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Autore: heliodor    14/11/2017    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Fiducia tradita

La notte calò veloce sul deserto. Joyce decise di concedersi qualche giorno di riposo prima di ripartire. Voleva recuperare le forze e studiare i percorsi delle carovane. Se fosse riuscita a trovarne una per Nergathel si sarebbe avvicinata alla salvezza.
Quella sera Anjeza le portò da mangiare del latte di capra e della frutta, oltre a un pezzo di pane fresco.
"Non ti ho ancora ringraziata per Alil" disse la donna.
"Mi ringrazierai solo dopo che Faiza sarà tornata."
Quello era il suo cruccio principale, non essere riuscita a riprendere la ragazza e le altre donne. Sperava che Chare riuscisse nella sua impresa e le riportasse a casa. Se vi avesse messo troppo non avrebbe mai conosciuto il loro destino.
Joyce mangiò la frutta e bevve il latte, quindi assaggiò i frutti. "Mai mangiato niente di simile" disse alla donna.
"Si chiamano datteri" disse Anjeza.
"Datteri. So già che mi mancheranno" disse addentandone uno.
Dall'esterno giunsero il nitrito di cavalli e il grido di sorpresa di una donna.
Joyce dimenticò subito i datteri e corse fuori con Anjeza.
Una dozzina di cavalieri, di cui metà erano albini, avevano circondato il villaggio. Alla loro testa c'era Kwame.
"Così è qui che ti sei rifugiata, strega rossa" disse l'albino.
Joyce si maledì per la sua stupidità. Se ne sarebbe dovuta andare via subito invece di restare nei paraggi. Ma come aveva fatto Kwame a scoprire dove si nascondeva?
Poi ricordò che doveva aver parlato con Obasi, il quale doveva avergli detto di aver ricevuto in dono delle capre da un certo villaggio dove abitava un ragazzo di nome Alil... e da lì era risalito a lei.
"Che cosa vuoi ancora?" chiese Joyce.
L'albino si guardò attorno. "Voglio il libro. So che l'hai trovato tu."
"Come fai a dirlo?" gli chiese lei per guadagnare tempo.
"Ho fatto rivoltare sottosopra tutto il santuario di Zanihf, ma non c'era. Quindi devi averlo preso tu."
Se Kwame era venuto fin lì per il libro era chiaro che non sapeva che Chare l'aveva preso. Era probabile che a quest'ora l'albina l'avesse già distrutto. Era una magra consolazione quella, visto che non le era di nessun aiuto.
"Io non ce l'ho" rispose dicendo la verità.
"Lo scopriremo" disse l'albino. "Cercheremo per tutto il villaggio e se lo troveremo, puniremo i suoi abitanti."
"Fai pure" lo sfidò Joyce.
"E se non lo troveremo, li puniremo ugualmente" continuò l'albino.
"Questa gente non c'entra."
"Ti hanno dato ospitalità e rifugio. È un po' tardi per invocare la loro innocenza."
"Non farlo, Kwame."
"Sai che ti dico? Prima uccideremo tutti gli abitanti e poi cercheremo il libro. E tu assisterai alla loro morte. Sei contenta, strega rossa?"
Gli albini smontarono da cavallo e si diressero verso le case. Vide brillare nelle loro mani i dardi magici.
Cosa poteva fare? Lei era sola e loro erano in tanti. Si sarebbe fatta uccidere senza poter fare altro per Anjeza, Alil e gli altri.
"Ascolta" disse Joyce. "Hai ragione, ho preso io il libro."
Kwame fece un cenno agli albini, che si fermarono. "Continua."
"Il problema è che non ce l'ho più io" aggiunse Joyce. "L'ho dato a Chare affinché lo distruggesse. Così non cadrà in mani sbagliate. In fondo era quello che volevi anche tu, no?"
"Chare, dici? La moglie di Obasi?"
Joyce annuì. "Proprio lei."
"Sei una sciocca" disse Kwame. "Chare è stata l'allieva prediletta di Dume. A quest'ora gli avrà consegnato il compendio e lui lo starà già usando."
Joyce non riusciva a crederci. Si era lasciata ingannare così facilmente? "Non può essere."
Kwame diede di speroni. "Prendete la strega rossa" ordinò agli albini. "Dobbiamo subito tornare in città e avvertire Dafina e il consiglio."
Joyce venne fatta salire in groppa a un cavallo. Non ebbero il tempo di legarla o la lasciarono libera per qualche motivo. Non ebbe nemmeno il tempo di salutare Anjeza e Alil, ma era contenta che almeno loro si fossero salvati, per il momento.
Galopparono lungo la pista diretti alla città distante alcune miglia.
Durante il tragitto Kwame l'affiancò. "Come hai conosciuto Chare?"
Joyce gli raccontò della loro fuga dalla tenuta di Obasi, ma omise di dirgli il luogo dove Faiza e le donne si nascondevano.
"Dimmi tutto quello che sai sul compendio di Zanihf" disse l'albino con tono perentorio. "E che sia la verità, strega rossa."
"Mi chiamo Sibyl" disse con un moto di ribellione. "E non so molto del compendio. Era scritto in una lingua antica e incomprensibile."
"Mi chiedo come Dume riuscirà a tradurla. Lui non è di certo uno studioso."
"Credo... credo che abbia un alleato" disse Joyce ricordando il colloquio tra l'albino e Lindisa. Lei si era offerta di tradurgli il compendio, qualora lui glielo avesse portato. Forse in quel momento era già al lavoro su quelle antiche pagine. "Potrebbe tradurre il compendio."
"Questo è male" disse Kwame. "Dobbiamo fermarlo prima che ci riesca."
Raggiunsero le porte della città e vi entrarono senza che nessuno li fermasse. Raggiunsero la torre del circolo di Mar Qwara, dove un drappello di guardie e albini attendeva il loro arrivo.
Tra di essi notò Dafina e Obasi.
"È lei quella che ha rubato le mie cose" disse l'albino.
"Con la complicità di tua moglie" disse Kwame con tono accusatorio.
"Lascia che mi faccia giustizia" disse Obasi rivolgendo un gesto minaccioso a Joyce.
"Trattieni la tua rabbia" disse Dafina. "La strega rossa ci serve. Lei ha visto in azione i mostri di Zanihf."
Entrarono nella torre scortati da un drappello di albini e guerrieri. Nessuno parlò finché non raggiunsero un'ampia sala circolare.
Dafina fu la prima a prendere la parola. "Se Dume ha il compendio, a quest'ora sarà già alla montagna."
"Dobbiamo fermarlo" disse Kwame.
"Ho mandato dei messaggeri. Dovevano già essere qui."
"Non torneranno" disse Kwame. "Dume li avrà trattenuti con la forza o uccisi. Dafina, dobbiamo agire. Attacchiamo subito la montagna e staniamo Dume."
"Temo che non sia così facile" disse un albino dalla testa rasata. Indossava una veste di seta color viola con ricami rossi e dorati.
"Sefu" disse Dafina con tono sorpreso. "Finalmente esci dalla meditazione e ci degni della tua presenza."
Il nuovo arrivato la ignorò e puntò su Joyce. "Così tu saresti la strega rossa. Sei stata la prima a violare il santuario dopo migliaia di anni. Dimmi esattamente che cosa hai visto."
"È pieno di mostri. Prima un gigante d'acciaio e poi dei ragni meccanici più piccoli mi hanno attaccata."
"Difendevano il santuario dagli intrusi."
"Dopo migliaia di anni?"
"Le macchine sono più fedeli degli uomini" disse Sefu. "E le macchine di Zanihf sono le più fedeli di tutte."
"Che cosa suggerisci allora?" domandò Dafina impaziente.
"In primo luogo, libera il principe Darran."
Kwame sussultò. "Quell'infame ha praticato la magia proibita. Per anni" disse con tono indignato.
"Ci serve l'appoggio della casa regnante per fronteggiare questo pericolo" rispose Sefu con calma. "E non lo otterremo mai se tieni in prigione il figlio di re Nassur."
Kwame respirò a fondo. "Nient'altro, nobile Sefu?"
"Sì. Preparate le difese della città. Mi aspetto un attacco da un momento all'altro."
Come se fossero state le sue parole a evocarlo, il suono lamentoso di un corno provenne dall'esterno. A esso se ne unirono altri.
"Le vedette segnalano qualcosa" disse Dafina.
Uscirono su una delle ampia balconate della torre. Da quell'altezza si dominava l'intera città.
Joyce vide i palazzi color ocra che sorgevano attorno alle basi delle torri come funghi sulle radici degli alberi. In lontananza si scorgevano le mura e oltre di esse, nella direzione della grande montagna, avanzava verso di loro una nube di sabbia.
Guardando meglio, riconobbe in mezzo a quella nuvola di polvere le sagome di decine di uomini e quelle più imponenti di qualcosa che non riusciva a identificare.
Solo dopo qualche minuto di intensa osservazione riconobbe il profilo di un gigante d'acciaio.
Attorno a loro avanzavano centinaia di figure più piccole, dal corpo rotondo e otto zampe. E poi c'erano anche mostri dall'aspetto più bizzarro. Alcuni somigliavano ad armati, altri a tavoli e sedie.
Si sarebbe messa a ridere, se non ne avesse incontrati alcuni solo pochi giorni prima, scoprendo quanto potevano essere pericolosi.
"L'esercito di Dume è arrivato" disse Kwame.
 
"Strega rossa" disse Sefu rientrando nella torre. "Tu sai come arrivare al santuario?"
Joyce annuì.
"Anche io conosco la strada" disse Kwame.
"Ma tu mi servi qui per difendere la città" rispose Sefu. Tornò a rivolgersi a lei. "Saresti capace di ritrovare quella strada?"
"Sì" disse Joyce.
"Bene. Ho una missione per te."
"Sefu" disse Dafina. "Questa strega ci è ostile. Ha aiutato le serve di mio figlio a scappare, è entrata nella montagna per liberare alcuni schiavi e poi ha cercato di nascondere il libro, consegnandolo ai nostri nemici."
"Credo non volesse fare alcun male" disse Sefu. "Non è vero, strega rossa?"
"Voi rendete schiave le persone che non hanno poteri e scacciate via quelle che non sono come voi" rispose Joyce.
Sefu scrollò le spalle. "Facciamo così da secoli."
"Forse è ora di cambiare."
"Che sfrontata" disse Kwame. "Ordinami di colpirla e lo farò, nobile Sefu."
L'albino alzò una mano. "La strega rossa non ha tutti i torti. Alcune cose dovranno cambiare, ma solo dopo aver risolto questo problema. Ci darai una mano, strega rossa?"
"Mi chiamo Sibyl."
"È un sì?"
Sefu rimase in attesa.
Joyce annuì. "Vi aiuterò."
"Bene. Vieni, ti dirò quello che devi fare."
Lo seguì in un'altra stanza. Sefu la invitò a entrare e chiuse la porta. Appena oltre la soglia si accorse che non erano soli.
In un angolo c'era Rafi.
L'albino non sembrava sorpreso. "Sei riuscito a convincerla."
Sefu camminò fino al centro della stanza, fermandosi tra uno scrittoio di legno e una biblioteca che correva lungo il muro. "Questo è il mio studio" disse a Joyce. "Qui possiamo parlare in libertà."
Joyce guardò Rafi. "Perché sei sparito?"
"Ho dovuto" disse l'albino. "Mi stavano già dando la caccia poche ore dopo aver lasciato l'accampamento. Se fossi riuscito a trovare Chare forse tutto questo non sarebbe mai successo."
"Non fartene un cruccio, figlio mio" disse Sefu.
Figlio?, pensò Joyce. Ciò significava che anche Chare era sua figlia.
"So cosa ti stai chiedendo" disse Sefu. "È vero, Chare e Rafi sono figli miei, ma io non mi faccio influenzare dai legami famigliari. Quando sono entrato nel circolo ho giurato di prendermi cura dei miei confratelli, indipendentemente dai legami di sangue."
"Pensavo volessi il mio aiuto" disse Joyce. "Dimmi quello che vuoi che faccia."
"Quando arriverà un'altra persona."
In quel momento bussarono alla porta.
"Entrate" disse Sefu.
La porta si aprì e il principe Darran fece il suo ingresso. "Sefu" disse sorpreso. "Sibyl, Rafi" aggiunse sgranando gli occhi. "È bello vedervi."
"Anche per me" disse Rafi.
Sefu tornò al centro della stanza. "Vi saluterete dopo. Non abbiamo molto tempo e ho una delicata missione da affidarvi."
"Che genere di missione?" chiese Darran.
"Salvare la città e il regno. E forse tutto il continente" disse Sefu. "Se non fermiamo Dume tutto sarà perduto."
"Se vuoi il nostro aiuto" disse Rafi. "Dicci come combattere contro il suo esercito di esseri meccanici."
"Il suo esercito non mi preoccupa" disse Sefu. "Lo respingeremo. Con gravi perdite, ma ce la faremo. Purtroppo c'è di peggio che giace nel santuario e anche Dume lo sa."
"Spiegati" disse Darran.
"Anni fa Dume e io eravamo amici. Studiavamo le antiche leggende che circolavano su Zanihf e i suoi misteriosi mostri meccanici. Era un'attività dilettevole che ci divertiva. Nessuno di noi due credeva veramente a quelle favole, fino al giorno in cui dei lavoratori non trovarono i resti di uno di quei mostri meccanici. Per la prima volta avevamo la prova che le leggende dicevano il vero. Ne parlammo con Tarisai, la strega che ci aveva fatto da maestra a entrambi. Lei volle vedere quei resti e ne rimase impressionata. Disse che avrebbe portato la cosa davanti al consiglio. Fu l'ultima volta che la vedemmo. Settimane dopo scoprimmo che il consiglio l'aveva esiliata a Krikor. I resti del mostro meccanico sparirono anch'essi. Dume e io temevamo di fare la stessa fine, ma non accadde. Tarisai doveva avere taciuto i nostri nomi davanti al consiglio, proteggendoci da una rappresaglia. Decidemmo di abbandonare ogni ulteriore ricerca e giurammo di non parlarne mai con nessuno, ma Dume era ossessionato dalle antiche armi di Zanihf. Crescendo e acquisendo potere nel consiglio, iniziò a insistere per scavare nella montagna sacra alla ricerca di un nuovo filone d'oro. Io sapevo che non era l'oro il suo vero obiettivo, ma non potevo accusarlo davanti al consiglio. Se l'avessi fatto, Dume avrebbe confessato ogni cosa, compreso il fatto che fummo noi a ritrovare quei resti anni prima. Per questo motivo mantenni il segreto, ma sorveglia in maniera discreta Dume. Riuscii persino ad assegnargli Chare come allieva in modo da poterlo controllare meglio, ma fallii. Dume riuscì a portarla dalla sua parte, cosa che ho scoperto solo ora."
"Chare" disse Darran. "Che cosa le è successo?"
"Non lo so" disse Sefu. "Ma per ora non ha importanza."
"Lo ha per me" disse Darran.
Joyce, che assisteva in silenzio a quello scambio di battute, disse: "Dume ha già risvegliato un esercito di mostri meccanici e sta marciando sulla città. Cosa può esserci di peggio?"
"I titani di ferro" disse Sefu. "Creature gigantesche che sarebbero sepolte nella montagna. Erano l'arma suprema che Zanihf voleva usare contro i circoli di stregoni che gli stavano dando la caccia. Secondo le poche informazioni che sono riuscito a mettere insieme, ne costruì due: uno per sé e uno per la sua donna, ma non riuscì mai a usarli."
"Quindi Dume sta cercando i titani?"
Sefu annuì. "Con quell'arma suprema sarebbe inarrestabile."
"Come lo fermiamo?" chiese Rafi.
"Recandovi nella montagna e trovandolo prima che attivi i titani" disse Sefu.
"Perché io?" chiese Darran. "Perché noi?"
Sefu sospirò. "Strega rossa, tu sai come entrare nel santuario. Conosci la strada meglio di noi. Rafi, tu sei l'unica persona di cui mi fidi davvero. So che se troverai il compendio non esiterai a distruggerlo. E tu Darran, devi dimostrare che meriti il tuo dono aiutando il regno in questa grave crisi. Se avrai successo molte cose cambieranno."
"E se invece falliamo?" chiese Rafi.
"Sarete morti. E nessuno di voi potrà lamentarsene."

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