Serie TV > Elisa di Rivombrosa
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Autore: wolfymozart    12/11/2017    1 recensioni
La storia tra Anna e Antonio sarà messa a dura prova da scottanti questioni sociali e drammatiche vicende private che si intrecceranno in un inestricabile garbuglio nel quale ritrovare il "filo rosso del destino" non sarà affatto facile.
Per questo sequel è stato necessario forzare un po’ i tempi dell’ambientazione per motivi di ordine storico, viceversa non sarebbe stato possibile far incontrare la Storia con la storia. Lo slittamento temporale consiste in un lasso di una decina d’anni. Mi auguro che chi leggerà mi vorrà perdonare.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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-Signor conte, c’è un tale che chiede di essere ricevuto da voi. Dice di essere ospite del dottor Ceppi, di avere una lettera di presentazione. – spiegò Bianca informando Fabrizio dell’arrivo di un ospite sconosciuto, la cui carrozza sostava tuttora sul piazzale in attesa.
- Ah sì? – fece sorpreso Fabrizio accostandosi alla finestra per scrutare quanto avveniva di sotto. Un uomo dall’aspetto molto distinto, la veste curata, il portamento elegante, camminava nervosamente avanti e indietro, scambiando di quando in quando qualche battuta coi garzoni che attorniavano la sua carrozza. – Di chi si tratta? – chiese infine senza distogliere lo sguardo.
- Non lo so, non si è presentato. – si scusò la serva. – Anzi, per la verità, cercava il dottor Ceppi, è rimasto sorpreso quando gli abbiamo spiegato che doveva prima rivolgersi a voi, che siete il padrone. –
- Ah! Benissimo. Vedo che il mio amico Ceppi è tenuto in grande considerazione, molto più di me! – esclamò ridendo scherzoso. – Ebbene, andrò a riceverlo. –
Alla vista del conte che scendeva con passo sicuro la scalinata, la servitù si fece in disparte, inchinandosi, mentre l’ospite mosse qualche passo verso le scale.
-Siate il benvenuto. – lo accolse Fabrizio e gli porse con sguardo franco la mano destra. – Conte Fabrizio Ristori – si presentò poi. – In che cosa posso servirvi? – domandò infine scrutando lo sconosciuto.
- Conte Ristori, è un piacere per me fare la vostra conoscenza. Ho sentito molto parlare di voi. – cominciò – Avvocato Jerome LeBlanc, per servirvi. – rispose accompagnando la stretta vigorosa con un inchino. Parlava con accento francese, scandendo con precisione metodica ogni sillaba, come se stesse cercando di rispolverare un’antica dimestichezza con la lingua.
-  Ebbene, a che cosa dobbiamo l’onore della vostra visita, avvocato? – lo incalzò Fabrizio, visto che l’uomo non aveva risposto alla sua precedente domanda.
- Mi manda l’emerito professor Gerardi de Carolis, ho una sua lettera. – rispose estraendo dalla giacca una busta che porse a Fabrizio. – Sono qui per incontrare un mio antico compagno di studi, Antonio Ceppi, per discutere alcune faccende universitarie. – concluse, mentre Fabrizio era assorto nella lettura del messaggio del professore.
Finito che ebbe di leggere, sollevò il capo e, con un cenno di assenso, disse: - Capisco. Avrete molte cose di cui discutere, immagino. Per il momento vogliate accomodarvi, il dottor Ceppi è fuori per il consueto giro di visite, potrete attenderlo di sopra. – E, così dicendo, fece strada all’ospite guidandolo ai piani superiori. 
 
La sala dei ricevimenti riverberava della luce meridiana che si insinuava prepotente dai finestroni che davano sul giardino; tutto intorno la servitù si agitava per l’allestimento del pranzo in onore dell’ospite, tuttavia nella sala, che dopo gli eccessi di Alvise aveva ritrovato il consueto decoro, regnava la calma più completa. Elisa se ne stava seduta su di una delle ampie poltrone leggendo un libro di fiabe alla piccola Agnese, in abito da ricevimento, in attesa dell’ospite che le era stato annunciato dal marito. Non senza un velo di agitazione, che le restava sempre di fronte agli sconosciuti per via delle sue origini popolari, scorreva rapidamente gli occhi sulla pagina, cantilenando con voce nervosa rivolta alla figlioletta.
Finalmente l’attesa si concluse con all’apparire sulla soglia della sala di Fabrizio seguito da un uomo alto, elegante, dall’aria cordiale e dai modi disinvolti di uno che conosce il mondo. E, non poté impedirsi di osservare, dall’aspetto piacente.
-Vi presento mia moglie, la contessa Elisa Ristori e mia figlia Agnese – fece Fabrizio, indicando con un ampio gesto Elisa, che si alzò e accennò un inchino all’ospite porgendogli la mano per il bacio di rito. -
- Jerome LeBlanc – si presentò lui –  Enchanté – aggiunse poi galante fissandola con i suoi occhi verdi e penetranti. – Una delle giovani contesse più affascinanti che abbia mai incontrato – concluse infine sotto lo sguardo irritato di Fabrizio.
- A cosa dobbiamo l’onore di ospitarvi qui a Rivombrosa, signore? – domandò Elisa per stornare l’attenzione da lei.
- Sono venuto a trovare un mio vecchio compagno di studi, Antonio Ceppi.-
- Quindi siete medico anche voi? – lo interruppe la giovane.
- Avvocato. Abbandonai gli studi medici, non facevano per me. Non ero certo brillante come il nostro comune amico Antonio. -
- Quindi vi conoscete bene voi e il dottor Ceppi? –
- Abbiamo condiviso gli studi per qualche anno, a Torino, prima che me ne tornassi in Francia, nella mia città, Tolosa. Ai tempi avevamo una certa familiarità, ma non posso dire di conoscerlo bene. Per esempio, non mi sarei mai aspettato di ritrovarlo qui, in questo sontuoso palazzo, fra gente altolocata come voi.  Sapete, non amava molto i nobili suoi pari, frequentava gente borghese, come me, allora…- aggiunse infine, come esitante, guardando di sottecchi Fabrizio per studiarne la reazione.
- Se è per questo, allora, non è molto cambiato. – rispose Elisa in difesa dell’amico, poiché aveva percepito nelle parole dell’uomo una vena di critica. – Nemmeno io provengo da una famiglia aristocratica, avvocato. Le mie origini sono umili, ma ne vado fiera. Come vado fiera dall’amicizia del dottor Ceppi, un uomo che è sempre rimasto fedele ai suoi principi. –
- Oh, non volevo certo dire questo, mi avete frainteso, contessa! Ho sempre considerato il mio amico Ceppi un uomo assolutamente integro. E non ho nulla in contrario rispetto alla sua attuale sistemazione, anzi direi che lo invidio, una dimora magnifica…- chiarì vagando con lo sguardo per la sala. – Quella consolle, per esempio, dev’essere un pezzo di pregio, opera di un abilissimo ebanista…- disse e mostrò in tal modo una conoscenza ad ampio spettro di tutto ciò che riguarda gli arredi. Fabrizio, che se n’era stato tutto il tempo in piedi, con le mani appoggiate alla spalliera della poltrona su cui stava seduta Elisa studiando attento la conversazione tra i due, allentò la tensione, lusingato da quel complimento al suo mobilio e, con fierezza, spiegò: - Sì, apparteneva a mia madre. Opera di uno dei più famosi ebanisti di Torino. –
- Per non parlare di quel lampadario, notevole, assolutamente notevole…- soggiunse col naso all’insù.
- Vedo che siete un intenditore. – lo compiacque Fabrizio.
- Non esagerate, conte. Soltanto apprezzo chi sta circondarsi di cose belle…- rispose con un rapido sguardo ammiccante ad Elisa. Sguardo che fece schermire la giovane, ma che sfuggì a Fabrizio, impegnato a giocherellare con la piccola Agnese.
- Vogliate scusarmi, signori, il pranzo è servito. – comunicò Bianca deferente, con un inchino.
- Grazie, Bianca. – rispose Elisa, sollevata all’idea di spezzare quell’atmosfera equivoca che si andava creando.
- Bianca, il dottor Ceppi è rientrato? – s’informò Fabrizio.
- Sì, signor conte, è da poco rientrato. Scenderà a breve insieme alla marchesa. -
- Bene. Accomodiamoci, dunque, in sala da pranzo. Prego, avvocato, seguitemi. – disse Fabrizio, rivolgendo un ampio gesto di invito all’avvocato LeBlanc.
La tavola, riccamente imbandita per onorare l’ospite, era apparecchiata con il servizio più pregiato della famiglia per cinque persone. A capotavola sedeva Fabrizio, da buon padrone di casa; Elisa aveva preso posto accanto a lui, mentre LeBlanc le si era seduto di fronte e seguitava a fissarla in un modo che alla giovane appariva per certi versi quasi impertinente. A sollevare Elisa da un certo imbarazzo fu l’ingresso nella sala pochi minuti dopo di Anna e Antonio. I due comparvero a braccetto, sorridendosi assorti in un loro discorso, quando si accorsero della presenza dell’ospite. Si arrestarono un poco stupiti e, dopo qualche istante di silenzio, Antonio esclamò con un ampio sorriso:
-Jerome LeBlanc! Il mio vecchio compagno Jerome LeBlanc! Uno dei più squinternati tra gli studenti di medicina e uno dei i migliori tra i miei amici! – Jerome si alzò dunque prontamente da tavola e, dopo un ossequioso – Vogliate scusarmi, signor conte – , si avvicinò a braccia spalancate al vecchio amico, il quale non mancò di rispondere prontamente all’abbraccio, accompagnando il gesto con una fraterna e vigorosa pacca sulla spalla.
Anna restò per un momento a studiare quell’uomo, sforzandosi di ricordare se, ai tempi, Antonio, nelle sue lunghe e appassionate lettere, gliene avesse parlato. Quel nome, tuttavia, proprio non le sovveniva. Un francese, a quanto pare; un uomo certamente elegante nel vestire, ma non troppo ligio all’etichetta. Lei, che al galateo teneva fin quasi al fanatismo a causa della sua rigida educazione, non poté fare a meno di notarlo: alzarsi da tavola senza quasi chiedere il permesso, abbracciare in tal modo un amico che non vedeva da anni, senza nemmeno prenderla in considerazione: un modo di fare, si direbbe, quasi plebeo! Eppure nell’aspetto aveva una certa distinzione signorile, i tratti fini del viso, le guance lisce perfettamente rasate, i capelli biondo cenere impeccabilmente raccolti, gli occhi color verde acqua vivaci e intelligenti, il corpo alto, snello, ben proporzionato. Si sarebbe detto un uomo piacente, se soltanto avesse posseduto quel poco di garbo che conveniva ad un uomo di mondo! Lo sguardo le corse poi alle mani: mani tozze, sgraziate, più simili a quelle di un popolano che a quelle di un signore. Quest’ultimo dettaglio la confermò nella prima impressione avuta: quell’uomo non era certo un aristocratico, non era degno di essere annoverato tra gli amici dei Ristori. Eppure si trattava di un amico di Antonio, l’avrebbe comunque accolto nel modo più onorevole.
Da queste riflessioni la distolse lo stesso LeBlanc, il quale, dopo essersi sciolo dall’abbraccio del vecchio amico, si rivolse a lei con un:
-Comprendo quanto la mia scortesia sia imperdonabile, non è da me mancare di onorare una dama del vostro valore, elegante e raffinata come voi, ma tanta è stata la gioia di rivedere un vecchio amico di gioventù! Vogliate perdonare la mia esecrabile indelicatezza, signora…- e, aspettando che Anna si presentasse, le fece un galante inchino, come a coronare le sue parole di scusa.
- Marchesa Anna Ristori Radicati di Rivombrosa, sorella del conte Fabrizio- si presentò lei altezzosa, porgendogli la mano con uno sguardo severo e giudicante: in fondo si trattava pur sempre di un avvocatucolo, che per giunta le aveva poc’anzi mancato di rispetto davanti a tutta la famiglia. Gli avrebbe dato, sì, una seconda possibilità, ma avrebbe dovuto prima scontare quella sua iniziale villania.
- Enchanté – ripeté lui, posandole un delicato bacio sulla mano e tenendo i suoi occhi verdi e ossequiosi, a mo’ di scusa, fissi in quelli di Anna. Uno sguardo che si protrasse troppo a lungo, secondo i canoni della marchesa, che prontamente distolse gli occhi e invitò l’ospite a riprendere il suo posto a tavola.
   
 
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