36. Oscar
8 luglio 1787
Ho mentito, è vero. Non volevo metterti in allarme, ma a quanto pare non ci sono riuscita.
Sulla nuova pista siamo soltanto io e André, a causa mia.
Alain ha ragione: le indagini sugli aggressori della caserma di nostro Padre sono arrivate a un punto morto, per quel che riguarda la vecchia pista. La situazione prometteva bene, all’inizio, come ti scrissi. Sembravamo aver trovato un aggancio, un riferimento. Dopo l’ennesimo interrogatorio, colui che catturammo la notte dell’attacco ci ha condotto in un palazzo del quartiere di Saint Antoine, luogo di ritrovo dei suoi compagni per la pianificazione dei loro assalti. Abbiamo indagato sul catasto, ma abbiamo scoperto che il nome sull’atto di proprietà appartiene a un uomo defunto da due anni. Il notaio che ha firmato l’atto si trova all’estero, in questo momento, a Londra. Lettere sono state mandate, solleciti per il suo ritorno, dall’attuale Comandante della Guarda di Parigi, l’uomo di cui avevi avuto notizie quando mi informai presso di te. Condivido l’opinione dei miei soldati che si tratti di un uomo dal giudizio approssimativo. Bisognerà fare a modo nostro.
Dunque: rassicurati. Non sono – ancora – sulle tracce di Liancourt, e le tue parole accorte fanno eco al buon senso di André, che non mi lascerebbe fare pazzie. E c’è sempre lui con me, che mi protegge – fin troppo. Saremo fuori alcuni giorni. Lascia pure le tue lettere a casa, avremo cura di farcele portare giornalmente. Sono molto in pensiero per te e sento la tua mancanza. Se ce ne fosse bisogno… lo sai.
Oscar
P.S.: Alain ha incontrato André. Tutto bene. Non c’è alcun bisogno che tu “gli chieda di seguirci”: lui non è un segugio, e noi non siamo prede da braccare. Accidenti, Josephine.