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Autore: Calicantus    15/11/2017    1 recensioni
Non sempre ci rendiamo conto dell'importanza che un ricordo può avere.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come un ricordo...


Camminava lungo il corridoio principale, alla ricerca della camera da letto degli ospiti.
Era a in fondo a destra o a sinistra? Quella villa era enorme e lei non ci aveva mai vissuto se
non per più di qualche settimana nel corso degli anni. Aveva bisogno di quel cofanetto ed
era certa di averlo messo in quella stanza venti anni prima. Ricordava perfettamente il
momento in cui lo aveva posato nel cassetto interno all'armadio di mogano. L'armadio di
mogano nella stanza degli ospiti. Ma dove si trovava quella maledetta stanza?
Forse aveva sbagliato direzione. O piano. Sospirando, ripercose a ritroso i suoi passi.
Eccole, le scale. Si appoggiò al corrimano e cominciò a risalire gli scalini. La moquette
bordeaux impolverata attutiva il rumore pesante della sua marcia. Fece una pausa sul
pianerottolo che separava la prima rampa di scale dalla seconda. Sulla parete laterale vi era
un grande specchio antico, con un'elaborata cornice ad intarsi dorati. Uno specchio molto
bello, se non fosse stato per l'immagine che rifletteva.
Dio, come era invecchiata. Quando era successo? Quando la sua pelle aveva smesso di
essere tesa sulle sue guance e aveva cominciato a cadere, sconfitta dalla forza di gravità?
Quando i suoi lunghi capelli scuri, con quei magnifici boccoli naturali, erano diventati grigi
e stopposi? E i suoi occhi... erano rimasti chiari, ma ormai erano spenti, come ricoperti da
un sottile velo bianco, come avvolti in un sudario. Morti.
Scostò lo sguardo dallo specchio.
Come mai si trovava lì?
Ridiscese le scale, trovando la cucina. Bene, aveva fame. Aprì il frigorifero, ma non vi trovò
nulla se non un barattolo di cetriolini sottaceto, per altro scaduto da anni.
Prese una sedia e vi si sedette, provando a ricordare quello che stava facendo prima di
arrivare in cucina.
Aveva appena finito di farle la spesa e stava rientrando nella villa. Poggiò i numerosi
sacchetti e, dopo aver rovistato a lungo nella borsa, prese le chiavi e fece faticosamente
scattare la vecchia serratura. Riprese le borsine e entrò nell'ingresso: "Salve signora,
sono tornata!". Non ricevette alcuna risposta. Si diresse in cucina, per sistemare ciò che
aveva comprato.Il frigorifero era aperto. Trovò la donna seduta al tavolo, che fissava,
con sguardo vacuo, un punto indefinito del vuoto. C'era ben poco in lei che ricordava la
sua giovanile bellezza.
"Signora?".
Lei si riscosse, risvegliata dal suo stato di trance. La guardò, un po' spaesata. Mormorò:
"Io avevo fame ma il frigo è vuoto... "
"Certo che non c'è niente signora, sono uscita un'ora fa per comprare del cibo... Le avevo
anche chiesto se aveva voglia di qualcosa in particolare e lei mi ha riposto di prendere
delle uova... Non si ricorda?"
Lei aveva uno sguardo corrucciato.
"Sì... sì certo che ricordo."
Era ovvio che non se lo ricordava.
"Adesso finisco di sistemare la spesa, poi le cucino delle uova in camicia."
Lei annuì. Si alzo un po' barcollando e uscì dalla cucina. Probabilmente per vagare per le
stanze, come l'aveva già sorpresa fare più volte.
Le faceva pena. Un'attrice così bella, così famosa, era diventata un vecchia mezza
demente, abbandonata a se stessa, con l'unica compagnia di una donna delle pulizie.
Si era rialzata la sedia, dopo l'arrivo di... come si chiamava? Un nome tipico dell'Europa
dell'Est. O della Spagna? Comunque non era importante.
Il suo cofanetto, quello era importante. Doveva cercare il cofanetto. Doveva trovare il
cofanetto. Era certa di averlo messo nella stanza degli ospiti, venti anni prima. Ricordava
perfettamente il momento in cui lo aveva posato nel cassetto interno dell'armadio di
mogano in quella stanza. Ma dove era quella maledetta stanza? Perché non riusciva a
trovarla... perché...
Si accasciò a terra, facendo scivolare la schiena contro il muro. Pianse. Aveva bisogno di
quel cofanetto.
Aveva finito di cucinare. Chiamò la signora, ma non ottenne risposta. Decise di andare a
cercarla. La trovò al primo piano, accovacciata a terra, singhiozzante.
"Oh mio Dio, che succede?".
Lei mugolò qualcosa di incomprensibile.
"Signora...?"
"... il cofanetto..."
"Il cofanetto?"
"Non la trovo... non trovo la camera..."
"Quale camera?"
"La stanza degli ospiti... nel cassetto nell'armadio... la stanza degli ospiti"
"Glielo prendo io, signora, si calmi".
Si alzò, salì le scale ed entrò nella seconda stanza a destra. Aprì l'armadio di mogano, il
cassetto al suo interno e trovò il portagioie.
Glielo portò. Nel vederlo, il suo viso si illuminò. Tremante, lo aprì. Al suo interno vi erano
delle lettere, scritte a mano, con una calligrafia curata ma senza alcun dubbio maschile:
probabilmente da uno dei suoi tanti ammiratori di gioventù. Cominciò a leggerle, con
occhi affamati, bevendo ogni frase, ogni parola, ogni lettera.
Quando ebbe finito, se le strise al petto, raggiante di gioia. Le ripiegò con cura. Dal
portagioie prese poi un filo di perle, molto fine e, sicuramente, molto costoso, per quanto
non era di sicuro quello il motivo per cui aveva voluto riaverlo. Se lo mise al collo.
"Le sta benissimo."
Lei sorrise. Poi si tolse la collana e la rimise nel portagioie insieme alle lettere. Prese il
cofanetto e lo andò a nascondere da qualche parte.
Non la seguì.
Probabilmente nel giro di dieci minuti si sarebbe dimenticata dove l'aveva messo, ma
non se la sentì di invadere la sua privacy. Lei voleva proteggere quel cofanetto, perché
era fondamentale, prezioso.
Prezioso, come solo un ricordo può essere.

   
 
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