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Autore: Shainareth    13/11/2017    3 recensioni
Le voci spaventate degli altri arrivavano ovattate alle sue orecchie, come se al momento lei stessa si trovasse in un’altra dimensione. Il fatto era che, presa com’era dal reprimere le proprie emozioni, Marinette non si era resa conto di essere sull’orlo di esplodere. Cosa che era effettivamente avvenuta quando Adrien aveva ammesso di essere innamorato di qualcuno. Di Ladybug. Di lei, quindi. Ma Adrien non lo sapeva. Né sapeva che lei sapeva. Che gran casino.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fiducia'
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CAPITOLO OTTAVO




Si tuffò dall’alto del terrazzino della sua camera, lo yo-yo stretto fra le mani, e si involò sui tetti della città, pronta a risalire alla nuova vittima di Papillon. Ladybug non aveva idea di ciò che era accaduto, sebbene avesse il vago, giustificato sospetto che c’entrasse in qualche modo un maniaco dei capelli. Si domandò allora quale ragione avesse avuto per essere stato akumizzato, e mentre provava a vagliare una qualsivoglia ipotesi, scorse fra la folla impaurita la figura bionda di qualcuno che correva nel senso opposto. Senza perdere tempo, l’eroina planò nella sua direzione. «Adrien!» chiamò, spaventata che potesse accadergli qualcosa. Lui fece appena in tempo a voltarsi che Ladybug lo afferrò per la vita; ciò nonostante, il giovane non si fece cogliere impreparato e si tenne saldo a lei fino a che, dopo essere rimasti sospesi a mezz’aria per una manciata di secondi, non si fermarono sulla terrazza de Le Grand Paris, l’hotel della famiglia Bourgeois.
   «Tutto bene?» s’interessò subito di sapere la ragazza, mostrando una certa apprensione per la sua incolumità.
   «Sì, grazie», rispose Adrien, contento che lei fosse arrivata al momento opportuno. Aveva lasciato da poco Nino e si era già immesso sulla via di casa, quando sotto le prime gocce di pioggia aveva iniziato a notare qualcosa di strano fra la gente di Parigi. Si era perciò messo a correre verso il posto da cui sembravano fuggire tutti e, soprattutto, in cerca di un luogo sicuro in cui effettuare la trasformazione in Chat Noir.
   Ladybug sembrò tranquillizzarsi, ma non riusciva ad imporre al proprio cuore di smetterla di martellare in petto: davanti a sé aveva Adrien, colui che asseriva di amarla. Marinette lo sapeva e sapeva che teoricamente nulla era cambiato rispetto a quando si erano visti a scuola, quel giorno; eppure adesso lei indossava la maschera, quella che la faceva apparire una persona diversa agli occhi dell’amico. Prese fiato, imponendosi la calma. «Resta qui.»
   Lui aggrottò la fronte. «Come?»
   «Non muoverti, potrebbe essere pericoloso.»
   «Credi che non lo sappia?»
   «A maggior ragione», continuò allora Ladybug, iniziando di nuovo a roteare lo yo-yo in aria e avvicinandosi al bordo del terrazzo. «Cerca riparo all’interno dell’albergo, sarai al sicuro.»
   Adrien temette di essersi perso qualche passaggio. «Vengo con te, ti aiuto.»
   «Non è un gioco», ribatté l’altra, non capendo il perché di quell’atteggiamento incosciente. Cosa voleva fare? Dimostrarle il proprio coraggio con la speranza che lei ricambiasse il suo amore? Quello già lo faceva, tuttavia non aveva alcuna intenzione di farglielo sapere. «Ci penseremo io e Chat Noir a sistemare le cose.»
   Fu sul punto di lanciare lo yo-yo a mo’ di rampino, ma Adrien le bloccò il braccio, costringendola a voltarsi di nuovo nella sua direzione. «Mi prendi in giro?» Ci fu un lungo, silenzioso, confuso scambio di sguardi. «Marinette, sono io!»
   Ladybug sussultò, finendo con il lasciare la presa sulla propria arma, che le piombò dritta in testa, facendole scappare un verso di dolore. «M-Marinette?» farfugliò, cercando di ridere dell’errore del giovane. «Adrien, ti sbagli… Io sono Lad…»
   Le parole le morirono in bocca quando lui aprì la cerniera della borsa che portava a tracolla, lasciandovi uscire un piccolo esserino nero dalle orecchie a punta. «Sai, Adrien», iniziò Plagg, fissando però lei con una certa perplessità, «quanto a cervello siete fatti l’uno per l’altra.»
   Ladybug si lasciò scivolare lo yo-yo dalle dita, la mascella spalancata, gli occhi sbarrati. Era del tutto incapace di dire o fare alcunché, tanto che Adrien sospirò sconsolato. «Diamine, di che cavolo abbiamo parlato, allora, stamattina?!»
   «StaStamattina…?» balbettò lei, non sapendo esattamente se continuare a guardare lui o l’esserino che fluttuava sotto al loro naso. Di colpo si sentì schiacciata sotto al peso della consapevolezza che l’apparizione di Plagg aveva portato con sé: quello era il kwami del Gatto Nero. Adrien portava al dito un anello che – lo notava solo adesso – ricordava molto nella forma il miraculous di Chat Noir. Adrien era Chat Noir. Chat Noir amava Ladybug. Adrien amava Ladybug. Chat Noir aveva scoperto che Ladybug era Marinette. Adrien aveva scoperto che Ladybug era Marinette. Chat Noir amava Marinette. Adrien amava Marinette. Ed era convinto che lei non ricambiasse i suoi sentimenti.
   Proprio come qualche giorno prima, la ragazza ebbe un capogiro e dovette lottare con se stessa per non cascare a terra come un peso morto. Il giovane la sostenne. «Credevo che avessi capito…» borbottò, non sapendo bene se sentirsi mortificato o piuttosto offeso.
   Fu allora che, con un moto d’orgoglio, pur arrossendo fino alla punta delle orecchie perché resasi finalmente conto di come stavano le cose, Ladybug fece valere il proprio punto di vista. «Che pensi modo dovuto avrei in capirlo?!»
   «Cosa vinco se ricompongo la frase correttamente?» scherzò il giovane, pur senza allegria, cercando di smorzare la tensione che si era venuta a creare.
   «Adrien!» esclamò lei, esasperata, non avendo alcuna voglia di giocare. «Perché non me lo hai detto prima?!»
   «Credevo di averlo fatto!» si difese lui, del tutto in buona fede. «Stamattina, quando mi sono scusato per quello che ho detto ieri…»
   La ragazza ripassò in rassegna la giornata incriminata e finalmente comprese. «Ero convinta che ti riferissi alla faccenda col preside, non a… a…» Andò nel pallone quando fu investita di nuovo dal ricordo della dichiarazione di Chat Noir. Incapace di reggere ancora allo sguardo dell’amato, nascose il viso fra le mani, il cuore che le esplodeva per le mille, spietate emozioni che continuavano ad assalirla. «Oddio… Oddio… Oddio…»
   «È andata in tilt», osservò Plagg con uno sbuffo seccato. «Siete uguali anche a teatralità.»
   «Marinette…» la chiamò dolcemente Adrien, cominciando a preoccuparsi per lei. Indugiò un attimo, ma poi si fece coraggio e la circondò con le braccia per stringerla al petto. La sentì irrigidirsi all’istante, tuttavia rimase fermo dov’era. «Marinette, adesso calmati…» le sussurrò, affondando la bocca fra i suoi capelli scuri. «Ne riparliamo dopo, d’accordo? Ora Parigi conta su di noi, come sempre.»
   Aveva ragione lui, si rese conto la ragazza, riempiendosi i polmoni d’aria per farsi forza. «Sì… Sì…» Si passò le mani sugli occhi, scacciando via le lacrime che le inumidivano appena le ciglia, e quando lui allentò l’abbraccio si scambiarono un ultimo, rapido sguardo. «Sto bene.» Non era vero. «Sono pronta.» Che bugiarda.
   Adrien non le credette, ma, con buona pace di tutti, preferì fingere di farlo.

«Eccoli lì!» esclamò Alya, il naso puntato in aria e il cellulare fra le mani, nonostante la pioggia le bagnasse gli occhiali e il display. Vide Ladybug e Chat Noir sorvolare la strada in cui si trovavano e subito afferrò Nino per un braccio. «Dobbiamo seguirli!»
   «Alya, potrebbe essere pericoloso!» si lamentò il giovane, non del tutto felice che la sua innamorata avesse l’indole della reporter di guerra. Si erano incrociati pochi minuti prima, l’uno che correva in cerca di un riparo dal maltempo, l’altra che sperava di immortalare in video le mirabili imprese dei due eroi parigini.
   «Oh, tranquillo. Ci penseranno loro a salvare la situazione e a tirarci fuori dai guai.»
   «E non pensi che sarebbe meglio non distrarli dal loro vero obiettivo?»
   Alya fece per ribattere, seccata da tanta indolenza, quando un grido disperato attirò la loro attenzione. Prima ancora che potessero rendersi conto di ciò che stava accadendo, qualcuno saltò al collo della ragazza in cerca di aiuto. «Quella maledetta me la pagherà cara!»
   Nino si aggiustò le lenti sul naso, stentando a credere a ciò che stava vedendo: un’adolescente esagitata che sembrava portare sulla testa una grossa, voluminosa parrucca fatta di dreads fucsia con mèches verdi pisello. «Chloé, sei tu?»
   «Non dite a nessuno che mi avete vista in queste condizioni!» strepitò lei, fissandolo con occhi spiritati.
   «Non preoccuparti», intervenne Alya, mantenendo la solita, invidiabile calma e invertendo la videocamera del cellulare per immortalare la scena. «Ma se ti azzardi a spifferare a qualcuno ciò che ci siamo detti durante la riunione di classe, l’altro giorno, potrei sempre cambiare idea.»
   «Questo è un ricatto bello e buono!» protestò Chloé, lasciandola andare e allungando il braccio per rubarle il telefonino.
   «Se è per questo, lo è anche il tuo», le ricordò l’altra, riuscendo ad evitare che lei glielo portasse via.
   Nino si lasciò scappare un’esclamazione impaurita e le due si volsero nel punto da lui indicato, dove la bizzarra figura di una donna dai lunghi e fluenti capelli in movimento ed un grosso asciugacapelli stretto in pugno li fissava con un sorriso assai poco rassicurante stampato in volto. «Non ho ancora finito con te, Chloé Bourgeois!»
   «Ce l’ha con te?» domandò retoricamente Alya, assottigliando le labbra con stizza. «Ma che sorpresa!»
   «Invece di perdere tempo a fare del sarcasmo», rimbeccò l’accusata, indietreggiando spaventata, «corri!»
   «Io non me lo faccio certo ripetere!» affermò Nino, fuggendo via insieme a loro.
   Charline esibì un sorriso divertito. «Non ti servirà a niente scappare.»

Appostato sulla cima della Tour Eiffel, Chat Noir si guardava attorno, inutilmente. Era ormai da un po’ che lui e Ladybug giravano a vuoto, alla ricerca della vittima di Papillon. Aveva forse il potere del teletrasporto? Della mimetizzazione? Oppure volava? In quest’ultimo caso, non avrebbe dovuto essere facile localizzarla? E allora perché diavolo sembrava sparita nel nulla?
   Il giovane occhieggiò in direzione della collega, che non solo non aveva quasi spiccicato parola, per di più sembrava essere completamente assente. Chat Noir sospirò. «Capisco che tu abbia bisogno di metabolizzare la cosa, però ti assicuro che non è cambiato niente rispetto a stamattina, ieri o dieci giorni fa.»
   «Questo non è vero», obiettò Ladybug con voce tesa. Come poteva, Adrien, dire che tutto era rimasto immutato? E non era solo a causa dei sensi di colpa che continuavano a tormentarla, ma anche e soprattutto perché era l’immagine stessa dell’amato, sempre così infallibile e perfetto, ad essersi quasi capovolta. Chat Noir condivideva sicuramente lo stesso coraggio e lo stesso buon cuore, ma non v’era alcun dubbio che per il resto i due fossero molto diversi. Qual era la maschera? Qual era il vero Adrien?
   Il giovane perse la pazienza e le balzò davanti, pronto a fronteggiarla una volta per tutte. «Qual è il problema? È per via di quello che è successo ieri sera?»
   Pur arrossendo, la ragazza scosse il capo. «No. Cioè, in parte… ma non…» S’interruppe, non sapendo come comunicargli appieno il proprio stato d’animo. «Siete troppo diversi», le uscì di bocca infine, inducendo Chat Noir a prendere finalmente coscienza del vero nocciolo della questione.
   «Ti sbagli», cominciò allora, cercando di mantenere un tono di voce pacato nonostante il rimescolio allo stomaco. «Chat Noir è sempre stato parte di Adrien. Io sono entrambi.» Ladybug lo fissò da sotto in su, timorosa di quella verità che le faceva tremare il cuore. «Sono cresciuto in un ambiente rigido e ligio alle regole, inquadrato in un mondo in cui non è permesso alcuno sbaglio», prese a spiegare lui, mettendo a nudo la propria anima. «Ma quando indosso questa maschera, nessuno mi giudica perché nessuno sa chi sono. Per questo mi concedo la libertà di essere realmente me stesso, di fare ciò che voglio, di andare dove voglio, di… provare ciò che voglio», affermò in un sussurro quasi disperato. «Quando ti ho vista a scuola, la prima volta, mi sono detto che avevi davvero un bel caratterino, che eri una che si faceva valere, nonostante la timidezza che sembravi provare in certe occasioni. Quando diventi Ladybug, non sei soltanto l’eroina della nostra città, ma sei anche quella Marinette, quella che non si fa sottomettere dalle proprie paure, dalle proprie insicurezze. Forse non te ne sei ancora resa conto, ma dentro di te c’è una forza immensa. Non hai paura di metterti in gioco né nella guerra contro Papillon, né nella vita di tutti i giorni. Ed io… non ho potuto fare a meno di innamorarmi di questo tuo lato indomito, leale e inarrestabile. Puoi arrivare dove vuoi, Marinette. Devi solo crederci.»
   Lei rimase senza fiato. Anche se a pronunciarlo era stato Chat Noir, quello era un discorso che avrebbe benissimo potuto fare Adrien. Ma c’era di più: per l’ennesima volta il giovane le aveva aperto il suo cuore, deciso a non avere più alcun segreto con lei. Di colpo si vergognò di se stessa e della propria vigliaccheria: era così difficile guardare in faccia la realtà e ammettere che se da un lato amava i modi gentili di Adrien, dall’altro amava la passione di Chat Noir? Una cosa non escludeva l’altra, in fondo.
   «Inoltre, anche se sei abituata a vedermi con occhi diversi», stava continuando frattanto il ragazzo, cercando di persuaderla che la questione della maschera, reale o metaforica che fosse, non era poi così grave, «ti assicuro che sono sempre Adrien, anche quando mi rispondi a tono se dico qualcosa che ti infastidisce o se mi spruzzi l’acqua negli occhi quando tento di baciarti.» Avrebbe cercato di farlo ancora? Marinette sperò di sì. «Quello che sto cercando di dirti è c…!»
   «Adrien?» lo interruppe, tappandogli la bocca con una mano e sorridendogli con lo sguardo. «Ho capito. Però… spiegami una cosa: perché quando siamo a scuola ti si sente fiatare appena, e invece quando siamo sui tetti di Parigi non riesci a smettere di parlare?»
   Dapprima lui rimase in silenzio, piacevolmente stupito dal fatto che lei si fosse infine decisa a chiamarlo con il suo vero nome, a dispetto della maschera che portava in volto. Poi iniziò a ridere contro il palmo della sua mano, che scostò dal viso e tenne stretta fra le dita con sincero affetto. «Il fatto è, my lady», riprese con quel tono di voce che prometteva una delle sue battute di spirito, «che non so ancora bene come comportarmi in mezzo agli altri. Te l’ho detto, sono cresciuto in cattività, ma dentro di me sono un autentico randagio.»
   «Quindi hai bisogno di qualcuno che ti addomestichi», concluse Ladybug, annuendo con comprensione.
   «Prrrecisamente», asserì l’altro, non lasciandosi scappare l’occasione di giocare ancora. «E credo che lascerò a te quest’onore», concluse con un baciamano.
   La ragazza alzò gli occhi al cielo, ma non si ritrasse, a testimonianza di come le cose fossero realmente cambiate, fra loro. «D’accordo, allora», gli concesse con un sospiro affettato, benché il suo cuore avesse ricominciato a palpitare d’amore. «Vorrà dire che, se farai il bravo, potrei anche decidere di comprarti un collare.»
   «Senza antipulci, per favore.»

«Stupida plebea! Ti ricordo che tua madre lavora per mio padre!»
   «Mezza Parigi lavora per il sindaco, e allora? Che vuoi fare? Minacciare tutti di licenziamento solo perché ti ho immortalata in un video con quell’orrenda acconciatura? Ringrazia piuttosto che non stia facendo una diretta.»
   Chloé esplose in un grido di rabbia che attirò l’attenzione per diversi isolati. Fu così che li trovarono, nascosti dietro ad un’auto in sosta in prossimità di un vicolo: due intente a litigare, il terzo che si guardava intorno con giustificato timore. «Ma come siamo carine.» Udendo quelle allegre parole, tutti e tre alzarono lo sguardo e videro con gioia e sollievo Chat Noir che, accovacciato sulla cima di un lampione vicino, li scrutava divertito insieme a Ladybug, seduta comodamente sulla sua gamba destra, il braccio attorno alle sue spalle. Alya non perse tempo e rivolse subito verso di loro l’obiettivo del proprio cellulare.
   «Ma quanto dura la batteria di quel telefono?» domandò sconfortata l’eroina, portandosi una mano alla fronte.
   «Ladybug!» esclamò Chloé, saltellando sul posto all’apice della felicità. E quando l’altra mise i piedi al suolo, le si gettò letteralmente fra le braccia, rischiando di mandarla dritta a terra. «Oh, Ladybug! Meno male che sei arrivata!» continuò, ignara delle proteste di lei, che invece cercava di togliersela di dosso – senza troppo successo.
   «Puoi passarmi una copia del video, dopo?» s’interessò di sapere Chat Noir, ridendo sotto ai baffi per quella scenetta: Chloé non aveva la minima idea di star abbracciando la sua più acerrima rivale e Marinette stava facendo l’impossibile per non colpirla con un ceffone o anche solo insultarla fra i denti.
   Ci pensò Nino a riportare l’attenzione di tutti su questioni più importanti. «Chat Noir, c’è una pazza che se ne va in giro con un asciugacapelli tra le mani! Le basta puntarlo addosso alle persone per cambiare loro l’acconciatura!»
   L’eroe sollevò un sopracciglio manifestando una certa delusione. «Tutto qui?»
   «Come sarebbe tutto qui?!» berciò Chloé, parandosi davanti a lui con il busto piegato in avanti, un pugno stretto sul fianco e l’altra mano che puntava contro il petto del giovane con fare accusatorio. «Guarda in che stato disastroso sono i miei capelli!»
   «Non ti stanno poi così male…» provò a rabbonirla Chat Noir, finendo soltanto per farla strepitare più forte e costringerlo a tapparsi le orecchie, mentre la sua collega ne approfittava per avvicinarsi di soppiatto all’altra ragazza, le mani sul viso come volesse nascondere un forte imbarazzo.
   «Oh, Alya! Sapessi cos’è successo!» iniziò sottovoce, troppo presa dai suoi sentimenti d’amore per ricordarsi di essere sotto effetto della trasformazione. «Mi ha afferrata per la vita, mi ha stretta a sé e… e… Oh, non puoi capire! Poco fa, sulle sue ginocchia, credevo che sarei morta per la gioia!»
   Alya la fissò attraverso l’obiettivo con un sorriso sgargiante sulle labbra e chiese con estrema naturalezza: «Quindi è vera la voce che vuole te e Chat Noir amanti?»
   Fu allora che Ladybug tornò in sé, accorgendosi che la sua migliore amica non poteva riconoscerla dietro alla maschera e che, oltretutto, non poteva sapere che Chat Noir era nientemeno che Adrien. «Cos…?!» annaspò, agitando le braccia con fare goffo e insensato, rossa in volto come mai prima di allora. «No! Cioè… Perché sono così idiota?!» Si arrese, lasciandosi andare ad un sonoro, scoraggiato sospiro. «Se non posti sul blog quello che ho appena detto, giuro che ti concedo un’altra intervista.»
   «Affare fatto», accettò Alya, tutta soddisfatta. «Ma terrò una copia privata per me, se non ti spiace.»
   «Ah, ora che ci penso…» intervenne Nino, che aveva assistito alla scena con una certa perplessità. «Chi è il tipo che piace a Marinette?» domandò all’improvviso, senza logica apparente.
   La sua innamorata lo fissò stranita, mentre la diretta interessata sbiancò. «N-Non mi sembra il momento adatto per fare questo genere di discorsi!» esclamò Ladybug, temendo che le orecchie a punta di Chat Noir captassero qualcosa che non avrebbero dovuto.
   «Lo so, è solo che ho promesso ad Adrien che avrei indagato», spiegò il giovane, stringendosi nelle spalle a mo’ di giustificazione.
   Intuendo cosa si nascondesse dietro quella richiesta inaspettata, Alya esibì un sorriso felice e interessato, mentre l’eroina scoccava un’occhiataccia al proprio partner, che si irrigidì all’istante, e Chloé faceva una smorfia inorridita. «E a lui che importa?!» pretese di sapere, intuendo già il peggio.
   «Magari quel povero ragazzo ha solo bisogno di certezze», azzardò Chat Noir, sbirciando timidamente in direzione dell’amata che, rossa in volto, aveva inalberato un’espressione infastidita.
   «Beh, se davvero Adrien ha bisogno di sapere chi è il fortunato che è riuscito a conquistare il cuore di Marinette, non ha che da chiederglielo», disse Alya, continuando a riprendere ogni singola cosa che le accadeva intorno, compreso quel siparietto privato che, almeno in teoria, non avrebbe avuto ragione di essere immortalato in video – ma almeno avrebbe sicuramente reso felice Marinette, quando lei lo avrebbe visto.
   Facendosi un esame di coscienza, Chat Noir dovette riconoscere che il suggerimento di Alya non era poi tanto sbagliato, anzi. E la sua partner non poté mostrarsi più che d’accordo, intrecciando le braccia al petto e bisbigliando nella sua direzione: «Difatti, gli basterebbe chiedere, anziché sconvolgerla con dichiarazioni inaspettate e scappare via senza lasciarle il tempo di capire cosa sta succedendo.» Il giovane incassò il colpo e s’immusonì, del tutto incapace di ribattere.
   «Ok, ma nel frattempo non potresti dirlo a me?» insistette Nino, che ormai aveva preso a cuore l’intera faccenda. Voleva sinceramente bene ad Adrien e voleva vederlo felice, anche perché, come tutti, sospettava che fosse proprio lui l’interesse amoroso di Marinette.
   «Niente da fare», ribatté Alya, mostrandosi un’amica degna di fiducia. Ladybug la ringraziò fra sé dal profondo del cuore, ripromettendosi di regalarle un’intervista coi fiocchi.
   «Cosa sappiamo della nuova vittima di Papillon?» chiese agli altri, decidendo di accantonare la questione e ammiccando divertita ai capelli della propria rivale, che si era chiusa in un silenzio che lasciava intuire tutta la propria delusione circa la faccenda Adrien/Marinette.
   «Pare che la tipa ce l’abbia con Chloé», rispose Nino, attirandosi uno sguardo di fuoco da parte della ragazza, sempre più di pessimo umore.
   «Sta’ zitto, brutto quattrocchi!»
   Ladybug roteò le pupille verso l’alto. «Che novità…»
   «Beh, Chloé o non Chloé, ci tocca comunque fermarla», le fece notare Chat Noir, provando grande empatia per la collega. «Non che sia pericolosa più di tanto, ma… non mi va di ritrovarmi con una cresta punk fra le orecchie.»
   «Sarà la fine che farai, se non mi consegnerai il tuo miraculous, gattaccio!» Quell’avvertimento fu seguito da un boato enorme e alle loro spalle, fra un ammasso d’auto rovesciate, comparve Charline, minacciosa più che mai. Chloé si rifugiò immediatamente nel vicolo, mentre Nino afferrò Alya per la vita, cercando di trascinarla a viva forza via da lì, nonostante lei non sembrasse affatto spaventata e, anzi, continuasse a riprendere ogni cosa: ne sarebbe venuto fuori un video straordinario e pieno di scoop!
   Si dissuase a seguire gli altri solo quando un enorme, lungo fascio di capelli lilla appartenenti a Charline oscurò il cielo più di quanto non facesse già la pioggia, saettando poi in direzione di Chat Noir, che si pose in difesa dell’amata finendo con l’essere avviluppato per un braccio. Non si accorse di altre due ciocche che, strisciando silenziose come serpenti, lo avevano intanto raggiunto alle caviglie e gli fecero perdere l’equilibrio, sollevandolo a mezz’aria.
   «No!» urlò Ladybug, lanciando istintivamente lo yo-yo e riuscendo ad agguantare il proprio partner per un polso poco prima che lui venisse trascinato via.
   «Non mollare la presa!» la supplicò il giovane, stringendo i denti per la spiacevole, dolorosa sensazione di sentirsi vittima di una trappola medievale che mirava a squartarlo. Col cavolo che l’avrebbe fatto, pensò la ragazza, soffocando un’imprecazione per lo sforzo e calcando ulteriormente i piedi sull’asfalto, reso scivoloso dall’acqua piovana.
   «Non riuscirete a sfuggirmi!» continuava frattanto Charline, che aveva ricevuto istruzioni ben precise dal malvagio burattinaio che l’aveva ridotta in quelle condizioni. «Avrò i vostri miraculous, a costo di mutilarvi!»
   «Uhò!» scattò allora Chat Noir, comprensibilmente preoccupato. «Signore, so di essere irresistibile, ma non c’è bisogno di arrivare a tanto per avermi!»
   «Chiudi il becco e dammi una mano!» gli ruggì contro Ladybug, trovando come sempre le sue battute poco opportune.
   L’altro non se lo fece ripetere e subito si portò il braccio libero dietro la schiena per recuperare il bastone, che lanciò a mo’ di boomerang contro la sua aguzzina. Questa schivò solo all’ultimo, ma fu costretta ad allentare la presa sul giovane, che ne approfittò per liberarsi con gli artigli affilati prima di recuperare al volo la propria arma e atterrare sulle quattro zampe accanto alla collega. «Bleargh! Che schifo!» esclamò agitando la mano destra per togliersi dalle dita i lunghi capelli bagnati che vi erano rimasti impigliati.
   «Stai bene?!» gli domandò Ladybug, timorosa che potesse aver riportato delle ferite.
   «Ci vuole ben altro per mettermi fuori gioco», la tranquillizzò Chat Noir, le pupille verticali puntate sul nemico. Simili a tentacoli, dalla testa di Charline saettarono altre grosse ciocche, dritte nella loro direzione. I due scartarono di lato, evitando di essere imprigionati fra quelle disgustose spire, ma la donna li incalzò più e più volte, fino a che non riuscì a strappare il bastone dalle mani di Chat Noir.
   Ladybug la bloccò con il filo indistruttibile dello yo-yo, facendole così cambiare obiettivo prima che fosse tardi. Approfittando della presa che la ragazza aveva su di lei, Charline le indirizzò contro i propri capelli, ottenendo sia di essere di nuovo libera, sia di puntarle addosso il proprio asciugacapelli. «Adesso ci divertiamo», disse soddisfatta, azionandolo subito dopo.
   Anziché essere colpita dalla sua magia, la ragazza fu invece investita da un tornado scuro, che la gettò a terra fra mille schizzi d’acqua, facendole da scudo, e rotolò con lei per alcuni metri, fin dietro alle automobili che Charline aveva ammassato da una parte della strada. «Chat Noir!» gridò Ladybug sotto al suo peso, spaventata che gli fosse successo qualcosa di grave.
   «Sto bene», le assicurò lui, facendo perno sugli avambracci per sollevarsi di quel tanto che gli consentisse di guardarla in volto. Lei batté le palpebre più volte, sbalordita, ma poi fu costretta a mordersi il labbro inferiore, senza tuttavia riuscire ad evitare di scoppiare a ridergli in faccia. «Bel modo di ringraziare il tuo salvatore», protestò l’altro, risentito.
   «Scusa! Scusa!» si affrettò a dire la ragazza, portandosi le mani davanti alla bocca, pur continuando a sogghignare. «È solo che ti ha fatto una meravigliosa acconciatura afro.»
   «Afro
   Annuì, tornando seria. «Color arcobaleno. Con tante stelline argentate.»
   «Ah.»
   «Sei carino lo stesso, davvero.»
   «Lo credo bene, nulla può offuscare il mio fascino virile», ci tenne a sottolineare stoicamente Chat Noir, che, con un gesto lezioso, si passò una mano fra la chioma inguardabile.
   «Puoi dirlo forte…» sospirò Ladybug, fissandolo con aria sognante perché capace ormai di guardare al di là della maschera che lui portava in volto. Il giovane sgranò gli occhi, incredulo, e lei si rese conto della gaffe fatta. Tornò a tapparsi la bocca con entrambe le mani, mentre sulle labbra del suo collega andava a disegnarsi un ghigno trionfante. Rossa per l’imbarazzo, la ragazza gli piantò un palmo sulla faccia e lo allontanò con forza, proprio nell’attimo stesso in cui il loro momentaneo rifugio veniva fatto saltare per aria, obbligandoli a tornare alla realtà e a rimandare a dopo qualunque tipo di discussione.
   «Credo che sia arrivato il momento di ricorrere alla tua innata fortuna, my lady», suggerì Chat Noir, deciso a vendicarsi per l’affronto subito. «Ti copro io», affermò, iniziando a correre per non farsi prendere ed invocando a gran voce il proprio potere nefasto. «Cataclisma!» Con un agile balzo evitò di essere di nuovo avviluppato dalle spire dei capelli di Charline e affondò gli artigli nell’asfalto tutt’intorno a lei, creando un enorme cratere che le fece perdere l’equilibrio e la fece sprofondare.
   Fu a quel punto che Ladybug ne approfittò, lanciando il proprio yo-yo per aria. «Lucky Charm!» Un oggetto lungo e appuntito cadde pericolosamente dall’alto e la ragazza dovette scansarlo per non rischiare di essere trafitta da parte a parte, facendo sì che quello finisse per conficcarsi al suolo. «Un forcone?» ponderò a mezza voce, perplessa. Aveva pensato più ad un paio di forbici, un tagliacapelli o qualcos’altro che potesse servire all’uopo; che avrebbe dovuto farci con un forcone?!
   «Vuoi metterti a giocare alla bella contadina?» le domandò divertito Chat Noir, che nel frattempo si era avvicinato a lei e, recuperata la propria arma, ora vi si appoggiava usandola come sostegno.
   Ladybug divelse il forcone dall’asfalto con una forza insospettabile. «Attento, gattino, potrei decidere di usarlo sul tuo bel sottocoda.»
   Di nuovo lui esibì un sorriso soddisfatto, iniziando lentamente a roteare con una mano la lunga cinghia del proprio costume. «Oh, lo hai notato, allora», constatò, benché non avesse un bel niente di cui vantarsi, con quell’acconciatura ridicola in testa.
   Pur arrossendo, la ragazza mantenne la propria baldanza. «Zitto, mi deconcentri», gli intimò secca, cominciando a guardarsi attorno per capire in che modo utilizzare l’arnese che aveva fra le mani. La sua attenzione si focalizzò su Charline, che stava tentando goffamente di risalire la voragine e di rimettersi in piedi. «Ci sono!» esclamò. «Chat Noir, ti piacciono gli spaghetti?»
   «Ho capito cos’hai in mente», annuì subito lui, sicuro di sé. «Ristorante italiano, rose rosse e tante candele. Facciamo stasera alle otto?»
   «Facciamo subito», ribatté l’altra, allungandogli il forcone. «Ma senza candele, senza rose e senza ristorante italiano.»
   «Eviterò la battuta sul dessert…»
   «…ed io eviterò di prenderti a sberle…»
   «…ma agli spaghetti ci pensi tu, my lady», disse Chat Noir, tornando in posizione da combattimento, gli occhi puntati sul nemico e un’espressione fiera in volto. «Del suo asciugacapelli mi occupo io, così non correrai il rischio di rovinarti quei graziosi codini.» E poi, in tutta onestà, aveva davvero una questione in sospeso con quella maniaca dei capelli: aveva osato deturpare la sua splendida chioma bionda. «Ehi, capellona!» chiamò, attirando l’attenzione di Charline, furiosa per quella colossale perdita di tempo dovuta a quel maledetto felino antropomorfo. «Vediamo se riesci a prendermi, stavolta!»
   Cogliendo subito la sua provocazione, la donna raccolse l’intera chioma in un unico, grosso fascio che fece immediatamente saettare nella sua direzione. Chat Noir lo evitò solo all’ultimo, facendo sì che lei non potesse ritrarre quel bizzarro tentacolo lilla che fu prontamente intercettato da Ladybug con il suo forcone. L’eroina roteò l’attrezzo, avvolgendo i capelli di Charline come se fra le mani avesse un’enorme forchetta e fosse alle prese con un disgustoso piatto di spaghetti. «Maledetta!» urlò l’altra, trovandosi intrappolata ed incapace di muoversi. Ricorse allora all’altra sua arma e, tornando a puntare contro la ragazza il proprio asciugacapelli, si preparò a far fuoco; questa volta a vuoto, perché con un colpo ben assestato al braccio Chat Noir riuscì dapprima a deviare la traiettoria, e poi a farle cadere l’aggeggio, che subito lui calciò verso la propria collega con un passaggio rasoterra. Lei fermò l’asciugacapelli con la pianta del piede e vi infilzò il forcone, mandandolo in frantumi. La piccola akuma s’involò verso il cielo scuro, ma prima che sparisse all’orizzonte venne catturata e purificata da Ladybug.
   Di lì a pochi istanti, tutto tornò alla normalità: la pioggia che scendeva placida su Parigi, Charline che si guardava attorno spaesata, l’asfalto e le automobili perfettamente integre, e Chat Noir con la sua solita, adorabile zazzera bionda. I due eroi si scambiarono un lungo sguardo, poi, con comprensibile timidezza, Ladybug levò il pugno in direzione del compagno che, anziché battervi contro il proprio, la afferrò per il polso e l’attirò a sé in un abbraccio carico di tante, troppe emozioni. La ragazza si aggrappò a lui con forza, felice come mai lo era stata fino a quel momento.












Ed eccoci giunti alla conclusione. O quasi. Un po' mi spiace, a dire il vero, ma ho diverse shot in cantiere, quindi mi dedicherò a quelle.
Ah, l'altra volta mi sono dimenticata di mostrarvi una cosa, e cioè la fanart che mi ha ispirato la scena della dichiarazione di Adrien/Chat Noir alla fine del sesto capitolo: https://data.whicdn.com/images/224751340/large.jpg
È una delle mie preferite, in effetti, perché riesce a trasmettermi un sacco di emozioni. ♥
Scappo a scrivere, ché il tempo è tiranno, perciò ringrazio subito tutti i lettori, i recensori e coloro che aggiungono/hanno aggiunto la presente fra le storie preferite/ricordate/seguite.
A presto e buona serata a tutti! :*
Shainareth





  
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