Serie TV > Altro - Fiction italiane
Ricorda la storia  |      
Autore: VampERY    18/11/2017    0 recensioni
[La Dama Velata]
[La Dama Velata]Il conte Guido Fossà ha ormai accettato la sua natura di vampiro e si aggira con il fedele compagno per le strade della bella Trento fino a che...
Genere: Erotico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A








Image and video hosting by TinyPic







-Vi prego signore, richiamate la vostra bestia!-

Un paio di occhi gialli, stranamente brillanti in una notte buia come quella furono le prime cose che la ragazza vide e che la misero in allarme chiedendo pietà. Per sua sfortuna, sulla stradina di ghiaia del parco che era solita attraversare per tornare a casa, trovò ad attenderla una creatura minacciosa che la puntava come per attaccare. Non poteva esserci altra spiegazione: quello sguardo….quell’intero essere che, abbandonando le ombre per rendersi visibile alle sue capacità umane, risultò da subito feroce sfoderando le zanne e accennando un ringhio profondo, era intenzionato a fare di lei la sua prossima vittima e l’uomo che lo seguiva pochi passi dietro sembrava non volerlo fermare. Il brivido che corse giù per il corpo della ragazza preannunciava l’intorpidimento delle membra e, ancora più pericoloso, della mente tanto che il lupo ne avvertì i segnali ancora prima che questi si manifestassero.

A quella supplica da parte della giovane il conte non riuscì a trattenere una risata. I motivi furono diversi: primo, il fatto che lei fosse la prima persona che in tanti anni aveva osato dare del mostro al suo fidato compagno, il lupo bianco che aveva messo all’angolo la fanciulla impaurita e che in altre occasioni avrebbe lasciato che si divorasse la preda senza batter ciglio; secondo, la ragazza non aveva idea che solo con la sua presenza si offriva a lui come un tale divertimento che anzi avrebbe dovuto perfino ringraziarla; e terzo, naturalmente il suo essere umana, così fragile e bella ai suoi occhi dannati, meravigliosa presenza condita dalla paura che le faceva accelerare i battiti del cuore e pompare più sangue nelle vene.
 
Non rispose subito a quella preghiera. Si godette il vederla così spaventata, con gli occhi nocciola che saettavano da lui alla creatura che mostrava i denti, più per abitudine che per reale pericolo.
E come poteva una giovane così minuta incutere timore? Anche così vestita con il cappotto pesante e le gonne ampie non raggiungeva nemmeno i sessanta chili.

-Non abbiate paura. Fedor non attacca le vergini- si concesse una pausa teatrale, giusto per continuare a stuzzicare la giovane -almeno non se non glielo ordina il suo padrone- disse con voce calma e studiata lasciando volutamente che le parole appena pronunciate si imprimessero nella mente della sua spettatrice. Pregustava l’idea di chiederle di compiere nefandezze indicibili in cambio di avere salva la vita, oppure di vederla in ginocchio a supplicare clemenza. Negli ultimi secoli, aveva appreso come espandere i poteri del cervello umano e così fu come averli realmente vissuti quegli scenari: poteva vedere il corpo di lei privo di qualsiasi indumento piegarsi in decine di posizioni dandogli piacere, così come era viva in lui l’immagine delle mani giunte e gli occhi pieni di lacrime mentre pronunciava parole per salvarsi.

Con un veloce gesto della mano comunicò all’animale di rendersi docile, di avvicinarsi alla giovane in atteggiamento remissivo come un grosso cane che sorride al pargolo di famiglia. Così come erano apparsi luccicanti in modo ostile ora quegli occhi assunsero le tinte di preziosi topazi ai quali non si poteva resistere e anzi invitavano a guardarli più da vicino in completa fascinazione. La ragazza si ritrovò così il lupo che le sfiorava la gonna e spingeva la testa contro le sue gambe, finchè non si ritrovò a terra sotto le spinte del suo assalitore. Ora pareva a tutti gli effetti un cane docile: ricercava le sue attenzioni, voleva le sue carezze, infilava il corpo in ogni angolo e nicchia che si era creata per via della ragazza che, ripreso coraggio, si era seduta sui talloni. Del tutto inconsapevole però il tessuto della gonna si era raggruppato sopra le ginocchia lasciando scoperte due gambe sode e snelle, coperte solo da un paio di calze troppo leggere per la stagione, pelle candida che il conte fissò, desiderando saggiarne il sapore sulla punta della lingua.

La meraviglia che si impossessò della giovane di fronte a quel cambiamento di umore la rese più tranquilla, dimentica per un momento della presenza dell’altra creatura che avrebbe dovuto temere. Era ovvio che ci stava prendendo gusto: dapprima come oggetto delle attenzioni inerme, ora insinuando le mani nel pelo folto e rimanendo affascinata sia dalla morbidezza che dal calore che sentiva provenire dal corpo dell’animale. Lei non lo notò, ma le sue gote si tinsero di una deliziosa sfumatura rosea, come quelle di una bimba dopo una corsa nel parco.
Il vampiro ben volentieri assisteva alla scena. Più volte aveva sfruttato Fedor per procacciarsi “cibo” nelle occasioni in cui non aveva voglia di mettere in atto le sue doti, ma mai per trattenere a sé una preda così succulenta e non dal punto di vista puramente commestibile. C’era nella ragazza una sensualità acerba dovuta alla sua innocenza e spontaneità, che l’uomo sospettava tenesse sempre ben nascoste dallo sguardo altrui, troppo timorosa di risultare frivola e noiosa. La immaginò nuda nel suo grande letto a baldacchino alle prime luci del crepuscolo socchiusi dal torpore del sonno in arrivo ma il resto del corpo pronto a risvegliarsi ed apprezzare le sue carezze. Sarebbe stato un piacere passare le dita e la bocca su di lei, senza possibilità per la giovane di rifiutare le sue attenzioni per poi accettare con entusiasmo la sua lingua in bocca e le mani a costringerla sotto il suo corpo forte, aprendole le gambe e raccogliendo il dolce nettare che sapeva di poter far sgorgare da lei semplicemente muovendo il bacino in cerchio.

Per ora tali fantasie avrebbero dovuto attendere. Ma era sicuro di poterle realizzare al più presto. O forse no. Forse tendere fino al limite della sopportazione la giovane si sarebbe rivelato molto più eccitante che marchiarla facendola sua nel vicolo dietro l’angolo. Non poteva pensare di sprecare così la loro prima volta assieme, di non potersi nutrire di lei. Certo l’ipotesi che il tutto avvenisse in un letto non era garanzia sufficiente perché gli concedesse una pratica così estrosa, ma dopotutto si sarebbe imposto come suo amante e maestro, insegnandole che il piacere e la passione non hanno costrizioni.

Alternava continuamente il pensiero di lei disinibita sotto le sue cure a quella della ragazza innocente ormai ammaliata da Fedor. La giovane addirittura si lasciò andare a brevi risate ogni volta che l’animale riusciva a sfiorarle col muso il viso e a leccarle i palmi con la lingua. Nelle sue orecchie i suoni che avrebbe voluto udire sarebbero stati differenti: decisamente più chiassosi e fatti dei sospiri e lunghi lamenti di lei. Una dolce melodia interrotta solo dalla ricerca di aria mentre le dava piacere o le bloccava la bocca con la sua per assaggiarla.
 
 
 
~
 
 
 
 
Per la prima volta da quando era stata braccata così d’improvviso dall’animale e dal misterioso sconosciuto la giovane alzò gli occhi e lo guardò. Era lì in piedi, gambe leggermente divaricate e braccia trattenute dietro la schiena e contraeva spasmodico la mascella. Era innegabile quanto fosse affasciante. Le sue amiche più disinibite gli si sarebbero offerte fin dal principio stuzzicandolo con provocanti mosse e studiate posizioni. Lei invece, che si era sempre considerata ordinaria non era mai ricorsa a simili espedienti per catturare l’attenzione maschile (anche perché non si era mai presentata l’occasione). Stranamente, però, verso quell’uomo sentiva un’attrazione potente, tenuta a bada dal residuo di paura in forma di lupo ai suoi piedi e dalla constatazione che era un estraneo. Un meraviglioso nobile, almeno i suoi abiti questo mostravano, dal viso pericoloso.

Improvvisamente si chiese se avrebbe sentito la stessa morbidezza accarezzando la chioma scura anziché il bel pelo bianco. E una volta iniziato quel paragone non si fermò; era curiosa di scoprire se anche lui profumava di autunno e pioggia come l’animale; se la forza delle zampe che la teneva ferma fosse la stessa di lui mentre la inchiodava al muro e le sollevava le vesti per toccarla dove nessuno era mai arrivato. Di sicuro avrebbe preferito la sua bocca addosso ad adorarla anziché quella del lupo che le stava facendo le feste. Ancora di più quando con il naso prese ad annusarle il collo finendo per sfiorare il seno. Ebbe un sussulto perché di fronte ai suoi occhi si materializzò la scena di lei con le braccia imprigionate dalla camicetta strappata e usata come legaccio dietro la schiena e i suoi seni, piccoli nelle mani di lui che stringendoli la guardava mentre li prendeva in bocca e succhiava come a volerne suggere il latte.
Si stupì per la fantasia così ardita e ancora di più perché non solo sapeva glielo avrebbe permesso, ma avrebbe anche voluto ricambiare la cosa inginocchiandosi ai suoi piedi e spogliato dalla vita in giù per appoggiare la bocca sul suo membro caldo.

Un piacevolissimo fremito si irradiò dal suo ventre in tutto il corpo e il lupo sembrò notare questo cambiamento d’umore perché si fece ancora più famelico di attenzioni. Fu come se volesse che lei lo accarezzasse con maggior forza, così da sfogare su di sé la bramosia che ora colorava le gote della ragazza, consapevole che al suo padrone fosse cosa gradita. Fedor, infatti, non era un animale come gli altri: la sua natura era mutata nel momento in cui il vampiro lo aveva chiamato a sé rivendicandone il possesso e il lupo lo avesse riconosciuto come alpha dominante. Da questo sodalizio aveva assunto capacità straordinarie come quella di avvertire ancora più distintamente l’umore degli umani, la loro paura e l’eccitazione su tutte.
 
-Vedete, ora che il vostro odore gli è famigliare è docile come un agnellino- pronunciò l’uomo riducendo gradualmente la distanza fino ad adottare la medesima posizione di lei, poggiandosi sui talloni. Percepì immediatamente il sussulto nella giovane, quel lieve ritrarsi di fronte al suo avvicinamento svelto. Se non avesse distolto presto lo sguardo sarebbe caduta certamente nell’incantesimo del vampiro o forse nella semplice infatuazione umana; era semplice distinguere quando un umano gli si concedeva spontaneamente: le espressioni del viso si facevano più dolci e il corpo più ricettivo a qualsiasi stimolo provenisse da lui. In quel momento sembrava impossibile per lei non guardarlo in viso, spostando come luci intermittenti gli occhi da quelli del conte al bellissimo esemplare di lupo e ancora alla bocca del padrone che nascondeva i canini che già da qualche minuto erano allungati per la voglia di morderla.

Vista così da vicino era ancora più bella. Non una bellezza da rotocalco, non era appariscente, anzi l’opposto. Ma quel viso così piccolo, quasi da bambina e i capelli di un castano vibrante non erano esattamente il prototipo di diva che la recente invenzione dei fratelli Lumiere diffondevano. Delle attrici francesi poteva avere sì e no il naso, deliziosamente all’insù. Il viso particolare per la spruzzata di lentiggini sul naso e le gote, il collo, lungo e sottile, e le mani dotate di piccole dita impreziosite appena da un anello all’indice destro si univano ad un altro particolare che prima era sfuggito alla sua vista: quando sorrideva le spuntava sulla guancia destra una fossetta. Dovette trattenersi dal toccargliela con la punta delle dita. Si sarebbe spaventata rischiando di farla scappare via in lacrime.
 
La giovane non sapeva più su cosa concentrare la propria attenzione: il lupo continuava ad essere qualcosa di incredibile, sia per la misura, più grande di quelli che aveva visto una volta allo zoo e poi così amorevole; ma anche il conte che sembrava lanciare piccole saette dagli occhi chiari. Respirare diventava sempre più difficile, il batticuore precedente lasciò il posto ad un furioso tamburellare nel petto. Inoltre tutti i suoi sensi si erano acuiti respirando il profumo inebriante del suo vicino come se da questo dipendesse la sua stessa vita e perciò non ne potesse fare a meno.

-Mi dispiace per quello che ho detto. Non mi sarei dovuta permettere di affibbiargli tale disonorevole titolo- le ci volle molto coraggio per scusarsi, quasi che riconoscere il suo sbaglio la mettesse in una posizione di difetto che andava ad accentuare il dislivello che avvertiva. L’idea che in verità era stato l’uomo a farle un’offesa ostacolandole il passaggio con il suo animale non l’aveva nemmeno sfiorata.

-C’è un solo modo perché vi perdoni- rispose il conte evitando volontariamente di specificare a chi dei due si stesse riferendo, -ed è accompagnarmi alla mostra allestita a Palazzo Thun-.

Non le diede nemmeno il tempo di rifiutare perché con una mossa fulminea si alzò portando inconsapevolmente anche la ragazza a compiere gli stessi movimenti, fissandola dritta negli occhi. Si incamminarono con Fedor da un lato ed il vampiro dall’altro, intrappolandola così per la seconda volta quella sera.
 
Durante il breve tragitto i due non scambiarono parola, lei troppo agitata e ancora incredula dell’incontro con il bel signore e lui a studiarla restando sempre più affascinato dai suoi modi miti ma che, poteva scommetterci, se debitamente persuasi sarebbero potuti diventare carichi di ardore e carnalità che solo una donna, seppur inesperta, sa avere.

-Eccoci- la rassicurò con fare affabile, se mai la ragazza si stesse domandando dove la stesse portando: in una trappola anziché nel bellissimo palazzo che aveva solo potuto osservare da fuori passeggiando per la città di Trento?

-Ma è chiuso!- esclamò con una nota più alta del solito nella voce. Erano ormai passate le 20.30, un orario certo non così tardo, ma per lei giovane fanciulla non sposata, decisamente inadatto a passeggiate solitarie.

-Basta così poco per fermarvi, mia dolce amica?- il tono accattivante che aveva usato così come l’epiteto con cui l’aveva definita, quasi a sottolineare un rapporto già intimo tra loro, la ammutolì e se Fedor non gli avesse dato una mano continuando a strusciarsi contro il suo fianco e impercettibilmente spingerla più vicina al conte, probabilmente avrebbe agito razionalmente e sarebbe andata via. Avrebbe potuto recarsi in uno dei numerosi caffè disseminati nelle vie accanto oppure fermato una delle carrozze in sosta col vetturino a bordo, ma non tentò la fuga nemmeno questa volta.

Non erano soli per la strada, anzi diverse donne, quasi tutte a dire il vero, incontrandoli sul loro cammino avevano guardato con ammirazione la giovane invidiandole la splendida compagnia rappresentata dal conte che invece malediceva con astio gli uomini che solo osavano girarsi in direzione della ragazza, intuendone i pensieri poco casti. Chissà quante volte ne era stata oggetto senza che lei avesse il minimo sentore. Gli uomini sono esseri semplici dopotutto e amano la caccia più di ogni altra cosa: lei sarebbe stata la preda ideale così spaurita e debole. Nella sua precedente vita quasi certamente non l’avrebbe notata, ma ora ai suoi occhi miopi si erano sostituite due lenti che mettevano perfettamente a fuoco la preziosità di lei.
 
Non volle prolungare quell’agitazione che sentiva nella ragazza solo standosene alla porte del palazzo alla mercè di tutti e così tirando fuori dal taschino della giacca una grossa chiave aprì il portone, Fedor entrò per primo quasi andasse in perlustrazione, poi fu la volta di lei sospinta quasi dall’avanzare sicuro del conte. I due infatti ancora non si erano toccati, i reciproci corpi si erano solo sfiorati quella sera; non che non avesse voluto, anzi, il vampiro bramava il contatto con la giovane quasi più che il suo sangue, ma temeva si disfacesse al minimo tocco. Però come è noto la fortuna aiuta gli audaci e quando perciò la dolcissima ospite si ritrovò con un piede in fallo, dimentica dell’intelaiatura della pesante porta il conte con riflessi che solo gli animali hanno l’afferrò per la vita e la trattenne a sé.

-Fate attenzione- che fosse un commento per quanto appena accaduto o un sottile avvertimento non importò. Quello che ora l’uomo riceveva in cambio dall’aver “salvato” da una rovinosa caduta la giovane era qualcosa di impagabile: tremava nelle sue mani come un uccellino catturato dal gatto che prima di morderlo si diverte a giocarci.
Il conte in tutta franchezza non aveva ancora preso una decisione in merito: non sapeva se approfittarsi di lei nel modo che i suoi simili avrebbero fatto oppure in quello classico, privandola dell’innocenza che tanto la rendeva speciale. Quante volte quell’abbraccio sensuale aveva portato al medesimo copione; quante le donne che si erano concesse chi con finta resistenza e chi inscenando una lotta terribile anelando poi al contatto fisico.

La giovane non aveva mai provato un simile calore, anche se poteva chiaramente sentire nei punti in cui i suoi abiti trovavano aderenza al corpo dell’uomo un freddo insolito. Forse il tepore che sentiva veniva da lei stessa, dall’emozione di stargli così vicino e dalle mille sensazioni che si alternavano vorticosamente in lei: paura, eccitazione, curiosità, timidezza, voglia. Era un groviglio unico. E il conte se ne accorse perché mise un po’ di spazio tra loro senza però lasciare la presa poggiando elegantemente una mano sulla schiena di lei a indicarle la giusta direzione da prendere.
 
 
 
~
 
 
 
Attraverso le grandi vetrate del palazzo si vedevano procedere le tre figure: il lupo, che scorrazzava allegro per il lungo corridoio che univa tutte le altre stanze; e la coppia, così ben assortita che si confondeva con l’ambiente per la scarsa illuminazione.
Sui pavimenti di marmo risuonavano ancora i passi dei due, quando il vampiro, allontanatosi per accendere l’interruttore della corrente, lasciò momentaneamente da sola la giovane. E quando la luce, tenue per non rovinare l’atmosfera che i quadri presenti avevano creato, comparve, gli occhi della ragazza furono testimoni di uno spettacolo sbalorditivo. Appesi alle pareti non c’erano dei dipinti qualsiasi, ma stampe note come Shunga, rappresentanti illustrazioni erotiche giapponesi.

Non riusciva a crederci. Si sentì soggiogata da tanta esplicita sessualità così magnificamente ritratta. Iniziò a girare su se stessa perché nel grande salone dove si trovava ognuno dei quattro lati era invaso dalle pitture; i suoi occhi percepivano solo particolari, dettagli di ciascuna opera, e anche il più virtuoso come i famosi ciliegi in fiore si aprivano a lei come altrettanti raffigurazioni di organi femminili pronti ad accogliere l’amante. Non si accorse nemmeno di aver portato entrambe le mani alla bocca per impedire di urlare o emettere gemiti, non sapeva, mentre roteava per assorbire quanto più poteva da quella inaspettata rivelazione.

Nel mentre che la ragazza prendeva coscienza di ciò che le stava attorno il conte si godeva lo spettacolo dalla stanza accanto costringendo il suo corpo a non correre fino a lei e approfittare dei morbidi divanetti in velluto al centro per emulare le gesta dei personaggi dipinti. Aveva assunto il consueto atteggiamento da cacciatore incassando lievemente il collo e portando le braccia lungo il corpo con i pugni stretti entrando in quella specie di trance che lo prendeva prima di sferrare l’attacco. La bocca socchiusa per sfogare, per ora almeno, la pressione crescente dei canini usciti per quanto era eccitato; la testa leggermente inclinata verso destra come a voler mettere a fuoco meglio l’oggetto dei suoi desideri e nel contempo un accenno di sorriso che confermava quanto la parte del maestro che insegnava qualcosa al suo neofita fosse tra gli aspetti della sua vita che non lo annoiavano mai.

In quel preciso momento il vampiro poteva leggere nell’anima della giovane e vedere come lei vedeva. Nudi artistici ma pur sempre corpi svestiti che solleticavano la sua femminilità abbattendo eventuali divieti che fin da piccola le erano stati innestati; il tormento che si insinuava sotto pelle per il desiderio di provare in prima persona quelle strane combinazioni; e infine il principio di abbandono che solo opere tanto belle e potenti potevano suscitare. Ancora più stupefacente fu sentire che quanto stava avidamente guardando veniva rielaborato dalla mente brillante della ragazza e arricchito di scenari più specifici e azioni concrete, quasi fosse un film proiettato per un unico spettatore, anzi due, ma lei non poteva saperlo questo.

Fedor in tutto ciò era come quei pagliacci caricati a molla nelle scatole: percepì l’eccitazione nei due e ne fu contagiato tanto che per alleviare in parte quella frenesia indiretta prima si lasciò andare ad una corsa liberatoria nella sala, poi puntò in direzione della ragazza, che ormai aveva definitivamente accolto come nuovo membro del branco, e aveva richiamato la sua attenzione facendola inginocchiare ancora una volta per ricevere le carezze che sperava mettessero a tacere quel torpore crescente.
 
Quando alle facce dai tratti asiatici si sostituirono quelle dei presenti, riconoscendo distintamente la sua in estasi ma ancora di più avendo un assaggio di come lei figurava se stessa sedutagli addosso con le braccia allungate dietro a sostenersi e la bocca aperta a formare una O di puro piacere fisico, i capelli scompigliati e selvaggi ad incorniciarle il viso trasfigurato da tanto ardore, per poco non venne. Gli piaceva guardarsi nell’atto sessuale, anche se purtroppo non poteva ricorrere agli specchi, ma usando come strumento il partner di turno ed entrando nella sua mente per vedersi come loro lo vedevano. Ma ora fu molto più intenso, la ragazza aveva capacità intellettuali e fantasiose che superavano qualsiasi altro essere umano che avesse mai conosciuto. Forse, il non aver mai sperimentato l’atto primitivo dell’accoppiarsi era stato compensato con l’immaginazione.
 
Fu come se la mostra si fosse improvvisamente trasformata in una raccolta fotografica dei loro incontri amorosi. Non poté più trattenersi: in un lampo il conte si posizionò dietro la ragazza, stringendola a sé con una mano sulla vita e l’altra avvolgendole il collo che già era stato oggetto di una voglia malsana:

-I vostri pensieri…- sussurrò all’orecchio della giovane -quello che provate, io li sento- la voce divenne più rauca, desiderosa di tacere perché fossero altri i modi in cui poter comunicare. La giovane da parte sua accolse con ardore quell’attacco inaspettato: il suo corpo tradiva la soddisfazione di essere presa e manovrata a piacimento del conte. Dapprima lasciò le braccia lungo i fianchi ma poi, mossa da un coraggio che la vicinanza dell’uomo le trasmetteva, volle partecipare a quello strano gioco. Così se il vampiro poggiava una mano sul fianco, lei lo invitò apertamente a sentirla attraverso i vestiti e anzi spostò le dita al centro, dove finiva il corpetto e iniziava la gonna di lana.

-Io…..io- in cuor suo la giovane non sapeva cosa pensare, giusto e sbagliato, pericoloso o folle, nessuna delle parole che le vorticavano in testa sembrarono adatte a descrivere lo stato in cui versava. Semplicemente non voleva interrompere quel contatto, anzi semmai piano piano in lei nacque la necessità di approfondire quella finzione. Sì perché doveva essere senza dubbio un’illusione, un sogno. Non stava accadendo realmente, vero?

-Siete nelle mie mani, letteralmente…- questa volta le parole furono solamente sussurrate al suo orecchio e il brivido che partì da lì e si diffuse in tutto il corpo l’agitò a tal punto che il conte aumentò la pressione delle mani perché lei non svenisse. Le sfiorò la tempia con le labbra e la sentì trasalire. Se avesse osato una mossa più ardita, come morderle il delizioso lobo dell’orecchio, la giovane avrebbe perso i sensi, tanto era il turbamento che la stringeva.

-Non dovete fare altro che osservare- le disse mentre come per magia le fece appoggiare i piedi sui propri in modo che al minimo spostamento di lui da un lato, la ragazza potesse imitare lo stesso gesto senza doversi muovere di sua volontà. Sembrava non pesare niente, ma era molto ricettiva al corpo di lui che ora premeva senza potersi nascondere tutta la sua voglia contro di lei.
 
Il grande salone in cui ancora si trovavano era saturo delle scintille che emanavano. Se avessero dovuto raffigurare tale energia probabilmente fuochi d’artificio gialli e rossi sarebbero stati adeguati: con il loro calore e l’impossibilità di racchiudere quella vitalità che solo Fedor poteva vedere, l’umana e l’immortale formavano una coppia che nulla aveva da invidiare ai loro simili dipinti. Eccezion fatta per gli abiti ancora saldamente addosso, da loro scaturiva la stessa sensualità.

Per un tempo indefinito il conte guidò gli occhi della ragazza, appesantiti dal desiderio, sui disegni sfidandola ogni volta a farli propri e rileggerli con i loro tratti. Se sbagliava, e capitava di rado anche così eccitata, il vampiro aumentava impercettibilmente la forza e le suggeriva dove intervenire affinché il quadro immaginario fosse perfetto. Era una sequenza di frasi e ammonizioni che mai più la giovane avrebbe dimenticato, e anzi, semmai avrebbe ricercato in ogni suo partner. Le parole che si insinuavano nel suo orecchio come l’oro liquido negli stampi dei maestri orafi, erano certamente scabrose, scandalose perfino, ma che in quel frangente apparivano come zelante commento a quella visita così particolare. 

- Userei le mie dita per farvi vibrare; poi sarebbe la volta della mia lingua, e infine, solo quando vi sarete aperta a me e mi implorerete, vi darò la mia verga-

E la lingua del conte imitò i movimenti che avrebbe tanto voluto fare tra le pieghe del sesso umido della giovane, accontentandosi per ora del bel collo pulsante nella sua mano. La giovane sospirò con un acuto gemito, abbandonando la nuca contro la spalla del conte e le sue palpebre sfarfallarono in un’estasi di sensazioni.

- Abbiamo tanto da imparare dagli animali. Scopano per riprodursi ma vi garantisco che ritrovarvi col peso del mio corpo sulla schiena sarebbe per voi estremamente piacevole- si permise un piccolo morsetto con i canini appuntiti, prendendo tra di essi solo un piccolo lembo di pelle dolce, divertendosi nel stuzzicarla finchè anche per il conte cominciò ad essere difficile continuare -oh, il godimento che vi farei provare se solo vi sottometteste a me…-

Nell’esatto momento che si fece riferimento al regno animale gli occhi dei due si posarono su Fedor, chissà forse con l’idea di trasformarsi in suoi simili e perdersi nell’altro in forma di lupo. Ed indirizzando lo sguardo di entrambi sull’ennesimo quadro le disse ancora a voce bassa:

- Quella è una posizione che richiede completa fiducia, mia diletta. Nello stesso momento godremmo dando e ricevendo in egual misura. Siete curiosa di sperimentarlo, lo sento- ma non riuscì stavolta a celare tutto il suo divertimento con una risata che riecheggiò nella sala. La donna che stringeva tra le braccia palpitava per lui, era sicuro fosse tesa come una corda di violino e molto probabilmente se avesse scostato i vestiti ed insinuato una mano tra le gambe l’avrebbe trovata grondante. Il respiro ormai era irregolare, incalzato da quegli scenari lussuriosi che il conte le prospettava. Il corpo di lei invece scottava per la suggestione, era come un tizzone ardente su cui veniva posato un cencio bagnato, solo che anziché sprigionare fumo la giovane emetteva gemiti lascivi dal petto. E fuori dalla bocca riarsa su cui passava in continuazione la lingua, agognava i baci del suo carceriere, che la provocava in continuazione negandole quel po’ di sollievo.
 
-Signore….vi scongiuro….- le prime parole che la ragazza pronunciò dopo un tempo infinito erano le stesse, o quasi, con cui si era rivolta diverse ore fa. Se prima era stata la paura a dar voce ai patimenti di lei, ora la supplica che invocava era ben più lieta e densa di significato. Desiderava con tutto il suo essere di concedersi al misterioso conte che la teneva in scacco e che, ora sì capiva, l’aveva attirata a sé con il bellissimo animale che ancora sostava ai suoi piedi. Non incolpava perciò il lupo, come poteva? Fu come se l’avesse scelta, come se tra tante il suo istinto gli avesse indicato lei come possibile compagna del suo affasciante padrone.

Il vampiro, che ormai entrava nella mente della giovane con estrema facilità anche senza aver assaggiato il suo sangue, la fece girare con dolcezza in modo da guardarla in viso e sostenendola per la nuca come una bambina che sta per addormentarsi, troppo stanca dopo una giornata piena di emozioni, volle confermarle quanto lei stessa dubbiosamente pensava:

-Fedor vi ha trovato. E io mi fido ciecamente del suo intuito. Provatemi che siete la donna adatta, vi prego-.

Ancora quella preghiera.

Ancora una supplica che chiedeva solo di essere ascoltata.

E per la prima volta la promessa di cosa lei sarebbe potuta diventare, di quale prezioso dono lui avrebbe potuto godere e insieme di quale mondo sensuale ed arcano avrebbero esplorato.
 
 
 
n.d.A.
E questa è la seconda storia che quell’affascinante conte Fossà mi ispira.
Molti di voi sicuramente leggendo si saranno accorti dei numerosi riferimenti al film di Coppola Dracula (che amo alla follia) tra cui il lupo e la visita al cinematografo che qui ho voluto trasformare in una mostra di Shunga.
Voglio poi ringraziare la mia beta ma ancora prima amica, Ninfetta, che si è gentilmente prestata per supervisionare quello che la sottoscritta scriveva con tanta passione. Te la dedico con tutto “il mio cuoricino dannato”
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Altro - Fiction italiane / Vai alla pagina dell'autore: VampERY