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Autore: CHAOSevangeline    15/11/2017    9 recensioni
{ Viktuuri | Mermaid!AU }
[Dal testo]
« Ti avevo detto che non sarei scappato. »
« Ho pensato comunque che lo avessi fatto », rispose franco Viktor. « Sei mio prigioniero, se volessi scappare… »
« Ma non voglio », lo interruppe Yuri.
« Perché no? »
A Viktor non importava nemmeno di trovarsi sul ponte della nave, dove chiunque avrebbe potuto vederli parlare, i volti più vicini di quanto fosse conveniente.
« Perché mia madre mi ha raccontato una nostra leggenda, una volta », spiegò Yuri. « Dice che verrà un periodo di pace, prima o poi, tra umani e sirene. Che uno di noi farà la differenza. Non ho nulla da perdere, e se non resto con te non posso cambiare nulla. »
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VIII.
 


L’acqua del lago sembrava inquieta quel giorno.
Yuri lo percepiva sin dal fondale, dove si era appollaiato la notte precedente dopo essere riuscito a convincere Viktor ad andarsene. A manipolarlo affinché ubbidisse, se doveva dirla tutta.
Yuri non avrebbe potuto guardarlo andare via a causa del ghiaccio, ma era rimasto in prossimità della superficie con le mani a sfiorare la lastra fredda, con gli occhi fissi verso le sponde dello specchio d’acqua per accertarsi che il suo potere non avesse vacillato e che Viktor non stesse facendo ritorno.
Il desiderio di Yuri era non usare mai una simile forza con qualcuno, di non fare presa sulla mente, soprattutto di Viktor, obbligandolo a compiere un’azione secondo un volere che però non era il suo. Ma il tritone sapeva di averlo fatto a fin di bene: lo aveva protetto, lo aveva allontanato per metterlo al sicuro e fare in modo che riposasse, cosa del tutto impossibile se fosse rimasto nei pressi del lago, al freddo.
Quando si era addormentato, esasperato da tutte le preoccupazioni riguardanti Viktor e la loro condizione, Yuri era riuscito a concedersi un sonno senza sogni: era troppo stremato dalle lacrime perché una sola immagine, persino serena, potesse attraversare la sua mente finché dormiva. Era grato per questo, che le sue paure non si fossero manifestate in forma di incubi durante in una notte in cui, Yuri ne era certo, non sarebbe stato in grado di affrontarle.
Rimase sdraiato per un po’ sui sedimenti del fondale, alzando lo sguardo verso l’alto.
L’ancora della preoccupazione, per nulla più leggera pur essendo trascorsa una notte, sembrava volerlo tenere intrappolato lì.
La luce del sole sembrava più diretta, più calda.
Yuri si chiese per un istante se l’acqua lo capisse; si muoveva, quasi fosse sferzata dal vento, ma se c’era una coperta di ghiaccio a dividerla dall’esterno, poteva essere questo solo perché percepiva il tormento del suo animo?
Chissà se Viktor sarebbe andato lì, chissà quando l’effetto del suo potere sarebbe scomparso.
Yuri non si sentiva apatico solo per il timore, il timore di aver usato un potere che non poteva davvero controllare, ma anche per la paura che se Viktor se ne fosse reso conto avrebbe anche potuto non fare ritorno.
Il tritone avrebbe voluto rimanere lì, nascosto nei meandri del lago, ma i turbinii dell’acqua lo rendevano troppo inquieto.
Yuri nuotò verso la superficie. La coda guizzò rapidamente e quando fu in prossimità della meta le sue dita si protesero verso l’alto.
Fresco, ma non per il ghiaccio.
Le prime falangi, i polpastrelli erano scappati fuori dalla presa dell’acqua, fuggiti alla piaga del gelo.
La bocca di Yuri si spalancò e dopo un solo istante di esitazione emerse completamente.
Mise la testa fuori dall’acqua.
Si guardò intorno: non una singola isola glaciale osava galleggiare sulla superficie.
Un enorme sorriso si aprì sul volto di Yuri, illuminandolo. Il sole scaldava la sua pelle, illuminando le sue ciglia e gli occhi castani di nuovo pieni di vita. Un giro a braccia spalancate per godersi lo spazio nuovamente libero e poi un colpo di coda che lo spinse a spiccare un salto sopra l’acqua e poi a immergersi.
Chissà che faccia avrebbe fatto Viktor.
Yuri avrebbe dovuto aspettarlo, fare in modo che non venissero separati ancora.
Nuotò verso la riva e si issò sull’erba con le braccia, godendo il lieve solletico che i fili verdi erano tornati a provocare ai suoi palmi.
Quanto gli era mancato.
Forse era ancora presto o Viktor era stato impegnato. Forse stava ancora riposando.
Quel cambiamento aveva donato al tritone un ottimismo insperato, un ottimismo che non credeva gli sarebbe stato proprio fino a quando Viktor non lo avesse raggiunto di nuovo; solo a quel punto avrebbero potuto farsi forza a vicenda.
Nemmeno le radici dell’albero erano più fredde, brinate.
Era tutto passato, quasi si fosse trattato di un semplice incubo.
Doloroso sì, ma momentaneo.
Yuri si avvicinò al tronco robusto, ancora sorridente. Avrebbe atteso che le sua coda si fosse asciugata per alzarsi e coprirsi, azzardando magari ad arrivare fino alla coltre di alberi per sbirciare il sentiero, facendo una sorpresa a Viktor.
Era già capitato che si spingesse fin lì.
La coda di Yuri si asciugò. Indossò la propria camicia.
Ma Viktor non arrivava.

 

Fiato corto, ghiaia spostata da una corsa veloce.
Il giovane Yuri non ricordava l’ultima volta in cui aveva corso con tanta forza, buttando fuori tutta l’aria nei propri polmoni finendola così in fretta da sentirli feriti ad ogni nuovo respiro.
Ma doveva andare avanti.
Avanti verso quel lago, verso Yuri.
L’unica persona che potesse fare qualcosa.
Sentì gli occhi lucidi a quel pensiero, le iridi verdi pizzicare sotto le lacrime salate che gli annebbiavano la vista.
Viktor era bloccato a letto dalla sera prima, quando era tornato. Sembrava confuso, stanco. Aveva risposto distrattamente ad ogni sua domanda, dicendo di voler solamente andare nella propria stanza.
Dopo aver sollevato una gamba per iniziare a percorrere la rampa di scale era rovinato a terra.
Yuri se lo rimproverava, si sentiva uno sciocco, ma se solo suo nonno Yakov non fosse stato lì non avrebbe proprio saputo che cosa fare.
Per questo correva, quasi a compensare la prontezza di cui era stato incapace la sera prima.
Aveva vegliato su Viktor per tutta la notte.
« Non stai bene », gli aveva detto quando le guardie lo avevano portato nella sua camera e messo sotto le coperte.
Yuri le aveva rimboccate con una premura per lui del tutto inusuale.
« Domani sarò già in piedi. »
La risposta di Viktor, tirata, esausta, non lo aveva convinto. Yura gli avrebbe urlato contro di non mentire se sapeva di farlo, perché Viktor non aveva nemmeno sorriso e lo faceva sempre quando mentiva. Almeno sarebbe parso credibile, se ne fosse stato in grado.
Almeno si sarebbe potuto fidare.
Yura si era rifiutato di uscire dalla stanza, d’un tratto opprimente e spaventosa, fino a quando il medico non aveva fatto il proprio ingresso.
Era notte fonda e i corridoi del castello sembravano pieni di spifferi. Gli correvano lungo le braccia, sotto la stoffa dei vestiti perfetti per la stagione. Si trattava solo di paura, di puro terrore che gli strisciava addosso in modo subdolo.
Christophe era accorso dove si trovavano lui e suo nonno, di fronte alla stanza di Viktor. Quel corridoio si era trasformato non solo in un luogo gelido, ma anche in una sorta di sala d’attesa dove secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, la tensione cresceva.
Christophe si era rifiutato di stare seduto, camminava.
Yura aveva quasi rischiato di doversi tappare le orecchie quando il nonno era sbottato contro il biondo, ordinandogli di stare seduto.
Aveva puntato lo sguardo nel vuoto tutto il tempo, Yakov, ma era indubbio che fosse preoccupato per Viktor, teso come loro e forse più di loro, essendo l’unico ancora in grado di prendere delle scelte.
Non importava quali screzi ci fossero stati tra loro fino a quel momento, contava solo la sua condizione, il suo immotivato malore, la febbre alta e la confusione che aveva mostrato dopo essersi risvegliato.
Scottava la sua pelle, madida di sudore. I capelli argentei si erano incollati alle guance, gli occhi azzurri, due lance di ghiaccio vispe e sempre attente si erano fatte vacue, liquide.
Persino da malato Viktor riusciva a reagire, a conservare un barlume di forza e di fierezza. Il corpo sdraiato in quella stanza non sembrava nemmeno più essere il suo.
Quando il medico era uscito Yuri era corso all’interno della camera. Non voleva sapere la diagnosi, convinto – o forse solo speranzoso – fosse positiva. Si trattava di una febbre, di uno spavento che sarebbe passato quando l’indomani Viktor avrebbe dettato ordini di prima mattina, muovendo richieste su richieste quasi come un bambino viziato.
Poi ricordò che Viktor non aveva sorriso e che forse di stare sereni non c’era motivo.
Seduto sullo sgabello avvicinato al letto da lui stesso poco prima, Yura aveva visto che Viktor stava riposando. Voltandosi, guardando fuori dalla porta, aveva notato l’espressione di suo nonno, oltre la spalla del dottore: era cupa come mai l’aveva vista prima. Christophe aveva portato una mano alle labbra, poi gettato uno sguardo nella camera.
Avevano sottovalutato quei colpi di tosse, Viktor lo aveva fatto. Ogni volta che tossiva tutti diventavano un poco più seri, ma aveva detto che un dottore lo avrebbe visto poi, in seguito.
Si era trascurato.
Yuri era rimasto immobile accanto al letto, udendo delle parole che non avrebbe voluto sentire, immaginando un futuro che non avrebbe voluto immaginare, il tutto nell’arco di pochi, brevissimi istanti.
La stanza di Viktor quella notte era diventata la loro, ma Yuri era l’unico ad essere rimasto sveglio, ad ascoltare il respiro del cugino ogni istante, ad accertarsi che non si interrompesse.
Il mattino seguente, suo nonno era uscito. Per parlare con altri medici, aveva detto.
Poi Christophe era sceso a prendergli la colazione.
Yura non era esattamente un piccolo Viktor con cui Christophe sarebbe riuscito ad andare ugualmente d’accordo, ma forse occuparsi di lui, rimasto sveglio tutta la notte, gli sembrava un buon modo per tenersi impegnato.
Una volta soli, Yuri aveva portato la mano su quella di Viktor. L’aveva stretta nella propria e lo aveva chiamato.
Una, due volte.
Gli aveva chiesto di svegliarsi, ma non era accaduto.
« Non puoi abbandonare Yuri », aveva sussurrato, pensando che questo lo avrebbe richiamato subito. « Non puoi abbandonare noi », aveva proseguito poi. « Non puoi abbandonare me. »
Silenzio.
Yuri aveva capito.
Aveva capito che se c’era qualcosa che Viktor gli aveva insegnato era che il modo migliore per risolvere le situazioni era prenderle nelle proprie mani.
Così si era alzato, quasi facendo cadere lo sgabello.
C’era un ultimo, disperato tentativo che doveva fare.
Era corso fuori. Fuori dalla stanza, giù per le scale e poi oltre il portone.
Il lago, ecco dove doveva andare. In fretta.
Inciampò nel sottobosco una volta lì.
« Viktor? » sentì dire dall’altra parte.
Scavalcato il fitto dei cespugli e della vegetazione, Yura vide il tritone seduto ai piedi dell’albero, la solita camicia sgualcita che gli aveva visto indossare fuori dall’acqua.
Vedere il cugino di Viktor, vederlo lì, parve far risvegliare in Yuri le preoccupazioni che aveva spento.
« Yuri…? Cosa ci fai qui? »
Sarebbe dovuto essere con Viktor e, anche se quella fosse stata una bravata per disubbidire al cugino, perché avrebbe dovuto avere il volto pallido come un cencio e le guance rigate dalle lacrime?
« Che ti è successo…? »
« Viktor… » riuscì a dire il ragazzino, la voce spezzata per la mancanza d’aria e per il nodo alla gola. « Sta male… lui sta… »
Il tritone si era già alzato in piedi, per quanto quelle parole avessero rischiato di trascinarlo a terra come un macigno.
Lo raggiunse rapidamente e mise le mani sulle sue spalle.
« Come sta male? Cosa gli succede? »
Il più piccolo scosse la testa e Yuri si sentì in colpa per averlo chiesto. Il mondo gli era caduto addosso e non aveva saputo cosa fare, come reagire, riversando i propri timori sul biondino.
Si sentiva come se il suo cuore fosse stato vittima di una pugnalata, ma non era l’unico a trovarsi in quella condizione e lo sapeva: non era il momento di essere egoista, allora meno che mai.
Yura scosse lentamente la testa. Non sapeva quale male affliggesse Viktor, non voleva nemmeno saperlo perché più che la causa per lui contava l’effetto a cui stava conducendo.
« Lo devi aiutare, Yuri… » mormorò. « Tu lo puoi fare, vero? »
Il tritone sgranò gli occhi.
Poteva davvero farlo?
Aveva guarito una mano ferita, aveva guarito qualche livido ogni tanto, ma nulla di più.
Non conosceva nemmeno lui la risposta, per quanto avrebbe voluto e avrebbe voluto che fosse un semplice “sì”.
Il volto di Yuri, una maschera contratta dalla paura, si fece più determinato.
« Portami da lui. »
Lo precedette, conoscendo la strada almeno fino al castello. Non corse, ma il suo passo fu così rapido che attraversare i cespugli senza ferirsi le gambe, frustate dalle frasche e dalle foglie fu impossibile. La sua andatura accelerò quando Yura si mise in testa alla sua unica speranza: Yuri.
Doveva essere cauto: se Yuri non fosse stato in grado di raggiungere Viktor nulla avrebbe più avuto senso.
Fu Yura ad entrare per primo dal retro del castello, furtivo, verificando che il corridoio fosse libero. Yuri fu subito dietro di lui e sgattaiolarono lentamente verso le scale, i passi controllati e il respiro sommesso, nonostante la corsa.
C’era una sola scalinata per raggiungere il piano superiore, una scalinata che passava davanti alla cucina.
« Yura, che ci fai qui? Non ti ho più visto di sopra, così… »
Una voce familiare fece raggelare il sangue nelle vene del ragazzo.
Christophe.
La sua corsa alla volta del lago era avvenuta poco dopo che Christophe scendesse per trovargli qualcosa da mangiare che lui nemmeno aveva chiesto.
Incontrarlo nella camera di Viktor sarebbe stato il minimo, ma allora?
L’uomo, gli occhi cerchiati per la stanchezza, guardò Yuri. Riconobbe subito il suo volto.
« Tu…? » domandò, con l’espressione di chi stava cercando di capire se i suoi occhi lo stessero ingannando per la pazzia o per un motivo differente.
Yuri si fermò, guardando il ragazzo. Lo ricordava, eccome se lo ricordava. Schiuse le labbra per parlare, ma Yura lo precedette.
« Non provare a urlare », ordinò risoluto. « Può aiutarlo.  »
Sapeva che per convincere Christophe doveva essere rapido e coinciso, fugare ogni suo possibile dubbio prima ancora che potesse sfiorarlo.
L’uomo aggrottò le sopracciglia. Era di larghe vedute sotto certi aspetti e più bigotto sotto altri, forse per convenienza o forse no. Avrebbe voluto conoscere l’opinione di Viktor sul suo conto, fino alla sera prima, ma con la situazione che si era creata questa curiosità era diventata insignificante.
Christophe aveva davvero cercato di proteggere Viktor con il proprio comportamento e che l’amico non gli avesse creduto lo aveva ferito: sapeva di avergli detto cose che non voleva sentirsi dire, ma sapeva anche che questo era comune per lui, incapace di dare ragione a qualcuno, persino la persona più cara, solo per mostrargli supporto se non condivideva il suo pensiero.
Ne era incapace soprattutto con le persone più care.
La realtà era che vedere Viktor tanto convinto delle proprie azioni, tanto certo che proteggere Yuri fosse la cosa giusta, aveva spinto Christophe a chiedersi se non fosse lui a sbagliare, a vacillare.
Durante il loro ultimo colloquio, quella sera al tramonto nella corte più defilata del castello, Christophe lo aveva realizzato.
Ormai quel confronto era divenuto troppo aspro per poter tornare sui propri passi, per poter dire a Viktor che avrebbe voluto ascoltare il suo punto di vista ancora una volta a patto che si trattenesse dall’aggredirlo. Si sarebbe sforzato di comprendere, perché aveva iniziato ad immaginare di essere nel torto.
Sarebbe bastato anche solo che Viktor gli dicesse che da capire non c’era nulla, perché tutto divenisse immediatamente chiaro.
Le parole di Yura non sarebbero mai state delle valide sostitute di quelle del cugino più grande, ma i gesti di Yuri forse sì: vedere il tritone nel castello, incurante del pericolo che questo poteva costituire per lui, aveva spinto Christophe a realizzare improvvisamente il vero motivo per cui Viktor si era ostinato tanto a proteggerlo e che non si trattava di un sentimento a senso unico.
Anche lui, nei suoi panni, sarebbe stato furioso.
Per i sensi di colpa e le scuse avrebbero avuto tempo in seguito, se era vero che Yuri poteva fare qualcosa per Viktor.
« E come? »
Christophe non gli aveva mai visto compiere qualche atto miracoloso a bordo della nave, unico luogo che avessero mai condiviso seppur separati il più del tempo dalla parete di legno della cabina del capitano, dove Yuri era confinato. Fortunatamente durante il loro viaggio non c’era nemmeno stato bisogno di cure impreviste, ma se Christophe doveva essere proprio sincero, non aveva mai notare un livido comparire sulla fronte di Yuri a causa del colpo con cui lo aveva tramortito non appena era stato caricato a bordo.
« Posso guarire le ferite usando l’acqua », spiegò Yuri, coinciso, rubando le parole di bocca al suo omonimo che stava per dare qualche esauriente spiegazione sbraitando però un pochino troppo. « Non ho mai tentato con qualcosa di grave come… penso sia in questo caso, ma farò del mio meglio. »
Era impossibile che il suo potere non sortisse alcun effetto.
Yuri rimase in attesa, rigido, di fronte allo sguardo stoico di Christophe.
Non riusciva a capire né tantomeno ad immaginare cosa stesse pensando e questo lo logorava: lo odiava e non voleva dargli ascolto perché lo aveva allontanato da Viktor come il principe stesso gli aveva raccontato? Oppure lo reputava una minaccia e non voleva lasciarlo avvicinare per questo?
Con somma sorpresa di Yuri, Christophe lo superò senza dire una parola.
« Ti conviene fare in modo che accada qualcosa. »
Per quanto quelle parole aspre non fossero state di gradimento per Yuri, il tritone non se ne curò molto: voleva solo raggiungere la stanza di Viktor senza più essere fermato. Voleva arrivare a lui per verificare le sue condizioni ancora del tutto oscure e anche semplicemente per vederlo.
Giungere alla camera del piano superiore, contro ogni loro aspettativa, non fu difficile: non c’era motivo per cui le guardie stazionassero anche nel corridoio del primo piano e oltre a quelle disposte ai fianchi del portone principale, che grazie al cielo non avevano visto Yuri quando era stato portato a corte da Viktor, notando che era accompagnato da Yura e da Christophe non ebbero nulla da obiettare.
Il sontuoso corridoio del castello, le cui pareti erano adornate di arazzi e percorse da lunghi tappeti dello stesso colore rosso della casata Nikiforov parve del tutto insignificante a Yuri. L’unico apprezzamento che poteva fare su di esso riguardava l’infinita durata di quel percorso: sembrava che mattone dopo mattone la strada si allungasse, che stessero camminando da ore e ore quando in realtà avevano impiegato solo qualche secondo a svoltare l’angolo che dalla cucina conduceva alle scale e a raggiungere poi la porta della stanza di Viktor.
Yuri avrebbe tanto voluto vederla in circostanze diverse, quella camera, magari quando finalmente l’accesso al castello gli fosse stato elargito. Chissà, magari quando lui e Viktor avrebbero suggellato la promessa di stare insieme per l’eternità.
Non entrò in una luminosa stanza dove c’era Viktor ad attenderlo, ma in uno scuro antro dove l’aria si era fatta opprimente: le tende di broccato celavano ogni spiraglio di luce e Yuri percepì subito l’atmosfera soffocante che le persone rimaste lì fino a poco prima avevano respirato, quasi avessero rilasciato lì le loro tensioni.
Non c’era modo di sfogarle senza provarle più, così si creava un circolo vizioso secondo cui quella camera da letto poteva divenire solo più colma di negatività.
Yuri puntò gli occhi verso il letto.
Non credeva che la situazione fosse tanto grave da impedire addirittura a Viktor di essere conscio del loro arrivo.
Corse al suo fianco, turbato da quella vista come raramente gli era capitato prima.
Aveva provato emozioni di sconforto solo un’altra volta nella propria vita, ma non aveva imparato a sopportarlo troppo.
Si chinò sul suo letto, prendendo la sua mano. Yuri si era mosso rapidamente quasi la sua urgenza potesse servire a qualcosa, a far capire a Viktor che il suo ritorno era tanto desiderato da farlo destare.
« Viktor, tesoro… » gemette Yuri.
Trattenne un singhiozzo e lo fece solo per Yura, che vicino a lui doveva aspettare e sperare in buone notizie che lui non poteva non dargli. Non aveva cuore di non dargli.
Le dita del tritone si strinsero intorno al palmo freddo di Viktor. Il respiro del principe era corto, accelerato.
Yuri non si curò nemmeno di asciugare le lacrime, tentò solo di nasconderle voltando il viso dopo aver scostato le ciocche argentee dalla fronte di Viktor.
Vederlo in quelle condizioni lo spaventava, ma era la paura stessa a dargli forza, se c’era ancora un tentativo da fare. Era risoluto, nonostante tutto: avrebbe pianto poi.
« Dobbiamo andare al lago. »
Né Yura, né Christophe osarono questionare, dire che le condizioni di Viktor non gli avrebbero consentito di uscire: la situazione era abbastanza disperata da far credere che non potesse essere tale azione a nuocere ulteriormente alla salute del ragazzo.
Christophe non chiese nemmeno di che lago stesse parlando.
« Yakov non te lo lascerà mai fare », rispose Christophe, ragionando tra sé e sé.
« Grazie, questo lo sappiamo anche noi », lo liquidò Yura, velenoso. « Non deve per forza saperlo. »
Christophe evitò di rispondere in malo modo al ragazzino, che sembrava aver riguadagnato una certa dose del proprio solito spirito giusto per alterarlo maggiormente.
Non odiava il giovane Yuri, ma spesso Christophe non era davvero in grado di avere con lui la pazienza necessaria.
« Come pensi di superare le guardie senza che lui lo venga a sapere? Sentiamo. »
Yura sibilò. Sapeva che le cose erano complicate, era già tanto che fosse riuscito a ragionare abbastanza lucidamente da andare a chiamare il tritone.
« Sto facendo del mio meglio per aiutare, d’accordo?! » alzò la voce il biondo.
Yuri portò subito una mano sulla sua spalla, sperando che quel piccolo contatto potesse calmarlo. Capiva sia il punto di vista del ragazzo che quello di Christophe e se Yuri non stava mettendo fretta a nessuno era solo per cercare di trovare la soluzione migliore: non potevano trasportare Viktor alla meno peggio rischiando di fargli anche del male, così come non potevano permettersi di essere avventati se questo poteva portare a interrompere quella sconclusionata e disperata missione di salvataggio.
Se solo Viktor fosse stato in grado di camminare, se solo fosse stato cosciente per dire che era d’accordo con loro sarebbe stato tutto più semplice.
Yuri si voltò verso di lui e si morse il labbro.
« Dov’è il re, ora? » domandò Yuri.
« Non molto lontano, credo », rispose Christophe. « È uscito, ma sarà di ritorno a momenti. Potrebbe anche già essere qui fuori. »
Ogni nuova informazione giunta a Yuri e ogni momento in più passato da Christophe e Yura a ragionare su ciò che sapevano rendeva quella situazione ancor più impossibile.
Forse Yura avrebbe potuto trattenere il sovrano, ma se non sapevano dove si trovava al momento avrebbero rischiato che lo incontrasse quando già si era accorto della scomparsa di Viktor. Rimaneva però il problema delle guardie e qualsiasi soluzione non sembrava sicura a sufficienza. Né per loro, né per Viktor.
« Posso fare in modo che le guardie ignorino il nostro passaggio », propose Yuri. « Forse trasportarlo da soli non è la scelta migliore, ma è l’unica che abbiamo. »
Christophe fu subito d’accordo, perché di alternative non ce n’erano e sindacare su un’opzione che non poteva rimpiazzare con una migliore era l’ultima cosa da fare.
L’ultima cosa che serviva insieme al rumore della porta che si apriva.
Yakov non avrebbe trovato strana la presenza di Christophe e del nipote nella stanza di Viktor e anzi, immaginava di trovarli lì al proprio ritorno. Era insolito che fossero in piedi, però, vicini al letto, così come era insolita la presenza di quella terza persona.
Lo riconobbe subito, proprio come aveva fatto Christophe, pur non avendolo visto in altrettante occasioni.
Quello era il tritone che aveva quasi certamente deviato la mente di Viktor.
Vederlo mentre il nipote versava in quelle drammatiche condizioni lo fece infuriare ancor di più.
Yuri non si era mosso. Era spaventato, certo, ma sapeva di potersi difendere. Sperava di poterlo fare almeno, perché il proprio potere era ancora incerto. Ma cosa avrebbe ottenuto comportandosi così? Avrebbe convinto chi aveva intorno di essere il mostro manipolatore che tutti lo accusavano di essere. Certo, lo avrebbe fatto per garantire la riuscita del loro piano, ma che garanzia aveva che non ci fossero ripercussioni?
Contava di più Viktor o l’opinione che gli altri avevano di lui?
Viktor.
Dieci, cento, mille volte Viktor.
Yuri si sarebbe fatto condannare a morte se fosse servito, anche se si trattava di un prezzo per Viktor stesso. Non voleva essere presuntuoso, ma dopo la loro confessione Yuri aveva capito quanto fossero uguali: se Viktor se ne fosse andato, lui sarebbe stato perso. Se lui, Yuri, se ne fosse andato, sarebbe stato Viktor a perdersi.
Andarsene con la consapevolezza che Viktor stava bene sarebbe stato l’atto più egoista che poteva compiere, ma lo amava così tanto da non poter seguire una via diversa.
« Tu… »
Yuri prese fiato, anche se il suo corpo tremava.
« Sono qui per aiutarlo », disse fermamente, sperando che Yakov gli desse ascolto. « Me ne andrò subito dopo se vorrete, ma vi prego, lasciate che faccia qualcosa per Viktor. »
Le parole di Yuri parvero non sfiorare nemmeno Yakov.
« Hai già fatto abbastanza », sibilò. « Guardie! »
Lo incolpava per la condizione di Viktor o solo perché con la sua presenza glielo aveva messo contro in modo del tutto involontario?
Yura e il tritone si scambiarono uno sguardo allarmato.
« Sta lontano da mio nipote », sibilò Yakov. « Yuri, vieni via. »
A quel punto, dalle sue spalle, le guardie entrarono e si schierarono davanti a lui.
« No! » gli urlò Yura. « Perché? Perché non vuoi ascoltare?! Può aiutarlo, può almeno tentare! È sicuramente più di quello che possiamo fare noi! »
Il volume di voce del tutto fuori controllo mentre gesticolava, rabbioso.
Odiava quel castello, odiava quelle persone che non ascoltavano quando la soluzione poteva essere così semplice.
« Con me lo ha fatto! » insistette.
« Ora basta così », proseguì Yakov, infuriato. « Prendetelo. »
Indicò Yuri con un cenno del capo.
Yura si sarebbe gettato contro le guardie, non aveva alcun timore o freno ad impedirglielo. Non avrebbe permesso a Yuri di prendere Viktor e scappare, troppo minuto per dare sufficiente filo da torcere a chi si stava opponendo, ma almeno avrebbe sfogato anche se inutilmente la propria rabbia.
Yuri rimase fermo, immobile.
Il vecchio lui sarebbe scappato, si sarebbe nascosto. Avrebbe forse chiamato Viktor in preda al terrore non sapendo cosa fare.
Per timore che Yura si facesse del male fece un passo avanti e si portò davanti a lui, fissando le guardie.
I suoi occhi castani vennero attraversati da un riflesso ambrato.
« Fermi. »
Silenzio. Le guardie si arrestarono al centro della stanza.
« Maledetto… »
Yakov e Christophe stavano osservando la scena da lati diversi della stanza, uno dall’uscio e l’altro dai piedi del letto.
« Voltatevi. »
Yura cercò di dire qualcosa, ma il tritone lo ignorò. Però si fidava di Yuri, sapeva non avrebbe fatto nulla.
I due uomini in divisa si girarono verso Yakov, le spade ancora in mano. Erano del tutto in balia del tritone di cui tanto avevano diffidato.
« Gettatele a terra e uscite. »
Un tintinnio e le spade caddero a terra rumorosamente. Passi. Le guardie uscirono.
Yuri fissò negli occhi Yakov. I suoi occhi non avevano mostrato il minimo segno di timore davanti alle spade dei suoi stessi uomini.
Aveva paura della sua risposta, di cosa avrebbe potuto fare. Cosa comportava ferire un sovrano nell’orgoglio? Un sovrano già infuriato per la situazione del proprio nipote, del proprio erede.
« Vostra altezza », cominciò Yuri, la voce che non tremava solo per miracolo. « Penso di poter aiutare Viktor, ma non lo posso fare se voi non me lo permettete », proseguì, ripetendosi.
Yakov era un uomo che voleva sempre avere ragione, che pensava di averla sempre anche solo per principio.
Sapendo che quello era un tritone, avendolo riconosciuto, aveva già immaginato le lame di quelle spade intente a trapassargli il torace. Non era accaduto pur avendo Yuri tutte le ragioni per volersi vendicare.
Era tutto affidato al caso, alla speranza che Yakov capisse.
O che qualcuno intervenisse.
« Viktor ha tentato di farmi capire che lui poteva essere un caso. »
Christophe aveva preso la parola, contro ogni aspettativa.
Yura non era stato ascoltato, Yuri probabilmente sarebbe andato in contro alla stessa sorte. Viktor, ancora prima di loro, era stato messo all’angolo.
Christophe non si aspettava di fare la differenza, ma forse iniziava a capire. Iniziava a convincersi di aver sbagliato.
« Dovremmo provare almeno ad ascoltarlo », aggiunse, gli occhi rivolti verso il tritone.
Yuri era sorpreso, ma non tradiva la propria decisione con una sola espressione.
« Vorrei avere occasione di dire a Viktor che mi sono sbagliato e preferirei sapere di aver tentato tutto. »
Prima che Christophe tornasse a guardare Yakov, Yuri mosse le labbra in un grazie. Un grazie che il marinaio mai si sarebbe aspettato, non dopo il modo barbaro in cui lo aveva trattato anche se per difendere Viktor.
Si chiese per un istante perché non si fosse fidato subito del giudizio dell’amico.
Yakov li guardò in silenzio. Prima Yuri, con scherno, poi Christophe con serietà. Guardò anche Viktor e il suo sguardo tornò ad essere ferito fino a quando non guardò l’altro nipote, l’unico che si reggeva in piedi: lo supplicava con gli occhi di smuoversi, di dare loro ascolto.
« Allora aiutalo », esalò in un sospiro.
Non lo suggerivano le sue parole, non lo suggeriva il suo sguardo, ma Yuri sapeva che quella richiesta non era altro che una disperata preghiera.


Non avevano esultato solo perché c’era ancora troppo da fare, perché c’era poco tempo e ancora l’ultima parola non era detta.
Yuri aveva bisogno dell’acqua, era l’unico modo in cui poteva davvero sperare di aiutare Viktor.
Yakov aveva fatto preparare un carro dalle guardie, disposto sul non più ridente sentiero che conduceva alla dimora di Yuri. Aveva poi ordinato loro di allontanarsi: non poteva rischiare che qualcuno vedesse le gambe di Yuri trasformarsi in una coda perché nemmeno lui avrebbe saputo giustificare la disperazione che lo stava spingendo ad affidarsi ad un tritone.
Avrebbe preferito guidare lui stesso il cavallo che lo stava trainando e così stava facendo.
« Yuri… »
Tutti si riscossero. Yura si sporse, ma non parlò e Yakov e Christophe, dopo essersi assicurati di aver sentito bene, concessero a Yuri il privilegio di parlare con Viktor.
Il ragazzo dai capelli corvini si voltò immediatamente, quasi il suo corpo fosse rimasto in tensione, in attesa di non udire altro se non il proprio nome pronunciato dalle labbra di Viktor.
« Sono qui, amore mio », mormorò, chinandosi sul giaciglio nomade dove era sdraiato Viktor, tra paglia e coperte per tenerlo al caldo.
La temperatura ormai si era alzata, il ghiaccio sul lago e la brina sull’erba un mero ricordo, ma non per il corpo di Viktor, sferzato dalla febbre alta e dalla stanchezza.
La mano di Yuri andò incontro a quella di Viktor, che a tentoni la cercava.
Il volto cereo del principe era una maschera di sudore, le labbra secche, ma nonostante questo, schiuse in un sorriso che Yuri non poté fare a meno di trovare bellissimo.
« Yura ti è venuto a chiamare… » disse, quasi stesse parlando tra sé e sé.
« Certo che lo ha fatto », gli disse. « È un bravo ragazzo, ti dà sempre ascolto. »
Viktor sorrise ancora e annuì. La sua mano si spostò sul volto di Yuri, accarezzandolo con dolcezza.
Il tritone spinse il volto contro il palmo freddo di Viktor e aggiunse la propria mano su di essa, quasi nel tentativo di scaldarla.
Non riusciva nemmeno a pensare a quanto quella posizione fosse scomoda, al fatto che camminare chino sul corpo di Viktor gli facesse male alla schiena e alle gambe.
Il suo unico pensiero era vederlo respirare con tanta fatica e parlare con altrettanta. Gli spezzava il cuore.
Un colpo di tosse e gli occhi di Yuri si fecero lucidi per la paura, per l’urgenza che il carro venisse trainato più in fretta verso il lago.
« Non ti sforzare », mormorò, prendendo la mano di Viktor che lo stava accarezzando per accomodarla sul petto del principe. « Siamo quasi arrivati. Me ne occuperò io e andrà tutto bene, vedrai. »
« Se va tutto bene allora non devi piangere, Yuri. »
Viktor aveva paura. Non si era mai sentito tanto debole in vita propria, tanto incapace di muoversi. La sua mente comandava una cosa e il suo corpo era incapace di accontentarla, quasi senza nemmeno rendersene conto. Era febbricitante, era stordito, ma non era sciocco e capiva cosa stava succedendo, anche se non avrebbe voluto.
Yuri gli aveva dato speranza e lui aveva tentato di ricambiare, ma non era riuscito a fare a meno di aggrapparsi con tutto se stesso al suo innamorato, alle sue parole.
Il tritone annuì, sentendo la voce di Viktor spezzarsi.
Sapeva cosa stava tentando di fare: stava tentando di essere forte per lui in quel momento, anche quando non avrebbe dovuto.
Il sussulto del petto di Viktor agli occhi di Yuri fu un singhiozzo. Un singhiozzo che non aveva motivo di esistere, perché lui era lì.
Lui avrebbe sistemato tutto.
Prese il volto dell’amato tra le mani, guardandolo negli occhi celesti e spenti, luminosi solo per le lacrime che minacciavano di scendere.
« Nemmeno tu », gli disse. « Viktor, sistemerò tutto io. Guarda. »
Dette quelle parole Yuri sollevò appena la propria mano sinistra e gli mostrò l’anello di nastro intorno al proprio indice. Viktor avrebbe voluto avvicinare le dita alle sue per potersi accertare che fosse davvero lì.
« Non te lo sei tolto subito… » mormorò il principe.
« Certo che no! » ribatté Yuri. « E non ho intenzione di toglierlo, finché ce l’hai anche tu. »
C’erano delle parole che Yuri non aveva avuto il coraggio di dire, come il fatto che avrebbe perso di senso se Viktor non lo avrebbe più indossato.
Il principe parve capire e gli sorrise appena.
« Mi fido di te. »
Una volta giunti al lago, la carovana si fermò.
Lo sguardo diffidente di Yakov corse ancora su Yuri, poi su Viktor nuovamente privo di sensi.
Il tritone entrò nel lago, l’acqua tiepida lo avvolse e sotto la superficie le sue pinne iniziarono a muoversi. La camicia che indossava si gonfiò intorno al suo corpo e il tritone la tolse per essere privo di quell’impaccio.
Si sistemò accanto alla sponda. Aveva già dato istruzioni a Yakov e Christophe: gli serviva che Viktor entrasse in acqua con lui.
Il carro venne lentamente sganciato dall’animale che lo trainava e inclinato lentamente verso la superficie, di modo che il corpo di Viktor potesse scivolare lentamente verso Yuri.
Il ragazzo lo prese per le spalle e lo fece scivolare sulla superficie dell’acqua. Portò una mano sotto la sua schiena per sostenerlo e scivolò lentamente al centro del lago, sotto lo sguardo vigile di Yakov e di Christophe che non si allontanavano dall’acqua.
Nonostante tutti i dubbi che avevano nutrito e ancora nutrivano nei suoi confronti, non potevano più mettere in dubbio che Yuri non tenesse a Viktor.
Non dopo aver visto il modo in cui lo stringeva a sé, nuotando all’indietro e lasciando che la propria coda supportasse il peso del corpo di Viktor, mentre gli sussurrava parole di conforto all’orecchio.
Lentamente quei mormorii parvero diventare una melodia. Le ciglia argentate di Viktor si alzarono e l’acqua del lago sembrò quasi vibrare, illuminarsi di una luce celeste, particolarmente intensa.
Questa parve avvolgere il corpo di Viktor e l’acqua stessa risalì lungo il suo busto, lottando contro la gravità e le leggi che lo avrebbero reso impossibile.
Lo circondò completamente, ma senza trascinarlo a fondo, quasi non pesasse su di lui.
Yuri era completamente concentrato su Viktor, le dita che scorrevano lentamente sul suo volto mentre i capelli argentati di Viktor galleggiavano intorno a loro.
La melodia di Yuri era pregna di emozione, talvolta spezzata dalla sua voce tremante, ma non per questo meno d’effetto. Yura si avvicinò al bordo del lago fermandosi solo per evitare di cadervi all’interno e spezzando così la magia che stava avvenendo.
Perché qualcosa stava capitando. Qualcosa di mistico, che non potevano nemmeno comprendere, ma tutti e tre gli estranei ne avvertivano la forza. Yakov compreso; sentendo la canzone di Yuri e vivendo quella situazione pensò quasi che finalmente ci fosse una speranza.
Lentamente la voce di Yuri si fece più bassa, le note presero a dissolversi nell’aria, ma i suoi occhi non lasciarono andare un istante il volto di Viktor, a differenza dell’acqua che lo aveva avvolto quasi come una seconda pelle. Essa scivolò via.
« Svegliati, Viktor », mormorò soltanto, chinandosi per baciargli la fronte. « Svegliati… »
Yuri non credeva mai in se stesso, ma quella volta sentiva che avrebbe funzionato, che sarebbe andato tutto per il meglio.
Quando aprì gli occhi vide quelli azzurri di Viktor puntati nei propri.
Sembravano intontiti, sì, ma vispi. Così come il suo sorriso e il suo respiro, silenzioso ma forte.
« Ciao… » mormorò.
« Ciao », rispose Yuri, emozionato.
Viktor non aveva dimenticato, come avrebbe potuto?
Anche se il viaggio fino al lago era abbastanza sfocato dal rasentare l’incognito, ricordava lo scambio di parole con Yuri, il suo anello, la paura di ciò a cui stava andando incontro.
Yuri lo aveva salvato.
« Mi hai salvato », fu quello che disse.
Yuri gli sorrise con dolcezza.
« Anche tu lo hai fatto, Viktor », mormorò il tritone di rimando, sorridendo con estrema dolcezza.
Viktor si guardò intorno.
« Il ghiaccio è sparito… » constatò.
« Credo sia stato per quello che è successo ieri notte, ma non so se lo ricordi », mormorò Yuri. « Viktor, mi dispiace. Ti ho rimandato a casa con la forza e… »
Viktor poggiò un dito sulle sue labbra e scosse la testa.
« Mi sento più che altro lusingato per essere stato io a risvegliare quel potere, Yuri. »
Era calda, la sua voce.
« Sta bene? »
Si sentì gridare dalla sponda del lago.
Prendersi tutto il loro tempo, per quanto meritato, era un affronto verso le persone che stavano attenendo notizie di Viktor sul ciglio dell’acqua.
La voce era di Yura, sfuggita al suo controllo quasi in un urlo di tensione.
Yuri annuì e mentre lo faceva Viktor si sollevò, senza però liberarsi dalla sua presa.
Un sospiro di sollievo simultaneo da parte di Yakov e di Christophe.
Il giovane Yuri evitò per poco di tuffarsi nel lago per nuotare incontro a Viktor, ma solo per nascondere la propria emozione e perché lo aveva visto dirigersi verso di loro.
Una volta a riva, Viktor vide la mano di Christophe tendersi verso di lui e nonostante tutto, nonostante l’indecisione e i trascorsi, Viktor l’afferrò, uscendo dall’acqua.
Si ritrovò stretto in un abbraccio prima di potersene accorgere e riuscì a ricambiare con una piccola pacca sulla spalla.
Quando Christophe lo lasciò andare Viktor scarmigliò i capelli di Yura e gli rivolse un sorriso complice; non servivano grandi effusioni tra di loro, si erano già rassicurati solo con uno sguardo ed erano entrambi molto più rilassati.
Poi si voltò verso Yakov.
« Pensavo di averti perso », esalò l’uomo.
Prese Viktor così in contropiede che questi rimase immobile.
Da Christophe c’era da aspettarselo, ma un abbraccio da parte di Yakov era l’ultima cosa che mai Viktor avrebbe sognato di ricevere nella vita.
Si soffermò di più su quella stretta, sospirando e lasciando uscire con quel respiro tutte le preoccupazioni.
« Ma non è successo. Grazie a Yuri. »
Solo a quel punto Yakov si allontanò, lo sguardo non più segnato da paura o preoccupazione, tensione o ansia.
« Ho sbagliato », annunciò l’uomo, voltandosi verso il tritone che osservava la scena dall’acqua, commosso. « Penso si sia guadagnato un posto a corte, se lo desidera. »
Altre scuse da parte di Yakov sarebbero state impossibili da sentire, non senza un bicchiere di alcol di troppo, almeno.
Yuri sgranò gli occhi, chiedendosi se stesse realmente parlando con lui.
« Davvero? » domandò il tritone, sconvolto.
Anche Viktor era incredulo.
Il re si chinò, il lungo mantello che toccava terra.
« Hai salvato mio nipote. Quello che ordinato a Viktor di farti non può essere cancellato e anche se avessi tutti i tesori e le ricchezze di questo mondo non basterebbero a ripagarti per il modo in cui lo hai aiutato. Non credevo lo avrei mai detto, ma grazie al cielo non mi ha dato ascolto. »
Viktor, alle spalle di Yakov, sentì il proprio cuore scosso dall’emozione, sia nel sentir dire qualcosa di simile proprio dal sovrano da cui tanto aveva agognato approvazione, sia per il volto innegabilmente felice dell’amore della sua vita, che sorrideva persino di fronte al mandante dell’ordine di ucciderlo.
Yuri non serbava rancore e Viktor era felice che quello potesse essere, con un po’ di fortuna, il loro nuovo inizio.
Però Viktor non capì il sorriso furbo che Yuri gli aveva rivolto, in uno sguardo guizzato verso di lui.
« A dire il vero, sire, penso che una cosa ci sarebbe. »



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... Non so con che coraggio compaio nelle note dopo un capitolo del genere, ma ehi! Buonasera a tutti.
Confesso che questo capitolo è stato un parto. Lo so, lo so, lo dico sempre e questa volta la stesura è stata abbastanza fluida tutto sommato. La sofferenza è legata strettamente a quello che è accaduto. Il mio parere è e sarà sempre distorto avendolo scritto io, ma confesso che mentre scrivevo determinati pezzi mi sono domandata perché avessi pensato ad una svolta simile.
Spero davvero tanto che questo capitolo possa avervi emozionati ;;
Forse si è capito o forse no, ma questo è l'ultimo capitolo. Più o meno, perché c'è ancora l'epilogo.
Magari se riesco lo posterò già nel weekend invece che la prossima settimana, ma questo dipende come sempre da quella capricciosa dell'ispirazione e dagli impegni.
Vi ringrazio tutti per avermi seguita fino a qui, al prossimo capitolo ~
   
 
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