“Ma…cosa?”
farfugliò incredula, alternando lo sguardo dalle
foto al padre.
“Dimmelo tu cosa sono. Cosa
significa?” la incalzò Andrew
“Avevo intuito che mi nascondevi qualcosa, ma mai e poi mai
avrei pensato che
ti saresti fatta abbindolare da un attoruncolo qualsiasi fino a
diventare la
sua amante.” Concluse serio.
“Mi hai fatta
seguire?” gli domandò stranita “Come hai
potuto?” rimarcò delusa.
“Come ho potuto? Sono tuo
padre, mi preoccupo per te! Stai
buttando via la tua vita per essere lo svago del mese di
quell’attore da
strapazzo, che per giunta è sposato e con una
famiglia” rimarcò serio e con una
durezza nello sguardo che non le aveva mai riservato.
“Tu non lo conosci, non sai
niente di lui” rispose la
figlia, lasciando ricadere le foto sulla scrivania “Come hai
potuto fare una
cosa simile? Sono tua figlia, e mi hai messo alle calcagna un
investigatore?”
“Certo, e lo rifarei mille
volte. Tu sei troppo ingenua, non
sai di cosa sono capaci certi uomini. Quello vuole solo
usarti” tagliò corto.
“Ryan mi ama, non gliene
frega niente del mio cognome, di te
o della casa di produzione” sbottò ferita e punta
nell’orgoglio. Non ci stava a
passare per una povera cretina che si fa irretire.
“Se ti ama così
tanto perché è ancora sposato? Quello ti sta
usando, non capisci?” rispose lui, alzando la voce, tanto da
farla quasi
sussultare.
Avevano sempre avuto un ottimo
rapporto, Andrew le aveva
fatto anche da madre, a modo suo ovviamente, ma non c’erano
mai stati screzi,
né lei gli aveva mai dato modo di preoccuparsi per lui.
“Tesoro, io ti voglio bene,
lo sai, e voglio solo aiutarti,
ma devi capire che quell’uomo ti sta prendendo in
giro” riprese a dire,
cercando di calmarsi.
“Non mi serve il tuo aiuto.
Se solo lo conoscessi, capiresti
perché mi sono innamorata di lui. So che la situazione
è poco ortodossa, ma…”
stava dicendo.
“Poco ortodossa?”
sbottò Andrew “Sei l’amante di un uomo
sposato e aspetti un figlio da lui!” aggiunse.
A quel punto non c’era
più dubbio, sapeva tutto. Victoria si
sentì quasi mancare il fiato e si mise a sedere.
“Credevi non lo
sapessi?” osservò lui “Quando ieri il
medico
me l’ha detto, pensavo fosse uno scherzo. Era convinto che tu
lo sapessi e che
ne fossi a conoscenza anche io. Cosa pensi che farà il tuo
caro Ryan? Pensi che
farà i salti? Sono così deluso. Sei sempre stata
una ragazza con la testa sulle
spalle, giudiziosa. Pensavo avessi capito che nel nostro ambiente ci
sono
persone opportuniste e senza scrupoli, e invece ti sei fatta
imbambolare dal
primo belloccio con due moine” la incalzò,
stentando a mascherare il suo
nervosismo e disappunto.
“Dobbiamo sistemare questa
situazione” aggiunse sospirando.
“Cosa intendi?”
rimarcò lei, sempre più perplessa. Le
sembrava improvvisamente di non riconoscere più in
quell’uomo suo padre.
“Intendo dire che bisogna
trovare una soluzione al problema.
Puoi interrompere la gravidanza o dare il bambino in adozione. E devi
troncare
questa tresca con quel Reynolds prima che tutti vengano a
saperlo” disse serio
e quasi spazientito, come se la sua risposta fosse ovvia.
“Non dici sul
serio” farfugliò Victoria, ma
dall’espressione
del padre capì che era terribilmente serio e convinto di
avere ragione.
“No!” rispose
perentoria “Non lo farò mai. Anche se non era
programmato, terrò questo bambino, lo crescerò
con Ryan, o anche da sola se lui
non volesse, ma non me ne sbarazzerò. E mi meraviglia che tu
possa anche solo
pensare una cosa simile” concluse asciutta e ferita.
“Bene, allora non
c’è niente da aggiungere. Se questa è
la
tua decisione, se vuoi ostinarti a rovinarti la vita, continua a farlo,
ma
lontano da qui” rispose Andrew, per nulla disposto a cedere.
“Mi stai cacciando ci
casa?” rimarcò, sempre più
sconcertata.
“Se questo è il
modo in cui hai deciso di vivere la tua
vita, si. Prendi le tue cose e cerca un’altra
sistemazione.” Tagliò corto lui e
senza nemmeno darle modo di rispondere, si alzò e se ne
andò, sbattendo la
porta.
Victoria rimase lì,
incredula, ferita, delusa, con le
lacrime agli occhi. Aveva sempre trovato un sostegno ed un supporto in
suo padre
in tutti quegli anni, e non le sembrava vero di ritrovarsi ora in
quella
situazione assurda, quasi surreale. Mai come allora aveva sentito il
bisogno di
sua madre accanto. Aveva appena scoperto di essere incinta, si sentiva
smarrita, spaventata anche, aveva paura della reazione di Ryan, paura
che
rifiutasse lei ed il bambino. Avrebbe avuto bisogno di comprensione e
protezione e proprio suo padre l’aveva messa di fronte ad un
out out, arrivando
addirittura a cacciarla, come se si fosse macchiata di
chissà quale grave
macchia!
Dopo un iniziale e comprensibile smarrimento, Victoria salì
nella sua camera,
iniziò ad infilare vestiti ed altre cose alla rinfusa in una
valigia, e poi
andò da sua zia Charlotte. Skyler era fuori per lavoro, ed
in ogni caso sua zia
era la figura femminile più simile e vicina a quella materna
cui poter far
riferimento.
A Charlotte bastò vedere
l’espressione triste della nipote
ed i suoi occhi arrossati per capire che era successo qualcosa di
serio, ma mai
si sarebbe aspettava di sentire quello che la ragazza aveva da dirle.
Sapeva
della sua relazione con un uomo sposato, questo Vicky glielo aveva
detto all’inizio
della sua storia con Ryan, ora sapeva anche con precisione chi fosse
quest’uomo
misterioso, ma non fu tanto quello a sconcertarla, quanto la reazione
di
Andrew.
“Giuro che vado da lui e lo
faccio ragionare a costo di
prenderlo a ceffoni! Ma cosa gli dice il cervello?”
sbottò Charlotte. Era
sempre stata una donna molto equilibrata, posata, difficilmente aveva
reazioni
veementi, ma in quel caso la rabbia ed il dispiacere per quanto stava
passando
la nipote avevano avuto la meglio. Faceva avanti ed indietro per il
salotto
come un animale in gabbia e sarebbe stata più che capace di
difendere Victoria,
che per lei era una figlia, proprio come una leonessa, se necessario.
“Conosci papà.
E’ testardo e quando si mette in testa
qualcosa, non si riesce a fargli cambiare idea. Si è
convinto che Ryan mi stia
usando, e che io sia una povera stupida che si è fatta
plagiare da due moine.
Non cambierà idea” osservò stancamente
la ragazza, con gli occhi ancora rossi,
restando accoccolata sul divano del salotto, con una coperta addosso.
“Ma sei sua figlia!
Possibile che non riesca a capire che in
questo momento hai bisogno di affetto, di comprensione e di
tranquillità?”
insistette la donna “Se tua madre fosse
qui…” aggiunse, ma poi si bloccò.
Si passò una mano fra i
capelli, sospirò e poi si avvicinò
alla nipote, sedendosi accanto a lei.
“Magari fosse
qui” disse in un soffio Victoria, intristendosi
ulteriormente.
“Lo so, tesoro. Non sai
quanto lo vorrei anche io! Ma sono
convinta che sia qui, solo non nel modo o nella forma che
vorremmo” osservò
dolcemente, accarezzandole il viso.
“Per fortuna ci sei tu,
zia” aggiunse la ragazza,
abbracciandola stretta. Era davvero smarrita come un cucciolo
“Non so cosa devo
fare” disse in un soffio.
“Per prima cosa, devi
mangiare qualcosa, anche se non hai
fame, devi sforzarti. Devi tenerti in forze” riprese a dire
Charlotte,
staccandosi appena, e scostandole alcuni capelli dal viso, con fare
materno “E
poi devi dire del bambino a Ryan. Rimandare non servirà a
niente, prima saprà e
meglio sarà. Immagino anche che dovrà rivedere i
suoi piani con la moglie sul
divorzio e velocizzare i tempi, quindi è giusto che sappia.
E per il resto,
vedremo man mano. Non sei sola, tesoro” la
rassicurò.
La ragazza rimase in silenzio alcuni
istanti, ma era
evidente che stesse pensando a qualcosa.
“E se lui non la prendesse
bene? Se pensasse che l’ho fatto
apposta per incastrarlo, per mettergli fretta?”
domandò concitata “Se non
volesse saperne niente del bambino?” aggiunse impaurita,
alzando il suo sguardo
smarrito sulla zia.
“Allora sarebbe un idiota,
e sarebbe meglio perderlo che
trovarlo!” rispose Charlotte, senza alcuna esitazione
“Qualsiasi cosa succeda
con lui o con tuo padre, io ci sarò sempre per te. Non ti
lascerei mai sola. Se
questo Ryan malauguratamente si comportasse da imbecille e si
rifiutasse di
fare il suo dovere, allora ti occuperai del bambino o bambina senza di
lui, ed
io ti darò una mano!” la rassicurò.
“Adesso però
basta pensieri tristi e basta preoccuparsi!
Riposati un po', io intanto preparo qualcosa da mangiare”
riprese a dire.
Poco dopo si misero a tavola, e
Victoria si sforzò di
mangiare qualcosa, più che altro per tenersi in forze e per
il bambino, ma
aveva lo stomaco quasi completamente chiuso. Sua zia non la
forzò, capiva che
era un momento difficile, e dopocena la ragazza salì nella
stanza degli ospiti
per riposare. Ryan la chiamò un paio di volte, ma lei non si
sentiva ancora
pronta per parlargli. Non gli avrebbe mai dato una notizia
così importante per
telefono, ma era certa che lui avrebbe capito che qualcosa non andava
solo dal
tono della sua voce, così preferì non rispondere,
e prima di addormentarsi gli
inviò un messaggio per rassicurarlo che stava bene, e che
l’avrebbe richiamato
l’indomani. Nonostante i tanti pensieri che la tormentavano,
era stata una
giornata talmente pesante, che riuscì ad addormentarsi quasi
subito, e fece
tutta una tirata fino all’indomani.
Fece colazione con sua zia Charlotte, che aveva appositamente aspettato
che
scendesse prima di scappare in fondazione, ma le aveva lasciato
integratori e
vitamine da prendere in cucina, e si era raccomandata di chiamarla per
ogni
evenienza.
La ragazza controllò
distrattamente il cellulare, mentre
finiva la colazione. C’era un messaggio di Ryan, ma
nient’altro. Sperava di
trovare una chiamata o un messaggio di suo padre, ma niente,
esattamente come
temeva.
A
quel punto, si
decise a chiamare Ryan, sperando che avrebbero potuto vedersi presto,
così gli
avrebbe dato la notizia di persona. Lei difficilmente si sarebbe potuta
spostare, visto che il medico le aveva raccomandato di stare a riposo,
ma
questo Ryan ancora non poteva immaginarlo. Aveva una fifa blu che lui
potesse
prenderla male, ma non poteva certo rimandare all’infinito ed
aspettare che
fosse il pancione ad esplodere e a parlare per sé.
“Ehi, ciao” le
rispose quasi subito.
“Ieri mi stavo
preoccupando! Due chiamate su due senza
risposta, non è da te. Ho anche pensato che fossi incazzata
con me, ma non ce
ne sarebbe stato motivo, almeno non che io ricordassi”
osservò e lo sentì
sorridere.
“Scusa, è che
sono stata impegnata fino a tardi in ufficio,
una riunione dietro l’altra e quando sono tornata a casa
avevo solo voglia di
una doccia e di dormire” rispose, inventando una scusa
plausibile.
“Capisco. Certo che il tuo
vecchio ti sta mettendo sotto. E
io che pensavo che come figlia del capo avessi un trattamento di
favore” la
prese affettuosamente in giro.
“Mi manchi”
scappò detto di getto alla ragazza.
“Anche tu”
rispose lui, prima di restare un attimo in
silenzio “Vic, tutto bene? Mi sembri strana, triste.
E’ successo qualcosa?” le
domandò.
“No, no, sono solo un po'
stanca, ma va tutto bene. E
andrebbe ancora meglio se mi dicessi che presto sarai a Los
Angeles” aggiunse
speranzosa.
“Una settimana è
abbastanza presto per te?” rispose.
Si erano visti l’ultima
volta due settimane prima, e la sola
idea di dover aspettare altri sette giorni per Victoria era una
tortura, ma non
poteva dirglielo.
“Devo presenziare
all’apertura di un nuovo negozio Piaget, e
fare un paio di interviste con servizi fotografici annessi. Dovrei
fermarmi tre
o quattro giorni. Tu sarai lì, vero? Non è che
all’ultimo il paparino ti
spedisce in culonia per qualche altra riunione?” le chiese.
“No, no, tranquillo,
sarò qui! Non vedo l’ora di vederti”
ammise.
“Anch’io! Vorrei
vederti più spesso, lo sai, ma sto
lavorando a quella cosa e spero di avere buone notizie prima
possibile” aggiunse,
riferendosi ovviamente al divorzio.
Si salutarono e, se in parte averlo
sentito aveva
rassicurato Victoria, dall’altra aveva amplificato le sue
paure. Lui non sapeva
e non immaginava di certo la notizia che gli avrebbe dato.
Passò quei sette
giorni che la dividevano dall’incontro con lui ad immaginare
la sua reazione,
immaginandosene ogni volta una diversa, ma più si avvicinava
il giorno del suo
arrivo, più cresceva in lei la paura di un rifiuto e di una
reazione negativa
da parte di Ryan.
Non era più andata in
ufficio, non voleva incrociare suo
padre e poi era abbastanza chiaro che estromettendola dalla sua casa e
dalla
sua vita, suo padre volesse estrometterla anche dalla casa di
produzione. Era
rimasta quasi sempre in casa, uscendo solo per andare dalla ginecologa
a fare
le analisi e l’ecografia che le aveva prescritto il medico
del pronto soccorso
quando si era sentita male. Avrebbe voluto rimandare, aspettare di dare
la
notizia a Ryan, ma sua zia aveva tanto insistito ed alla fine
l’aveva spuntata.
La gravidanza stava procedendo bene, il bambino era, in quella fase,
una specie
di macchietta, ma stava cresceva secondo i parametri e lei tutto
sommato si
sentiva in forma, a parte qualche nausea mattutina.
Non sapeva nemmeno lei come si stava
davvero, se era felice
o meno. Forse doveva metabolizzare la notizia della gravidanza. Era
successo
sicuramente in maniera inaspettata, era un fuori programma. Era ancora
giovane,
non aveva mai pensato seriamente a mettere su famiglia, mai, nemmeno
con Josh,
con cui era stata per diverso tempo. In quel caso forse era in parte
dovuto al
fatto che non era mai stata sicura di loro come coppia, che non ne era
profondamente innamorata; mentre ora, con Ryan, era la tempistica ad
essere
assolutamente sbagliata. Lui era ancora impegnato a capire come tirarsi
fuori
da un matrimonio di facciata senza troppi danni e senza rischiare di
non vedere
più le due figlie che già aveva, e poi avrebbe
voluto altri figli? Per ovvi
motivi non ne avevano mai parlato, e non si poteva nemmeno dire che
fossero una
coppia rodata. L’arrivo di un figlio è spesso uno
scossone anche per quelle più
collaudate, figuriamoci per loro, che si vedevano come ladri, rubando
ore qua e
là. Era davvero una situazione delicata per lei, e lo
scompenso ormonale
derivante dalla gravidanza di certo non la aiutava.
Ryan sarebbe arrivato di
lì ad un paio d’ore, nel primo
pomeriggio. Charlotte era in fondazione, come sempre, e quella sera
avrebbe
partecipato ad una serata di gala benefica. Di solito anche Victoria la
accompagnava, ma data la situazione, sua zia nemmeno glielo chiese. La
ragazza
pensò di approfittare della sua assenza per chiedere a Ryan
di raggiungerla al
suo indirizzo, in modo da evitare di uscire, ed anche per essere in un
ambiente
che conosceva, che era un po' come casa per lei, nel momento in cui gli
avrebbe
detto del bambino. Era già abbastanza preoccupata e confusa,
voleva almeno la
sicurezza di ‘giocare in casa’. Dal canto suo, lui
era talmente impaziente di
rivederla, che non chiese spiegazioni ed intorno alle 15,
arrivò
all’appartamento di Charlotte, che si trovava in
un’elegante palazzina in una
zona residenziale.
“Ciao!”
esclamò, appena la vide sulla soglia, abbracciandola
stretta. Lei ricambiò e si strinse a lui, inspirando il suo
profumo.
“Ben arrivato!”
gli disse, facendolo poi accomodare “Hai
fatto buon volo? Hai mangiato o vuoi qualcosa?” gli chiese.
“Qualche turbolenza, ho
mangiato un tramezzino, ma ha adesso
non ho fame, ho solo voglia di stare con te” rispose vispo,
attirandola a sé e
rubandole un bacio da urlo. E probabilmente sarebbe andato anche oltre,
se lei
non avesse rallentato.
“Scusa, è che mi
sei mancata. Mi sembra di non vederti da
secoli” osservò lui, con l’aria un po'
delusa, come un bambino a cui hanno
tolto il suo gioco preferito.
“A
proposito…” riprese a dire, guardandosi intorno
“Questo
appartamento di chi è?” le chiese.
“E’ di mia zia
Charlotte” rispose lei, e lui subito sgranò
gli occhi, forse temendo che non fossero soli e che di lì a
poco sarebbe
comparsa la zia “Ma è fuori, non preoccuparti.
E’ al lavoro e più tardi ha una
cena di beneficenza, quindi rientrerà tardi” gli
spiegò, mettendosi a sedere
sul divano.
“Ah, capisco”
rispose lui, soffermandosi a guardare alcune
foto sopra al camino.
“Questa sei tu?”
le chiese, prendendone una che mostrava una
bambina a cavallo.
“Si, sono io! Penso fosse
una delle prime volte che andavo
al maneggio. Mia zia adora i cavalli, ne ha anche avuti in passato, mi
portava
sempre volentieri” rispose.
“Quanto eri carina con le
codine” ridacchiò lui.
Poi posò la cornice e si
mise a sua volta a sedere.
“Devo farti avere una copia
delle chiavi di casa a Beverly
Hills. E’ assurdo che non ci abbia pensato prima! Non so dove
ho la testa. Così
almeno puoi andare e venire liberamente. Lì è una
zona tranquilla, nessuno ci
beccherà” aggiunse, accarezzandole una gamba.
Poi si fermò a scrutarla.
“Mi sembri pallida. E
stanca. Non è che stai covando
qualcosa?” le domandò, osservandola attentamente.
Lei sospirò e
rialzò lo sguardo per incrociare il suo. Era
adorabile con quell’aria preoccupata.
“Sto bene, ma dobbiamo
parlare” iniziò a dire, tormentandosi
appena le mani.
Lui si fece subito serio ed
annuì.
“Senti, se è per
la mia situazione, per il divorzio, io ci
sto lavorando, giuro! Lo so che vorresti dei tempi più
rapidi, anche io,
credimi, ma ci sono degli equilibri fragili al momento e non posso fare
mosse
avventate o passi falsi! Ma ci arriveremo presto, te lo
prometto” le stava
appunto dicendo lui, quando lei sganciò la bomba.
“Ryan, sono
incinta” gli disse, senza girarci intorno. Non
ce la faceva più a tenere quella notizia per sé,
ed anche se magari non aveva
scelto il modo più delicato per comunicarglielo, si sentiva
sollevata ora.
Lui restò immobile a
fissarla, poi sgranò gli occhi,
scuotendo appena il capo.
“Co-come prego?”
farfugliò.
“Non era così
che volevo dirtelo, non so nemmeno se c’era un
modo giusto di darti una notizia del genere, ma è
così, sono incinta. Aspetto
un bambino da te” rimarcò, senza distogliere lo
sguardo dal suo.
Probabilmente stava per venirgli un
infarto, perché era
immobile e non spiccicava parola.
Poi si guardò intorno,
individuò il mobile bar in fondo alla
stanza e si alzò, avvicinandosi con passo spedito.
“Scusa, ho bisogno di
qualcosa di forte. Spero a tua zia non
dispiaccia” disse solo, armeggiando per versarsi dello
scotch, che bevve d’un
fiato.
“Cazzo, se era
forte” borbottò appena, tornando a sedersi
vicino a lei.
Sospirò, si
passò una mano sulla barba, come a massaggiarsi
il mento, alternando lo sguardo da lei al tavolino del salotto.
“Quindi…sei
incinta. E sei sicura, ovviamente, si?” disse
incerto.
“Si, sono sicura. Mi
sentivo strana da un po', sempre
stanca, ma venivo da settimane impegnative, non ci ho dato peso. Poi mi
sono
sentita male in ufficio, e ho fatto le analisi. Pochi giorni fa ho
fatto anche
un’ecografia. Sono di nove settimane adesso”
rispose.
“Oh, ok. Quindi
c’è già
un’ecografia” rimarcò lui, prima che
il silenzio calasse nuovamente fra loro.
“Scusa, non so cosa dire.
Non immaginavo” aggiunse poi “Ero
convinto di essere sempre stato attento”
“Lo so, lo so.
Anch’io sono rimasta scioccata. Devo ancora
metabolizzarlo” ammise lei “Senti Ryan, non mi devi
niente, ok? Insomma, non
hai nessun obbligo” aggiunse.
Lui si voltò, strizzando
appena gli occhi, con aria
perplessa.
“Cosa vuoi dire?”
rimarcò incerto.
“Quello che ho detto. Non
voglio che tu ti senta in dovere
di fare niente, insomma, non ti chiedo niente” rispose
“So che è successo nel
momento meno opportuno, che non era in programma e che siamo
già abbastanza
incasinati, tu soprattutto, quindi non voglio che tu ti senta
incastrato, ecco
tutto” aggiunse.
“Incastrato?”
rimarcò perplesso “Siamo incasinati, è
vero,
ma è anche figlio mio. Per caso hai pensato che me ne sarei
lavato le mani?
L’abbiamo fatto in due” rimarcò lui
fissandola.
“No, non ho detto questo,
ma…” stava dicendo.
“Ma cosa?” la
incalzò lui.
“Andiamo Ryan! Siamo in un
casino! E io rimango incinta! Non
ne abbiamo mai nemmeno lontanamente parlato, tu non sai ancora quando
potrai
divorziare. E’ stato uno shock per me, non mi aspettavo certo
che tu facessi i
salti!” sbottò, alzandosi per andare a prendersi
dell’acqua.
“Non volevo darti
addosso” riprese a dire lui, dopo qualche
istante. Quindi sospirò e si alzò per
raggiungerla in cucina, poggiando una
spalla allo stipite della porta ed osservandola.
“Tu come stai?”
le domandò, quasi spiazzandola, perché in
fondo nemmeno lei in quei giorni si era soffermata molto a pensare a
come si
sentisse.
“Non lo so. Fisicamente,
abbastanza bene. Ho qualche nausea,
ma niente di strano vista la situazione. Per il resto, non lo
so” ammise.
“Tuo padre lo
sa?” le chiese a quel punto.
Non servì nemmeno che
rispondesse, gli bastò la sua
espressione per averne conferma.
“Credo ti
servirà un altro bicchiere di scotch”
rimarcò lei,
andando a preparargliene uno. Poi tornarono entrambi in salotto e lei
gli
raccontò il resto, ovvero della reazione di suo padre, ma
soprattutto delle
foto scattate dall’investigatore che li aveva seguiti per
contro di Andrew.
“Non ci credo. Ma che razza
di stronzo!” sbottò Ryan.
“Scusa so che sto parlando
di tuo padre, ma ci rendiamo
conto? Ti ha fatta seguire da un investigatore e ti ha praticamente
cacciato di
casa perché stai con me e sei incinta. Adesso basta, ora
vado da lui” concluse
serio, recuperando la giacca. Sembrava davvero deciso, in quel momento
le
ricordava Patrick Swayze, quando in Dirty Dancing diceva la famosa
battuta
‘nessuno mette Baby in un angolo”.
“No, Ryan, ti
prego” gli disse, seguendolo fino alla porta
per fermarlo.
“Peggioreresti solo le
cose!” continuò, mettendosi
fisicamente fra lui e la porta “Io lo conosco. E’
meglio lasciarlo sbollire. Se
lo affronti adesso, finirete per litigare pesantemente, a quel punto
diventerà
una cosa personale per lui, se la legherà al dito e
farà di tutto per darti
addosso” aggiunse.
“E’
già personale” rispose lui di getto, e con un
certo
nervosismo.
Poi fece un bel respiro, per darsi
una calmata.
“Non ce l’ho con
te” precisò subito.
“Lo so, lo so” lo
rassicurò lei, allungando una mano per
accarezzargli una guancia.
“Non riesco a credere che
abbia davvero potuto fare una cosa
simile e cacciarti di casa” riprese a dire lui.
“Nemmeno io, ma
l’ha fatto” osservò, abbassando lo
sguardo.
“MI dispiace” le
disse, attirandola a sé per abbracciarla,
ed il suo abbraccio protettivo era proprio quello di cui Victoria aveva
più
bisogno in quel momento.
“In qualche modo faremo,
ok?” rimarcò poi, staccandosi
appena per guardarla negli occhi.
“Adesso però ti
siedi e ti riposi. Hai l’aria sbattuta”
aggiunse, riaccompagnandola sul divano.
“Ma sto bene,
davvero” cercò di protestare lei, ma
inutilmente, tanto ormai sapeva benissimo quanto sapesse essere
ostinato Ryan.
Si sistemarono sul divano, lui
lasciò che lei gli si
accoccolasse addosso, circondandole le spalle con un braccio. E
così, coccolata
da lui, quasi senza rendersene conto, la ragazza si
appisolò. Fece un bel
pisolino, e quando si svegliò, diverse ore dopo, fuori ormai
era buio, c’era
solo la luce della cucina a rischiarare lievemente il salotto. Si
tirò un po'
su, stropicciandosi appena gli occhi con una mano e si voltò
in direzione della
cucina, da dove sentiva parlottare Ryan e sua zia Charlotte, che nel
frattempo
era rientrata dalla serata di gala.