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Autore: Urban BlackWolf    14/11/2017    5 recensioni
Inesorabilmente trascorse settimane da quella giornata di fine giugno, di Haruka e Michiru non si hanno più notizie. Le hanno cercate ovunque, interminabili ore passate tra le sponde di quel corso d'acqua quasi irriconoscibile, ma di loro non c’è più alcuna traccia.
Ma quando la speranza sembra ormai stata vinta dalla rassegnazione, un giovane dalla zazzera dorata e gli occhi verdi come i prati delle montagne ai quali appartiene, comparirà al servizio di una delle famiglie più in vista di Berna deciso a scoprire cosa realmente sia accaduto dopo quella maledetta sera.
-Sequel de: le trincee dei nostri cuori-
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Makoto/Morea, Michiru/Milena, Minako/Marta, Setsuna/Sidia | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Fino alla fine del mondo

La mia promessa a te

 

Sequel del racconto

le trincee dei nostri cuori

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou, Setsuna Meiou, Makoto Kino, Ami Mizuno e Minako Aino appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

La mia Michiru

 

 

Ospedale riabilitativo di Muhleberg

Svizzera settentrionale

 

Minako le sorrise uscendo dall'ufficio mentre Giovanna la seguì non prima di aver lasciato una carezza sul braccio della sorella. Haruka rimase così sola a fissare le spalle di quella donna sconosciuta; il medico che aveva preso in cura la sua Michiru. Si era presentata a Setsuna Meiou raccontandole tutto di lei, ovvero chi fosse in realtà e chi stesse cercando nella struttura ospedaliera. Non era cosa di tutti i giorni trovarsi davanti una donna travestita da uomo che reclama l'amore di un'altra e per questo motivo Haruka sapeva di dover essere pronta a tutto; male parole, pregiudizi o comprensione totale.

“Haruka Tenou… Dunque siete voi. Devo confessarvi che da quando ho saputo della vostra storia, mi sono spesso soffermata ad immaginarvi e devo dire di essere colpita.” Ammise la donna più grande voltando il tronco accorgendosi di avere assunto la stessa posa militaresca dell’altra. Busto ben dritto e mani serrate dietro la schiena.

Interdetta la bionda corrugò la fronte solcandola con una profonda ruga.

Sorridendole la dottoressa la invitò a sedersi."Suvvia, non fate quell’espressione stupita.”

“Non vedo perché non dovrei. Chi vi ha parlato di me?” Chiese non accettando la seduta. Voleva stare in piedi.

“La signorina Aino, alla quale ho chiesto aiuto per cercare di capire come affrontare l’amnesia che ha colpito Michiru e… Michiru stessa, nel corso delle nostre sedute ipnotiche e nel racconto di alcuni sogni che ha fatto su di voi.”

“Sogni su di me? Allora qualche cosa la ricorda!” Speranzosa accese le labbra spegnendo immediatamente il sorriso una volta ascoltato un deciso no.

“Lasciate che vi ragguagli, ma … sedete per favore, non sono abituata a parlare di cose tanto delicate ferma in piedi.” Disse indicandole la poltrona dalla parte opposta della scrivania ed occupando la sua.

“La signorina Kaiou ha riportato una lesione al cranio abbastanza importante, talmente tanto seria da essere stata soggetta a coma per diversi giorni. Al suo risveglio e con grande sollievo di tutti noi, è riuscita a riacquistare ogni funzione cognitiva e motoria, ma la memoria no. L’incidente nel quale siete state coinvolte, ha scatenato un problema psicologico talmente tanto profondo da cancellarle totalmente il passato, i ricordi… le persone amate. Ora, grazie alle cure, sembra che alcuni frammenti della sua vita stiano riemergendo, ma è purtroppo ancora poca cosa e, soprattutto, totalmente incontrollata."

Rimasta seduta quasi sul bordo della poltrona, la bionda la guardò speranzosa. “Adesso che sono qui le parlerò dei suoi genitori, di quanto la stiano aspettando e quanto la amino, della sua Berna, del conservatorio che frequentava, del violino, delle sue allieve, il suo lavoro a Merano e… di noi.”

Poggiando la schiena, il medico sospirò unendo le dita delle mani. Non era così facile. “Lasciate che vi riveli che se la ferita ha innescato l’amnesia e' solo un avvenimento traumatico a bloccarne il rilascio dei ricordi. Il problema è passato da fisico a mentale. Vedete... l’avere nella nostra struttura due sue ex allieve, mi aveva incoraggiata a credere, come voi, che il ridare a Michiru i suoi ricordi sarebbe stato lungo, ma in un certo senso semplice. Invece abbiamo constatato che al minimo accenno alla sua vita passata, di qualunque genere esso sia, da una persona, ad un nome, dolori lancinanti prendono tutt’oggi a sconquassarle le tempie, tanto che ha bisogno dell’oppio per superare una crisi.”

“Ma… non avete appena detto che sta rispondendo alle cure?”

“Si e questo da qualche giorno. Una settimana circa. Ha iniziato a sognare la causa del suo blocco e questo le ha dato il coraggio di accettare l’ipnosi che in prima battuta aveva categoricamente rifiutato.” Concluse sapendo di dover affondare il colpo.

“Quale sarebbe la causa?” Chiese Haruka contraendo tutti i muscoli della schiena.

“Non vorrei che mi fraintendesse signorina Tenou, ma sarò franca proprio in virtù del sentimento che vi lega a Michiru. - La fisso' cercando tatto. - La vostra presunta morte.”

Spingendo il dorso del pugno destro alla bocca, l’altra puntellò il gomito al bracciolo cercando di assorbire la notizia.

“So del vostro amore, Haruka e come donna posso dirvi che è stato talmente tanto ricambiato, che alla vostra perdita Michiru ha deciso di reagire non ricordandola affatto. Non è un caso raro in psichiatria, ve lo assicuro. Accade molto più spesso di quanto non si pensi che alla morte di una persona cara si reagisca così."

Setsuna vide il momento esatto nel quale le sue parole la ferirono rendendo il suo incarnato, di per se già abbastanza pallido, ancora più chiaro. Minako aveva provato a descriverla fisicamente quella ragazzona bionda dagli occhi carichi di smeraldo; il naso dritto, le spalle fiere, i capelli ribelli sulla fronte e quel modo di guardare il mondo tra il curioso ed il diffidente, ma Setsuna non avrebbe mai immaginato che l’androgina Tenou fosse tanto affascinante. Ora, nonostante fosse attratta dall’emisfero maschile in ogni sua forma, le era un po’ più facile capire Michiru.

Schiarendosi la voce, Haruka cercò di mettere ordine. “Mi state forse dicendo che il mio ricordo le provoca dolore?”

“Non solo il vostro. Comunque grazie anche all'ipnosi, i dolori fisici da qualche giorno si stanno affievolendo e questo la sta spingendo a voler ricordare, ma…” No, così non andava. Doveva essere più chiara.

“Haruka ascoltatemi bene. - Un sospiro e fuse i suoi occhi a quelli dell’altra. - Siete presente nei ricordi di Michiru, sia sotto forma di sogno che nel percorso ipnotico, ma quello che ha ricordato di voi, alcune caratteristiche fisiche, il timbro della vostra voce, fino all’odore della vostra pelle, non le ha impedito di credere erroneamente che voi siate un uomo.”

Alzando le palpebre stupita, l’altra sporse il busto verso il medico. “Come scusi?”

“Ha ormai la certezza di aver donato il cuore e il suo corpo a qualcuno, ma non di essersi scoperta omosessuale e questo ci spinge ad essere ancora più prudenti.”

“Ho capito.” Disse abbassando paurosamente il tono ed una strana quanto già conosciuta rassegnazione, s'impadronì di lei.

Si ricordò allora di quella reticenza per molti versi stupida, usata come scudo al nascere della loro storia, quando l’ostinazione di Michiru era stata più forte di tutte le sue paure.

Io non ho niente. Non sono niente se non uno sbaglio.”

Io non vedo sbagli..., vedo solo splendore, Ruka.”

E la bionda aveva ceduto all’amore tentando di dimenticare tutto il resto della società, il perbenismo che ne guidava i pregiudizi, i tanti cliché che volevano una donna madre, moglie devota e sposa fedele.

“Forse è meglio così.” Se ne uscì impulsivamente non badando alla perfetta sconosciuta che aveva seduta dalla parte opposta della scrivania.

Da professionista qual era, Setsuna non perse tempo bloccando quel disfattismo sul nascere. “Aspettate un attimo Haruka. Vi prego di non arrivare a conclusioni affrettate. Il non ricordarsi di voi come donna, non vuol dire che abbia inconsciamente rinnegato la sua omosessualità.”

“A no?!” Rispose beffarda.

“No!”

Dopo un momento di silenzio la bionda tornò a guardarla. Avrebbe fatto qualunque cosa per aiutare Michiru. “Ditemi cosa fare ed io lo farò dottoressa.”

Sorridendo soddisfatta, Setsuna piegò la testa da un lato gonfiando il petto. “Non offendetevi signorina Tenou, ma i miei studi hanno fatto in modo che io abbia già intuito che tipo di persona voi siate. Protettiva e passionale. Dovrete perciò cercare di fare come vi dico e rimanere lontana da Kaiou fino a quando non sarò io a dirvi il contrario. Ne voi, ne vostra sorella dovrete interferire. Per favore, fidatevi di me. Siamo intesi?”

Scuotendo la testa affermativamente la bionda si sforzò di contraccambiare quel lieve entusiasmo, ma al posto di un sorriso d’apertura, le uscì dalle sue labbra solo una specie di ghigno stanco. Così il patto fu stipulato e l’impellente necessità che Haruka sentiva di avere nello stringere la sua dea al petto, venne sopito per un bene più grande; la sua completa guarigione. Il bizzoso puledro di fanteria si sarebbe accontentata di osservarla da lontano, contando ore e giorni, fino a quando fosse giunto il momento dove le sue braccia avrebbero riaccolto il corpo dell’altra in quella stretta bramata ormai da troppi mesi.

 

 

Ospedale riabilitativo di Muhleberg

Svizzera settentrionale – 2/10/1915

 

Era passata una settimana da quando le sorelle Tenou erano arrivate all’ospedale di Muhleberg e seguendo le direttive della Dottoressa Meiou, avevano preso una stanza in una foresteria ad un paio di chilometri dal complesso, dove alloggiavano anche parecchi dipendenti, inclusa Makoto, la quale, come una sorta di espiazione per il gesto che aveva dovuto compiere mesi addietro per salvare Michiru, aveva deciso di dedicarsi come Ami alla scienza medica diventando un'infermiera. La tedesca si era trasformata in una guida virgiliana, descrivendo non soltanto gli ambienti che componevano le varie parti dell'ospedale, ma anche e soprattutto quelli frequentati di solito da Michiru, quali il complesso femminile, la mensa, il parco e da qualche giorno anche la sala accoglienza dove aveva ripreso a suonare. Già, la musica, quel grande mistero che era per tutte loro e che invece aveva tanto pervaso di speranza la Dottoressa Meiou. Come una ragazza colpita da amnesia potesse ricordarsi cose come la lettura di una partitura, il far scorrere il crine dell’archetto sulle corde, o la ritmica, Mina, Giovanna e Mako, proprio non se lo spiegavano. Al pari di Setsuna, soltanto Haruka sembrava non considerarla una stranezza, convinta com’era che la musica era da sempre parte dell'anima di Kaiou e mai nessuno avrebbe potuto strappargliela via da sotto la pelle.

Per quanto riguarda la bionda invece, la si vedeva camminare guardinga e solitaria nel parco in orari assurdi e con qualsiasi condizione climatica. Mani nelle tasche, sguardo basso e camminata lenta. Giovanna aveva cercato più volte di convincerla a non esporsi così alle intemperie, ma quella gran testarda non intendeva ascoltare nessuno, tanto che un giorno, presa da un attacco di nervi, la maggiore l’aveva seguita tra la nebbia mattutina delle cinque costringendola a starla a sentire.

“Ammalarti non la farà guarire prima, anzi costringerà te a letto. Furba!”

“Non voglio buscarmi nulla, se è questo che pensi. Sono le uniche ore nelle quali non c'è pericolo che posa incontrarla e dove non mi state tutte addosso. In mezzo agli alberi del parco ho la possibilità di pensare in santa pace.”

“Ma finiscila di mentire. Puoi ingannare gli altri... non me Ruka! E’ naturale che il sapere tutto su Michi ti abbia sconvolta.”

“Giovanna dico sul serio. Mi scoppia il petto a pensare che sia viva, che stia bene. Alle volte mi fermo a guardarla da dietro qualche angolo, insegnare ai bambini i rudimenti della pittura, beandomi della sua risata. Dio quanto mi è mancato il sentirla ridere, forse più di tutto, inclusi i suoi sguardi carichi d’amore e i suoi baci.”

“Ruka…”

“Sai, in questi ultimi giorni mi sono convinta di una cosa. Anche se non dovesse mai più ricordarsi di me, o accettarmi tra le sue braccia come una volta, arrivero' comunque a farmente una ragione, perché la cosa veramente importante e' che sia viva. Viva nonostante tutto e che possa gioire ancora di questa nebbia, del freddo, del cielo azzurro e del sole.” E due lacrime cariche di una strana felicità avevano preso a solcarle il viso.

Giovanna da buona sorella maggiore era preoccupata, sia per la bionda, sia per l’amica. Aveva conosciuto Sigi e Wolfgang e con loro aveva ritrovato in gusto della compagnia di un gruppo, un po’ come quando da ragazzina scorrazzava con i suoi compagni di scuola per le strade del suo quartiere. Ma per il resto non poteva far nulla; aiutare o stare con Michiru, anzi, non sapendo come avrebbe potuto reagire nel vederla, aveva promesso a Setsuna piu' o meno quello che aveva assicurato Haruka, ovvero di restarsene buona alla foresteria e farsi vedere nei pressi dell’ospedale il meno possibile.

Così passarono un altro paio di giorni e all’insaputa di una Kaiou sempre più attiva, sia sul piano delle sedute ipnotiche, sia sulla ricerca del ladro della mensa, le sorelle Tenou continuarono a fare la spola percorrendo quei due chilometri tra ospedale e foresteria svariate volte al giorno, cercando così di tenersi aggiornate sullo stato di salute della ragazza.

Ma la mattina del terzo giorno, Michiru dovette far fronte ad un insolito quanto sconvolgente incontro. Controllando che ore fossero sul grande orologio della torre che svettava dal corpo principale tra onde di nebbia, si rese conto di quanto fosse presto scuotendo contrariata la testa.

“Vai a letto tardi ed ora ti svegli all’alba? Non va affatto bene Sigi.”

“Michiru lo sai che non abbiamo più tempo. Presto quel furfante guarirà ed il segno che gli ho lasciato non sarà più visibile per inchiodarlo!” Disse lui con convinzione.

Se prima le persone tenute sotto stretta sorveglianza erano due, ora la certezza di chi fosse la mano lesta era ricaduta sull’uomo che qualche settimana addietro aveva incolpato lo stesso bambino; ovvero l’inserviente della mensa. Il collega era tornato al lavoro il giorno precedente e il viso non mostrava alcun graffio.

“Accidenti! Wolfgang doveva rompere la protesi proprio ora?!” Disse lei arpionandosi le spalle con le braccia per cercare di difendersi dal freddo pungente.

“Sono in grado di proteggerti da solo, che credi! Non aver paura.”

“Non ho paura tesoro, ho solo un gran freddo.” Disse sorridendo sicura di se.

“Oggi lo beccheremo quel furbone vedrai! Sono sicuro che non si aspetta di trovare qualcuno bazzicare da queste parti all’alba.”

Camminando verso la parte meno battuta del parco, dove Sigi e Setsuna si erano scontrati con il ladro, avvertirono rumore di foglie calpestate e strusciare di vestiti sui cespugli. Il bambino fermò entrambi alzando un braccio in aria indicando alla ragazza un paio d’alberi alla loro sinistra. Li, tra il chiarore latteo della nebbia, una figura avvolta da cappotto e mantella, apparve loro a circa una decina di metri.

“Michiru lo vedi?” Chiese sottovoce mentre lei si abbassava di colpo per rendersi meno visibile.

“Si. Seguiamolo finché la nebbia non si sarà diradata dandoci la possibilità di vederlo meglio.”

Così fecero, camminando guardinghi ricalcando le orme lasciate dai calzari dell’ombra.

Controllando l’orologio da taschino Haruka gonfiò le guance grattandosi la zazzera. Possibile che si fosse persa? Passi la scarsa visibilità, ma quel parchetto non poteva certo paragonarsi all’immensità dei suoi boschi.

Se non torno per colazione, Giovanna si preoccuperà, mi sgriderà e non la finirà più di rompermi le scatole. Devo sbrigarmi ad uscire da qui, pensò la bionda guardando i banchi alzarsi velocemente verso l’alto dove i primi raggi solari stavano iniziando a filtrare tra le fronde.

Bene. Ancora qualche istante e finalmente ci si vedrà qualcosa. Dovrò cambiare posto per le mie passeggiatine mattutine… Ma un rumore la mise sul chi vive. Non aveva l’autorizzazione per stare li e non aveva nessuna intenzione di dare spiegazioni a chi che sia.

“Ei tu! Fermo dove sei!” Sentì provenire dalle sue spalle. Una voce di bambino che le fece aggrottare la fronte.

Michiru ne bloccò l’irruenza arpionandogli una spalla. “Stai calmo Sigi.” Disse mentre la luce riusciva finalmente ad urtare contro il terreno diradando l’ultima intangibilità della foschia. E lo vide.

Vide le spalle protette da una mantella scura. Vide la postura importante, ma non imponente. Vide l’oro della sua capigliatura ed il respirò le si mozzò rimanendo nella gola per una frazione di secondo. D’istinto si portò la mano al talismano che portava nella tasca della gonna, mentre l’uomo prendeva a correre e Sigmund lo seguiva a ruota libera.

“Fermatevi!”

“No, aspetta… Sigi…” E via anche lei, tra l’erba appesantita dalle goccioline di rugiada e le foglie abbattute al suolo dall’autunno.

Corsero a per di fiato con gli ultimi banchi di nebbia che ancora riuscivano a rendergli la corsa difficoltosa, poi il muro di cinta gli si parò davanti facendo emettere al bambino un grido di rabbia. “Ma porca miseria Michiru! L’abbiamo perso.” Strinse i pugni contrariato respirando con difficoltà.

Ma lei quasi non lo ascoltò. Quei capelli; quei capelli così simili ai suoi sogni. Quei capelli così simili al suo talismano.

Da dietro un grosso tronco d’abete, Haruka cercò di rimanere immobile nonostante necessitasse d'ossigeno. Nel cervello solo il suono assordante dei suoi battiti e nella testa solamente lei.

Vattene. Vattene amore mio, pregò serrando gli occhi tanto da provar male. Schiacciò la schiena alla corteccia fino a quando non li sentì allontanarsi.

 

 

Poche ore dopo, nel pieno di una mattina dal tempo capriccioso che stava paurosamente puntando al brutto, Sigmund calciò un sasso fermo al centro della strada sterrata che portava dall’ospedale alla foresteria, colpendo in pieno un palo della staccionata. Avevano deciso di prendere il famoso “toro per le corna” verificando di persona l’identità del ladro andando dove risiedevano i dipendenti non del luogo.

“Eravamo a tanto così!” Indicò con pollice ed indice contratti.

“Non credo fosse lui.”

“Ancora con questa storia Michiru?! Io non ho visto capelli biondi.”

“Be… io si! E ti dico che non era il nostro ladro. Comunque le chiacchiere stanno a zero. Adesso per prima cosa andremo in foresteria e poi batterò palmo a palmo l’ospedale in cerca dell’uomo di questa mattina. E puoi star certo che lo troverò Sigmund.”

Impressionato da tanta risolutezza il ragazzino la guardò con circospezione. A tratti quella ragazza sembrava un’altra persona; più sicura e determinata. Ma forse era solo la sua vera personalità che stava pian piano riemergendo.

 

 

“Sei sicura di non volere compagnia Ruka?” Chiese Giovanna poco convinta.

“Sicurissima. Non preoccuparti come al solito, non ci metterò molto. Tu invece vai dalla Dottoressa Meiou e fatti dire come sta oggi Michiru.” Non le aveva detto di averla vista gironzolare nel parco alle cinque del mattino con un mocciosetto a rimorchio.

“E mantella e cappotto?” Insistette sistemandole meglio la cravatta al collo.

“Non mi servono. Ho caldo." Alzo' leggermente il mento lasciandola fare.

La bionda aveva deciso di tornare in città per spedire una lettera alla signorina Rostervart. La governante sarebbe stata entusiasta e rattristata al tempo stesso, perché se da una parte Michiru era ancora viva, dall’altra quanto della ragazzina che Clementine aveva cresciuto, avrebbe un giorno potuto far ritorno a casa? In più Haruka sentiva la necessità di non pensare a nulla per qualche ora e approfittando del passaggio di un furgoncino per le consegne, avrebbe trascorso la restante parte della giornata per conto suo, tra le strade ed i negozi del centro. Sorridendo alla sorella per farle poi un occhiolino, si diresse verso il titolare del mezzo issandosi al posto del passeggero. Giovanna li vide partire traballando verso la strada principale.

Arrivati nei pressi della stazione ferroviaria circa mezz’ora dopo, la ragazza scese ringraziando l’uomo assicurandogli che si sarebbero rivisti nello stesso posto verso l’imbrunire.

“Siete sicuro di non volere una mantella? Potrebbe piovere.”

“Va bene così grazie. Sono abituato. Allora, l’ufficio postale è da quella parte?”

“Si, sempre dritto. Ad un paio d’isolati sulla destra. A dopo.” E tornando a schiacciare l’acceleratore svoltò presto un angolo sparendo dietro ad uno stabile.

Respirando a pieni polmoni, Haruka iniziò ad incamminarsi per la strada indicatagli provando per la prima volta da quando era tornata nella sua baita, uno strano quanto improvviso senso di pace. Il sapere Michiru viva le sarebbe bastato per tutta la vita? Si, le sarebbe bastato o almeno avrebbe fatto di tutto per farselo bastare.

Conoscendo ormai a menadito gli uffici postali per via del servizio svolto in casa Kaiou, non ci mise molto per comprare un francobollo ed imbucare quello che, di fatto, in quella Svizzera schiacciata da superpotenze armate fino ai denti, rimaneva l’unico mezzo di comunicazione ancora autorizzato dal Ministero della Difesa; una semplicissima lettera. Uscendo poi senza fretta, si accorse delle prime gocce di pioggia e guardando accigliata il cielo fattosi abbastanza scuro, s’infilò una mano nella tasca estraendo la sciarpa ripiegata che calorosa com’era, ancora non aveva avuto modo e voglia d’indossare. Restando apaticamente sul bordo del marciapiede, iniziò a sistemarsela al collo quando i suoi occhi si posarono su una giovane donna ferma dalla parte opposta della carreggiata, come inchiodata, mani strette al grembo, sguardo fisso su di lei, due iridi di un blu profondissimo e benedettamente conosciuto, i capelli mossi e da subito adorati, anche quando, per cause di forza maggiore, erano dovuti essere tagliati. Non pensò Haruka, avvertendo costrizione ai polmoni, mentre al centro della fronte andava formandosi una profonda ruga.

Dalla parte opposta di due cuori impazziti, Michiru sentì chiaramente uno scoppio d’adrenalina quando, vedendosi fissata quasi al limite della sfacciataggine, avvertì la suola del suo stivaletto scendere il gradino di basalto come attratta da un magnetismo conosciuto. Inizio' cosi' a camminare attraversando la carreggiata noncurante di tutto il resto del mondo, arrivando a fermarsi ad un metro da lui.

“Scusate… io…” Quasi balbettò non riuscendo a mettere due parole in fila.

Cosa voleva dire a quel giovanotto biondo bello come un dio? Che forse lo aveva intravisto tra la foschia del parco dell’ospedale quella stessa mattina e che, rivedendolo sul lato passeggeri di un furgoncino di servizio, lo aveva seguito abbandonando senza coscienza Sigi per la strada della foresteria e saltando sul carro del primo sconosciuto, per poi ritrovarsi da sola e senza denaro in una città che neanche conosceva? Non riusciva a non provare soggezione davanti a quei due smeraldi purissimi. Che cosa le stava succedendo? Una signorina per bene non poteva permettersi di comportarsi in quel modo con un estraneo.

Improvvisamente un nitrito vicinissimo al suo orecchio destro la fece sobbalzare e girare di scatto verso l’enorme muso di un cavallo.

“Ei signorina! Toglietevi dalla strada!” Urlò un energumeno brandendo una lunga frusta dall’alto del suo posto di guida.

Con un rapido movimento del braccio, Haruka le afferrò la vita traendola a se ed issandola sul marciapiede. “Scusate. - Disse al conducente per poi rivolgersi direttamente alla ragazza. - Tutto bene?”

E per Michiru fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso mentre veniva assalita da una vertigine improvvisa. Quella voce calda e profondissima che tanto le aveva sconvolto il mondo dei sogni notturni e quei capelli cosi' biondi da sfidare le sfumature dell’oro zecchino. Non poteva sbagliarsi. Era lui. Avvertendo le dita del ragazzo ancora serrate su di se ricordò a bruciapelo.

Voglio che il tuo corpo mi scaldi.

Sei sicura amore?

Si, ed avvampò facendo un passo indietro liberandosi mentre puro piace andava ad impossessarsi delle narici della bionda, finalmente immersa nella fragranza che la pelle della sua dea emanava da sempre.

“Si… Tutto bene, grazie.” Rispose poco convinta squassata da un fremito.

“Siete sicura?” E sentendosi il timbro drammaticamente roco, Haruka cercò di schiarirselo con un fulmineo colpo di tosse.

Signore del Paradiso quanto sei bella, pensò notando solo in quel momento la leggerezza dei suoi abiti.

“State tremando.”

“Anche voi.” Rispose l’altra ingoiando a vuoto mentre la pioggia andava intensificandosi.

Che figura meschina stava facendo. Il fatto che non ricordasse la sua estrazione sociale non voleva dire che doveva comportarsi da cafona. Porgendo la mano al biondo, sorrise annunciando sicura il proprio nome. Il suo vero nome.

“Michiru…” E si dispiacque un poco di non potergli dire di più.

“Jo.” E si odiò per quella bugia al limite del tradimento, sentendosi poi morire nel toccare da vicino la reale amnesia che l’aveva colpita.

Perché sei qui amore mio? Non dovrei neanche parlarti. La dottoressa è stata chiara… E allora perché il calore della tua mano nella mia mi sta togliendo ogni necessità di fuggire lontano da te?

Sciogliendo il contatto Michiru abbassò lo sguardo sentendo l’esigenza di fare a quel giovane una domanda. “Signore... lo so di apparire sfacciata, ma…”

“Ma?”

“Eravate voi questa mattina nel parco dell’Ospedale riabilitativo?”

Nega! Nega! Nega dannazione. “Credo di si, signorina.” Idiota! Haruka sei un’idiota!

Michiru alzò le sopracciglia incuriosita. “Credete?”

Stirando le labbra puntando il viso al ticchettio della pioggia, la bionda sentì di stare perdendo la partita con se stessa nella determinazione di volerla aiutare seguendo il programma impostole da Setsuna. Dovrete cercare di fare come vi dico e rimanere lontana da Kaiou fino a quando non sarò io a dirvi il contrario.

“La vostra domanda è lecita, ma se veramente volete una dose di sfacciataggine, allora sarò io a darvela. Con il vostro permesso, s'intende. Mi sembra sciocco continuare a star fermi sotto l’acqua. Proprio qui vicino ho visto una pasticceria con una piccola sala da te. Vorreste ripararvi con me mentre ci riscaldiamo con dell’infuso caldo?” Chiese porgendole l’avambraccio aumentando quel sorrisetto furbetto che sapeva di avere come arma.

Al diavolo tutto, imposizioni mediche per prime e nuovamente quella domanda martellante e ferale; il sapere Michiru viva le sarebbe bastato per tutta la vita? No! Non le sarebbe bastato e avrebbe lottato per riaverla. Fino alla fine; alla fine del mondo.

 

 

Il locale era pressoché deserto. Era quasi mezzogiorno e la gente aveva preferito rintanarsi nelle abitazioni invece che rimanere bloccata per chissà quanto tempo dentro i negozi con il rischio di non poter preparare un pranzo decente per tempo. Michiru alzò gli angoli della bocca non appena una tazza di tè caldo le venne servita con estrema professionalità dal biondo.

“Vi ringrazio. Non dovevate disturbarvi.”

Tornando a sedersi, Haruka contraccambiò quel sorriso imponendosi di non essere troppo audace. La conoscenza che aveva di Kaiou avrebbe potuto spaventarla invece che metterla a suo agio. Non doveva dimenticarsi della sua amnesia.

“E’ un piacere. Gradite del latte?” Certo che no, pensò cercando di mantenere la calma attendendo che fosse l’altra a rifiutare.

“No. Preferisco zucchero e limone.” E lasciando che il ragazzo continuasse a servirla si chiese se quei gesti lenti e calcolati non fossero frutto di un mestiere ben specifico come quello del cameriere.

Era bello da mozzare il fiato. Ben proporzionato, ma non tanto muscoloso. Portava i capelli abbastanza corti, con la rasatura sulla nuca molto alta e curata, tutto l'opposto della frangia, lasciata piuttosto lunga ad aprirsi in due proprio al centro della fronte.

“Ora che siamo un po’ più in confidenza, ditemi… cosa ci facevate questa mattina nel parco dell’ospedale? Avete un paziente al quale far visita?”

“Mmmm, non direi proprio un paziente. Diciamo più la sorella di uno di loro. - Poi rendendosi conto dello sguardo quasi al limite del contrariato dell’altra, Haruka si affretto nell’essere più precisa. - Una cara amica sta accudendo il fratello ferito sul fronte occidentale. Ero in zona per conto della famiglia per la quale sto prestando un certo servizio e ne ho approfittato per salutarla e chiederle notizie. Non avrei dovuto entrare nella struttura così presto, ma il parco è molto bello e a me piace da sempre passeggiare nella natura.”

“Capisco.” Ed il lampo di fulminea gelosia che a sua insaputa la bionda aveva visto scintillarle nel blu delle iridi, scomparve.

Intimamente galvanizzata, Haruka accavallò le gambe poggiando la schiena allo schienale in ferro battuto dove aveva lasciato ad asciugare la sua giacca. “E voi signorina Michiru? Cosa ci facevate voi alle cinque della mattina con un bambino al fianco?” Inquisì tornando per l’ennesima volta a fissarla con un’intensità tale da gioire sardonicamente alla nascita di un nuovo rossore.

“L'agente investigativo.” Ammise con titubanza portandosi la tazza alle labbra.

“Scusate?”

Coprendo una risata con le dita, Michiru iniziò a raccontarle della sua condizione di paziente, del ladro, dell’aiuto di Sigi e del loro compito di spie. “Con molta probabilità la chiave di tutto sta nella foresteria. Dovrebbe essere quello il punto nevralgico dello spaccio di alimenti per il mercato nero.”

“Mi sono scelto proprio un posticino niente male per pernottare.”

“Siete qui da solo?”

“No, con mia sorella maggiore.”

“Non è molto che siete arrivato, altrimenti vi avrei notato subit…- Rendendosi conto di essersi esposta svicolò guizzando come un pesce. - Intendevo dire che essendo ricoverata da un bel po’, ormai conosco più o meno tutti.” Tornò a rituffarsi nel caldo liquido sperando di aver evitato la gaffe.

Haruka impedì alle sue labbra qualsiasi movimento, proprio per non dare all’altra ulteriore imbarazzo, ma intimamente godette e non poco per quell’apprezzamento stroncato. Era palese che Michiru provasse per lei qualcosa al limite dell’attrazione, com’era chiaro che la bionda stesse richiamando a se tutti i Santi del Paradiso per evitare di tradirsi.

Iniziarono a parlare del più e del meno mantenendo uno strano quanto forzato equilibrio. “Posso chiedervi come sta procedendo la vostra degenza?”

Terminando il suo tè ed allontanando la tazzina da lei, Haruka cercò di dissimulare con la cortesia di una domanda la pena che aveva nel petto. Michiru stava dialogando con lei come se non la conoscesse e fosse realmente di fronte ad un giovanotto bene educato.

“Meglio, soprattutto da qualche giorno. Non che possa fare salti di gioia, ma almeno i mal di testa che avevo spesso, sembrano essersi leggermente sopiti e vi assicuro che si tratta di un’enorme conquista.” Disse divertita accorgendosi però dell’incupimento preso dal viso del biondo.

“Non datevi pensiero, le ferite fisiche ormai sono guarite e non dispero che anche l’amnesia della quale sto soffrendo presto sarà solo un pallido ricordo.” Istintivamente allungò la mano per sfiorarle le dita.

L’altra la guardò sentendosi bruciare gli occhi. Era così bella e viva, sorridente, speranzosa. Riconosceva la sua dea in alcuni atteggiamenti come il piegare la testa da un lato, la vena di dolcezza negli occhi, la luminosità dei sorrisi, gli atteggiamenti del corpo, ma con altrettanta vivida coscienza, in quella piccola saletta di una cittadina di provincia, Haruka stava notando anche come la fierezza nello sguardo di Kaiou fosse sparita per lasciare il posto ad una specie di stanchezza interiore, di afflizione. Forse dipendeva dalle sue condizioni di salute, da un’ospedalizzazione ormai cronica che aveva finito per svuotarla, ma stà di fatto che alcune cose della sua Michi non le ritrovasse più e questo con il passare dei minuti le stava dando dolore.

“Signor Jo, non vi sarete certo rattristato spero. Guardate, sta spiovendo. Presto tornerà il sole.”

“Cosa? Oh, vero. Forse sarà meglio approfittarne per tornare. Dovevate fare qualcosa qui in città?”

“Io? Ho già trovato quello che stavo cercando.” Ma l’altra non afferrò la finezza.

“Ottimo, allora se mi permettete di fare la strada del ritorno con voi, sarei felice di potervi scortare fino all’ospedale.” Disse alzandosi per costatare come la giacca si fosse già asciugata.

Così Tenou saldò lasciando che Michiru uscisse per prima in strada e posandole la giacca sulle spalle le sorrise sicura.

“Non vorrei che vi raffreddaste.”

“E voi? Scusate se mi permetto, ma ho notato che vi siete toccato spesso la gamba sinistra. Come se vi facesse male.”

“Una vecchia ferita che fa i capricci ogni volta che cambia il tempo. Nulla di grave. Sono abituato al freddo. Vengo dai boschi di Bellinzona.” E la vide abbassare leggermente la testa socchiudendo per un istante gli occhi a quello che sembrava un giramento di testa.

“Tutto bene?” Chiese sfiorandole la vita.

Tornando a guardarla, Michiru la rassicurò. “Non preoccupatevi, solo una leggera fitta. Ecco, vedete? E’ questo che intendevo con enorme conquista.”

Porgendole l’avambraccio, Haruka attese che Michiru glielo sfiorasse con la destra e prendendogliela delicatamente, se la serrò alla camicia iniziando a guidarla verso la strada dove avrebbe avuto l’appuntamento con il furgoncino.

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: Salve. Che mi dite? Io il “famoso” ed agognato (da ben 11 capitoli) incontro me lo sono immaginato così; una strada a dividerle (forse neanche tanto metaforicamente parlando), sotto l’inizio di una pioggerellina, con l’emozione galoppante di una Michiru abbastanza determinata nel sapere che quel ragazzo è il suo ragazzo ed una Ruka in piena crisi comportamentale. Appena Set verrà a sapere che le sue direttive mediche sono state bellamente prese, lanciate e calpestate nel fango del centro della città di Muhleberg, tanto mi da tanto che la bionda riceverà una bella lavata di capo.

Per non parlare del fatto che, prima o poi, Haruka dovrà dichiarare il suo sesso alla sua dea. Avrà il coraggio di farlo subito o andrà gioco forza ad aggravare la situazione procrastinando una cosa che potrebbe scioccare Michiru?

Ma niente timori, come ha detto ad una bionda, per la verità un poco ottusa - Guardate, sta spiovendo. Presto tornerà il sole

PS Per chi si sta domandando di come Kaiou abbia potuto abbandonare Sigmund per la strada in piena campagna, ricordo come quel piccolo teppista sia in grado di cavarsela benissimo da solo ;)

A prestooo

 

 

 

   
 
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