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Autore: _Agrifoglio_    18/11/2017    11 recensioni
Durante una battuta di caccia, una banda di sicari attenta alla vita del Delfino Luigi Augusto. Le Guardie Reali, capitanate da Oscar, si lanciano all'inseguimento. Dopo uno strenuo ed avventuroso combattimento che vede le Guardie Reali in vantaggio ed Oscar eccellere su tutti, la situazione si capovolge all'improvviso e l'eroica ed impavida soldatessa sta per essere uccisa. Toccherà ad André intervenire, ma con quali conseguenze?
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non uccidere
 
– Guardie Reali, seguitemi! – gridò Oscar ai suoi uomini, decisa a non farsi sfuggire i manigoldi che stavano inseguendo.
Il paesaggio agreste era alquanto brumoso in quello scorcio di autunno del 1770 e lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli lanciati al galoppo risuonava nell’aperta campagna, sollevando strati di polvere che si andavano a confondere con la foschia, sempre più densa e sempre più bassa.
Quella mattina, alle prime luci dell’alba, il Delfino Luigi Augusto si era ostinato ad andare a caccia, malgrado le avverse condizioni climatiche e le voci – udite da André – su un possibile attentato alla sua persona. Era stato irremovibile, lasciandosi convincere soltanto a prendere con sé una piccola scorta di Guardie Reali.
Intorno alle dieci del mattino, la nebbia, anziché salire e diradarsi, si era infittita ed il Principe aveva capito che perseverare in quella battuta di caccia sarebbe stato del tutto improficuo. Proprio quando il gruppo si stava ritirando, uno sparo era risuonato nell’aria, improvviso e sordo, ma il proiettile, a causa della scarsa visibilità, anziché andare a segno, era sibilato a pochi millimetri dal viso dell’erede al trono. Il cavallo si era impennato ed il rosso tricorno di velluto piumato del principesco bersaglio era caduto a terra mentre gli astanti erano precipitati in preda alla più viva costernazione.
Con la freddezza e la presenza di spirito che mai l’abbandonavano, Oscar aveva lasciato cinque Guardie Reali accanto al Principe, affinché lo scortassero nel rientro alla Reggia e si era lanciata, insieme alle altre sei e ad André, all’inseguimento degli attentatori.
La seconda caccia della giornata, quella con prede umane, proseguiva concitata ed estenuante, con le bestie spronate al massimo della velocità e le Guardie al culmine della tensione nervosa ed emotiva. Oscar incitava il cavallo, impartiva ordini ed elaborava piani, curva sull’animale, frangendo l’aria col suo profilo spigoloso da rapace. Il cielo, sopra di loro, era minaccioso e grigio, a tratti plumbeo ed a tratti perlaceo, mentre la caligine di novembre si era, ormai, confusa con esso.
I ricercati erano in superiorità numerica – ne avevano contati circa una decina – mentre le Guardie Reali erano sette, Oscar e Girodel compresi e ad esse si aggiungeva il fedele ed infaticabile André. Le cavalcature delle Guardie erano, però, più veloci ed addestrate, tanto che gli inseguiti, giunti nei pressi di una fitta boscaglia, vedendosi perduti, decisero di scendere da cavallo e di sparpagliarsi fra gli alberi, cercando la salvezza alla spicciolata. Insistere nel confermare l’attentato in quella giornata, confidando nella protezione della caligine autunnale, non si era rivelato una grande idea e, adesso, oltre che infreddoliti, erano molto timorosi dell’ira del loro illustre mandante.
Constata l’impossibilità di proseguire coi cavalli, a causa dell’ostacolo costituito dalla folta vegetazione, piena di rami bassi e di radici arcuate, fuoriuscite dal terreno, che avrebbero potuto azzoppare gli animali, Oscar ordinò ai suoi uomini di smontare e di lanciarsi all’inseguimento dei malviventi a piedi, dopo avere affidato le bestie ad André.
 
********
 
Era passato circa un quarto d’ora e, non vedendo tornare le Guardie, André fu assalito da un brutto presentimento. La vegetazione era ricca di insidie, con molti rami ad altezza d’uomo ed innumerevoli radici nodose, sporgenti da terra e rese ancora più decettive dall’essere ricoperte dal manto rosso – ocra delle foglie cadute dagli alberi. Come se non bastasse, quella notte, era piovuto e, con molta probabilità, il freddo intenso e pungente di quel livido mattino autunnale aveva ghiacciato le pozzanghere, rendendo scivolosi i sentieri.
Il senso di una tragedia incombente si era fatto, di minuto in minuto, sempre più angosciante, concreto ed ossessivo ed André – che, all’alba dei suoi sedici anni, aveva già consacrato l’intera vita alla protezione di Oscar – temeva che un serio pericolo pendesse sul capo della fiera adolescente. Col passare dei secondi, la paura era diventata terrore ed il terrore una quasi certezza. Il respiro del giovane era sempre più affannoso mentre il cuore gli martellava nel petto come un picchio.
Avendo, ormai, perduto la sua consueta compostezza, André si risolse a legare i cavalli ai tronchi degli alberi e ad addentrarsi nella boscaglia, nel desiderio di placare la sua ansia crescente col rendersi utile.
Per ritrovare il gruppo, non dovette fare altro che seguire le orme sul terreno, i fili d’erba calpestati, i rami spezzati ed il rumore della lotta, fatto di stridore di lame incrociate, di urla e di imprecazioni.
Raggiunti gli altri, lo scenario che si parò davanti agli occhi del giovane gli parve quello di un campo di battaglia medievale, con le spade sguainate e sibilanti e le rapide evoluzioni degli schermidori.
Le Guardie Reali erano più preparate e sicure nella tecnica, ma i lestofanti erano agguerriti e nerboruti. Girodel tirava di scherma con una perizia ed un’eleganza invidiabili e ben pochi, nel Regno, avrebbero potuto tenergli testa. Quella che rifulgeva su tutti, però, era Oscar che sembrava un’amazzone dell’antichità, con le sue mosse perfette e, allo stesso tempo, letali. Al paragone di quella di lei, persino la raffinata tecnica di Girodel appariva banale. Aveva già sconfitto due di quei gaglioffi, con colpi veloci e precisi, messi a segno con grazia spietata e, adesso, stata affrontando il terzo uomo.
L’avversario la incalzava con fendenti rozzi, ma potenti ed ella gli teneva testa con parate decise, a volte, indietreggiando con scatti fulminei, costringendo l’altro a sbilanciarsi in avanti, così da fargli perdere l’equilibrio e la calma. D’un tratto, però, fu Oscar a scivolare sulle foglie putrescenti, finendo con un ginocchio a terra. Grazie ad un perfetto e fulmineo molinello, deviò il colpo del criminale e, con un rapido e precisissimo montante, lo colpì in pieno petto, facendolo stramazzare al suolo.
André tirò un sospiro di sollievo, ma la serenità durò poco, in quanto un altro attentatore, deciso a vendicare il compagno, sbucando d’improvviso dagli alberi, si avventò su Oscar con una furia inusitata, costringendola ad indietreggiare. Dopo i primi attimi di sorpresa, Oscar ritrovò la sua perfetta padronanza e, con scientifica lucidità, rintuzzò l’avversario, passando dalla difesa all’attacco e ferendolo ad un fianco con un coupé. L’uomo, di rimando, le tirò un calcio, per evitare il quale, la giovane fu costretta ad indietreggiare. Fu proprio nel retrocedere che l’eroico Capitano inciampò in una radice fuoriuscita dal terreno, occultata dal fogliame e, quindi, sfuggita alla rapida analisi del campo di battaglia che sempre era adusa fare, proprio come, sin da bambina, il Generale le aveva insegnato. La giovane donna cadde a terra di schiena e, nell’impatto, la spada fu sbalzata lontano dalla portata di lei. Il malfattore, ringalluzzito per il recuperato vantaggio ed inferocito dal dolore al fianco, con un piede, bloccò a terra il braccio destro di Oscar, onde evitare che sfoderasse la pistola. Simultaneamente, sollevando le braccia sopra la testa, brandì la spada perpendicolarmente al torace di lei, pronto a sferrare il colpo mortale.
– Oscar nooooo!!!!!!!!!! – gemette André, con un grido strozzato.
Senza esitazione, il giovane estrasse la pistola dalla fondina e la puntò in direzione dell’uomo. Soltanto un leggero tremito delle braccia tradì l’emozione dell’attendente il quale, un istante prima che la spada si abbattesse sul cuore di colei alla cui protezione si era votato, premette il grilletto. Uno sparo cupo risuonò nell’aria cui fece eco il gemito roco del balordo che barcollò e stramazzò al suolo.
André restò immobile, con le braccia protese e la pistola puntata, per alcuni istanti che gli parvero un’eternità. Il cuore gli batteva in petto all’impazzata, fin quasi a scoppiare, ad aprirsi un varco nel torace ed a fuoriuscire. Le tempie gli pulsavano ed il respiro si era fatto corto. Dopo qualche secondo, Oscar che, nel frattempo, si era rialzata, lo chiamò ed egli si riscosse ed abbassò le braccia. Contemporaneamente, sentì il sangue gelarglisi nelle vene ed un sudore freddo inumidirgli le mani. Due lacrime sottili gli spuntarono dagli occhi e corsero velocissime in giù, rigandogli le gote e finendo sulle punte delle scarpe. Simultaneamente, anche la pistola cadde al suolo.
Il giovane si accostò ad Oscar, per sincerarsi che stesse bene, ma lo sguardo di lui corse involontariamente in direzione dell’uomo che rantolava affannosamente, con un rivolo di sangue che gli fuoriusciva dalla bocca. Dopo qualche istante, il ferito emise un gemito e, con una smorfia che gli deformò il volto, spirò. André rimase inebetito a fissare la sua vittima, incredulo, sfibrato, svuotato, con un’orda di pensieri che gli si agitavano sfrenatamente nella testa, come cavalli selvaggi al galoppo su una prateria.
Cosa ho fatto? – pensò il giovane mentre Oscar gli batteva una mano sul braccio, in segno di ringraziamento.
Nel frattempo, lo scontro era terminato con la vittoria delle Guardie Reali. Gli attentatori del Delfino Luigi Augusto che erano sopravvissuti furono catturati e legati, ma André continuava a guardare l’uomo che aveva ucciso. Dopo un po’, alzò la testa e lo sguardo si fissò su uno dei tanti alberi resi spogli dall’autunno inoltrato, coi rami scheletriti, protesi lugubremente verso il cielo carico di nebbia. Soltanto poche foglie secche pendevano da quei rami senza vita. Si sarebbero staccate di lì a poco, fra un giorno o fra un’ora o fra un attimo, cadendo a terra, come la vita che aveva appena stroncato.
Un corvo, appollaiato su un ramo di quell’albero, di tanto in tanto, gracchiava.
André guardava l’uomo che giaceva al suolo senza vita e che, fino a pochi istanti prima, respirava e si muoveva, proprio come lui.
Quest’uomo avrà avuto una famiglia? Anch’egli ha avuto dei genitori ed è stato bambino. Qual era il suo passato? Cosa lo spinse a fare il sicario?
Il corvo svolazzò brevemente, per tornare, subito dopo, sul suo ramo.
Avrà avuto dei progetti? Comunque sia, adesso, di lui resta soltanto una carcassa senza vita, come questo desolato paesaggio autunnale.
André guardò in direzione del corvo che, a sua volta, lo fissò coi suoi occhi piccoli e neri e gracchiò.
Solo questo e nulla più.
Il giovane si pose una mano sugli occhi, quasi a volere fermare i pensieri e mettervi ordine.
Quest’uomo non avrà una seconda possibilità, perché io non gliel’ho concessa. Non mangerà, non dormirà, non si sveglierà, non riderà, non amerà, non tornerà sulla retta via.
Il corvo gracchiò di nuovo e, di nuovo, lo guardò.
Mai più.
Le Guardie Reali avevano, intanto, recuperato i cavalli dei malviventi, vi avevano caricato sopra i morti ed avevano legato ai loro finimenti i tre superstiti da loro catturati che avrebbero seguito il manipolo a piedi.
 
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Il gruppo si mise in moto a passo d’uomo, con Oscar in testa, seguita, ad un metro di distanza, da Girodel. I cavalli requisiti agli attentatori trottavano accanto a quelli delle Guardie Reali, con i morti caricati sul dorso ed i prigionieri legati con le mani in avanti che procedevano in fila indiana. André chiudeva il gruppo, stando attento che i tre criminali non si divincolassero, prendendo la via della fuga. Di tanto in tanto, però, lo sguardo gli cadeva sul triste carico di uno di quei cavalli, indugiandovi con dolore e mestizia.
Occorreva salvarla – si ripeteva fra sé e sé e nella mente gli risuonava ancora l’ossessivo gracchiare del corvo.
Le Guardie Reali erano visibilmente stanche e provate. Oscar precedeva il corteo col braccio dolorante, ma sempre ferma, incrollabile e compresa nel suo senso del dovere. La nebbia le aveva increspato i capelli, già visibilmente scompigliati per la corsa a cavallo e la colluttazione e ciò le conferiva un’aria selvaggia ed indomita. L’autunno li avvolgeva tutti col suo abbraccio caliginoso e livido, sottolineando il senso di caducità della vita.
Dovevo salvarla, non potevo fare a meno di salvarla! Senza di lei sarei perso…. Senza di lei morirei….
D’istinto, guardò in direzione di Oscar. Era evidente, da come reggeva le redini, che l’avambraccio calpestato le facesse male. Non sfuggiva all’occhio attento di André una maggiore rigidità di movimenti in corrispondenza della chiazza bruna che così vividamente spiccava sul candore della divisa.
Oltretutto, me lo sarei dovuto aspettare, prima o poi: sono stato addestrato, sin da bambino, all’uso delle armi e le armi non servono a dare la vita, ma a toglierla.
Il paesaggio gli si dispiegava davanti agli occhi sempre triste e sempre uguale, con quel cielo vieppiù grigio e lugubre che minacciava una sfuriata di minuto in minuto più vicina. La nebbia, ormai, impediva la visuale oltre i due metri di distanza ed il freddo gli gelava le vene dove già scorreva il Cocito. Un’esile goccia di pioggia gli bagnò la punta del naso.
Tutto vero, ma io non sono stato cresciuto per essere un soldato. Gli attendenti servono gli Ufficiali e non partecipano a battaglie e scaramucce.
– Capitano – disse Girodel – non Vi sembra strano che quegli uomini fossero così informati dei progetti venatori del Delfino? Non è da tutti andare a caccia quando l’alba non promette una buona giornata.
– Tenente, non siamo nuovi a questi fatti – rispose Oscar, ripensando al tentativo di rapimento ai danni di Maria Antonietta, avvenuto appena la Giovane Arciduchessa aveva varcato il confine fra Sacro Romano Impero e Francia, quando lei era in servizio da appena un mese – ma, in assenza di prove certe, possiamo soltanto formulare ipotesi più o meno attendibili e tenere gli occhi aperti.
Anch’essi hanno ucciso, questa mattina, ma la cosa sembra essere scivolata loro addosso senza particolari conseguenze. Sono soldati, loro….
Da un lato, il giovane non poteva che lamentare la propria inadeguatezza, ma, dall’altro, era felice che Oscar non risentisse dei lati negativi del suo incarico.
Ripensava, intanto, alla smorfia di dolore dell’uomo ed agli occhi di questi, carichi di terrore, mano a mano che il gelo della morte si impossessava di lui. Lo sguardo dell’attendente indugiava sul cadavere issato sul dorso del cavallo, sugli altri corpi morti, sui prigionieri legati in fila indiana, sulle Guardie Reali ed il pensiero si soffermava su quanto fosse labile il confine fra vita e morte, fra innocenza e perdizione, fra dedizione e sacrificio quotidiani e ricerca di scorciatoie.
Adesso, disprezzarlo sarebbe, di certo, la via più facile. Era soltanto un assassino prezzolato, una feccia, un avanzo di galera, uno che se l’è cercata. Prima o poi, avrebbe fatto questa fine, era soltanto questione di tempo. Tutte considerazioni vere che, però, non riportano le lancette dell’orologio a mezz’ora fa né restituiscono l’innocenza alle mie mani.
A quella timida goccia d’acqua che, qualche minuto prima, gli era planata sul naso, ne erano seguite delle altre, sempre più grosse e frequenti e, adesso, lo stanco manipolo era inzuppato da una pioggia silenziosa e non violenta, ma, pur sempre, copiosa che scendeva a velocità costante, sottolineando, col suo ritmo uguale, la ripetitività del paesaggio agreste – reso sfumato e quasi irreale dalla bruma – e l’insistenza dei pensieri di André.
Accusare il colpo, ingoiare il boccone amaro, farsene una ragione e ricominciare. Dolore dopo dolore, assuefazione dopo assuefazione, compromesso dopo compromesso, un pezzo alla volta. E’ così che si inizia a morire?
André continuava a cavalcare, a tenere d’occhio i prigionieri ed a riflettere su come una battuta di caccia, una giornata, una vita potessero mutare radicalmente, nel giro di pochi secondi e rimanere, nel contempo, uguali.
Vado a Messa tutte le domeniche, ma ho appena infranto il quinto comandamento e, nonostante ciò, la mia giornata proseguirà come tutte le altre: cavalli da strigliare, stivali da pulire, la cioccolata ad Oscar, le mestolate ed i rimproveri di mia nonna finché verrà il giorno in cui le mie mani interromperanno un’altra vita ed un’altra ancora e tutto mi sembrerà normale, perché, nel frattempo, sarò diventato un altro uomo.
Innalzò al Cielo una silenziosa, accorata, dolorosa preghiera in suffragio di quell’anima disgraziata di cui ignorava persino il nome oltre che la sorte ultraterrena.
Il drappello, stanco, fradicio ed infangato, giunse, finalmente, ai cancelli della Reggia.
– Io andrò a fare rapporto – disse Oscar – Tenente Girodel, venite con me. Guardie, portate nelle prigioni i superstiti, preparateli per l’interrogatorio e perquisite attentamente sia loro sia i cadaveri. André, vai nei miei alloggi e prepara i miei effetti personali, perché, dopo l’interrogatorio, torneremo a casa.
 
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Oscar era visibilmente contrariata. Sia lei sia Girodel avevano ricevuto un solenne encomio per il modo in cui avevano gestito l’emergenza mattutina e, tuttavia, un evento di portata gravissima aveva prodotto l’effetto di guastarne l’umore e di complicare ulteriormente una già difficile giornata: i tre uomini catturati erano stati trovati nella cella con la gola tagliata.
Dopo essere stati perquisiti, erano stati lasciati da soli per un esiguo quarto d’ora, giusto il tempo di perquisire i cadaveri e di preparare gli interrogatori, ma quei quindici, scarsi, minuti erano stati più che sufficienti a consentire ad ombre furtive di introdursi nelle segrete e di chiudere per sempre la bocca a quegli scomodi testimoni.
Ad Oscar non era rimasto che avviare le indagini e, a metà pomeriggio, insieme ad André, aveva preso la via di Palazzo Jarjayes, con lo stomaco vuoto e la stanchezza nelle ossa.
La giovane, per fortuna, non aveva subito fratture ossee né aveva riportato lesioni ai muscoli ed ai legamenti. Soltanto un grosso livido campeggiava nel punto dell’avambraccio dove quell’uomo l’aveva calpestata.
Percorsero i pochi chilometri che separavano la Reggia da Palazzo Jarjayes nel più totale silenzio, lei intenta a pianificare le indagini dei giorni successivi, lui perso nei suoi dolorosi pensieri.
Giunti a palazzo, Oscar rivolse un cordiale e caloroso sorriso ad André.
– André, cos’è quel viso triste? Vai a riposarti che, con questo tempo da lupi e con l’avventura di questa mattina, rischi di prenderti un malanno.
 
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Tutti, a Palazzo Jarjayes, dal Generale all’ultimo mozzo di stalla, erano stati informati degli eventi occorsi nella mattinata e dell’encomio solenne ricevuto da Oscar per il modo esemplare in cui aveva fatto fronte alla difficile e concitata emergenza.
Oscar ed André entrarono a palazzo subito dopo avere ricoverato i cavalli nelle stalle.
André seguiva Oscar a qualche passo di distanza e, guardandola, non poteva fare a meno di pensare che quell’essere a lui così caro aveva rischiato di morire e che la sopravvivenza di lei era l’unica cosa che contava. Pensava questo, ma, intanto, il fastidioso pungolo al cuore non se ne voleva andare e le nubi che gli ingombravano la mente non accennavano a diradarsi, così come quelle che oscuravano il cielo, cariche di pioggia autunnale.
Il Generale accolse la figlia raggiante di gioia, con gli occhi scintillanti, traboccanti di orgoglio paterno.
– Oscar, oggi, hai colmato di onore la tua famiglia e di felicità tuo padre! Tutta la Corte parla di te in termini entusiastici e, di angolo in angolo, si diffonde l’eco della tua prodezza! Una giornata che avrebbe potuto arrecare un lutto incommensurabile alla Francia, grazie a te, si è conclusa con una perfetta e coordinata operazione militare!
– Padre, ho fatto soltanto il mio dovere e, anzi, mi biasimo per essermi fatta assassinare quei tre sotto al naso – rispose Oscar che non riusciva a cogliere gli aspetti trionfalistici della faccenda.
– Oh, Madamigella Oscar, non biasimateVi e non sminuite i Vostri meriti! In tutta la Francia, risuona la notizia del Vostro coraggio! – esagerò l’anziana ed onnipresente governante.
Subito dopo, il Generale si volse ad André e, mettendogli le mani sulle spalle, gli disse:
– Sappi che sono molto fiero anche di te, André! Mi hanno raccontato nei dettagli come hai salvato la vita di Oscar! Devo alla tua lucidità ed alla tua presenza di spirito la sopravvivenza del mio erede!
André, grato al Generale, ma ancora stanco e frastornato, atteggiò le labbra ad un timido sorriso e, con educazione, rispose:
– Grazie, Signor Generale.
– Grazie Signor Generale?! Tutto qui?! Mascalzone! Ringrazia il Cielo che non ho qui il mio mestolo! Il tuo padrone ti onora di un così grande encomio – che tu non meriti affatto – ed il tuo entusiasmo è tutto qui: Grazie Signor Generale?!?! – si intromise la nonna.
– Nonna, io ho soltanto fatto il mio dovere e, cioè, servire e proteggere Oscar e guardarle le spalle.
– Madamigella Oscar! Devi chiamarla Madamigella! Ricorda che sei solo un servo!
– Lascialo stare – intervenne Oscar – Senza André, non so se e come sarei tornata a casa. E’ stanco e provato. Adesso, ha bisogno soltanto di un gran sonno ristoratore.
Il gruppo si disperse, perché il Generale andò nel suo studio, la governante tornò in cucina ed Oscar ed André salirono nelle rispettive stanze a cambiarsi gli abiti zuppi di pioggia e lordi di fango.
 
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André stava in piedi, al centro della sua stanza.
Si era tolto gli abiti fradici di pioggia e, dopo essersi ben lavato, aveva indossato degli indumenti asciutti e puliti che la nonna aveva riposto nell’armadio ed in un cassetto del comò. Con un telo bianco che, di tanto in tanto, accostava al camino acceso, si stava asciugando i capelli ancora umidi.
Il magone in gola non accennava a dissolversi e, anzi, era sempre più grosso e fastidioso.
Lei è salva, sta bene ed è ancora con me. Tutto il resto non conta.
Si accostò ai vetri della finestra, battuti dalla pioggia scrosciante e, con sguardo penoso e carico di amarezza, si sforzò di guardare fuori, ma non gli riuscì, perché la visibilità era scarsa e le lacrime appena sgorgate ed ancora indugianti alla base degli occhi annebbiavano quel poco di paesaggio che il maltempo non era riuscito a celare.
Appoggiò il braccio sulle assi lignee centrali della finestra e la fronte sulla mano. Due grosse lacrime gli solcarono le gote.
Ho ucciso un uomo.
   
 
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