciandosi finalmente scappare un sorriso, che tuttavia di allegro aveva ben poco.
   «Stai scherzando, vero? Sei sempre così gentile e composto…»
   «Eh… ci sono lati di me che conosce solo Marinette», ammise suo malgrado, riprendendo il cammino e cominciando a chiedersi se non fosse ipocrita, da parte sua, dare spago alla sua vera indole solo quando era nei panni di Chat Noir. Per Adrien il suo alter ego era di fondamentale importanza, perché era proprio quando indossava la maschera che si sentiva libero di essere del tutto se stesso, libero dalle imposizioni e dalla rigida educazione paterna, libero dalle etichette e dall’immagine che la società aveva di lui. E se Marinette non accettava Chat Noir, come poteva accettare Adrien? Era questa la sua più grande mortificazione: non riuscire a farsi amare da lei per quello che era realmente.
   Il cielo scuro emise un rombo lontano, attirando l’attenzione dei due amici verso l’alto, alle nuvole scure che non lasciavano penetrare neanche un flebile raggio di sole. «Sarà meglio tornare a casa», consigliò Nino, calcandosi meglio il berretto sul capo. «Nel frattempo, cercherò di indagare sulla cotta di Marinette», si propose, dando una pacca di incoraggiamento sulla spalla di Adrien. «Non ti prometto nulla, però, lo sai che Alya è un osso duro.»
   L’altro sorrise con riconoscenza. «Grazie, Nino.»

Chloé fissò la propria immagine allo specchio e arricciò il naso con disgusto. «E questa tu la chiami messa in piega?» si lamentò, stringendo le labbra con stizza. Jean-Claude, il suo abile parrucchiere di fiducia, era costretto a casa con l’influenza ed aveva momentaneamente lasciato la direzione del salone ad una delle sue aiutanti, che però, secondo la figlia del sindaco, non si stava affatto dimostrando all’altezza del compito affidatole.
   «Mademoiselle», rispose la donna, cercando di mostrarsi cortese nonostante la critica appena ricevuta, «lei non sta tenendo conto della forte umidità che c’è oggi.»
   «Chi se ne importa dell’umidità? Io voglio che i miei capelli siano perfetti come al solito», insistette Chloé, inalberandosi e lanciandole uno sguardo torvo attraverso lo specchio.
   L’altra strinse con rabbia l’impugnatura dell’asciugacapelli nel palmo della mano, costringendosi a mantenere un tono di voce gentile benché dentro ruggisse per lo sdegno. «Sta per piovere», tornò a farle notare. «Pertanto, anche se io usassi un’intera bomboletta di lacca per fissarla, è assai improbabile che la sua acconciatura mantenga.»
   «Sa cosa penso io, invece?» rimbeccò Chloé, alzandosi nervosamente dalla poltrona e togliendosi di dosso la mantella protettiva con impeto tale da attirare l’attenzione delle altre clienti del locale. «Che lei è un’incapace e che persino una capra avrebbe saputo fare un lavoro migliore del suo! Il che è curioso, visto che le capre non hanno neanche le dita!»
   Un mormorio sommesso si levò tutt’intorno, facendo arrossire di collera la povera parrucchiera, che si sentì messa in ridicolo davanti a tutti. «Bene», disse allora, abbandonando ogni riguardo per quella sfrontatella viziata. «Sa cosa le dico, mademoiselle? Che per quel che mi importa, lei può anche andarsene in giro con un casco di banane sulla zucca, tanto non servirà a compensare la sua assoluta mancanza di cervello!»
   Chloé spalancò la bocca, oltraggiata. «Io sono la figlia di André Bourgeois!»
   «Per me può essere chi le pare e piace!» ribatté la donna. «E ora fuori di qui, prima che io perda del tutto la pazienza e decida di denunciarla per diffamazione!»
   La ragazza serrò le mascelle e la fulminò con lo sguardo. «Non finisce qui», le fece sapere, mettendo subito mano al cellulare e portandoselo all’orecchio. «Pronto, Jean-Claude?» cominciò, facendo impallidire la parrucchiera. «Sono Chloé Bourgeois. Volevo informarti che la tua sostituta non solo è una completa inetta, ma è anche una brutta cafona maleducata, che non ha rispetto per la clientela.»
   Fu la goccia che fece traboccare il vaso e l’animo di Charline, questo il nome della donna, fu attraversato da una vasta gamma di sentimenti negativi che portarono ad un unico, pericoloso risultato.

«Perché non gli hai chiesto il motivo per cui non ti ha chiamata?»
   Marinette non distolse l’attenzione dal lavoro di cucito, rimasto a metà da almeno due giorni a causa delle interruzioni dovute alle visite inaspettate di Chat Noir. «Non ce n’è stata occasione», si giustificò pur non risultando affatto convincente. «E poi ormai è acqua passata, abbiamo parlato un po’ stamattina… o meglio, lui ha voluto di nuovo scusarsi per quello che ha detto nell’ufficio del preside.»
   Accovacciata sulla chaise longue della camera dell’amica, Alya si tamburellò le dita sulla labbra come se stesse ponderando su qualcosa di importante. «È da un paio di giorni che si comporta in modo strano», osservò. L’altra le lanciò uno sguardo eloquente, come a dirle te lo avevo detto, ma lei finse di non farci caso. «Dovrò indagare», stabilì, decisa ad aiutare Marinette nelle sue questioni di cuore.
   «Ma no, lascia stare…»
   «Scommettiamo che c’entri tu? Dev’essere per forza così, non ti toglie gli occhi di dosso.» Alya sorrise intenerita quando si accorse che la sua amica era arrossita. «Chiederò a Nino se sa qualcosa.»
   «A che pro?» bofonchiò Marinette, non volendo illudersi in alcun modo. E, dopotutto, non ne aveva alcun motivo. «Adrien ha detto chiaro e tondo che è innamorato di Ladybug.»
   L’altra agitò le mani a mezz’aria con fare stizzito. «Non sta né in cielo né in terra!»
   «Ho provato a farglielo notare, e credo che anche Chloé gli abbia parlato in tal senso, ma almeno con me è rimasto fermo sulle sue posizioni.» E questo pensiero la lacerava ancora di più: un conto era rassegnarsi ad un amore non corrisposto, ben altro era non poter competere con se stessa. C’era poco da fare, Adrien era innamorato della sua controparte, quella infallibile e ammirata da tutti, e non di lei in quanto Marinette, maldestra e piena di difetti. Era frustrante non poter fare nulla per cambiare le cose, né lei voleva incoraggiare l’attenzione del giovane presentandosi a lui con la sua bella tutina a pois e la maschera a coprirle il volto. Inoltre, al momento si sentiva tutt’altro che incline a dare consigli d’amore a chicchessia, visto il modo riprovevole in cui si era comportata verso il povero Chat Noir.
   «Non credevo fosse così testardo…» borbottò Alya, seriamente dispiaciuta di non poter fare molto per la sua migliore amica. Gettò uno sguardo fuori dalla finestra quando un lampo illuminò la stanza, e lei si avvicinò maggiormente ai vetri. «Sta iniziando a piovere», osservò, notando come le prime gocce d’acqua iniziavano a bagnare l’asfalto. «Sarà meglio che io torni a casa.»
   «Aspetta, ti presto un ombrello», disse Marinette, mettendo da parte il lavoro e alzandosi dalla sedia, mentre l’altra ragazza si lasciava andare ad una sonora esclamazione.
   «Guarda, Marinette!» Lei le fu subito accanto e seguì la direzione che le indicava Alya. «Quelle persone! Sembra che stiano scappando da qualcosa e… Santo cielo! Ma che hanno fatto ai capelli?!» Subito capì quello che stava succedendo e un sorriso carico d’entusiasmo le si disegnò pericolosamente sulle labbra. «Vado!» annunciò, scattando verso la botola che portava di sotto, il cellulare già in mano.
   «Alya, aspetta!» tentò di fermarla Marinette, preoccupata per lei.
   «Non posso!» le rispose la voce lontana dell’amica. «Ladybug potrebbe già essere sul posto! Non voglio perdermi le sue prodezze!»
   «Prendi almeno l’ombrello!» E poiché Alya non rispose, Marinette concluse che quell’esagitata doveva essersi ormai tuffata in strada sotto la pioggia, per di più diretta al punto dal quale scappava quella gente dai capelli strani. «Perché ha così poco spirito di conservazione?!» sbottò l’eroina di Parigi, arrendendosi poi all’idea di doversi buttare anche lei nella mischia a dispetto del brutto tempo. «Tikki, trasformami!»












Meno due. Ebbene sì, abbiamo quasi finito. Il prossimo sarà il capitolo chiave, dove ci saranno faccia a faccia, rese dei conti e blabla. Speriamo non escano feriti da questi duelli all'ultimo neurone, ché secondo me Adrien e Marinette un po' se la battono, quanto a "tontaggine".
Volevo poi mettere in evidenza una cosa. Due giorni fa, proprio dopo aver postato il capitolo in cui Adrien/Chat Noir blocca Marinette contro la scrivania per dirle che la ama, mi sono imbattuta in questo post: https://twitter.com/thomas_astruc/status/749711960338497538
E lì mi sono detta: Oh, diamine! Ho mandato Adrien/Chat Noir OOC! Questo dubbio mi è durato due secondi netti, giusto il tempo di ricordarmi di un qualcosa che evidentemente sfugge alla memoria di monsieur Astruc, e cioè: http://i65.tinypic.com/117xkqa.jpg
Quando mi sono imbattuta per la prima volta in questa immagine, ho creduto si trattasse di un fotomontaggio, come tanti altri se ne trovano online. Poi, però, guardando la replica dell'episodio in cui l'akumizzato di turno è Jagged Stone, sono rimasta a bocca aperta: l'immagine è autentica, quella cosa è successa davvero e, in fin dei conti, Adrien non è poi così gentleman come il suo creatore vorrebbe farci credere. A meno che, rischiando di cadere di sotto (sono sulla Tour Eiffel), Chat Noir non si sia aggrappato alla prima sporgenza che gli è capitata sotto la zampetta e poi abbia fatto finta di niente per evitare imbarazzi di sorta (anche se il modo in cui lo guarda Marinette/Ladybug parla da sé). Oppure in realtà quei due hanno davvero una tresca e non ce lo vogliono dire per tenerci sulle spine. Dannati.
Va bene, mi fermo qui con le idiozie.
Prima di chiudere, vi anticipo che ho abbozzato una shot che si ricollega a questa long, una sorta di epilogo dell'epilogo, se vogliamo, e ho appena iniziato un'altra shot a sé, mentre una terza idea sta allegramente schizzando da una parte all'altra del mio cervellino già da giorni. Ho come l'impressione che vi sottoporrò ogni cosa, quindi preparatevi psicologicamente.
Un grazie a tutti voi che siete ancora qui a leggere, a chi recensisce e a chi inserisce questa storia fra le preferite/ricordate/seguite. Mi riscaldate il cuore tutte le volte. ♥
Un abbraccio e buona giornata! :*
Shainareth





  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Shainareth