Fanfic su attori > Ryan Reynolds
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Autore: bebe    11/11/2017    1 recensioni
Una ragazza ricca, figlia unica di un famoso produttore, fidanzata con il rampollo di un'altra agiata famiglia californiana, ovviamente approvato dal padre, incontra un attore più grande di lei, con un intenso passato sentimentale e se ne innamora. ricambiata. Ma riuscirà il loro sentimento a resistere alle malelingue, ai pettegolezzi, ed all'ostilità del padre di lei?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ma…cosa?” farfugliò incredula, alternando lo sguardo dalle foto al padre.

“Dimmelo tu cosa sono. Cosa significa?” la incalzò Andrew “Avevo intuito che mi nascondevi qualcosa, ma mai e poi mai avrei pensato che ti saresti fatta abbindolare da un attoruncolo qualsiasi fino a diventare la sua amante.” Concluse serio.

“Mi hai fatta seguire?” gli domandò stranita “Come hai potuto?” rimarcò delusa.

“Come ho potuto? Sono tuo padre, mi preoccupo per te! Stai buttando via la tua vita per essere lo svago del mese di quell’attore da strapazzo, che per giunta è sposato e con una famiglia” rimarcò serio e con una durezza nello sguardo che non le aveva mai riservato.

“Tu non lo conosci, non sai niente di lui” rispose la figlia, lasciando ricadere le foto sulla scrivania “Come hai potuto fare una cosa simile? Sono tua figlia, e mi hai messo alle calcagna un investigatore?”

“Certo, e lo rifarei mille volte. Tu sei troppo ingenua, non sai di cosa sono capaci certi uomini. Quello vuole solo usarti” tagliò corto.

“Ryan mi ama, non gliene frega niente del mio cognome, di te o della casa di produzione” sbottò ferita e punta nell’orgoglio. Non ci stava a passare per una povera cretina che si fa irretire.

“Se ti ama così tanto perché è ancora sposato? Quello ti sta usando, non capisci?” rispose lui, alzando la voce, tanto da farla quasi sussultare.

Avevano sempre avuto un ottimo rapporto, Andrew le aveva fatto anche da madre, a modo suo ovviamente, ma non c’erano mai stati screzi, né lei gli aveva mai dato modo di preoccuparsi per lui.

“Tesoro, io ti voglio bene, lo sai, e voglio solo aiutarti, ma devi capire che quell’uomo ti sta prendendo in giro” riprese a dire, cercando di calmarsi.

“Non mi serve il tuo aiuto. Se solo lo conoscessi, capiresti perché mi sono innamorata di lui. So che la situazione è poco ortodossa, ma…” stava dicendo.

“Poco ortodossa?” sbottò Andrew “Sei l’amante di un uomo sposato e aspetti un figlio da lui!” aggiunse.

A quel punto non c’era più dubbio, sapeva tutto. Victoria si sentì quasi mancare il fiato e si mise a sedere.

“Credevi non lo sapessi?” osservò lui “Quando ieri il medico me l’ha detto, pensavo fosse uno scherzo. Era convinto che tu lo sapessi e che ne fossi a conoscenza anche io. Cosa pensi che farà il tuo caro Ryan? Pensi che farà i salti? Sono così deluso. Sei sempre stata una ragazza con la testa sulle spalle, giudiziosa. Pensavo avessi capito che nel nostro ambiente ci sono persone opportuniste e senza scrupoli, e invece ti sei fatta imbambolare dal primo belloccio con due moine” la incalzò, stentando a mascherare il suo nervosismo e disappunto.

“Dobbiamo sistemare questa situazione” aggiunse sospirando.

“Cosa intendi?” rimarcò lei, sempre più perplessa. Le sembrava improvvisamente di non riconoscere più in quell’uomo suo padre.

“Intendo dire che bisogna trovare una soluzione al problema. Puoi interrompere la gravidanza o dare il bambino in adozione. E devi troncare questa tresca con quel Reynolds prima che tutti vengano a saperlo” disse serio e quasi spazientito, come se la sua risposta fosse ovvia.

“Non dici sul serio” farfugliò Victoria, ma dall’espressione del padre capì che era terribilmente serio e convinto di avere ragione.

“No!” rispose perentoria “Non lo farò mai. Anche se non era programmato, terrò questo bambino, lo crescerò con Ryan, o anche da sola se lui non volesse, ma non me ne sbarazzerò. E mi meraviglia che tu possa anche solo pensare una cosa simile” concluse asciutta e ferita.

“Bene, allora non c’è niente da aggiungere. Se questa è la tua decisione, se vuoi ostinarti a rovinarti la vita, continua a farlo, ma lontano da qui” rispose Andrew, per nulla disposto a cedere.

“Mi stai cacciando ci casa?” rimarcò, sempre più sconcertata.

“Se questo è il modo in cui hai deciso di vivere la tua vita, si. Prendi le tue cose e cerca un’altra sistemazione.” Tagliò corto lui e senza nemmeno darle modo di rispondere, si alzò e se ne andò, sbattendo la porta.

Victoria rimase lì, incredula, ferita, delusa, con le lacrime agli occhi. Aveva sempre trovato un sostegno ed un supporto in suo padre in tutti quegli anni, e non le sembrava vero di ritrovarsi ora in quella situazione assurda, quasi surreale. Mai come allora aveva sentito il bisogno di sua madre accanto. Aveva appena scoperto di essere incinta, si sentiva smarrita, spaventata anche, aveva paura della reazione di Ryan, paura che rifiutasse lei ed il bambino. Avrebbe avuto bisogno di comprensione e protezione e proprio suo padre l’aveva messa di fronte ad un out out, arrivando addirittura a cacciarla, come se si fosse macchiata di chissà quale grave macchia!
Dopo un iniziale e comprensibile smarrimento, Victoria salì nella sua camera, iniziò ad infilare vestiti ed altre cose alla rinfusa in una valigia, e poi andò da sua zia Charlotte. Skyler era fuori per lavoro, ed in ogni caso sua zia era la figura femminile più simile e vicina a quella materna cui poter far riferimento.

A Charlotte bastò vedere l’espressione triste della nipote ed i suoi occhi arrossati per capire che era successo qualcosa di serio, ma mai si sarebbe aspettava di sentire quello che la ragazza aveva da dirle. Sapeva della sua relazione con un uomo sposato, questo Vicky glielo aveva detto all’inizio della sua storia con Ryan, ora sapeva anche con precisione chi fosse quest’uomo misterioso, ma non fu tanto quello a sconcertarla, quanto la reazione di Andrew.

“Giuro che vado da lui e lo faccio ragionare a costo di prenderlo a ceffoni! Ma cosa gli dice il cervello?” sbottò Charlotte. Era sempre stata una donna molto equilibrata, posata, difficilmente aveva reazioni veementi, ma in quel caso la rabbia ed il dispiacere per quanto stava passando la nipote avevano avuto la meglio. Faceva avanti ed indietro per il salotto come un animale in gabbia e sarebbe stata più che capace di difendere Victoria, che per lei era una figlia, proprio come una leonessa, se necessario.

“Conosci papà. E’ testardo e quando si mette in testa qualcosa, non si riesce a fargli cambiare idea. Si è convinto che Ryan mi stia usando, e che io sia una povera stupida che si è fatta plagiare da due moine. Non cambierà idea” osservò stancamente la ragazza, con gli occhi ancora rossi, restando accoccolata sul divano del salotto, con una coperta addosso.

“Ma sei sua figlia! Possibile che non riesca a capire che in questo momento hai bisogno di affetto, di comprensione e di tranquillità?” insistette la donna “Se tua madre fosse qui…” aggiunse, ma poi si bloccò.

Si passò una mano fra i capelli, sospirò e poi si avvicinò alla nipote, sedendosi accanto a lei.

“Magari fosse qui” disse in un soffio Victoria, intristendosi ulteriormente.

“Lo so, tesoro. Non sai quanto lo vorrei anche io! Ma sono convinta che sia qui, solo non nel modo o nella forma che vorremmo” osservò dolcemente, accarezzandole il viso.

“Per fortuna ci sei tu, zia” aggiunse la ragazza, abbracciandola stretta. Era davvero smarrita come un cucciolo “Non so cosa devo fare” disse in un soffio.

“Per prima cosa, devi mangiare qualcosa, anche se non hai fame, devi sforzarti. Devi tenerti in forze” riprese a dire Charlotte, staccandosi appena, e scostandole alcuni capelli dal viso, con fare materno “E poi devi dire del bambino a Ryan. Rimandare non servirà a niente, prima saprà e meglio sarà. Immagino anche che dovrà rivedere i suoi piani con la moglie sul divorzio e velocizzare i tempi, quindi è giusto che sappia. E per il resto, vedremo man mano. Non sei sola, tesoro” la rassicurò.

La ragazza rimase in silenzio alcuni istanti, ma era evidente che stesse pensando a qualcosa.

“E se lui non la prendesse bene? Se pensasse che l’ho fatto apposta per incastrarlo, per mettergli fretta?” domandò concitata “Se non volesse saperne niente del bambino?” aggiunse impaurita, alzando il suo sguardo smarrito sulla zia.

“Allora sarebbe un idiota, e sarebbe meglio perderlo che trovarlo!” rispose Charlotte, senza alcuna esitazione “Qualsiasi cosa succeda con lui o con tuo padre, io ci sarò sempre per te. Non ti lascerei mai sola. Se questo Ryan malauguratamente si comportasse da imbecille e si rifiutasse di fare il suo dovere, allora ti occuperai del bambino o bambina senza di lui, ed io ti darò una mano!” la rassicurò.

“Adesso però basta pensieri tristi e basta preoccuparsi! Riposati un po', io intanto preparo qualcosa da mangiare” riprese a dire.

Poco dopo si misero a tavola, e Victoria si sforzò di mangiare qualcosa, più che altro per tenersi in forze e per il bambino, ma aveva lo stomaco quasi completamente chiuso. Sua zia non la forzò, capiva che era un momento difficile, e dopocena la ragazza salì nella stanza degli ospiti per riposare. Ryan la chiamò un paio di volte, ma lei non si sentiva ancora pronta per parlargli. Non gli avrebbe mai dato una notizia così importante per telefono, ma era certa che lui avrebbe capito che qualcosa non andava solo dal tono della sua voce, così preferì non rispondere, e prima di addormentarsi gli inviò un messaggio per rassicurarlo che stava bene, e che l’avrebbe richiamato l’indomani. Nonostante i tanti pensieri che la tormentavano, era stata una giornata talmente pesante, che riuscì ad addormentarsi quasi subito, e fece tutta una tirata fino all’indomani.
Fece colazione con sua zia Charlotte, che aveva appositamente aspettato che scendesse prima di scappare in fondazione, ma le aveva lasciato integratori e vitamine da prendere in cucina, e si era raccomandata di chiamarla per ogni evenienza.

La ragazza controllò distrattamente il cellulare, mentre finiva la colazione. C’era un messaggio di Ryan, ma nient’altro. Sperava di trovare una chiamata o un messaggio di suo padre, ma niente, esattamente come temeva.

 A quel punto, si decise a chiamare Ryan, sperando che avrebbero potuto vedersi presto, così gli avrebbe dato la notizia di persona. Lei difficilmente si sarebbe potuta spostare, visto che il medico le aveva raccomandato di stare a riposo, ma questo Ryan ancora non poteva immaginarlo. Aveva una fifa blu che lui potesse prenderla male, ma non poteva certo rimandare all’infinito ed aspettare che fosse il pancione ad esplodere e a parlare per sé.

“Ehi, ciao” le rispose quasi subito.

“Ieri mi stavo preoccupando! Due chiamate su due senza risposta, non è da te. Ho anche pensato che fossi incazzata con me, ma non ce ne sarebbe stato motivo, almeno non che io ricordassi” osservò e lo sentì sorridere.

“Scusa, è che sono stata impegnata fino a tardi in ufficio, una riunione dietro l’altra e quando sono tornata a casa avevo solo voglia di una doccia e di dormire” rispose, inventando una scusa plausibile.

“Capisco. Certo che il tuo vecchio ti sta mettendo sotto. E io che pensavo che come figlia del capo avessi un trattamento di favore” la prese affettuosamente in giro.

“Mi manchi” scappò detto di getto alla ragazza.

“Anche tu” rispose lui, prima di restare un attimo in silenzio “Vic, tutto bene? Mi sembri strana, triste. E’ successo qualcosa?” le domandò.

“No, no, sono solo un po' stanca, ma va tutto bene. E andrebbe ancora meglio se mi dicessi che presto sarai a Los Angeles” aggiunse speranzosa.

“Una settimana è abbastanza presto per te?” rispose.

Si erano visti l’ultima volta due settimane prima, e la sola idea di dover aspettare altri sette giorni per Victoria era una tortura, ma non poteva dirglielo.

“Devo presenziare all’apertura di un nuovo negozio Piaget, e fare un paio di interviste con servizi fotografici annessi. Dovrei fermarmi tre o quattro giorni. Tu sarai lì, vero? Non è che all’ultimo il paparino ti spedisce in culonia per qualche altra riunione?” le chiese.

“No, no, tranquillo, sarò qui! Non vedo l’ora di vederti” ammise.

“Anch’io! Vorrei vederti più spesso, lo sai, ma sto lavorando a quella cosa e spero di avere buone notizie prima possibile” aggiunse, riferendosi ovviamente al divorzio.

Si salutarono e, se in parte averlo sentito aveva rassicurato Victoria, dall’altra aveva amplificato le sue paure. Lui non sapeva e non immaginava di certo la notizia che gli avrebbe dato. Passò quei sette giorni che la dividevano dall’incontro con lui ad immaginare la sua reazione, immaginandosene ogni volta una diversa, ma più si avvicinava il giorno del suo arrivo, più cresceva in lei la paura di un rifiuto e di una reazione negativa da parte di Ryan.

Non era più andata in ufficio, non voleva incrociare suo padre e poi era abbastanza chiaro che estromettendola dalla sua casa e dalla sua vita, suo padre volesse estrometterla anche dalla casa di produzione. Era rimasta quasi sempre in casa, uscendo solo per andare dalla ginecologa a fare le analisi e l’ecografia che le aveva prescritto il medico del pronto soccorso quando si era sentita male. Avrebbe voluto rimandare, aspettare di dare la notizia a Ryan, ma sua zia aveva tanto insistito ed alla fine l’aveva spuntata. La gravidanza stava procedendo bene, il bambino era, in quella fase, una specie di macchietta, ma stava cresceva secondo i parametri e lei tutto sommato si sentiva in forma, a parte qualche nausea mattutina.

Non sapeva nemmeno lei come si stava davvero, se era felice o meno. Forse doveva metabolizzare la notizia della gravidanza. Era successo sicuramente in maniera inaspettata, era un fuori programma. Era ancora giovane, non aveva mai pensato seriamente a mettere su famiglia, mai, nemmeno con Josh, con cui era stata per diverso tempo. In quel caso forse era in parte dovuto al fatto che non era mai stata sicura di loro come coppia, che non ne era profondamente innamorata; mentre ora, con Ryan, era la tempistica ad essere assolutamente sbagliata. Lui era ancora impegnato a capire come tirarsi fuori da un matrimonio di facciata senza troppi danni e senza rischiare di non vedere più le due figlie che già aveva, e poi avrebbe voluto altri figli? Per ovvi motivi non ne avevano mai parlato, e non si poteva nemmeno dire che fossero una coppia rodata. L’arrivo di un figlio è spesso uno scossone anche per quelle più collaudate, figuriamoci per loro, che si vedevano come ladri, rubando ore qua e là. Era davvero una situazione delicata per lei, e lo scompenso ormonale derivante dalla gravidanza di certo non la aiutava.

Ryan sarebbe arrivato di lì ad un paio d’ore, nel primo pomeriggio. Charlotte era in fondazione, come sempre, e quella sera avrebbe partecipato ad una serata di gala benefica. Di solito anche Victoria la accompagnava, ma data la situazione, sua zia nemmeno glielo chiese. La ragazza pensò di approfittare della sua assenza per chiedere a Ryan di raggiungerla al suo indirizzo, in modo da evitare di uscire, ed anche per essere in un ambiente che conosceva, che era un po' come casa per lei, nel momento in cui gli avrebbe detto del bambino. Era già abbastanza preoccupata e confusa, voleva almeno la sicurezza di ‘giocare in casa’. Dal canto suo, lui era talmente impaziente di rivederla, che non chiese spiegazioni ed intorno alle 15, arrivò all’appartamento di Charlotte, che si trovava in un’elegante palazzina in una zona residenziale.

“Ciao!” esclamò, appena la vide sulla soglia, abbracciandola stretta. Lei ricambiò e si strinse a lui, inspirando il suo profumo.

“Ben arrivato!” gli disse, facendolo poi accomodare “Hai fatto buon volo? Hai mangiato o vuoi qualcosa?” gli chiese.

“Qualche turbolenza, ho mangiato un tramezzino, ma ha adesso non ho fame, ho solo voglia di stare con te” rispose vispo, attirandola a sé e rubandole un bacio da urlo. E probabilmente sarebbe andato anche oltre, se lei non avesse rallentato.

“Scusa, è che mi sei mancata. Mi sembra di non vederti da secoli” osservò lui, con l’aria un po' delusa, come un bambino a cui hanno tolto il suo gioco preferito.

“A proposito…” riprese a dire, guardandosi intorno “Questo appartamento di chi è?” le chiese.

“E’ di mia zia Charlotte” rispose lei, e lui subito sgranò gli occhi, forse temendo che non fossero soli e che di lì a poco sarebbe comparsa la zia “Ma è fuori, non preoccuparti. E’ al lavoro e più tardi ha una cena di beneficenza, quindi rientrerà tardi” gli spiegò, mettendosi a sedere sul divano.

“Ah, capisco” rispose lui, soffermandosi a guardare alcune foto sopra al camino.

“Questa sei tu?” le chiese, prendendone una che mostrava una bambina a cavallo.

“Si, sono io! Penso fosse una delle prime volte che andavo al maneggio. Mia zia adora i cavalli, ne ha anche avuti in passato, mi portava sempre volentieri” rispose.

“Quanto eri carina con le codine” ridacchiò lui.

Poi posò la cornice e si mise a sua volta a sedere.

“Devo farti avere una copia delle chiavi di casa a Beverly Hills. E’ assurdo che non ci abbia pensato prima! Non so dove ho la testa. Così almeno puoi andare e venire liberamente. Lì è una zona tranquilla, nessuno ci beccherà” aggiunse, accarezzandole una gamba.

Poi si fermò a scrutarla.

“Mi sembri pallida. E stanca. Non è che stai covando qualcosa?” le domandò, osservandola attentamente.

Lei sospirò e rialzò lo sguardo per incrociare il suo. Era adorabile con quell’aria preoccupata.

“Sto bene, ma dobbiamo parlare” iniziò a dire, tormentandosi appena le mani.

Lui si fece subito serio ed annuì.

“Senti, se è per la mia situazione, per il divorzio, io ci sto lavorando, giuro! Lo so che vorresti dei tempi più rapidi, anche io, credimi, ma ci sono degli equilibri fragili al momento e non posso fare mosse avventate o passi falsi! Ma ci arriveremo presto, te lo prometto” le stava appunto dicendo lui, quando lei sganciò la bomba.

“Ryan, sono incinta” gli disse, senza girarci intorno. Non ce la faceva più a tenere quella notizia per sé, ed anche se magari non aveva scelto il modo più delicato per comunicarglielo, si sentiva sollevata ora.

Lui restò immobile a fissarla, poi sgranò gli occhi, scuotendo appena il capo.

“Co-come prego?” farfugliò.

“Non era così che volevo dirtelo, non so nemmeno se c’era un modo giusto di darti una notizia del genere, ma è così, sono incinta. Aspetto un bambino da te” rimarcò, senza distogliere lo sguardo dal suo.

Probabilmente stava per venirgli un infarto, perché era immobile e non spiccicava parola.

Poi si guardò intorno, individuò il mobile bar in fondo alla stanza e si alzò, avvicinandosi con passo spedito.

“Scusa, ho bisogno di qualcosa di forte. Spero a tua zia non dispiaccia” disse solo, armeggiando per versarsi dello scotch, che bevve d’un fiato.

“Cazzo, se era forte” borbottò appena, tornando a sedersi vicino a lei.

Sospirò, si passò una mano sulla barba, come a massaggiarsi il mento, alternando lo sguardo da lei al tavolino del salotto.

“Quindi…sei incinta. E sei sicura, ovviamente, si?” disse incerto.

“Si, sono sicura. Mi sentivo strana da un po', sempre stanca, ma venivo da settimane impegnative, non ci ho dato peso. Poi mi sono sentita male in ufficio, e ho fatto le analisi. Pochi giorni fa ho fatto anche un’ecografia. Sono di nove settimane adesso” rispose.

“Oh, ok. Quindi c’è già un’ecografia” rimarcò lui, prima che il silenzio calasse nuovamente fra loro.

“Scusa, non so cosa dire. Non immaginavo” aggiunse poi “Ero convinto di essere sempre stato attento”

“Lo so, lo so. Anch’io sono rimasta scioccata. Devo ancora metabolizzarlo” ammise lei “Senti Ryan, non mi devi niente, ok? Insomma, non hai nessun obbligo” aggiunse.

Lui si voltò, strizzando appena gli occhi, con aria perplessa.

“Cosa vuoi dire?” rimarcò incerto.

“Quello che ho detto. Non voglio che tu ti senta in dovere di fare niente, insomma, non ti chiedo niente” rispose “So che è successo nel momento meno opportuno, che non era in programma e che siamo già abbastanza incasinati, tu soprattutto, quindi non voglio che tu ti senta incastrato, ecco tutto” aggiunse.

“Incastrato?” rimarcò perplesso “Siamo incasinati, è vero, ma è anche figlio mio. Per caso hai pensato che me ne sarei lavato le mani? L’abbiamo fatto in due” rimarcò lui fissandola.

“No, non ho detto questo, ma…” stava dicendo.

“Ma cosa?” la incalzò lui.

“Andiamo Ryan! Siamo in un casino! E io rimango incinta! Non ne abbiamo mai nemmeno lontanamente parlato, tu non sai ancora quando potrai divorziare. E’ stato uno shock per me, non mi aspettavo certo che tu facessi i salti!” sbottò, alzandosi per andare a prendersi dell’acqua.

“Non volevo darti addosso” riprese a dire lui, dopo qualche istante. Quindi sospirò e si alzò per raggiungerla in cucina, poggiando una spalla allo stipite della porta ed osservandola.

“Tu come stai?” le domandò, quasi spiazzandola, perché in fondo nemmeno lei in quei giorni si era soffermata molto a pensare a come si sentisse.

“Non lo so. Fisicamente, abbastanza bene. Ho qualche nausea, ma niente di strano vista la situazione. Per il resto, non lo so” ammise.

“Tuo padre lo sa?” le chiese a quel punto.

Non servì nemmeno che rispondesse, gli bastò la sua espressione per averne conferma.

“Credo ti servirà un altro bicchiere di scotch” rimarcò lei, andando a preparargliene uno. Poi tornarono entrambi in salotto e lei gli raccontò il resto, ovvero della reazione di suo padre, ma soprattutto delle foto scattate dall’investigatore che li aveva seguiti per contro di Andrew.

“Non ci credo. Ma che razza di stronzo!” sbottò Ryan.

“Scusa so che sto parlando di tuo padre, ma ci rendiamo conto? Ti ha fatta seguire da un investigatore e ti ha praticamente cacciato di casa perché stai con me e sei incinta. Adesso basta, ora vado da lui” concluse serio, recuperando la giacca. Sembrava davvero deciso, in quel momento le ricordava Patrick Swayze, quando in Dirty Dancing diceva la famosa battuta ‘nessuno mette Baby in un angolo”.

“No, Ryan, ti prego” gli disse, seguendolo fino alla porta per fermarlo.

“Peggioreresti solo le cose!” continuò, mettendosi fisicamente fra lui e la porta “Io lo conosco. E’ meglio lasciarlo sbollire. Se lo affronti adesso, finirete per litigare pesantemente, a quel punto diventerà una cosa personale per lui, se la legherà al dito e farà di tutto per darti addosso” aggiunse.

“E’ già personale” rispose lui di getto, e con un certo nervosismo.

Poi fece un bel respiro, per darsi una calmata.

“Non ce l’ho con te” precisò subito.

“Lo so, lo so” lo rassicurò lei, allungando una mano per accarezzargli una guancia.

“Non riesco a credere che abbia davvero potuto fare una cosa simile e cacciarti di casa” riprese a dire lui.

“Nemmeno io, ma l’ha fatto” osservò, abbassando lo sguardo.

“MI dispiace” le disse, attirandola a sé per abbracciarla, ed il suo abbraccio protettivo era proprio quello di cui Victoria aveva più bisogno in quel momento.

“In qualche modo faremo, ok?” rimarcò poi, staccandosi appena per guardarla negli occhi.

“Adesso però ti siedi e ti riposi. Hai l’aria sbattuta” aggiunse, riaccompagnandola sul divano.

“Ma sto bene, davvero” cercò di protestare lei, ma inutilmente, tanto ormai sapeva benissimo quanto sapesse essere ostinato Ryan.

Si sistemarono sul divano, lui lasciò che lei gli si accoccolasse addosso, circondandole le spalle con un braccio. E così, coccolata da lui, quasi senza rendersene conto, la ragazza si appisolò. Fece un bel pisolino, e quando si svegliò, diverse ore dopo, fuori ormai era buio, c’era solo la luce della cucina a rischiarare lievemente il salotto. Si tirò un po' su, stropicciandosi appena gli occhi con una mano e si voltò in direzione della cucina, da dove sentiva parlottare Ryan e sua zia Charlotte, che nel frattempo era rientrata dalla serata di gala.

 

 

 

 

 

  
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