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Autore: Inquisitor95    13/11/2017    0 recensioni
Endymion è un continente vasto, da poco uscito dal terribile dominio degli elfi. Ma finalmente gli umani vedono la luce in quella che si prospetta l'Era della Gloria e sono tornati a dominare i loro castelli e le loro terre com'era prima; saranno davvero finite le sofferenze? Il continente si adatterà alle nuove condizioni politiche o finirà distrutto dal gioco delle Casate? A tramare dietro questo pericoloso gioco, c'è una setta di maghi che minaccia l'ordine con il caos.
Vivere o morire. Questa è la costante scelta che i tre protagonisti saranno obbligati a compiere passo dopo passo. Il fuoco dilaga, combatterai o brucerai con esso?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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{Dantos}

19.

 Sole scuro

 

Dantos aveva molti pensieri in quei giorni, era davvero confuso su quella che era la sua missione e per questo motivo aveva bisogno di chiedere consiglio alla persona che lo voleva più bene al mondo. Tuttavia non trovare Rosa nel bordello dove lavorava aveva abbattuto le sue certezze e adesso si trovava confuso peggio di prima.

Inoltre il giovane uomo aveva avuto modo di imparare che quell’autunno portava con sé molto più che pioggia e lampi; le campane della grande chiesa di Altura Silente suonavano solennemente intonando una canzone lugubre che risuonava per ogni angolo della capitale senza altri echi.

L’intera città faceva voto di silenzio per accompagnare il padre del loro sovrano nel percorso di transizione tra la vita e la morte. Dantos rifletté su quanto fosse pericoloso il mondo in cui era entrato a far parte e più di ogni altro momento desiderò uscirne. Abbandonare tutto quanto, Drustan e i suoi obblighi, Lady Saisyll e il suo sporco gioco di corte, voleva mollare tutto e andare via.

Ma adesso più di ogni altra cosa Dantos era implicato in quella storia. A seguito della melodia suonata dalle campane seguì il silenzio nella grande chiesa e il Sommo Sacerdote si fece avanti scendendo dal proprio trono e avvicinandosi alla salma di Donchad Grimalder, ormai privo di dolori e sofferenze.

« Siamo oggi riuniti dinnanzi all’emblema del Titano Folle, Egli rappresenta il caos e la fine di tutte le cose e nel più dei casi questo termina con la morte. » disse il Sommo Sacerdote parlando con solennità mentre camminava verso il corpo privo di vita del Reggente padre. Dantos non lasciò spazio ai suoi pensieri, concentrò tutte le sue forze su Drustan che stava al suo fianco.

Il giovane sovrano indossava abiti neri di seta e una semplice cappa con lo stemma dei Grimalder, il libro bianco su sfondo blu. Era l’unico colore che brillava in tutta la sala del tempio visto che ogni altro uomo o donna o cavaliere vestiva in nero.

« Preghiamo insieme affinché la Sacerdotessa dea della fede possa salvare quest’anima dall’Impiccato, l’ingannatore oscuro e che grazie al Titano Giustizia possa trovare il suo posto nell’eden degli Dei. Preghiamo affinché gli Amanti e il Carro possano guidare le sofferenze dei suoi cari via, lasciando spazio all’amore e alla forza dello spirito, che l’Eremita ci lasci la saggezza che quest’uomo ci ha portato in vita. Ed infine preghiamo affinché il Titano Folle ci conceda da questa morte la nuova vita e che i Titani Ruota e Stella ci facciano la grazia dalla fortuna e della speranza. » continuò il Sommo Sacerdote recitando il salmo del libro sacro, ovviamente lui lo conosceva molto bene essendo un uomo di chiesa, ma chi come Dantos non aveva ricevuto una buona istruzione non aveva idea di cosa si stesse parlando. « Ripetete con me, fedeli… »

Drustan ripeté lentamente e sottovoce il salmo appena recitato, solo Dantos era abbastanza vicino da potergli sentire nominare nuovamente i nove Dei Titani e le loro volontà. Il cavaliere guardava il proprio sovrano dall’alto osservando i suoi occhi spenti fissare immobili il corpo del proprio padre.

Era venuto a mancare la sera prima senza che ci fosse preavviso, il medico del castello aveva notato un peggioramento nelle condizioni dell’uomo ma senza poter stabilire a causa di cosa. Qualunque cosa fosse, Dantos era quasi certo che Lady Saisyll aveva fatto in modo che il veleno usato fosse irriconoscibile anche agli occhi di un esperto medico. L’altra teoria, e quella più accreditata per Dantos, era che persino il dottore era d’accordo.

Nonostante il cavaliere avesse sperato nella guarigione dell’uomo, nulla era stato possibile e le preghiere di Drustan erano infine sfumate come parole nel vento, probabilmente nessuno lo ascoltava sopra lo strato di nuvole.

Nessuno che non fosse Dantos che stava nella stanza del Re ascoltando le sue parole e le sue preghiere rivolte al Titano Stella riguardo la guarigione e la speranza di vita del padre. Tutto era stato vano e Dantos aveva ben pensato che i suoi problemi non fossero nulla in confronto a quello che il Re stava passando.

Donchad Grimalder era morto da neanche un giorno e il cavaliere non aveva ancora assistito ad una reazione da parte di Drustan; quando gli era stato comunicato il decesso, il Re stava studiando e Dantos era insieme a lui: era stupito, chiaramente, colpito e probabilmente sofferente ma aveva esordito con « Merita un degno funerale, almeno è potuto morire nella casa dei suoi avi! »

« La terribile malattia che lo ha portato via è un segno dell’Impiccato, il dio degli inganni ci ha puniti per i nostri peccati, per i costanti tradimenti e le offese che il popolo rivolge alla corona. Abbiamo faticato tanto in questo mese per mantenere la pace, ma ancora c’è chi crede che il male sia nel castello. Ebbene signori, vi sbagliate, dopo oggi sappiamo bene che il male è dentro di noi! Che siamo noi ad operare per conto del Titano traditore. Noi che portiamo il caos di cui il Folle ci riempie! »

Le parole del Sommo Sacerdote erano vane, perse nell’aria ma Drustan sembrava davvero intenzionato ad ascoltarle, probabilmente anche quello era un segno di rispetto nei confronti del padre. E vedere il Re così freddo diede a Dantos motivo di preoccupazione: quando avrebbe pianto la morte del padre?

Agli occhi del cavaliere e del resto del popolo, Drustan appariva come una figura in nero che portava con fierezza la cappa della propria famiglia, un singolo anello scuro nell’indice e la Corona Splendente che quel giorno brillava intensamente nella sua opacità stando sul capo del sovrano di Endymion.

Dantos si concesse un rapido sguardo alle proprie spalle, essendo la guardia del corpo del Re era in prima fila, a pochi metri dal grande tavolo nel quale si trovava il corpo senza vita; con un’occhiata individuò Saisyll che sembrava addolorata, teneva gli occhi bassi ed aveva un’espressione contratta sul proprio viso, dolore che sembrava esistere anche sul volto della figlia.

A differenza della Regina Nynniew però, la lady teneva le mani giunte in vita; quando alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di Dantos però fece un sorriso, visibilmente soddisfatta e appagata per quello che era riuscita a fare, al cavaliere si rivoltò lo stomaco.

Tornò a guardare il proprio protetto avendo desiderio di dirgli tutto, di dirgli che era un traditore e che era stato incaricato di ucciderlo, che era Saisyll Lucarhis la mandante e che altre persone in giro nel castello lo volevano morto, che suo padre era stato avvelenato e che avrebbe voluto aiutarlo a ripulire il castello di tutti i serpenti velenosi e viscidi che lo abitavano.

Ma non ne aveva il coraggio, in ventitré anni di vita non gli era mai mancato il coraggio di dire le cose alle altre persone, forse visto com’era stato cresciuto. Ma dire una cosa del genere a Drustan era troppo doloroso, come avrebbe reagito il sovrano all’idea che Dantos, il suo più fidato amico e confidente, aveva ricevuto il compito di ucciderlo. Ma soprattutto c’era un altro dubbio che assillava la mente del mercenario notte e giorno.

“Perché mi sto facendo problemi nell’ucciderlo? Perché mi sono affezionato a lui? No, non lo conosco neanche.” Pensava tra sé e sé negandosi la verità, in qualche modo Dantos si era legato a Drustan come se fosse un fratello minore. E questo lo rendeva pericoloso non solo per la vita del Re ma anche per la sua stessa.

« Facciamo un ultimo minuto di silenzio per onorare la memoria di quest’uomo straordinario, padre memorabile e buono, amico giusto e fidato. Chiunque avesse avuto l’opportunità di conoscerlo in vita farà tesoro dei suoi ricordi. » disse infine il Sommo Sacerdote arrivando quasi ad ultimare la messa, al suo fianco si mosse Sir Jorge il Santo, il cavaliere-prete di Casa Arni, per l’occasione aveva lasciato la sua armatura indossando una tonaca scura come quella del sacerdote e teneva i capelli lunghi e argentei legati in una coda.

Dantos si chiede se anche lui, in qualche modo, fosse complice della cugina Saisyll e stesse cercando di far inabissare il trono di Drustan. Ma dallo sguardo che aveva, sembrava fin troppo addolorato per la perdita del sovrano. Sembrava sincero.

« Vostra Maestà se vorreste dire qualche parola per vostro padre, adesso potete farlo. Potete omaggiare con i vostri ricordi la sua memoria affinché anche noi li potremmo sentire come nostri. » disse il Sommo Sacerdote quasi al termine della messa, Dantos non aveva mai assistito ad un funerale tanto da vicino, l’unica volta che si era avvicinato alla grande chiesa della capitale era per spiare una delle regolari funzioni che si tenevano ogni cinque giorni.

Dantos abbassò gli occhi sul proprio Re che si alzò dal proprio trono mantenendo uno sguardo freddo e distaccato, espressione che aveva indossato per tutto il giorno. « Non ho nulla di dire in merito. » disse infine con sorpresa di tutti gli invitati all’interno del tempio. « I ricordi che ho con mio padre sono miei, non intendo condividerli con nessuno che non sia io. »

A quelle parole il Sommo Sacerdote si voltò con disappunto e un’espressione di offesa, incrociando le mani pregando agli dei il perdono di tanta freddezza del sovrano. Intervenne quindi Dantos mettendo la mano sull’elsa della spada. « Il vostro Re ha espresso la propria opinione, se siete contrariato allora state sfidando la sua Autorità. Questa è un’offesa che non sarà lasciata impunita. »

Ci fu un breve momento di trambusto dove i cavalieri dell’Inquisizione non seppero da che parte schierarsi, ma ovviamente loro erano membri della chiesa e il loro compito era comporre l’esercito dei fedeli. Non ci fu necessità di un bagno di sangue, lo scontro venne evitato e la messa giunse in conclusione.

« Voglio restare solo con mio padre per qualche minuto. » disse Drustan quando la moglie gli si avvicinò, tutti gli invitati al funerale stavano già uscendo dal grande tempio e persino Lady Saisyll era scomparsa a messa conclusa. Nynniew sembrava molto interessata al dolore dello sposo quasi fino a condividerlo, ma vedendo il rifiuto di lui capì che doveva tornare al castello da sola.

Ci volle quasi un’ora affinché tutti i presenti lasciassero il grande tempio chiudendo le porte alle loro spalle e lasciando la sala nel profumo di incenso e nell’ombra dei mosaici scuriti dai teli neri che vi erano stati applicati sopra. La sala sarebbe comunque rimasta nell’oscurità vista la giornata di pioggia che c’era.

« Volete che me ne vada anch’io, mio Re? » chiese Dantos gentilmente, ma Drustan scosse il viso e il cavaliere restò al fianco del proprio protetto che si era ormai avvicinato al tavolo del braciere, su quel tavolo Donchad sarebbe stato cremato e le sue ceneri sarebbero state riposte nella cripta sotto la chiesa.

Dantos non sapeva che reazione aspettarsi da quel momento tra figlio e padre morto, restava distaccato di alcuni passi, abbastanza vicino da poter sentire il respiro pesante del sovrano.

Drustan si avvicinò fino a poggiare le mani al freddo tavolo, poi si lasciò andare cadendo sulle proprie ginocchia e scoppiando a piangere, gemendo di dolore e con voce straziata, invocando il padre che non poteva più sentirlo. « Non è giusto! Padre ti prego torna da me! » continuava a ripetere in preda al dolore, Dantos rimase immobile mentre il sovrano sfogava tutto quello che si era trattenuto. Non c’era nulla che poteva fare per aiutarlo.

« Perché? Lo avete fatto? Perché me lo avete strappato via così presto!? Infami Dei! Non meritate le mie preghiere, non meritate questo tempio, non meritate nulla di mio! » continuò Drustan scoppiando ad urlare di dolore sempre con più forza e foga, fu l’ora più lunga della vita di Dantos che rimase in silenzio ascoltando il proprio Re disperarsi per la perdita subita.

Nell’attimo in cui sembrava finalmente aver smesso, Dantos avanzò poggiando una mano sulla spalla del sovrano. « Mio Re, dovete farvi forza, ci sono cose importanti di cui discutere… » disse Dantos quasi sul punto di rivelare tutto quello che gli era passato per la testa in quei giorni.

Tuttavia non poté, Drustan si alzò di scatto ergendosi in piedi, il volto distrutto dal dolore e rigato dalle lacrime, rosso come il fuoco per lo sforzo del pianto; i suoi occhi verde palude si riempirono di uno strano chiarore grigio mentre la Corona Splendente cominciò a brillare di una luce talmente tanto intensa da dissipare l’oscurità nella grande sala della chiesa.

« Questo tempio è stato costruito dai miei avi per onorare gli Dei Titani, fu la prima costruzione della città antica di eoni! Ma i Titani non hanno mai aiutato la mia famiglia costringendoci a soffrire la malattia dell’incesto e riducendoci infine alla distruzione dell’intera casata per punirmi adesso con la morte di mio padre! » cominciò ad urlare Drustan in breve alla rabbia, i suoi occhi brillarono sempre di più e con essi anche la Corona che sembrava essere in fermento.

« Mio Re, che diavolo...? » Dantos fu costretto ad allontanarsi vista l’accecante luce che sembrava fuoriuscire dalla Corona Splendente, non aveva mai visto una luce simile, se avesse potuto fare un paragone, era come guardare il sole.

« Distruggerò questo tempio, ridurrò in cenere ogni altra chiesa nella città e punirò gli dei per avermi strappato via mio padre! Nessuno prete, nessun uomo di chiesa, nessun cavaliere dell’Inquisizione verrà risparmiato dinnanzi al potere distruttivo della Corona Splendente! » continuò ad urlare Drustan, l’eco della sua voce però si perdeva nell’immensa sala, ogni candela perse la sua fiamma e la luce che emanava venne come risucchiata all’interno della Corona, i vetri tremarono così come il pavimento e Dantos quasi faticò a resistere.

La luce non solo era accecante, ma era come se in qualche modo avesse consistenza e non gli permettesse di avanzare. « Drustan basta così! Finirai per distruggere tutto! » gli urlò Dantos senza preoccuparsi delle buone maniere e di chiamarlo sovrano. « Moriranno un sacco di innocenti, non sono i Sommi Sacerdoti ad aver ucciso tuo padre, né distruggere le chiese potrà riportarlo indietro da te quindi smettila con questa cazzata! »

La luce sembrò non smettere di brillare per alcuni istanti, poi così com’era venuta cominciò a spegnersi lentamente, le ombre tornarono a riempire gli angoli lontani della chiesa ora che le candele erano state spente, la luce lasciò spazio all’oscurità rientrando all’interno della Corona che era ancora in fermento.

Dantos osservò i tratti opaci del diamante di cui era composta diventare quasi immobili nonostante prima infuriassero. Infine si spense del tutto lasciando Drustan con l’espressione confusa su quanto fosse successo. Dantos davanti a lui aveva ancora le braccia davanti al viso a ripararsi dalla forte luce, ma quando tutto terminò si avvicinò correndo al proprio Re che cadde nuovamente.

Stavolta però Dantos riuscì a prendere il sovrano prima che cadesse sulle ginocchia stringendolo al petto. « Che cosa è successo? » chiese Drustan non ricordando nulla di quei precedenti due minuti in cui aveva quasi rischiato di distruggere la chiesa.

« Non è successo nulla, è stato solo un incubo! Non ti preoccupare, ci sono io adesso. » gli disse il cavaliere parlandogli all’orecchio senza sciogliere l’abbraccio sul sovrano. « Andrà tutto bene, stai tranquillo. » ripeté Dantos, nonostante la mente gli dicesse che nulla sarebbe andare meglio, anzi, sarebbe peggiorato.

Il cavaliere condusse il Re nuovamente al castello, si chiusero entrambi nella cabina della carrozza e viaggiarono alla volta del castello, senza ulteriore indugio Dantos portò Drustan nella sua camera facendogli evitare i corridoi principali e passando per i secondari arrivando quindi nella torre e infine nella stanza.

Il Re però sembrava ancora essere scioccato per quanto successo, probabilmente era riuscito a ricordare cosa aveva fatto nella chiesa, Dantos glielo leggeva nello sguardo ma non gli importava, non ne avrebbero parlato e tutto sarebbe stato dimenticato. La sua unica preoccupazione era far riposare il sovrano adesso.

«Non guardarmi male ma sono costretto a farlo… » disse Dantos sfilando l’anello nero dal dito di Drustan e poggiando le proprie mani sulla Corona Splendente per metterla via, la poggiò in un tavolino poco distante da loro e sbottonò la cappa dalla veste.

« Che stai facendo? » chiese Drustan con poca convinzione, erano le prime parole che emetteva da quando avevano lasciato la grande chiesa. Dantos parve non essere interessato al volergli rispondere ma si costrinse a farlo.

« Hai bisogno di riposare quindi devo toglierti i vestiti a meno che non voglia risparmiarmi l’idea di dover spogliare un uomo. » gli rispose Dantos con leggero sarcasmo fermando le proprie mani, erano poche le cose che mettevano a disagio Dantos e dover spogliare un uomo dei suoi vestiti era tra queste, aveva appena notato. Fortunatamente per lui, Drustan si svegliò dalla catarsi.

« Mi dispiace per quello che ho detto nella chiesa. » disse il giovane Re togliendosi la pesante giacca e restando con una camicia di lino leggera che aderiva al corpo magro.

« Non so di cosa stai parlando, mio Re. » disse Dantos facendosi indietro e cercando di osservare altro, i suoi occhi vennero catturati dalla vista della Corona Splendente, ne aveva una fottuta paura!

« Sai benissimo quello di cui parlo! Ho quasi rischiato di usare la Corona e i suoi poteri, ho i ricordi poco lucidi ma so bene quello che è successo e ricordo ancora le tue parole. » stavolta Dantos non ebbe la possibilità di ribattere dovendo quindi annuire alle parole del sovrano. « Ti ho mentito, mesi fa. » disse ancora.

« Riguardo cosa, mio Re? » chiese Dantos.

« Lo spirito della Corona esiste. Mi parla sempre, mi dice cosa dovrei fare. Mi dice delle cose e spesso non riesco a controllarlo. È come una forza mistica e intensa, è sempre con me quando indosso la Corona e non se ne va mai! » disse Drustan rispondendo alla domanda appena fattagli, Dantos distolse lo sguardo dalla corona osservando il giovane che sembrava imbarazzato.

« Cosa ti dice? » chiese piuttosto preoccupato, la sua reale domanda in realtà era un'altra e venne intesa dal sovrano che ricambiò lo sguardo grave della propria guardia.

« Mi ha detto di distruggere i miei nemici. Mi ha detto che sono circondato da persone che vogliono morta la mia famiglia. So che è vero e so che mio padre non è morto per la febbre ma che qualcuno qui al castello lo ha avvelenato. » disse Drustan chinando lo sguardo. « Sono ancora giovane ma non sono stupido. » disse infine.

A Dantos sembrò di cadere dalle nuvole, non solo per la rivelazione di uno spettro omicida e distruttivo all’interno della Corona Splendente, oggetto che ogni Re e ogni Grimalder aveva dovuto indossare e accogliere. Drustan sapeva bene che qualcuno, anzi, molti cospiravano alle sue spalle, sapeva anche del suo compito? Non credeva agli Dei Titani, ma li pregò affinché così non fosse perché ne aveva paura.

« Ti ha detto chi sono questi tipi? »

Ma Drustan scosse il viso negativamente. « No, lo spirito è stato vago, non conosce le cose. Però riesce a sentirle. E io ho cercato di ignorarlo, ma il più delle volte non ci riesco e prende il sopravvento sulla mia testa e mi fa fare le cose come vuole… » disse ancora, non c’era nulla però che Dantos potesse fare, nulla che non contemplasse la distruzione di uno degli oggetti divini, e chiunque fosse abbastanza intelligente sapeva che non potevano essere distrutti in alcuni modo se non dagli strumenti stessi usati per forgiarli.

Oggetti che ovviamente erano stati perduti eoni orsono.

« Non posso proteggerti da uno spirito nella tua testa. Posso uccidere chiunque cercherà di farti del male, posso bere il tuo vino e assaggiare il tuo cibo prima che lo faccia tu, ma non posso aiutarti contro uno spirito, lo sai questo? » gli chiese Dantos.

Drustan ovviamente annuì capendo quello che gli era appena stato detto. « Hai sospetti su chi possa cercare di farti del male? Posso indagare senza farmi scoprire. » disse il giovane uomo rivelandosi a metà, un semplice cavaliere non avrebbe mai avanzato una richiesta del genere, ma Drustan non ci fece caso.

« Gli unici che mi vengono in mente sono i Lucarhis al momento. » rispose quindi il ragazzo, il cavaliere capì che probabilmente anche il Re aveva capito chela famiglia della propria moglie aveva ambiziosi molto grandi. In effetti ne avevano già scusso quando parlavano di chi Drustan si fidava di più tra Nynniew e lui.

« Indagherò senza farmi scoprire. Non ti lascerò mai solo così non correrai rischi. » disse ancora il cavaliere, gettò un rapido sguardo alla Corona Splendente che aveva posato nel tavolino là vicino. « Immagino tu che non possa evitare di indossarla, vero mio Re? » chiese Dantos tornando a parlare al giovane con totale distacco professionale, anche Drustan lo notò e non parve essere contento della cosa ma rimase in silenzio al riguardo.

« No, non posso farlo. Cercherò di concentrarmi per ignorare la voce dello spirito. » disse, ma Dantos sapeva bene quando valeva un giuramento o una promessa di questi tempi. E non era sicuro che il ragazzo potesse fermare una forza tanto potente, di una cosa però era più che sicuro: finché lui stava col Re quello non correva altri pericoli visto che sarebbe stato lui la causa della sua morte.

Poco più tardi il sole tramontò del tutto sopra Altura Silente dissipando lo strato di nuvole autunnali, il cielo tornò sereno ma le strade erano impregnate di fango e riempite di pioggia visto che per tutto il giorno non c’era stato un freno. Dantos non avrebbe potuto lasciare il proprio Re se non in brevi momenti, durante la cena il cavaliere ebbe modo di andare alla torre di guardia per mangiare.

Tuttavia aveva lo stomaco chiuso e quel breve pezzo di pane che si mise tra le mani non osò neanche intingerlo nella brodaglia. Lo mangiò al volo uscendo nuovamente dalla torre di guardia camminando per il corridoio che si affacciava sulla baia muovendosi verso le prigioni con un obiettivo in mente.

Ancora una volta Dantos aveva il desiderio di parlare con Sir Wellen che stava ancora rinchiuso nella prigione, ovviamente aveva dovuto fare rapporto al Re quando gli era stato chiesto; aveva mentito in parte: aveva rivelato che qualcuno gli aveva detto che strani e loschi tipi si muovevano nel castello per fare del male ai Grimalder, non si era espresso di più.

Da allora Drustan aveva cominciato a sospettare fortemente della presenza dei nemici nella corte e i Lucarhis erano i bersagliati. Dantos aveva pensato che il Re aveva un intuito brillante e che capiva bene quello che succedeva intorno a lui, ma la giovane età e la mancanza di contatti col mondo reale gli impedivano di arrivare alla risoluzione e ovviamente, mancavano le prove delle accuse.

Dantos aveva le prove, il suo contratto era stato firmato da Garseo e dallo Spettro Folle, ma ci sarebbe voluto poco per risalire alla vera identità della figura misteriosa che a quanto sembrava era qualcuno di molto vicino a Lady Saisyll.

“Non può essere che Ollyson Gatling!” pensò Dantos mentre stringeva la torcia con la fiamma blu che ardeva. Arrivò davanti la prigione del cavaliere che era stato privato di tutto eccetto una logora veste sporca e puzzolente. Il fatto che il catino fosse vicino a lui non rendeva l’aria migliore da respirare.

« Sei venuto per la mia esecuzione? Ti ho già detto tutto quello che so, ho confessato ma nessuno mi ha ancora liberato. Avevi promesso! » disse il cavaliere accusando l’altro attraverso le sbarre, Dantos non volle entrare, non per la puzza visto che c’era abituato, ma perché non sapeva esattamente come comportarsi.

« Ho bisogno del tuo aiuto. In caso le cose si mettano male e io non riesca più ad assecondare il mio dovere verso il Re. » cominciò Dantos sviando il discorso, Wellen inclinò il viso poggiandolo sulle sbarre di metallo della porta insieme alle sue mani. « C’è un modo per fuggire dal castello? Intendo dire, una fuga rapida e veloce. Restando nascosti ed evitando di morire! »

Ovviamente il cavaliere non seppe esattamente cosa rispondere. « Una fuga per il Re intendi? E lasciare il castello in mano a quella lurida puttana di Saisyll e alla sua stupida figlia? » chiese Wellen piuttosto contrariato e con l’orrore segnato sul volto, Dantos annuì solennemente. « Il Re non può scappare! »

« Ho motivo di credere che ci siano cavalieri corrotti all’interno della guardia cittadina. Il castello è pieno di traditori, sono bravo, sono letale e veloce ma se mi attacca tutta la guarnigione del castello non ho speranza di vivere e il mio principale interesse è quello di far sopravvivere il Re, anche facendolo fuggire. » fece una pausa nel quale il cavaliere dall’altro lato delle sbarre rifletté sulla questione. « Lasciare il castello nelle mani dei Lucarhis facendo fuggire il Re o facendolo morire. Se le cose si mettessero male è così che finiranno le cose. Da parte mia posso dire che lo proteggerò e cercherò di smascherare Lady Saisyll. »

« Sai bene che quello che ti ho detto è vero. Il Re si fida di te ciecamente, lo sanno tutti. Non hai bisogno di prove perché le hai tutte davanti gli occhi, devi solo presentarle al Re e riusciremo a scacciare quella puttana! » disse ancora Sir Wellen visibilmente arrabbiato e scosso dalla titubanza di Dantos.

« Fidati della mia parola, so quello che faccio. Ma se non dovessi farcela ho bisogno di sapere che Drustan potrà fuggire attraverso una via pronta per lui. » insisté ancora, a quel punto Wellen si lasciò piegare davanti alla sicurezza nella voce di Dantos sospirando pesantemente e annuendo appena.

« Ci sono poche vie che conducono all’esterno: il portone principale che percorre la Via degli Alberi, il cortile principale. La Porta del Serpente dove si trova il cortile della guardia cittadina; il grande molo che conduce alla Baia del Naufragio ma ti servirebbe una barca sempre a disposizione. » gli occhi del cavaliere erano pieni di dubbio e non restava altro che indicare l’ultimo passaggio segreto del castello. « C’è solo un altro passaggio di cui quasi nessuno conosce l’esistenza, è un condotto molto antico creato da Lucian il Conquistatore; si trova dietro la sala del trono, sotto la vetrata. È una porta segreta nel muro e per aprirla bisogna girare le tue torce ai lati. Ti condurrà all’esterno delle mura, da lì potrai raggiungere un posto nascosto in città per qualche ora. » disse il cavaliere rivelando quanto sapeva, a Dantos bastava sapere di quel passaggio nella sala del trono. Era perfetto, un modo per fuggire in caso le cose si fossero messe male, avrebbe potuto noleggiare un cavallo all’ingresso della città e andarsene con il Re.

« Ti ringrazio, vedrò come posso farti scappare. Non lascerò che ti tengano qui rinchiuso, sei uno dei buoni. » disse Dantos congedandosi infine dal cavaliere imprigionato, fece pochi passi alla volta della porta d’ingresso delle prigioni quando un rumore non molto distante colpì la sua attenzione.

Si voltò verso destra in un angolo buio di una prigione dalla porta chiusa nonostante dentro di non ci fosse nessun prigioniero. Si avvicinò alle sbarre incuriosito vedendo poi una figura minuta sbucare dall’angolo e avvicinarsi in maniera circospetta.

« Chi sei? » chiese Dantos.

Il ragazzino si avvicinò sempre di più alla porta della prigione rivelandosi solo a metà, restando nascosto nelle ombre. Ma Dantos aveva già il sentore di conoscerlo, di averlo visto in giro per il castello almeno uno volta. « Io non ho nome. Il mio padrone lo Spettro Folle mi ha riferito che i suoi agenti hanno sentito che la neve attecchirà non prima della metà del prossimo mese. Entro trenta giorni esatti il tuo bersaglio dovrà essere processato. Non un giorno dopo. » disse il ragazzino voltandosi e tornando nell’angolo, Dantos scattò in avanti venendo però fermato dalle sbarre e aggrappandosi ad esse.

Cercò di illuminare la stanza facendo passare la torcia tra le sbarre me senza riuscirci, cercò di forzare la porta per entrare ma non ci riuscì. « Aspetta piccolo bastardo! Chi è il tuo padrone? » disse Dantos ad alta voce scuotendo la porta. Quella però non si mosse di un centimetro e la stanza parve essere nuovamente desolata.

Dovette sostenere il proprio peso con la porta per quanto si sentì pesante, c’era ancora molto tempo, ma stando agli ordini ricevuti dal ragazzino-ombra poteva agire anche subito. Dantos fu certo che era una prova e che non avrebbe mai potuto aspettare l’ultimo giorno, Lady Saisyll lo stava tenendo in pugno.

« Non so cosa fare… » disse nuovamente e ancora una volta credette che Rosa avrebbe avuto la risposta adatta a lui, aveva bisogno di parlarne con qualcuno e lei avrebbe saputo cosa consigliargli, non c’era nessuno che potesse aiutarlo però.

Dantos era nuovamente solo.

  
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