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Autore: Giglian    15/11/2017    3 recensioni
Nell'oscurità di una guerra incombente, le sfrenate e spensierate esistenze dei Malandrini si sfilacciano negli intrighi di una Hogwarts sempre più ricca di pericoli ed insidie. In un labirinto di incertezze, nell'ultimo anno l'amore sembra essere l'unico filo che conduce alla salvezza. Ma, per chi giura di non avere buone intenzioni, nulla sa essere semplice.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Le avventure dei Malandrini.'
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Salve gente! Sono rimasta molto sorpresa dal numero di persone che si sono ricordate di questa storia e che mi ha scritto. Vi ringrazio enormemente e sono felice di risentire gente che ho "conosciuto" più di dieci anni fa. Piccola precisazione, che intendo scrivere per una questione di trasparenza, soprattutto per chi è invece un nuovo arrivato. Questa Fanfiction la scrissi tanto tempo fa, facendomi aiutare da un'altra utente che, per svariati motivi, finì per inserire dei pezzi che non erano originali ma rubati ad un'altra autrice, Axia. Ai tempi ero piccolina, non c'era tutta questa informazione sui Fake. Ora sto riscrivendo la fanficton ripulendola ma, per forza di cose, ci sarà sicuramente qualche elemento vago che trae ispirazione dalla sua saga e che non posso cambiare per motivi di trama (ovviamente i pezzi copiati/incollati dall'altra utente sono stati tolti, scrivo ciò perché sicuramente è rimasta qualche similitudine). Per cui, volevo semplicemente mettere un avviso e invitarvi anche a leggere la sua fanfic, in modo da avere più chiarezza. Essendo passato tanto tempo da quando scrissi questa storia, laddove troviate qualcosa di sospetto, vi prego di avvisarmi. Mi premurerò di tagliare o mettere un avviso.

 
 
"Statemi bene a sentire."
La McGranitt aveva agguantato Sirius e James per un'orecchio.
"Questo sarà forse l'ultimo anno in cui potremo stravincere a Quidditch e non permetterò, ripeto, non permetterò..." tirò ancora più forte. "...che voi due beoti mandiate all'aria tutto quanto facendovi sbattere fuori. Sono perfettamente consapevole che i cognomi che portate su quei due testoni sono importanti ma giuro su dio che se non la piantate di darmi delle grane vi trascino io stessa fuori di qui a calci nel didietro."
No, non l'avrebbe fatto. Remus Lupin lo seppe ancor prima che iniziasse a parlare. Quei due erano dei privilegiati e non si sarebbero certo rovinati i rapporti con due delle più potenti famiglie di Londra sbattendoli fuori quando mancava così poco per farli diplomare. 
Anche lui stesso, pensò, e non senza un guizzo di amarezza. Anche lui era un privilegiato.
"Mentre tu, Minus." gli occhi di falco della donna si strinsero sugli ultimi due malandrini, mentre teneva i primi, parecchio incazzati e lacrimanti, ancora per i lobi. "Hai delle insufficenze che devi al più presto cancellare dal tuo curriculum scolastico, e per quanto riguarda lei signor Lupin, lei è veramente un pazzo scatenato se pensa di perdere tempo e mandare all'aria la sua intera carriera scolastica gironzolando nei dormitori femminili a fare scherzi di pessimo gusto."
Il bel lupetto incassò le spalle, in silenzio, avendo la decenza di fissarsi le punte delle scarpe. La strega lasciò i suoi due amici e quei due sospirarono, ma se pensavano che era finita, sbagliavano di grosso. 
Il sole nacque, quel giorno, con placida tranquillità. Seguito dagli occhi gonfi di quattro poveracci.
La Mcgranitt li aveva tenuti svegli per tutta la notte, e questa volta nemmeno la faccia angelica di Remus J. Lupin, molto bravo a tirarli fuori da quei casini, era bastata a placarla. 
Servì solo ad aumentare il numero di zenzerotti dentro i loro stomaci.
A quanto pare la professoressa di Trasfigurazione, che in quei sette anni si era ammazzata di emicrania a furia stare dietro a quei teppisti, s’era fatta, come la Evans, un bel programmino su tutti e quattro, che prevedeva fiato sul collo ventiquattr’ore su ventiquattro e un rigoroso sistema di sfinimento iniziale.
La prassi era prevedibile e scontata: una noiosissima e severa lezione sui poteri dei giovani maghi e sulla loro responsabilità, e ovviamente l’appioppo ad ognuno di loro di un bel castigo. 
Li lasciò andare, sadicamente, solo a inizio lezioni.
Sperando che sarebbe bastato a tenerli buoni almeno per un giorno.
E mentre, fasciata in una vestaglia dorata, li vedeva allontanarsi con la flemma di quattro zombie, sospirò.
Sembrava ieri che erano entrati nella scuola di Magia. 
Li ricordava perfettamente e si chiese davvero in che modo l'amicizia agisse nel mondo. 
Mai si sarebbe sognata che quei quattro mondi così differenti tra di loro potesero unirsi in quello che erano ora.
Sirius Orion Black, un bambino perennemente imbronciato, discendente da un casato potente e pericoloso.
Remus John Lupin, un esserino educato ma troppo freddo e solitario per la sua età. 
Peter Minus, timido e spaurito in mezzo agli altri. Un maghetto con la paura di essere notato.
E infine lui, James F. Potter. L'erede ribelle di due degli Auror più in gamba che si fossero mai visti da cent'anni a questa parte. Nato per essere un leader. In gamba. Dal carisma naturale.
E ce l'aveva fatta, pensò sedendosi stancamente sulla sedia. Era davvero riuscito a tenerli legati per ben sette anni.
Chissà quali altre diavolerie le avrebbero combinato. Quattro diciassettenni scalmanati ed incuranti delle regole, al loro ultimo anno di scuola.
“Cielo, dovrò rifornire la mia scorta di Valeriana”.
 
 
Le lezioni ad Hogwarts iniziavano presto, e non c’era un solo mago né una sola strega che non si lasciasse trascinare dalla calca pensando al caldo letto lasciato da poco, ma quella mattina James e la sua cricca superavano tutti.
Remus sbuffava di tanto in tanto, seccato. Quando poi notò che Potter non aveva neanche la forza di salutare le miagolanti streghette che gli facevano gli occhi dolci, si spazientì del tutto.
“Insomma.” Sbottò, passandosi una mano sulla faccia. “Ce lo siamo meritati, anzi… a dire il vero, VE lo siete meritati. Perciò basta con questi musi lunghi.”
James si voltò a guardarlo. Per un istante Remus pensò che mettesse il broncio. 
“HAI RAGIONE!” ruggì invece. “Architetteremo una bella lezione per la nostra adorabile Evans.”
“Aspettavo che lo dicessi.” Tubò estasiato Black, scuotendo la chioma di velluto e passandogli un braccio attorno al collo. “Col cavolo che ci passo un'altra notte insieme a quella mummia per colpa sua. Il mio orecchio non tornerà più come prima.”
“Veramente...non era quello che intendevo... “ balbettò il povero Lunastorta, ma Sirius e James erano già coinvolti in una fitta discussione su come farla pagare alla ragazza.
“Mmm...potremmo...e poi potremmo...” bisbigliava Sirius, e James annuiva con vigore.  
“ Bella idea Felpato! E poi magari...”
“Per favore, ragazzi, ve lo chiedo per favore. Lasciatela in pace!” supplicò Lupin, attirandosi le attenzioni del drago.
James si voltò verso di lui, lento. Si passò una mano nei capelli e lo fulminò.
“Cos'è, ti piace la Evans?” chiese spiccio, con voce dura.
“Ehhh? Ti piace?” fece eco Peter, con un ghigno largo da un orecchio all'altro.
“Che sciocchezze!” esclamò quello, alzando gli occhi al cielo. 
James inarcò un sopraciglio. "Stammi a sentire, razza di caprone. Lily è un'amica. E quest'anno ci sono i M.A.G.O.,quindi ti prego, abbassa la cresta e lasciale fare il suo dovere."
Era sincero mentre parlava della bella Evans. A Remus non dava così tanto fastidio, anzi, la trovava piacevole e provava per lei un affetto sincero.
E poi...cercò di dissimulare la piega amara che aveva preso la sua bocca con un colpetto di tosse.
Avrebbe dovuto saperlo che Remus Lupin non avrebbe potuto MAI mischiarsi ad una umana.
"Umana..."
James si sarebbe arrabbiato sapendo che continuava a chiamarli così. James non voleva capire. 
Il volto del Malandrino in questione si era fatto più rilassato, e anche se cercò di non darlo a vedere, gli altri percepirono ugualmente i suoi sentimenti.
C'era un motivo, forse, per il quale quell'amicizia così intensa non si era dissipata negli anni. Loro si avvertivano. Sempre.
E con un legame del genere, le parole spesso non avevano bisogno di uscire fuori dalla bocca.
A volte basta questo per volersi bene davvero.
Sirius, ignorando i battibecchi, gettò uno sguardo sul corridoio.
“Ed eccoci di nuovo qui, per l'ultima volta. La scuola di magia più bella del mondo."
Dopo sei anni passati a fare follie lì dentro, i quattro potevano dire di conoscere ogni suo angolo. Non era sempre stato facile e non sempre senza pericoli, ma Hogwarts non aveva più segreti.
Le sue scale matte, i suoi arazzi, i pinnacoli appuntiti, i suoi prati, tutto di quel castello emanava un senso di casa e di quella sensazione, chi per un motivo e chi per l'altro, ne avevano sempre avuto un disperato bisogno. 
L’ingresso della Sala Grande si stagliò imponente davanti a loro, e i Malandrini entrarono per l’abituale colazione. Quattro file di panche imbandite di squisitezze e il calore soffice della candele sopra le loro teste, furono sufficienti a far fare loro le fusa. 
James e Sirius in particolar modo, camminarono trionfanti come se avessero vinto una partita importante, come sempre. 
Un gruppetto di Grifondoro li attendeva. Geky Bell scosse la zazzera nera che aveva in testa.
"Sessanta punti solo il primo giorno è veramente un record." chiosò, incrociando le braccia al petto.
"Santo cielo, vedo la Coppa delle case già in mano alle vipere." si aggiunse Frank Paciock, con il braccio avvolto attorno alle spalle della sua fidanzata di sempre, Alice. 
"Non diciamo sciocchezze." Sirius Black lanciò una occhiataccia al tavolo verde argento, facendo una smorfia di fronte ai loro bei sorrisoni. "Piuttosto la distruggo."
"Sarà." proseguì l'altro, passandosi una mano sulla faccia. "Sta di fatto che quelli se la stanno godendo davvero un mondo."
James Potter si stiracchiò.
"Abbiate fede, ragazzi. E' solo un incidente di percorso." e stampò i suoi bei occhioni d'oro sull'unica cosa che sembrasse importargli davvero.
Lily Evans era seduta composta e s'imburrava una fetta di pane, i capelli tenuti compostamente dietro le orecchie. Aveva due occhiaie da far spavento. Le sbatté i libri di fianco, sul tavolo, e prese una sedia.
“Salve Evans, ti stai godendo la colazione?”
“Potter, non ti è bastata la lezione di ieri sera?” sibilò lei. “Non ho voglia di sentirti. Gira al largo!”
“Non hai MAI voglia di sentirmi, se per questo.”
“Appunto...perciò squagliati.”
“Sei sempre cosi simpatica...cosi affabile...” cinguettò quello, sarcastico. Le fissò il profilo. La nottata doveva aver lasciato qualche segno.
“Ti avverto: non ho dormito e oggi sono pericolosamente isterica.” la voce di lei tremolò minacciosamente.
“Capisco."  "Volevo solo avvertirti, nel caso tu non lo sappia, che nessun Prefetto può toglierci punti e pensare di passarla liscia. Capisci, è la regola.” tubò lui, deliziato. “Terribili scherzi si abbatteranno su di te....oppure no? Se esci con me, forse ti lascerò in pace.”
Com'era bella quando s'imbestialiva. Girava la testa di scatto ed i suoi capelli le danzavano sulle spalle, mentre gli occhi lanciavano saette verdi.
“Per l'ultima volta Potter, la risposta è no. Non ci esco con te, preferirei uscire con una piovra gigante! E prova a farmi qualche altro stupido scherzo e saranno le punizioni che si abbatteranno su di te ad essere terribili.”
“Già le immagino le tue punizioni. Qualche punto in meno, che paura, Evans...” la schernì lui, a voce bassa. 
Lei conficcò il coltello pericolosamente vicino alla mano di James e afferrò il pane.
“Devo considerarla una sfida? Saprai veramente mettere nei casini la tua adorata Grifondoro solo per starmi con il fiato sul collo?”
Lo guardò intensamente, prese la fetta di pane imburrato e...gliela spiaccicò in faccia. Dal tavolo dei Serpeverde si levò un coro da stadio.
“Si.” rispose Lily, incurante degli occhi di tutta Hogwarts puntati su di lei. Si alzò, si spazzolò la gonna e attraversò dignitosamente la Sala Grande.
James Potter si ripulì il viso col tovagliolo e la fissò fino a quando non scomparve. Era tremendamente divertito. 
“Hey, Evans sembra più agguerrita che mai a metterti i bastoni fra i piedi.” sghignazzò Sirius Black, sedendosi vicino a lui. Lo guardò con i suoi occhi neri e penetranti e si chiese se non fosse compassione quella che gli vedeva spiaccicata dentro lo sguardo.
Dannato cane. Si stampò in faccia un'aria sostenuta. 
“Meglio cosi, Fido. Sarà più divertente.” sorrise, pulendosi con un tovagliolo la marmellata dalla faccia.
La sedia dove stava un attimo prima la Prefettina era insopportabilmente vuota.
Scappava da lui. Come aveva sempre fatto.
Quella frase della notte scorsa gli ronzava in testa come una nenia. Lo odiava. Lo odiava veramente.
Ma era davvero scorcentante riconoscere, dentro se stesso, come a quell'odio stesse finendo seriamente per affezionarsi.
 
Le lezioni proseguirono lente come al solito e solo Lupin fu attento alle spiegazioni.
Vituos, un professore di origini nanesche, stava spiegando ignaro un incantesimo del fuoco. Così come altrettanto ignara lo seguiva Lily Evans, attenta e concentrata come se da quell’incantesimo dipendesse la sua vita.
Era sempre la solita…non era cambiata per niente.
Sospirando, si girò a guardare preoccupato i suoi tre amici che sghignazzavano. Sirius e James stavano ai banchi davanti a quelli di lui e Peter, e i loro occhi scintillavano.
Razza di babbei.
“Siete crudeli.” Sibilò. “E siete nel torto.”
“A cuccia, lupetto.” Sussurrò in risposta James. “Lascia fare ai grandi.”
Lui distolse lo sguardo, roteando gli occhi.  
“Affari vostri, sia chiaro. Stamattina ho mal di testa.”
“Bene, significa che ti sono arrivate.” Sbuffò dolcemente Black, mentre Peter ridacchiava. “Ecco perché rompi le palle più del solito.”
“Dai Rem, non stanno facendo niente di male.” pigolò Minus, tutto uno zucchero.
“E tu non stare sempre a difenderli!” rimbeccò Lupin, esasperandosi.
Quei tre babbei avevano in mente qualcosa. Come se non fossero bastati tutti i castighi già subiti.
E poi Lily aveva fatto solo il suo dovere.
Oh, ma questa volta non ci sarebbe cascato. Oh no, col cavolo.
Non lo avrebbero coinvolto. Bastava negare e avere polso fermo. Chinandosi, iniziò a prendere appunti e si estraniò dai loro discorsi.
Ma il pericolo era incombente e, come Remus aveva previsto, James lo raggiunse appena suonata la campanella. Abbrancandolo per la spalla e buttandogli in faccia il suo migliore sorriso da iena.
Lo abbracciò come un bambino, posandogli il mento sui capelli e schiacciandogli l'occhio.
Sirius gli si spiaccicò sulla spalla destra, puntando un dito sulle fossette di Potter.
"Guarda che sorriso ebete." constatò, con la sua voce perennemente maliziosa.
"Quando fa così ha in mente qualcosa di diabolico." trillò Peter, piazzandosi alla sua spalla sinistra.
Maledizione, era braccato.
"Beh, quel sorriso a me non piace." bofonchiò alzando gli occhi su James.
“Lunastorta!” miagolò suadente quello. “Lunastorta."
"So come mi chiamo, grazie."
"Volevo dare più enfasi."
"Arriva al punto, idiota."
"Mai avuto problemi d'isteria, tu? Sei sempre così scorbutico."
Remus gli agguantò letteralmente il naso e iniziò a tirare.
"AHIA! NO...NO! VA BENE... TE LO DICO!" Glielo lasciò.
Lui riprese fiato e si ricompose. "Allora. Oggi abbiamo architettato questo piano per la Evans…”
Eccoli arrivati al punto dolente.
“No!” esclamò esasperato Lupin, alzando le mani.
Bene Remus, stai andando bene.
“Ah no, basta sono stufo, non mi coinvolgerete una altra volta!”
Continua così e vedrai che stavolta la scampi.
“Finiremo nei guai, assolutamente, la mia risposta è...”
 
 
 
“Sì...maledizione, ci sono cascato un'altra volta!” 
Percorrendo in preda alla nevrosi il corridoio che portava ad Erbologia, Remus J. Lupin si stava praticamente dannando l’esistenza.
Inutile. Quando James sbatteva quei suoi occhioni d'oro nessuno sapeva resistere. E Sirius Black sapeva parlare, dio, se sapeva essere convincente. Per non dire dello sguardo insopportabilmente deluso di Minus, che sfoggiava fuori ogni qual volta che Remus cercava di tirarsene fuori.
Nulla da fare, dir loro di no era impossibile.
La giornata non era ancora arrivata al mezzogiorno e lui aveva già una bella emicrania con i fiocchi e stramaledì il giorno in cui quegli infami lo avevano avvolto nelle loro spire malefiche.
Non si accorse nemmeno che stava andando a sbattere contro una persona, fino a quando non scorse un filo serico di capelli biondo platino sfiorargli la spalla.
“Ti conviene fare attenzione.”
Odore di freddo.
Una colonia che sapeva di veleno.
Voltandosi, Lupin si stampò in faccia la scocciatura più totale. Normalmente avrebbe chiesto scusa, ma non a lui.
Avrebbe riconosciuto ovunque la voce strascicata di Lucius Malfoy, settimo anno, ricco sfondato e re dei Serpeverde. 
Si ritrovò faccia a faccia con due occhi, gelidi come scaglie d'inverno, e un viso lungo e affilato come il taglio di una spada, bianco come la neve.
Se c'era qualcosa che Lucius Malfoy sapeva fare bene, era trasmettere un vago senso di disagio a chi gli stava di fronte.
Portava la lunga chioma bionda legata in un codino basso, trattenuta con un filo di seta pura, dalla quale sfuggivano delle ciocche che andavano ad accarezzare gli zigomi. Un'acconciatura antica, da cavaliere.
Ma era un cavaliere che nascondeva veleno, sotto l'armatura: tratti demoniaci contornati da un sorriso sgradevole, non si allargava mai agli occhi.
“Ma tu guarda, salve Lupin.”.
Il re delle Serpi era affiancato da altre due persone, che ora guardavano il Malandrino come si guarda una caramella dolce. Uno era un ragazzo pallido, dalla faccia storta e volgare, con una cortina di capelli neri e ondulati che creavano una perfetta riga centrale, e si dividevano sulla fronte in due riccioli.
L'altro, rimaneva in silenzio, lo sguardo sprezzante, i capelli neri e unticci che sfioravano le spalle ossute, un naso adunco e due occhi neri come il dorso d’uno scarafaggio.
Antonin Dolohov e niente meno che Severus Piton in persona, il peggior nemico di James e spalla destra di Lucius Malfoy.
“L'anno è appena iniziato e già abbiamo il piacere di rivederci.” Lucius sorrise con inquietante dolcezza.
“Il piacere è tutto tuo, Malfoy.”
“Via, Remus. Non è il caso di proseguire di questo passo. Siamo persone ragionevoli, giusto, Antonin?”
Il secondo simulò la parodia di un sorriso.
“Potrei esserlo.” aveva una voce che sembrava un fischio tra i denti. “Ma ho ancora da schiacciare le ultime pustole che quel parassita di Potter mi ha attaccato sul didietro. Ho saputo che la Evans l'ha spedito in bianco anche stanotte.”
“Oh.” Lucius si finse pensieroso. “A quanto pare, ci avete già fatti incazzare. Tu che dici, Severus?”
Il ragazzo guardò Remus con uno sguardo che avrebbe gelato l'inferno, ma rimase in silenzio.
“Non è di tante parole, oggi.” constatò il biondo. “Devi perdonare la sua scortesia, Lunastorta.”
Remus sentì le braccia irrigidirsi. Lui se ne accorse.
“Oh, domando perdono.” sussurrò, lentamente. “Quel nome lo possono usare solo poche persone. Sai, mi sono sempre chiesto che significato avesse.”
Ed ecco dove doveva arrivare. Il Malandrino sospirò, stancamente.
Se solo quella maledetta sera Sirius non avesse organizzato quello scherzo a Piton. Rabbrividì al solo pensiero.
Severus aveva scoperto il suo segreto al Quinto anno, e l’imposizione di Silente di tenere la bocca chiusa gli era dolorosa come acido. 
Quella notte, qualcosa si era rotto. Si erano sempre stati sulle palle ma quella notte avevano superato tutti un limite che non sarebbe mai stato dovuto superare.
E quel tipo era infido come un ragno e, di certo, a furbizia mangiava loro in testa.
Stando attento a non parlare mai a faccia aperta, aveva messo una pulce nell’orecchio ai membri della sua Casata. Una frecciatina, una domanda velata, un commento al momento giusto. E Lucius era caduto nella rete.
C'era mancato veramente poco che li scoprissero, l'anno scorso, e quanto pareva l'estate non aveva fatto passare la smania.
“E' buffo.” Proseguì, con occhi persi. “Un gruppo così popolare con nomi e comportamenti a volte, così misteriosi.”
“Quello che è buffo Malfoy...” Remus rispose con la sua solita tranquillità. “E’ come sia tecnicamente possibile che i tuoi capelli, dopo tanta Brillantina, siano ancora attaccati alla testa.”
Il sorriso sgradevole non si interruppe, come se nulla di quello che Remus aveva detto lo avesse turbato.
“Circolano strane voci, sul tuo conto. Non sono tipo da prestare orecchio ai pettegolezzi, ma se fossi in te starei attento. Qualcuno ha iniziato a chiedersi perché ogni tanto sparisci per settimane e compari in sala Grande coperto di lividi e graffi.”
“Sta' calmo, Remus.”
“Non so di cosa parli.” Replicò gelidamente.
E Severus si scostò dalla colonna, e spezzò il suo silenzio.
“Ho notato che accade spesso quando c'è luna piena.”
Un attacco così diretto lo lasciò completamente spiazzato. Piton non era mai arrivato a tanto.
Probabilmente Lucius nemmeno ci aveva fatto caso.
Ma stava giocando col fuoco. E negli occhi celesti di Lunastorta s'infiammò una luce pericolosa.
“Ora basta, Malfoy.” ringhiò, estraendo la bacchetta e puntandola a mo' di spada sul ragazzo. “Non farmi perdere la pazienza.”
La reazione fu repentina. Antonin sfilò la sua dalla tasca e gliela puntò sulla tempia. Lucius rimase immobile.
L'aria si caricò di uno strano silenzio, denso come burro. Remus poteva sentire il proprio cuore battere contro le costole.
Stava perdendo il controllo. Non era da lui.
Ma la luna era così vicina. Così vicina. La luna piena gli scompigliava il cervello.
“Sono un lupo mannaro.” pensò, caricandosi di un gelido furore. “Sono un mangiatore di uomini. Posso sentire il sapore del vostro sangue nella bocca.”
A quel pensiero, la gola sembrò gorgogliare. Le orecchie ronzavano.
Era così vicina...
“Abbassa la bacchetta, schifoso Grifondoro.” Antonin ringhiò come un cane. “Vediamo di farti abbassare la cresta.”
La bacchetta magica scintillò. Poi, improvvisa, una voce si levò alle loro spalle.
“Io non lo farei, se fossi in te.”
Sirius, Peter e James erano arrivati. Remus non ne fu sorpreso.
Loro erano un branco.
Loro capivano quando qualcuno del branco era nei guai.
In quel momento, Sirius aveva abbandonato lo spazzolino da denti sul lavandino. James e Peter avevano fermato la loro partita a Gobbiglie. Si erano guardati negli occhi, scossi da un brivido comune.
E avevano capito.
Gli occhi di James si scontrarono in quelli di Piton, ed entrambi sembrarono trattenersi a stento dal prendersi a pugni.
Un antico odio, antico quanto Hogwarts, si riaccese per l'ennesima volta.
Severus e James si detestavano. Sirius affermava che il motivo era semplicemente che Piton fosse un pidocchioso pezzo di merda.
Ma Remus sapeva che cosa li accendesse di rabbia.
Era lei.
James aveva rubato a Piton l'unica cosa a cui lui tenesse davvero. E anche Piton, a suo modo, l'aveva sempre tenuta lontana da James.
Il fatto che Severus volesse proteggere Lily Evans da lui, aveva lo aveva sempre fatto impazzire.
“L'allegra combriccola...San Potter e la cavalleria sono qui.” sibilò Malfoy, con una smorfia. “Sempre pronti a soccorrere gli amichetti, hn?”
“Sparite.” Grugnì Sirius.
“Black, il diseredato. Le tue parole hanno così poco valore che mi rovinano il vestito.”
“E i miei pugni ti rovineranno il naso, se non ti levi dalle palle.”
“Hey, che succede qui?”
Una voce arrivò alle spalle del gruppetto e James, nonostante la rabbia, si sentì fremere.
Lily Evans era appena arrivata, pronta a metter fine a quella che doveva essere una delle innumerevoli risse "Grifoni VS Serpi".
“E per finire in bellezza Lily Evans...” Antonin rise.
Il viso di Piton scattò verso la ragazza e i suoi occhi, sempre vacui, si accesero. Potevano sentire il rumore della sua mascella nel contrarsi.
La ragazza non lo degnò di uno sguardo, ma le mani le tremarono.
Piton era stato suo amico, in passato. Uno dei migliori che avesse mai avuto. Eppure, continuava ad insultarla. A umiliarla
Ingoiò il rospo, come al solito, e puntò dritto negli occhi del capo. Severus era un problema del quale non era più intenzionata a preoccuparsi da tempo.
“Ho chiesto che cosa succede.”
Cristo santo, pensò Potter. Quel suo tono supponente era assurdamente e adorabilmente irritante e si chiese come diamine avesse fatto a sopravvivere fino a quel momento. Lily Evans viveva davvero in un mondo tutto suo.
Lucius la fissò come si può squadrare un verme. Il fatto che la Evans, una figlia di babbani, osasse sfidarlo, lo faceva ribollire. E per la prima volta perse il suo sorriso affabile.
“Nulla che ti riguardi, sporca Mezzosangue.” 
James Potter avanzò di un passo.
“Malfoy, rivolgiti ancora alla Evans con quel tono e sarà l'ultima cosa che farai.”
“Questo è amore.” fece Malfoy a Antonin, ed entrambi sogghignarono. 
Lui rimase impassibile.
“Che c’è? Invidiosi? Si dice che le Serpeverdi siano terribilmente fredde."
“Smettila, Potter.” S’intromise subito la Grifoncina: L'ultima cosa che voleva era che lui raccontasse fatti privati (e fasulli) a quei Serpeverde perfidi e pettegoli.
"Disse quello che è andato in bianco." berciò il biondastro. "Hai dimenticato le palle sotto la sua gonnella, ma è evidente che alla nostra cara Prefetto non importi avere un cagnolino."
Uno sbuffo alla loro sinistra. Severus si lasciò sfuggire una mezza risata.
Gli occhi di James si accesero.
“Hai qualcosa da dire?”
“E' solo interessante vedere come difendi i tuoi amici.”sibilò quello. “Quando l'unico pericolo per la scuola ce l'hai al fianco.”
Sirius lo fissò con una freddezza glaciale.
“Ti conviene chiudere la bocca, Mocciosus.” mormorò. “Stai tirando una corda che ti si legherà al collo.”
Ma lui osservava Lupin.
“Non sei adatto a Grifondoro.” sorrise, malevole. “Dovrebbero fare una casata speciale solo per te.”
James camminò. Lentamente.
Superò tutti.
Gli arrivò a un palmo dal naso.
“Continua.” sussurrò.
“E avrei già in mente il nome.” Severus era coraggioso, c'era da ammetterlo. “Qualcosa che abbia a che fare con il puzzo di cane.”
“Vai avanti. Ti prego, vai avanti a parlare.”
Gli occhi di James erano così accesi che ci si chiese come i peli delle sopracciglia di Piton non andassero a fuoco.
Lupin ebbe il buon senso di farsi avanti.
“Lascia stare.” borbottò. “Andiamo via. James, lascia stare.”
E poi, Piton lo disse. Lo sussurrò talmente piano che solo le orecchie del capo dei Malandrini percepirono il suo disgusto.
“Pensi di essere un cavaliere, Potter? Mi fai ridere. Tu, finirai per ammazzarla."
Il rumore del pugno fu sordo, arrivò alle orecchie di tutti prima che vedessero il braccio del Grifondoro scattare contro la faccia del Serpeverde. 
“JAMES, NO!” strillò Lily, mentre Malfoy estrasse frettoloso la bacchetta e fece per intervenire. Nemmeno il tempo di rialzarsi, e il corridoio si divise in due. James e Piton si saltarono al collo, volò qualche schiantesimo nell'aria e tutto parve precipitare.
Sirius si parò davanti a Lucius con un sorrisetto, piazzandoli il palmo della mano sull’addome. 
“Via…non può divertirsi solo James, ti pare, Malf?” ridacchiò, mentre Lily e Remus riuscirono a prendere per le braccia il ragazzo e allontanarlo da Severus.
“Tu...porco schifoso...” Il viso del futuro professore di Pozioni era feroce, le guance chiazzate di rosso.
“Va tutto bene, James!” ansimò Lupin, lottando per tenerlo fermo. “Non mi sono offeso...calmati!”
“Ok…sono...sono calmo...” ansimò Potter.
Squadrò Severus con occhi fiammeggianti che quello ricambiò con piacere.
“Non hai idea di quanto tu mi faccia schifo, Potter.” 
“La cosa è reciproca, Mocciosus.” 
“ORA BASTA!” tuonò Lily, a metà tra le due compagini. "Sono maledettamente stufa di dover sempre risolvere le vostre beghe! Mettetevi in tasca il testosterone e tornatevene a lezione, abbiamo ben altri problemi a cui pensare tutti."
“Non sei tu quella che mi dice cosa devo o non devo fare, stupida Grifondoro!” Ruggì Antonin, perdendo le staffe.
“IO INVECE LO SONO!” 
La professoressa Mcgranitt comparve dietro ai ragazzi come un fantasma, ammazzandoli di spavento.
Nessuno seppe mai da quanto fosse stata lì e da quanto stesse udendo le loro conversazioni, sta di fatto che i suoi occhi ardevano, ed erano come profondi pozzi in cui nessuno vi avrebbe mai voluto sprofondare.
Calò un silenzio impietrito.
“Via. Di. Qui.” La professoressa era così incazzata che si mangiava le parole.” In tutta la mia vita, non ho mai...mai...Ne riparlerò al professore della vostra casata, statene certi. 50 punti in meno a Serpeverde. Piton, si metta in Infermeria.”
Lucius Malfoy fece un inchino che sembrò toccare terra.
“Sono profondamente mortificato, Professoressa Mcgranitt. Tutto questo è stato davvero disdicevole. Non accadrà mai più.”
Ma sotto la cortina di capelli biondi, si intravide un sorriso beffardo.
Prima di allontanarsi, Piton si voltò a fissare James. I due si augurarono a vicenda una morte lenta e dolorosa.
“E voi…” frecciò la Mcgranitt, rivolgendosi ai Malandrini. “Avete la settimana di castigo duplicata. Cinquanta punti in meno a Grifondoro e grazie tante. E ora via da questo corridoio. Immediatamente, o vi espello da Hogwarts con le mie mani.”
Aveva le labbra strette e finissime, tanto che i ragazzi ebbero il buon gusto di filarsela ancora prima che avesse terminato la frase. Fare incazzare due volte nella stessa giornata Minerva era come uscire vivi dopo un Bombarda: meglio non ritentare.
“Hey Evans…” James si avvicinò all'orecchio. “Ho notato, sai? Mi hai chiamato per nome… è la prima volta…”
La sua rossina preferita diventò di un delicato color porpora e valutò seriamente l'idea di tirargli un pugno in faccia. 
“Questo non vuol dire nulla, Potter.” ringhiò, allontanandosi velocemente come se le avessero lanciato un incantesimo. "E ti faccio anche i miei complimenti, ci stai facendo perdere la Coppa delle case."
Appena Evans fu sparita, calò il silenzio.
“Siete stati imprudenti.” disse Lupin, con voce ferma. 
“Hn.” James fece un versetto indistinto, con lo sguardo fisso al pavimento. Un rivolo di sangue gli colava dal naso.
“Io vi ho trovati grandiosi.” cinguettò Peter. Era incredibile come il suo sorriso carico di ammirazione potesse risollevare il morale del gruppo. “Avete visto come Ramoso ha placcato Piton?”
I due amici si scambiarono un ghigno perfido e tutto fu di nuovo normale. 
“Dato...che siamo in argomento.” mormorò Lupin, imbarazzato. “Questo Venerdì…c’è luna piena.”
Sirius gli passò un braccio attorno al collo.
“Ci saremo come sempre.”
Il ragazzo sorrise, rassicurato dall’idea che nemmeno quella volta i Malandrini lo avrebbero abbandonato.
“Grazie.” mormorò, grato della loro amicizia.
Ma una stretta al cuore gli si era formata nel petto. 
Ogni volta che chiedeva ai suoi amici di accompagnarlo al loro rifugio...di sapere che doveva ritrasformarsi in quella…quella cosa... ogni volta che si sentiva attratto e innamorato della luna, ma allo stesso tempo la odiava.
E ogni volta che aveva fame.
E pensava agli studenti, al loro caldo sangue umano. 
Un blocco all'altezza del cuore, pesante come un macigno, un macigno che nessuno oltre a lui poteva sostenere. 
Anche se sapeva che i suoi amici rendevano la cosa molto più divertente, non riusciva a non pensare con orrore che forse quella era la volta giusta. 
Che avrebbe morso qualcuno...e magari ucciso.
La promessa fatta a suo padre.
“Se un giorno dovessi uccidere qualcuno, mi toglierò la vita.” 
Un brivido scosse il gruppo.
"Tutto bene, Lunastorta?" borbottò Peter, stringendosi le braccia al petto. "Mi è appena arrivata una scarica di sentimenti negativi addosso da far paura."
"Dovremo proprio cercare di cambiarla, questa cosa." berciò Sirius. "Non è molto piacevole, ogni volta. Possiamo sapere che ti prende adesso?"
Il lupetto scosse la testa e mise sotto chiave il suo tormento. Era diventato bravo a farlo. 
"Va tutto bene."
Mentiva, mentiva sempre.
Quelli, erano segreti che nemmeno gli amici più cari potevano conoscere.
E stampandosi in faccia il sorriso più candido che riuscì a trovare, continuò a camminare accanto ai suoi compagni di vita fino alla prossima lezione.
 
 
 
 
 
 
La sera, solo il caldo fuoco che brillava in Sala Comune scaldava gli animi intorpiditi dallo studio. 
Quello, e l'eccitazione per l'aver preso a pugni quelle serpi maledette.
La casa comune era in fermento e volarono anche dei bicchierini di Wisky Incendiario.
Lily Evans stava seduta sulla sedia e fissava con sguardo assente James Potter, che ridacchiava assieme ai suoi amici, circondato come sempre da una mandria di persone.
Sembrava che non fosse mai da solo. Sembrava un sole, che come una calamita risucchiava tutto il resto fino a tenerselo ben stretto sotto il braccio.
Nonostante fosse parecchio incazzata per essere stata trascinata in una delle loro idiozie,e anche perché nessuno stava pensando ai punti tolti a causa loro facendogliela passare liscia come ogni dannata volta, alcune parole di quella gentaglia continuavano a ronzavarle nelle orecchie.
“L'unico pericolo ce l'hai al fianco.”
Chissà che diavolo nascondevano quei quattro. Ma l'avrebbe scoperto, pensò, stringendo gli occhi verso le fiamme. Fosse l'ultima cosa che faceva.
“Ma che aria assorta! Pensi a me, vero?”
La testa sorridente di James, obliqua sul suo campo visivo, le fece prendere il secondo infarto della giornata.
“Potter!!! Accidentaccio a te!” 
“Che caratterino!” esclamò James. “E io che mi preoccupavo per te.”
“Ah, sì?”
“Certo, dolcezza.” il miagolio del Grifondoro era più caldo del caminetto. “Ero preoccupato perché oggi non mi hai ancora detto quanto sono stato affascinante nell'averti difesa a spada tratta. Sei per caso ammalata?”
Si potevano vedere i nervi saettare sulla sua tempia. 
“Sei un presuntuoso, arrogante, stupido ragazzo che si crede chissà chi e mai mi sognerò di...”
“Ok, ok!” Si arrese James, alzando le mani. “Ma come siamo permalosette, Evans.”
“Devi dirmi qualche cosa in particolare o hai solo voglia di rompermi le scatole?”
“Ti volevo solo dire che sei seduta sulla MIA poltrona.”
“Non ci vedo scritto il tuo nome!” ribatté quella, scattando come una iena.
“Spostati Lily, sei sul trono del re.”
I Grifondoro presenti risero di gusto.
Inutile stare a discutere.
Lily Evans quella notte voleva dormire tranquilla e senza mal di testa.
Si alzò, fiera e orgogliosa come solo lei sapeva essere.
“Bene, spero ci sia uno spuntone che ti punga il …”
“Eddai Evans…” soffiò morbidamente lui, avvicinandosi. “Non sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto.”
“Lo so eccome.” Sibilò lei. “Sono stata costretta per sette anni a sentire i vaneggiamenti di quelle galline che ti porti appese al collo, ogni santo giorno. E sai cosa usciva dalla loro labbra, Potter? Soltanto stronz…”
“Non stanno bene parole come queste nella tua bella boccuccia, Evans. Riempile di qualcos’altro.”
“La tua lingua, magari?”
“E’ una proposta?”
“Va al diavolo.” Ringhiò la Prefetto, arricciando le labbra. “Non sei cambiato di una virgola.”
“No, ti sbagli.” I suoi occhi d’oro fuso, bollenti, la inchiodarono per la tanta serietà che emanarono. “Non hai idea di quanto sia mutato, al contrario.”
“Hn, d’accordo Potter. Quando ti vedrò diventare un Troll me ne farò una.”
Fece per spostarsi, ma James le bloccò la strada con un movimento fulmineo.
Nella Sala Comune scese un istantaneo silenzio pieno di tensione, mentre la ragazza stringeva gli occhi pericolosamente.
“Spostati.” Ringhiò a voce bassa, ma lui le rinfacciò quel sorriso sghembo che nessun altro riusciva mai ad imitare.
“Sono riuscito in tutto ciò che mi sono prefissato, mia cara Prefetto. Tienilo bene a mente.” Sussurrò, con voce soffice che le sfiorò la pelle del viso. “Gloria, fama, amore…tutto.”
“Amore? Tu non conosci questa parola, non farmi ridere.” Lo beffeggiò lei.
“A me non è mai servito.” Ridacchiò lui, piano, pericoloso e abile. “E a te, Evans?”
“Potter, ho detto di scansarti.”
Lo vide avvicinarsi e i suoi pugni si chiusero di scatto, impercettibilmente.
Stava tirando fuori le unghie, constatò James con un sorriso, così vicino al suo viso che sarebbe bastato solo chinarsi in avanti per sfiorare quelle labbra velenose.
“Stai attenta, Evans. Perché mi sono stancato di giocare…e…” si chinò di più piano, in modo che solo le sue orecchie potessero sentire. Sentiva la sua bocca contro la guancia. “…E non sono intenzionato a perdere nessuna sfida, con te.”
Al posto d’infuriarsi, lei sospirò, stanca.
“Non c’è mai stata nessuna sfida, Potter. Non c’è mai stato niente se non il reciproco disprezzo, tra noi.”
Disprezzo?  
Se il fuoco che James Potter sentiva scorrergli per le vene, liquido e incandescente, era disprezzo, allora…ne voleva ancora, fino a nausearsi.
“Beh, io ti ho avvisato.” Concluse, tornando allegro come sempre. “Se mi metto in testa una cosa, niente può riuscire a impedirmi d’ottenerla. E se vuoi proprio andare a dormire nel tuo freddo – ahimè troppo freddo – letto…se ci tieni, dolcezza, spostati tu.”
Avrebbe voluto ucciderlo, strangolarlo con le sue stesse mani, e per un attimo fu davvero tentata.
Poi, fissando il suo sorriso, decise che non valeva la pena sporcarsi le dita e si limitò a fulminarlo.
Ma aveva sonno ed era stanca: una piccola sfida, quella sera, l’avrebbe vinta lui.
“Io non ti sopporto James Potter!” esclamò quindi, e dirigendosi a passo di generale nel suo dormitorio. “E se intendi farmi un altro scherzo mentre dormo, sappi che hanno aumentato le protezioni e messo incantesimi nel dormitorio femminile!” sbottò, sulla soglia.
Osservando che lo sguardo di James era puntato senza alcun pudore sul suo grazioso fondoschiena s'infuriò ancora di più.
“E SMETTILA DI GUARDARMI!!!” strillò istericamente, e gli sbatté la porta in faccia con tanta violenza che caddero un paio di quadri.
Ma tu guarda che tipa!” pensò James Potter, sedendosi in mezzo ai Malandrini sghignazzanti.
Ma tu guarda che tipo!” pensò Lily Evans sdraiandosi sul letto morbido.
E' insopportabile!” pensarono entrambi, e la notte li avvolse.
Ma quel fuoco che aveva iniziato a scorrere nelle vene di James non voleva proprio saperne di sparire e, il Malandrino ne era certo, avrebbe continuato a bruciarlo.
Spettava a lui decidere se lasciarsi consumare fino a diventare cenere o estinguerlo una volta per tutte.
   
 
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