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Autore: Adhara    18/11/2017    0 recensioni
Soltanto una nuova minaccia per il Mondo Magico poteva far riavvicinare l'Auror Potter col suo ex professore di Pozioni. Due uomini del tutto nuovi, vecchi rancori e una strega oscura sono gli ingredienti per una pozione ammaliante e... pericolosa.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Il trio protagonista, Severus Piton | Coppie: Harry/Severus, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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3.

Non aveva idea di quanto potesse essere potente quella strega, così, per precauzione, Harry stregò la propria scia di modo che puntasse verso un palazzo della sua via, sì, ma a parecchia distanza dal suo. Quando arrivò a casa alzò delle barriere protettive in più, così come gli era stato ordinato da Hermione, e prima di andare a letto scrisse le sue impressioni su Inga.

Una persona strana. Aveva avvertito la sua pericolosità, spesso, e anche la sua intelligenza. Però sembrava davvero appassionata nella sua devozione per Piton, cosa incredibile sì, ma che non gli era parsa del tutto costruita. Invece l’Ucraina, la storia sui Pozionisti, quella era tutta finzione. Un’ottima attrice, certo, ma non abbastanza per un Auror.

Harry chiuse il suo taccuino nel cassetto stregato e si buttò a letto. Il giorno dopo sarebbe andato al Ministero, avrebbe fatto una capatina al terzo livello, avrebbe passato un po’ di tempo con Artur. E poi avrebbe lasciato una nota per Ron e per Hermione e sarebbe tornato a casa.

Era certo che tutte quelle precauzioni fossero di gran lunga esagerate, ma nessuno, nemmeno lui, poteva disobbedire al Ministro. Così si addormentò col pensiero di seguire il piano diligentemente, ignaro del fatto che Inga, nella cucina del bilocale che aveva preso in affitto, stava proprio lanciando la propria magia per seguire la scia di Harry.

Appena salita nel suo appartamento, la strega si era recata nel suo studio. Lì, adagiato sulla scrivania, un grosso pezzo di alabastro troneggiava, vagamente illuminato da una luminescenza verdastra che indicava essere sotto l’influsso di una potente magia. Inga si sedette al tavolo senza neppure levarsi il cappotto, interrogando il manufatto che lei stessa aveva concepito. Fece una ricerca approfondita, ma nulla: non c’era nessuno Harry nelle sue liste. Controllò una, due, tre volte, ma a quanto pareva l’impiegato all’ufficio uso improprio dei manufatti Babbani aveva detto il vero. A quel punto si levò la giacca, lasciandola raggrumata tra se stessa e lo schienale della poltrona. Poi mosse l’occhio della roccia verso la scia di Harry, seguendolo sino ad un quartiere Babbano. Un palazzo rosso, molti appartamenti. Nulla di notabile. Si spinse all’interno delle abitazioni, cercandolo, finché non inciampò in un blocco schermato da una potente magia difensiva. Forse il Ministero offriva ai propri dipendenti degli accomodamenti speciali per le loro famiglie. Inga sospirò. Era l’ora di dormire sogni sereni.

Nel palazzo rosso in Porter Street, il figlio adolescente dei Forster lanciò il cellulare sul tappeto. Era da quando era rientrato da scuola che né il computer né il telefono funzionavano.

 

La mattina dopo, Harry si materializzò nella solita viuzza oscura a pochi passi dal Ministero, la colazione in mano e i sensi ben allerta, pronto ad avvertire una qualsiasi stranezza nell’aria che lo avvolgeva, aspettandosi di essere osservato o seguito. Ma non avvertì nulla di tutto ciò, anzi, ed entrò negli schermi protettivi del Ministero certo di non essere stato seguito da nessun osservatore. Scese comunque al terzo livello, obbedendo a Hermione che temeva che qualche dipendente fosse Imperiato – cosa che Harry, dopo aver conosciuto Inga, non si sentiva di escludere – e trascorse l’intera mattinata alla scrivania di Artur, aiutandolo laddove poteva. Sembrava che Ron gli avesse anticipato che ci sarebbe stato un cambiamento nella composizione del suo ufficio e l’uomo, che era abituato ai misteriosi meccanismi del Ministero, non disse nulla, anzi diede a Harry una gran pila di volantini da leggere, chiedendogli quale riteneva più efficaci per una campagna di sensibilizzazione verso l’elettricità nelle case Babbane.

Stare accanto al signor Weasley era rilassante, per Harry. Si divertì a commentare i volantini e a spiare le conversazioni dei colleghi su brutti incidenti di maghi e streghe poco avvezzi alle abitudini Babbane finché un ragazzo non si avvicinò, chiedendogli di recarsi all’ufficio del Ministro per sbrigare delle pratiche. Harry allora salutò Artur e s’incamminò, piacevolmente stupito di quanto funzionasse bene il Ministero di Hermione, poiché nessuno, per ora, aveva proferito una parola fuori luogo sulla sua presenza al terzo livello, né era successo nulla che potesse mettere in allerta un possibile Imperiato.

Entrato nell’ufficio del Ministro, Hermione e Ron si voltarono a guardarlo.

«Chiudi la porta, Harry» disse subito Hermione e lui obbedì. Con un gesto della bacchetta la giovane impose il Muffliato alla sala.

«Come è andata?» chiese Ron, impaziente. Harry si sedette sulla sedia accanto a lui, fronteggiando il Ministro.

«Direi bene, mi ha preso in simpatia» rispose. «Credo abbia un po’ di sospetti, ma penso di essermela cavata»

«E Piton?» chiese Hermione.

Harry ripensò alla sua diserzione della mattina passata.

«Er, Piton» fece. «Inga è affascinata dal suo lavoro, credo lo sia davvero. Comunque sta bene. L’ho spiato, prima di agganciare Inga»

Hermione annuì, soddisfatta.

«Si è sbottonata su qualcosa?» domandò Ron. Harry scosse la testa.

«É… molto, molto intelligente» rispose. «Ha mentito sulla sua origine, dice di essere ucraina. Ma davvero, se uno non ci fa caso sembra la persona più normale del mondo»

Ron e Hermione annuirono, pensierosi, e cadde il silenzio.

«Hai seguito i miei ordini, oggi?» chiese poi Hermione.

«Sono stato tutta la mattina col papà di Ron» sorrise Harry. Il giovane Weasley rise.

«E la scia? Lo schermo? Sei certo che non ti abbia seguito?» chiese ancora la ragazza.

«Se lo ha fatto non ha visto nulla di diverso da ciò che le ho detto ieri» rispose, sereno, Harry. Hermione non sembrava convinta, ma Ron allungò una mano verso le sue, abbandonate sulla scrivania, e gliele strinse.

«Fidati» le disse, il tono dolce.

«Sono solo preoccupata» rispose lei, ma accennò un sorriso. Harry le rispose alzando lievemente gli angoli delle labbra, anche se la sua mancanza di fiducia lo infastidiva.

«Sono sopravvissuto a Voldemort, ricordi?» chiese. Il Ministro annuì.

 

Per un paio di giorni le giornate di Harry continuarono a vederlo alla scrivania di Artur Weasley, il che iniziò a farlo soffrire un po’ di noia, perché infondo la sua carriera di Auror lo appassionava anche per il lato meno cheto della cosa, quello che lo vedeva sempre in movimento. Ora però si sentiva come ancorato al suo finto impiego e fu con particolare gioia che ricevette l’invito di Hermione, tramite la loro vecchia moneta stregata, di recarsi di nuovo da Inga. Stavolta decise di fingere di passare davanti alla bottega per caso, così da non dover sembrare troppo pressante. Passeggiò quindi a lungo per Diagon Alley prima di allungarsi verso la zona meno battuta del centro, godendosi l’aria che, giorno dopo giorno, si faceva sempre più festiva. Era ormai il diciotto Dicembre, Londra era addobbata da abeti e luci già da un mese e lui si sentiva elettrizzato lì, fuori dal Ministero, nella calca vociante. Non gli andava granché di chiudersi nel negozio oscuro di Piton, né di vederlo e di incassare la sua ironia velenosa, ma si immaginava che dimostrando a Inga di non aver mentito su di lui potesse segnare un punto in più per guadagnare la sua fiducia. Così entrò nel negozio, dove trovò un paio di clienti a cui la donna stava vendendo un sacco pieno di misteriose erbe secche. Harry zampettò per l’ambiente guardandola e lei, servendo il mago delle erbe, vedendolo sorrise.

«Ha bisogno di altro?» chiese la donna al mago. Lui mormorò qualcosa che Harry non sentì e vide la donna sparire nel retrobottega. Con un brivido, si voltò, come sperando di non essere riconosciuto dall’uomo che sarebbe apparso, i capelli sciolto attorno al volto e tre grosse fiale piene di sangue di chissà quale creatura tra le mani.

Era intento ad osservare il teschio di bufalo quando una mano batté sulla sua spalla. Si voltò: Elena gli sorrideva.

«Ehy» fece Harry, «è un brutto momento?»

«Non più del solito» mormorò Elena, sorridendo. «Hai bisogno di qualcosa o…

«Volevo salutarti» rispose Harry. La donna si schernì col suo solito movimento di ciglia. Stava per rispondere quando la voce imperiosa di Piton la richiamò all’ordine:

«Elena! Il signor Wellfair non si serve da solo»

La donna lanciò un’occhiata di scuse a Harry e tornò rapidamente dietro al bancone. Fu in quel momento che Piton riconobbe il motivo per cui la sua commessa si era allontanata: il suo viso si stirò in una maschera neutra prima che il suo sopracciglio schizzasse verso l’alto.

«Potter» fece l’uomo, avvicinandosi.

«Signore» rispose Harry, a disagio.

Piton si fermò davanti a lui, voltandosi ad osservare Elena.

«Hai smesso di angustiarmi a scuola per distrarre chi mi aiuta in negozio?» chiese l’uomo. C’era una vena acida nel suo tono, ma Harry sentiva la determinazione a tenerla a bada. Ne fu sorpreso.

«Mi dispiace, conosco Elena e sono passato a salutare» rispose il giovane.

Piton lo squadrò.

«E dimmi, Potter, come te la passi? Ho saputo che hai cercato di guadagnarti i M.A.G.O. per…»

«Lavoro all’ufficio di regolamentazione dell’uso dei manufatti Babbani» lo interruppe rapidamente Harry. Fece un sorriso posticcio e Piton assunse un’espressione molto loquace: avvertiva che qualcosa non andava.

Il cliente servito da Elena se ne andò, così la donna li raggiunse.

«Severus, hai visto che coincidenza?» disse. «Harry mi ha raccontato di essere un tuo ex alunno»

«Ex alunno, ex incubo» rispose Piton. Studiò ancora una volta il viso di Harry, poi guardò Elena.

«Mi rincresce, Elena, ma non avrai tempo libero da perdere con questo individuo. Ti sto facendo un favore»

Elena rise, ma Harry si sentì montare la vecchia collera che Piton riusciva da sempre a tirargli fuori dalle budella.

«Non ce n’è bisogno, Severus» rispose la donna. «Ci vediamo dopo la chiusura?»

Harry guardò i grandi occhi della donna e si costrinse a sorridere, anche se il suo istinto gli gridava di piantare grane con quella stupida nuova versione più pulita e più affascinante di Piton.

Più pulita e più cosa?

«Certo» rispose il giovane. «Ti passo a prendere più tardi. Piton»

Harry si incamminò verso la porta e l’uomo lo osservò.

«Potter» fece, tornandosene nel retrobottega. La strega restò sola.

 

Irato, sconvolto e preoccupato, Harry prese a camminare per le strade a testa bassa. Cosa gli era preso? Non era neanche più capace di gestire i propri pensieri? E che pensiero era, poi, quello? Affascinante? L’Auror in incognito imprecò. Non poteva pensare una cosa del genere di quell’uomo, non dopo tutto quello che gli aveva fatto. E cosa ti ha fatto? sussurrò una vocina nella sua testa. È l’uomo più coraggioso che tu abbia mai conosciuto.

Scuotendo via il lato più distruttivo della propria coscienza, Harry si fermò davanti ad una vetrina. Guardò la merce esposta senza vederla. Lo aveva protetto, certo. Ma per amore di sua madre. Per amore della donna che aveva amato. Non aveva mai avuto un briciolo di affetto verso di lui. D’un tratto, Harry si chiese perché. Perché si erano odiati così tanto?

Un movimento nella vetrina lo riscosse: una madre stava comprando al figlio il trenino magico esposto. Il bambino aveva gli occhioni luccicanti. Non vedeva l’ora di portare il trenino a casa. Chissà, forse era il suo compleanno. Magari quella sera suo padre sarebbe tornato con una torta al cioccolato.

Harry riprese a camminare. Se lo ricordava bene, il peso del corpo di Piton tra le braccia. Quando aveva visto i suoi occhi chiudersi e aveva dato a Hermione la fiala coi suoi ricordi, prendendolo di peso, portandolo al sicuro. Correndo, correndo contro il tempo. Salvandolo.

Lui lo aveva capito, alla fine, che qualcosa di buono in quell’uomo fatto di ghiaccio e rancore era rimasto. Piton, di lui, invece, pensava ancora tutto il male del mondo. Un crampo attanagliò per un momento lo stomaco di Harry. Si ritrovò a sperare nel contrario. E nella sua mente si affacciarono gli occhi neri di lui e quei capelli corvini che quel giorno gli incorniciavano il viso quasi con grazia. Sembrava un uomo nuovo e Harry si sentiva, ahilui, terribilmente curioso di conoscerlo.

Trascorse tutte le ore restanti a zonzo per Diagon Alley, senza quasi accorgersi che la moneta di Hermione bruciava nella tasca dei pantaloni Babbani che indossava. Ci fece caso solo quando il cielo era ormai scuro e vi gettò un’occhiata:

? – bacio da h e r

Rispose con parole molto scarne, poi guardò l’orologio da polso. Era quasi l’ora. Tornò indietro e, arrivato alla bottega, si appoggiò al muro sul livello della via che correva oltre la porta incassata del negozio di Piton. Dovette attendere solo una decina di minuti prima di vedere la porta aprirsi e Piton che salutava Elena, guardando poi verso Harry. Come se avesse spiato dalle finestre buie, cercandolo. Lo fissò e Harry rispose al suo sguardo. Poi vide come le pupille di Piton scivolavano su di lui, studiandolo in tutta la sua figura. Harry si sentì arrossire, suo malgrado, e nonostante sperò di non farlo notare, Piton se ne accorse e fece un sorriso intimidatorio prima di sparire di nuovo nel negozio. La serratura magica, con pesanti tonfi, si chiuse.

«Buonasera» disse Elena, raggiungendo Harry. Lui spostò lo sguardo dalla porta a lei, un po’ a disagio dopo quegli sguardi. La donna però non diede peso alla sua espressione, prendendolo a braccetto.

«Mi offri la cena?» chiese. Harry annuì.

«Certamente» rispose, la voce bassa. Maledetta strega oscura, maledetto Piton, maledetta Hermione. Avrebbe chiesto di essere rimborsato, alla fine della questione.

 

Come se non fosse bastato il tempo speso sopportando Harry Potter finora, nei giorni che seguirono Severus Piton dovette rendersi conto che la vita aveva deciso di riportare nei suoi giorni, ormai splendidamente monotoni, quel ragazzino pieno di sé che sperava di non dover vedere mai più. Qualcosa, però, lo frenava dall’esserne del tutto annientato. Pareva che il ragazzo avesse fatto amicizia con Elena e, anche se il rapporto tra loro non lo interessava minimamente, poteva immaginare che qualcosa di più si preparasse ad accadere tra loro. La cosa non lo stupiva. Lo infastidiva, però, perché sapeva il rapporto di sinonimia assoluta tra “Potter” e “guai” e lui si era beato di aver trovato, finalmente, una collaboratrice decente.

Non era stupito però, quindi, perché Elena era davvero bellissima. Non lo aveva notato prima di vedere lei e Potter conversare nel suo negozio – non gli era minimamente interessato – ma ora vedeva i suoi capelli biondi, i suoi occhi grandi, la risata cristallina. Vedeva però anche qualcosa che quell’ingenuo di Potter di sicuro non aveva notato, cioè la sua profonda vena malvagia, ma non sarebbe stato che divertente vedere come questo lato di lei avrebbe influito nella loro relazione. Era un lato ben nascosto, che non si mostrava quasi mai, ma lui poteva vederlo perfettamente.

Di Harry, invece, lui la bellezza l’aveva notata subito. Non lo vedeva da quando aveva lasciato la sua stanza al San Mungo, un’eternità prima. Dopo che lo si erano scambiati un paio di parole, dopo che Severus lo aveva addirittura ringraziato. Ed era cambiato molto, da quel giorno: ora era un uomo in tutto e per tutto. Aveva perduto del tutto i tratti morbidi dell’infanzia e anche quelli acerbi dell’adolescenza se ne erano andati. E, sorprendentemente, aveva lasciato anche tutte le terribili somiglianze coi suoi defunti genitori: era, ora, davvero Harry Potter. Non più il figlio di Lily e James.

Quando lo vedeva arrivare, quindi, Piton non se ne fuggiva nel retro, le poche volte che girava per il negozio. Si salutavano freddamente, si osservavano come animali costretti a condividere il territorio. Ma una tacita amnistia vigeva tra loro e grazie a quella i loro sguardi poterono farsi via via meno nascosti, finché Piton non dovette prendere coscienza del fatto che quel giovane dipendente del Ministero, che aveva evidentemente qualcosa da nascondere, aveva, su di lui, una certa influenza.

Il che lo terrorizzava.

Non era, dicevamo, nulla che c’entrasse col vecchio sentimento per Lily, anzi, quello, dopo la Guerra, sembrava essere rimasto nella carcassa del vecchio Severus Piton che era rimasta chiusa in una tomba di silenzio. Ora il Pozionsta si sentiva libero di non vergognarsi più di se stesso, libero di non pensare più a quella ragazza da tempo sepolta, libero di non guardare più troppo insistentemente il Marchio Nero sul proprio braccio. Era, quindi, ancora peggio. Perché questo significava che Harry Potter lo attraeva, non il ricordo di qualcun altro, non la nostalgia, no, proprio lui.

Come se vederlo per pochi minuti al giorno fosse abbastanza per dimenticare tutto quello che era stato… tutto quello che erano stati.

«Severus»

L’uomo si riscosse, lasciando la presa sui suoi pensieri. Elena lo guardava con un sorriso.

«Sì?» fece lui. Si raddrizzò. Stava macinando una preziosa radice di rosa del deserto prima di cadere nei meandri della propria mente.

«Scusami, volevo solo sapere se ci sono novità per la mia ricompensa»

Severus guardò la donna, sondandone l’espressione. Poi chiuse con violenza la porta della propria mente e sorrise a sua volta.

«Scusa, Elena, purtroppo il viaggiatore a cui devo chiedere non è ancora arrivato. Sono certo che tra pochi giorni sarà a Londra»

Elena annuì, nascondendo la delusione.

«Grazie mille, Severus, io…» iniziò a dire, ma l’uomo alzò la mano.

«Per la figlia di Sofon questo ed altro» l’interruppe.

La donna abbassò la testa, tornando al suo posto, nel negozio. Il sorriso scolorò dalle labbra di Severus mentre riprendeva a macinare la radice.

Poi, lentamente, un pensiero curioso si fece strada nella sua mente.

 

  
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