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Autore: ROW99    15/11/2017    0 recensioni
Essere soli è una delle cose più devastanti che possano colpire la vita di una persona, ma spesso la luce è nascosta più vicino di quanto sembri, magari negli occhi di qualcuno di insospettabile!
Dal testo: Non è facile avere amici quando sei troppo intelligente. Sembri sempre troppo alto, troppo lontano per chi vive una vita normale. Minaho non ricorda un periodo della sua vita in cui non sia stato solo. Forse, nei suoi primi ricordi, prima dell’incidente che gli porterà via il padre, vi era una stilla di felicità, ma poi tutto era crollato.
nb: Minaho e Manabe frequentano la Raimon, ma in una sezione diversa dai protagonisti di IE go
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Manabe Jinichirou, Minaho Kazuto
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Don Giovanni
Da qual tremore insolito
sento assalir gli spiriti!
Donde escono quei vortici
di fuoco pien d’orror?

Demoni

Tutto a tue colpe è poco!
Vieni! c’è un mal peggior!

Don Giovanni

Chi l’anima mi lacera!
Chi m’agita le viscere!
Che strazio, ohimè! che smania!
che inferno! che terror!



Minaho fece una smorfia. La camomilla era troppo dolce… non era riuscito a controllare il tremolio della mano mentre versava lo zucchero. Del resto, aveva preparato la tisana proprio per rilassarsi, no?
Sfoglió ancora qualche pagina del manga che aveva iniziato il giorno prima e, tra una cosa e l’altra, aveva lasciato a metà. Pensó a quanto la gente giudicasse in continuazione senza sapere. Tutti lo prendevano in giro fin da quando era piccolo, ma lui era un ragazzo come tutti gli altri… amava i fumetti e sapeva farsi valere dietro a una console. Nessuno si era mai preoccupato di essere suo amico, e quindi nessuno aveva mai avuto modo di rendersene conto.

Ricordò le parole di suo padre. “essere speciali non significa essere diversi.” Chissà perché ebbe la suggestione di sentire pronunciare quella frase non alla voce profonda del grande investigatore, ma a quella fresca e rotonda di Manabe.

Il telefono vibró. Messaggio del lilla.
“Vado a nanna che domani è una giornatona… non credere, siamo in due ad avere paura. Non vedo l’ora di essere a casa con te! Ricordati che i vestiti sono nel cassetto, stai attento a non scottarti le mani mentre prepari la colazione e dormi tranquillo… ti voglio bene amico mio.”


Minaho sorrise debolmente. Manabe aveva sempre il pensiero giusto e le parole giuste per lui.
Dopo aver risposto al messaggio (-Avrò messo troppi cuoricini?) l’arancione riprese a sorseggiare la bevanda e a leggere. Il sonno non ne voleva sapere di arrivare… pensò di guardare qualcosa in TV.
-Allora… vediamo un po’. Cartoni animati… bah, replicacce che non interesserebbero nemmeno a Rex! Telegiornali della notte… meglio di no.. che angoscia! Telenovelas filippine nemmeno… film horror coreano pieno di zombi mangiacarne… col cavolo!  Stanotte voglio dormire senza avere il terrore che qualcuno mi assaggi… documentario di scienze. Mh… non male!


Passò quasi un’ora e il sonno non ne voleva proprio sapere di arrivare. Minaho gemette di frustrazione e ridacchió. -Cavolo… è l’una!
Niente da fare. Passare alla telenovelas non aiutò, e nemmeno stendersi sul divano con gli occhi chiusi. Aveva mal di testa.
Pensó a Manabe… sperava stesse riposando tranquillo. Ne aveva di certo più bisogno di lui… quella dannata febbre che non scendeva!
Come se non bastasse, tra corse e agitazioni, aveva doloretti ovunque. Pensó di farsi una doccia, nella speranza che l’acqua calda gli sciogliesse i muscoli. Risultato? Il sonno si allontanò ancora di più.

Si guardò intorno… la casa non era proprio come sarebbe piaciuta a Manabe. Non era bravo come il lilla a fare ordine e la sua mente eclettica tendeva anche ad essere ben poco ordinata sulle cose della vita pratica… qualcosa gli diceva che Man non avrebbe gradito. Pensó di fare un po’ d’ordine visto che il sonno non veniva.
Si mise a rassettare divani, spolverare mobili, raccogliere calzini e piegare magliette. Erano le due di notte. .. scoppiò a ridere rendendosi conto dell’ironia della situazione.

In capo a un’ora la casa aveva assunto un aspetto molto più accettabile. Minaho fissò soddisfatto il suo lavoro, le mani sui fianchi. Allora perché non riusciva a farsi venire sonno? Iniziò a  indagare dentro di sé. Ovvio… aveva paura.
Odiava essere così debole… non riusciva ad essere un appiglio sicuro per Manabe e non riusciva a lottare per lui come avrebbe voluto. Per quanto potesse provare a nasconderlo a sé stesso, l’angoscia gli appesantiva lo stomaco.


Guardó il telefono. Perché sentiva prudere la mano? Non sarebbe stato così egoista da disturbare Manabe a quell’ora, vero?
Però… però aveva così bisogno di una parola dolce… si sentiva come quando, da piccolo, piangeva tutta la notte perché papà non era tornato a casa.
Prese in mano il cellulare. -Sono un debole…


Manabe si svegliò di colpo. Perché il suo telefono stava squillando? Nel dormiveglia faticava a leggere il nome sul display.
-P…pronto? Chi…
-M…Man?
Manabe sussultó. -Minaho! Oddio Minaho è successo qualcosa? Sono le tre di notte!
Silenzio dall’altra capo del telefono. Si sentiva solo un piccolo gemito… un uggiolio sommesso interrotto da piccoli singhiozzi.
-M…Min? Stai piangendo? È…è successo qualcosa? -Il lilla sbadiglió per il sonno nonostante l’angoscia.
-Io… non… io no sto piangendo! -La bugia fu svelata dalla voce rotta dell’arancione.
-A no? E allora cosa sono questi singhiozzi? -La voce del lilla era dolce. -Dai Min… dimmi cosa succede ti prego…

-Man… mi… mi… mi sento così solo! Mi manchi… tanto… e… e ho così paura!
Il lilla sospirò. -Min… oh Min mi manchi tanto anche tu! Dai… sono solo pochi giorni ancora… tieni duro… fallo per me!
-Io… io non… non so se ce la faccio! La… la casa è spaventosa se sono… sono da solo… sento… sento tanti rumori…

Minaho si vergognava. Aveva paura del buio come un bambino piccolo? Sapeva che era colpa dell’angoscia, ma non poteva fare a meno di sentirsi in imbarazzo.
-Oh Min… ascoltami… respira. Adesso ti sto abbracciando, ok? Ti tengo stretto stretto! Senti che ti sto accarezzando i capelli? Non sei più da solo… non sei da solo.
Minaho normalizzó lentamente il respiro. Smise di piangere pur continuando a singhiozzare. -Man… quando. .. quando finirà tutto questo?
-Presto Min… presto. Ora riposa… ne hai bisogno. Io rimango qui con te finché non senti che stai per addormentarti, ok? Ti racconto una storia…

Minaho si stese sul divano e chiuse gli occhi. La voce di Manabe che dolcemente iniziò a raccontare una splendida storia tratta da uno dei suoi libri più belli lo cullava. Una storia poetica, che parlava di un pallido cavaliere e di una dama dagli occhi selvaggi, figlia di una fata. Non si accorse nemmeno di essersi addormentato… aveva solo fatto in tempo a sussurrare -Grazie…



Le undici di mattina.

Minaho non poteva credere di avere dormito così tanto. Era dannatamente tardi e lui era ancora sotto le coperte come un panda!
Balzò giù dal letto e si lanció in bagno a lavarsi, mentre con la mente già andava al processo. Si aspettava qualcosa di grosso.
Mentre con una mano cercava di infilare la maglietta e con l’altra un calzino, squilló il telefono.

-Fratellone!!! -La voce di Rex invase la stanza riempiendola di gioia. -Papà ha detto che oggi è una giornata speciale! Sai che mi ha promesso di portarmi con lui? Non ho capito proprio tutto tutto eh… però penso che se questa cosa serve a fare stare insieme te e Man, allora andrà bene di sicuro!
L’arancione rise. -Sono contento che vieni Rex! Spero che non ti annoierai e… che non rimarrai deluso.

Dentro di sé Minaho aveva ancora un’incertezza grossa come una portaerei. Come era possibile che Manabe avesse trovato una soluzione? Lui era chiuso in ospedale e avevano letto i regolamenti decine di volte… in sua assenza il processo si sarebbe chiuso con il rifiuto all’emancipazione.
-Tranquillo fratellone prima papà ha chiamato Man e me l’ha passato… ha detto che ha un piano!
Minaho sospirò. Era proprio quella la sua paura… e non poté scacciarla mentre salutava il bambino, dandogli appuntamento per il primo pomeriggio in tribunale.


L’arancione pranzó con un panino. Aveva la stomaco chiuso. Rimanevano ancora due ore di tempo da aspettare e lui non sapeva proprio come ingannare l’attesa e placare l’ansia. Estrasse il telefono.

-Min! Ciao amico mio! Come va… oggi? -La voce di Manabe era stata spezzata da un violento colpo di tosse.
-Guarda… lasciamo stare Man. Mi viene da vomitare. Piuttosto… tu stai male! Oddio sei peggiorato!
-No… -Un altro colpo di tosse. -No… niente paura… è… è normale… sto… sto benissimo!
-Mh… la febbre? -Minaho era poco convinto.
-Fa qualche scherzetto… ma non parliamo di me ora! Vedrai Min… oggi si risolverà metà dei nostri problemi! Potremo stare insieme… insieme! Ci pensi?

L’arancione, che proprio non capiva, rinunciò a esprimere i propri dubbi. Aveva solo paura di qualche sciocchezza.
-Man… oggi cosa… cosa devo… ecco… se mi chiamano… a parlare io…
-Min, quello che ti senti. -La voce del lilla era calda e sicura. -Quello che ti senti.


L’autobus puzzava di cadavere quel giorno, pensò Minaho. O forse era colpa della nausea?
Aveva indossato giacca e cravatta… non lo faceva mai .. odiava quei vestiti freddi e scuri, ma quel giorno sentiva che era necessario. L’unica concessione che si era fatto era un paio di sobri jeans e scarpe bianche da tennis. Si era addirittura pettinato… cosa non facile, con i suoi capelli.

Non si ricordava che il tribunale fosse così lontano… però in effetti non si rendeva nemmeno conto di dove fosse. Aspettava solo la fermata per scendere. Il segnale era la facciata bianca del tribunale stesso, scandita da un grande colonnato razionalista. Quando la vide, seppe che doveva scendere.
Entrò nella struttura con passo insicuro. Non riconobbe nessuno, ma del resto che si aspettava? Una marcia di protesta a sostegno suo e di Manabe? Erano soli.

Su un muro una serie di cartelli informavano i cittadini sui vari ambienti della struttura. Minaho seguì le indicazioni per “punto informazioni”. Arrivato trovò una segretaria seduta dietro una lastra di plexiglas, con ben poca voglia di lavorare a giudicaredalla foga con un si curava le unghie.
-Salve… l’aula del processo di emancipazione di Manabe Jinichirou, per favore.
-Ehm… aspetta.  -La donna, scocciata, digitó qualcosa sul computer. -Ecco… aula 5, in fondo al corridoio. La vedrai facilmente… è la più grande. Di solito è adibita al processo penale, ma oggi le aule di processo civile erano tutte occupate…

L’arancione sospirò ringraziando. Percorse il corridoio ed entrò in aula.
Era davvero enorme. A destra una grande gabbia di plexiglas ricordava ai presenti che si trattava di un’aula adibita a processi ben più gravi di quello, mentre una gigantesca bilancia in bassorilievo occupava la parete terminale, alle spalle dei giudici.

La stanza era ancora quasi vuota. Minaho salutò il dottor Konoe, il medico che aveva operato Manabe. Era venuto per testimoniare… un uomo buono, pensò l’arancione.

Minaho si sedette in posizione abbastanza defilata. Aveva visto, in prima fila, i genitori di Manabe.  L’uomo indossava un raffinato completo nero, la madre era elegantissima. L’arancione sperava che non lo avessero visto ma… a giudicare dai loro sguardi alterati, lo avevano notato subito.
Dieci minuti dopo entrarono in sala Endou, anche lui chiamato a testimoniare, e Rex. Il bambino teneva il padre adottivo per mano, ma appena vide Minaho corse ad abbracciarlo.
-Sei profumato fratellone… ti sei fatto proprio bello.
Minaho sorrise e arrossí. -Ma… Ma cosa dici…


Mancavano dieci minuti all’inizio del processo. I giudici stavano per uscire dalla camera di consiglio… per annunciare la rapida risoluzione  della disputa. Manabe non era presente,  dunque era tutto perduto. Minaho non capiva proprio cosa potesse far mutare un esito già deciso. Sospirò e gemette di preoccupazione.


Fu in quel momento che lo vide.
Dalla porta principale, con piglio deciso, era entrato Manabe! Indossava una camicia e un pullover. Sorrise all’arancione che lo fissava in preda alla più totale angoscia e confusione e si sedette al banco, dalla parte opposta rispetto ai genitori.


Minaho era sconvolto.
-C…cosa???
   
 
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