Buongiorno, buon pomeriggio, o buonasera, in base all'orario in cui leggrete.
Non
penso che qualcuno si ricordi ancora di me. Sono Son Ken, pubblicavo da
queste parti nel 2012 quando ancora avevo solo quindici anni. Non sono
né migliorata molto né ho cambiato stile di
formattazione, anche perché mi piaceva quello che usavo?
Adesso sono una persona adulta (circa), con la patente e il brevetto di
volo, che si è trasferita da una cittadina del Sud Italia
nella grande Torino, che ha cambiato fandom e preferenze sotto molti
aspetti. Avevo anche abbandonato totalmente Kuroko no Basket, ma a
cinque anni dal mio primo incontro con l'opera di Fujimaki mi sono
ritrovata a riscoprirlo e innamorarmene ancora. Oggi è il
quinto anniversario della mia prima KagaKuro, e anche se il
mio qui non è un ritorno definitivo e costante (dopo il
blocco che ho avuto per oltre tre anni, sarei la prima ad essere
sorpresa se lo fosse) volevo muovere un primo piccolo passo qui dentro
in questa data e con questa coppia.
Ringrazio anticipatamente chi dedicherà qualche minuto del
suo tempo a questa piccola one-shot ispirata dal finale di Last Game. Se non
l'avete visto, questa fic essere spoiler perché è
basata su un fatto in particolare scritto appositamente per il film.
Buona lettura!
PS: Ho citato la mia vecchia fic ad un certo punto. Mi sono sentita in dovere di farlo, è grazie alla me quindicenne che la scrisse se sono qui.
►Kuroko No Basket © Tadatoshi Fujimaki.
Last Night.
«Sai,
ho testato almeno sei servizi per fare telefonate
gratis via internet.»
La luce gialla dei lampioni illuminava i loro passi lenti e
tranquilli lungo la strada, c’era davvero poco traffico a
quell’ora.
«Alcuni permettono anche di fare videochiamate, per
vedersi...»
Kuroko sorseggiò il proprio usuale vanilla
shake senza aggiungere nulla. Non era necessario che
parlasse, l’importante era far sfogare un po’
Kagami che sembrava più che
bisognoso di sproloquiare.
«E a Los Angeles c’è quella scuola
gemellata con il Seirin.
Non è difficile ricevere l’autorizzazione a
studiare all’estero per brevi
periodi, non bisogna nemmeno compilare troppi moduli.»
“Lo so, lo hai fatto
giusto l’anno scorso prima che iniziasse la Winter
Cup.”
Non era necessario ricordarglielo in modo così aspro,
perché
Kagami lo aveva fatto solo per migliorarsi e aiutare la squadra ad
arrivare
alla vittoria finale.
«Fanno anche degli ottimi vanilla
shake. Non posso dirtelo con certezza, ma ci spero.
Però
l’esperto sei tu, io non sono molto preparato su
ciò-»
Kagami dovette interrompersi all’improvviso,
perché Kuroko
gli aveva appena infilato tra le labbra la cannuccia del proprio
milkshake, con
l’evidente intenzione di farglielo assaggiare.
Gli ricordava qualcosa. Un
momento dell'anno precedente, probabilmente.
Si chinò leggermente per
assistere Kuroko nel proprio intento, non era per nulla infastidito
nonostante
a differenza dell’altro non amasse particolarmente quella
bevanda. Quel gesto gli faceva sentire sempre una strana sensazione
nello stomaco.
E forse, oggi, aveva appena realizzato che la colpa non era solo del
milkshake.
Piuttosto, non sarebbe stato insolito né sbagliato
attribuire quella
sensazione alla vicinanza dei loro volti, al fatto che le punte dei
loro nasi
si sfioravano e all’improvviso Kagami si stava chiedendo come
avrebbe vissuto
dal giorno dopo senza gli occhi di Kuroko ad osservarlo attentamente
come
accadeva sin dal loro primo incontro.
Sentì
il pizzicore poco familiare delle lacrime
e dovette staccarsi, voltarsi dall’altro lato e sperare di
non insospettire
Kuroko, per quanto fosse improbabile che l’altro non avesse
già capito cosa
passava per la testa di Kagami ancora prima di Kagami stesso.
«Kuroko, io-»
«Non dovresti essere ancora fuori a quest’ora,
Kagami-kun.
Domani devi essere riposato.»
L’indomani lo attendevano dieci estenuanti ore di volo,
per arrivare dall’altro lato dell’Oceano Pacifico,
a Los Angeles.
Avrebbe detto addio al Giappone tra meno di dodici ore.
Al Giappone, al Seirin e a
Kuroko.
Adesso non solo gli pizzicavano gli occhi, ma sentiva anche
una stretta al cuore dolorosissima.
«Kagami-kun?»
Si accorse di essersi fermato a metà marciapiede, e di avere
davvero le lacrime agli occhi. Ma voleva essere più forte di
così, non piangere come un bambino all’idea di
separarsi da qualcuno che conosceva da poco più di un anno.
Insomma, stava
tornando in America per realizzare il proprio sogno, non stava andando
ad
affrontare una condanna a morte.
«S-scusa, stavo solo pensando che… è
tardi anche per te, no?
Non rischi di perdere l’ultimo treno o cose del
genere?»
«Kagami-kun, il servizio ferroviario si ferma dopo
mezzanotte nella mia zona.»
“Già, è vero.”
pensò. Che gli era saltato in mente?
Si sentiva un idiota. Non
poteva di certo trattenere così Kuroko per puro egoismo.
Anche se voleva
davvero restare un po’ di più con lui, visto che
non si sarebbero rivisti per
molto tempo dopo la sua partenza.
«Hai ragione, scusa…»
«Però… diciamo che oggi non ho voglia
di rischiare. Potrebbe
sempre esserci un disservizio, o un meteorite potrebbe colpire la
stazione.»
Kagami
quella sera non ebbe occasione di piangere, però in
compenso poté cucinare per due persone e parlare di basket
fino a notte fonda,
tanto da rischiare di non sentire la sveglia la mattina dopo.
Kuroko Tetsuya era una persona mattutina, a prescindere
dall’orario
in cui si era addormentato.
E anche se aveva passato metà della notte precedente a
chiacchierare –cosa molto insolita per lui– questa
mattina non faceva
eccezione.
Lui e Kagami si erano addormentati in una posizione strana,
il cuscino era finito per terra e si era ritrovato parzialmente
bloccato sotto
il corpo del più grande, ma stranamente non sentiva il
minimo fastidio.
Anzi,
era felicissimo di avere la possibilità di ammirare la
propria Luce da vicino. Sarebbe stata l’ultima
possibilità di farlo per molto
tempo.
Sembrava stesse dormendo serenamente, e Kuroko non
aveva la minima intenzione di svegliarlo finché non fosse
stato assolutamente
necessario. Però cedette alla tentazione di accarezzargli
una guancia, e poi a
quella di appoggiare le proprie labbra sulle sue, per un solo istante.
Ormai, non avrebbe mai potuto confessare i sentimenti che provava per
lui né
udire la risposta positiva di Kagami –perché
sapeva che erano ricambiati,
Kagami era fin troppo onesto e semplice da capire e probabilmente
chiunque li
conoscesse aveva notato la tenera cotta che si era preso
l’Asso del Seirin.
Ma andava bene così, Kagami doveva inseguire il proprio
sogno e Kuroko voleva
supportarlo, essere l’Ombra
della sua Luce anche fuori dal campo, e anteporre il
successo di Kagami ad un egoistico desiderio di trattenerlo con
sé solo perché ne era innamorato.
Non si accorse che degli occhi rossi lo stavano fissando da
più di qualche minuto, perché il breve e insolito
contatto lo aveva destato.
Kagami era leggermente confuso, sapeva
di aver ricevuto un bacio ma non gli era stato spiegato il
perché, ma nonostante ciò si limitò a
sorridere quando Kuroko finalmente notò che era sveglio,
come se quella situazione non lo preoccupasse minimamente.
In fondo avrebbero chiarito tutto, un giorno.
Magari davanti ad un bel tramonto, al Los Angeles International
Airport, appena Kuroko avrebbe realizzato di non poter stare a mezzo
mondo di distanza da Kagami.
Fino ad allora, avrebbero coltivato i loro dolci sentimenti reciproci
in silenzio.