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Autore: heartbreakerz    10/11/2017    4 recensioni
Akaashi, Bokuto e Kuroo chiedono a Tsukishima il suo numero di telefono. Ma è Tsukishima a contattarli.
Dal testo: “Tira fuori il telefono dalla tasca e guarda l’ora. È ancora presto. Troppo presto per andarsene, per ritirarsi dal barbecue senza attirare attenzioni indesiderate.
«Ehi, Megane-kun!»
Attenzioni indesiderate, appunto.
«È Tsukishima» lo corregge con tono monotono.
Ma Bokuto non sembra scoraggiato, anzi. «Ehi, Tsukishima-kun!» dice con ancora più carica di prima. «Mi dai il tuo numero?»
Tsukishima sfoggia un sorriso angelico. «Mi dispiace, non ho il telefono.»”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kei Tsukishima, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Tutti i personaggi e le ambientazioni contenuti all’interno di questa storia non mi appartengono. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e non intende infrangere il copyright dell’autore originale.


 

Our doubts are traitors

 

« Our doubts are traitors
And make us lose the good we oft might win
By fearing to attempt. »

— Measure for Measure, Shakespeare

 

Il barbecue è un successo. Sì, un successo nello zittire i due scherzi della natura. Tsukishima li vede, seduti l’uno lontano dall’altro, così occupati a mangiare da non riuscire nemmeno a parlare. Non che non ci stiano provando comunque. Secondo i suoi calcoli, Kageyama deve aver rischiato di soffocare almeno tre volte nel giro degli ultimi dieci minuti.

Tsukishima cerca di nascondere un sorriso.

«Tsukki,» chiama Yamaguchi al suo fianco «vuoi qualcos’altro da mangiare?»

Tsukishima scuote la testa. Con la coda dell’occhio vedere Yamaguchi aprire la bocca – richiuderla – riaprirla, ed è quasi sicuro che stia per fare un nuovo commento sulla sua alimentazione. Non sarebbe il primo della giornata: Sawamura e Nishinoya ci hanno già pensato per lui. E Yamaguchi pare accorgersene, tanto che si zittisce, questa volta per davvero, e se ne va con un: «Torno tra un attimo!».

Tsukishima sospira.

Quello è il suo primo momento libero della giornata; il primo momento di pace dall’inizio della settimana. La permanenza con la squadra sta diventando asfissiante. Sono tutti così concentrati. Il loro impegno è snervante. Sembrano non accorgersi che quello è solo un club. Solo un club, si ripete, e vorrebbe ripeterlo anche ai suoi senpai; vorrebbe ricordare loro che non ha senso impegnarsi tanto per la pallavolo, perché che si vinca o che si perda non cambia niente: una volta finita la partita, ce ne sarà solo un’altra, e poi un’altra ancora. Non ci sarà mai un obiettivo fisso. Non ci saranno mai pause. Solo infinite delusioni per le perdite, e qualche minuto di allegria per una vincita.

Matematicamente parlando, “qualche minuto di allegria” non è abbastanza per soddisfare mesi e mesi di lacrime, sangue e sudore. E allora perché i suoi senpai continuano ad allenarsi così tanto?

Tsukishima scuote la testa.

Non li capirà mai.

Tira fuori il telefono dalla tasca e guarda l’ora. È ancora presto. Troppo presto per andarsene, per ritirarsi dal barbecue senza attirare attenzioni indesiderate.

«Ehi, Megane-kun!»

Attenzioni indesiderate, appunto.

«È Tsukishima» lo corregge con tono monotono.

Ma Bokuto non sembra scoraggiato, anzi. «Ehi, Tsukishima-kun!» dice con ancora più carica di prima. «Mi dai il tuo numero?»

Tsukishima sfoggia un sorriso angelico. «Mi dispiace, non ho il telefono» dice, e non fa nemmeno in tempo a finire la frase che la risata di Kuroo si alza, isterica e incontrollata, attirando qualche sguardo di troppo.

«E smettila di ridere!» si lamenta Bokuto.

«Ti ha rifiutato senza neanche pensarci. E ha il telefono in mano.» La sua voce è spezzata dalle risate; i suoi occhi, lucidi per le lacrime. «Esilarante

«Prova a chiederglielo tu, allora!»

«Io?» Kuroo si stringe nelle spalle. «Mi ha già rifiutato ieri.»

C’è un attimo di silenzio. Poi, confuso, Bokuto chiede: «E allora perché ridi?», e nell’istante successivo i due stanno ridendo l’uno dell’altro, con Kuroo piegato in due, le mani sullo stomaco, e Bokuto poggiato alla sua schiena, con le spalle scosse da risate esagerate persino per lui.

Tsukishima batte rapidamente le palpebre.

Fa per alzarsi e andarsene, ma Akaashi arriva al suo fianco, silenzioso come una volpe, e gli poggia una mano sull’avambraccio.

«Bokuto-san, Kuroo-san,» dice «state ridendo troppo forte.» E poi: «Oh» s’interrompe, abbassando lo sguardo sulla mano di Tsukishima. «L’ho lasciato qui, il telefono?»

Tsukishima segue il suo sguardo.

Kuroo smette di ridere.

Bokuto solleva un folto sopracciglio bianco.

Akaashi è l’unico indisturbato. Allunga la mano e afferra il telefono di Tsukishima. Poi, tranquillo, dice: «Pensavo di averlo perso».

«Accidenti, Tsukki. Davvero non hai il telefono?»

«È peggio di te, Kuroo!»

«Peggio di me? Peggio di te, semmai! Non ti ricordi nemmeno che telefono ha Akaashi. Ma come fai?»

«Che diavolo ne so, non lo usa mai!»

E così com’è iniziata, così finisce: presto sia Kuroo che Bokuto sono di nuovo distratti da altri pensieri, da discorsi inconcludenti, e Akaashi e Tsukishima si ritrovano da soli.

«Non lo diresti mai,» comincia Akaashi «ma al di fuori della pallavolo ci vuole davvero poco per fregarli.» Nella sua voce c’è l’ombra soddisfatta di un sorriso. «Comunque…»

«So che non volevi niente, ma ti ho porta—oh.» Yamaguchi si ferma all’improvviso, rischiando di far cadere la precaria montagna di cibo che tiene tra le mani. «Akaashi-san…?» dice a mo’ di saluto.

Akaashi risponde con un breve cenno del capo. Poi allunga la mano e restituisce il telefono a Tsukishima. «Fatti sentire di tanto in tanto.»

Tsukishima abbassa lo sguardo. Lo schermo del suo telefono è illuminato, aperto sulla rubrica. Ma ora vi è una pagina nuova.

Akaashi Keiji, c’è scritto. Fukurodani, setter.

Sotto c’è il suo numero.

Tsukishima lancia un’occhiata ad Akaashi. «Non penso che lo farò» sta per dirgli, ma Akaashi, in silenzio, scuote la testa. Nei suoi occhi si legge: aspetta e vedrai. E prima che Tsukishima possa contestare, Akaashi se n’è già andato.

«Uh?» borbotta Yamaguchi, il viso increspato dalla confusione. «Che è successo?»

Tsukishima non risponde.

Nemmeno lui l’ha capito.

 

*

 

 

È notte tarda, e la sua mano ancora duole. Tsukishima la sente, sotto le bende: pulsa come se si portasse dietro l’impronta dello schianto. Ma non è colpa della ferita. È adrenalina.

La scena di quel pomeriggio continua a ripetersi nella sua mente.

All’inizio ci sono solo canti fastidiosi: i vari Ushi-ji-ma! del pubblico scanditi dai mia!, tua!, dentro! dei giocatori. Tra le voci dei giocatori compare anche la sua, quella di Tsukishima stesso. Toccata! All’inizio è una sorpresa; poi diventa un mantra. Toccata! E quando quel toccata! viene ricevuto con un accidenti, ancora?, la scena muta, e rallenta, e si ferma. La sua vista diventa chiara.

E all’improvviso c’è un’alzata troppo bassa.

Una traiettoria prevedibile.

Un salto ben calcolato.

E poi, sbam.

È stato solo un momento, si dice. Un misero tocco, più corto di un respiro – quasi non l’ha sentito.

E allora perché non riesce a dormire?

Con la mano sana, Tsukishima si allunga e afferra il suo telefono. Scarta tutti i messaggi della chat di gruppo, tutti i come sta la mano? di Yamaguchi, e balza direttamente nella rubrica.

Il suo numero è in alto, tra i primi.

Akaashi Keiji.

A digitare ci vuole un attimo. Inviare non è tanto facile.

Abbiamo vinto.

Solo quello, scrive. E fa finta che non gl’importi della risposta. Ma gl’importa – gl’importa così tanto che, un attimo dopo, al vibrare del telefono, quasi si sbilancia dal letto.

Qualsiasi cosa ci sia scritto, si ripete, non gl’importa. Non ha nemmeno bisogno di leggerlo. Gli ha scritto solo per tenerlo informato. Cortesia, ecco come si chiama.

Eppure le mani gli tremano quando apre il messaggio.

Ti abbiamo visto, c’è scritto solo.

Akaashi non specifica chi sia quel noi, ma nella mente di Tsukishima compaiono Akaashi, Bokuto e Kuroo, dall’altra parte della rete, con le labbra arricciate e un te l’avevamo detto negli occhi.

Tsukishima cancella il messaggio.

Prova a fare finta di niente ma non ci riesce.

Non ci riesce perché il suo momento è finalmente arrivato.

 



E quindi. Ecco la mia prima fic su HQ! Ammetto che è una cosa un po’ banalotta, ma in questo periodo ho solo bisogno di scrivere, e quando quest’idea mi è arrivata ho fatto fatica a scrollarmene. Ho sempre voluto esplorare un po’ di più i ragionamenti di Tsukki, e sono seriamente una sucker per il suo rapporto con Akaashi. Quindi, be’, ta-dah!

Per quanto riguarda i personaggi, spero di averci preso con i caratteri. Ho avuto voglia di metterci dentro tutti i Tre dell’Ave Maria perché adoro il rapporto che Tsukishima ha con loro, ma è anche vero che io sono assolutamente pessima con i dialoghi, quindi forse mettere una scena con 4 personaggi tutti insieme non è stata la scelta migliore. . .

Tutto sommato, però, la shot non mi dispiace troppo. Non è il mio stile solito, questo, ma ultimamente sto sperimentando, e il risultato finale non è così male come mi aspettavo. 

Per cui, insomma. Spero che la storia sia piaciuta anche a voi!

Alla prossima,
Hz

   
 
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