Anime & Manga > Caro fratello
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Autore: Miss_Moonlight    19/11/2017    1 recensioni
Con questo racconto, ho voluto proseguire il manga di Ryioko Ikeda, "Oniisama e" ("Caro Fratello"), dunque segue gli avvenimenti del fumetto, non quelli dell'anime (cartone animato).
Rei Asaka (Saint Just) pare essersi suicidata, mentre Kaoru Orihara è morta di cancro, due anni dopo il matrimonio con Takehiko Henmi e la loro partenza per la Germania.
La storia del manga era ambientata verso la fine degli anni Settanta, dunque, nel mio racconto, siamo negli anni Ottanta.
La pubblicherò a capitoli ma non farò attendere molto; ho finito il racconto, lo sto solo ricopiando a pc (dato che a me piace scrivere su carta :) )
Se qualcuno leggerà e ed avesse voglia di scrivermi un commento, mi farebbe piacere!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Fukiko Ichinomiya, Mariko Shinobu, Nanako Misonoo, Rei Asaka, Takehiko Henmi
Note: Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Threesome
Capitoli:
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Il mattino seguente, Nana era sveglia dall'alba.
Si fece la doccia, indossò una camicia bianca, maschile, dei pantaloni neri, un po' svasati sul fondo e la solita giacca, lunga sui fianchi.
Non pioveva ma avrebbe potuto farlo da un momento all'altro.
Uscita di casa, Nana notò quanto la temperatura si fosse abbassata. Ormai, a ottobre inoltrato, non restava che rassegnarsi alla fine dell'estate.

Quando arrivò davanti alla tenuta degli Ichinomiya, si fermò un istante.
Irrazionalmente, aveva in mano un mazzo di rose rosa.
Lo guardò, si sorprese di se stessa, si diede dell'insensata, si allontanò dall'ingresso e gettò i fiori tra i cespugli.
Tornò alla porta, fece per suonare ma ci ripensò di nuovo, corse a riprendere il mezzo, quindi tornò alla porta e suonò.
Proprio mentre il maggiordomo la faceva accomodare, la dottoressa Matsumoto scese le scale, salutando Nana con un formale cenno della testa.
La giovane Misonoo fece un piccolo inchino, dopodiché attese che il maggiordomo la annunciasse e le permettesse di salire.
Quando fu davanti alla porta della stanza, Nana sentì che Fukiko parlava a telefono.
“Te l'ho detto, non è niente di grave, era solo al trotto… Non so come sia successo...Sì, Kenshim caro, sì. A mercoledì.”
Quando l'Ichinomiya ebbe concluso, girandosi, si rivolse alla sua ospite: “Misonoo, non mi aspettavo di rive...”
La voce le si ruppe in gola. Il suo volto, di solito tanto composto, lasciò trasparire un turbato stupore.
Nana fece un passo in avanti e strinse il mazzo di fiori.
Ci fu un attimo di silenzio, che parve molto più che un attimo.
*Oh, cielo… Perché mi sono vestita così?! Ho esagerato… Cos'avevo in testa?!* Pensò.
“B...Buongiorno Lady Miya.”
“Quelli… Sono per me?” Chiese Fukiko, ritornando padrona della situazione.
Nana glieli porse, con lieve ed intimidita bruschezza. “Sì, certo! Con i miei auguri di pronta ripresa. Volevo… assicurarmi che...”
“Non pensavo potessi preoccuparti perfino per me… So bene di non essere tra le tue persone preferite.”
“Quello che è successo è talmente grave che...”
“Shhh. – Fukiko zittì Nana – Sai guidare?”
“I-io? Sì...”
“Allora portami a fare una passeggiata. In un posto che amava Rei.”
Nana si sentì come trafitta. Non fu una sensazione del tutto sgradevole.
Fukiko non attese risposta, andò all'armadio e prese dei pantaloni blu, dal taglio ampio, una camicia bianca, andò dietro al paravento e si vestì.
*Le somiglia… Le somiglia. Il suo naso, la forma del viso… Ma non lo sguardo, quello no.* Riflettè Nana.
“Andiamo, su.” La esortò l'Ichinomiya, presto pronta.

Durante il tragitto, quasi non parlarono, se non per qualche frase di circostanza, sulla strada e la guida del mezzo.
“Io non ci capisco niente – ammise l'Ichinomiya – È Takashi l'esperto di motori.”
“È sua?”
“Sì, certo. Dato che la tua amica lo fa penare, si consola ancora con i motori.”
“Mariko?”
“Sì, certo; ma lui è così ostinato, dice che, alla fine, lei capitolerà. Sono anni che lo dice...”
*Come fa a scherzare? Eppure, sta soffrendo, ne sono certa. Riconosco nei suoi occhi, quel fondo di dolore che aveva anche lei… Allora, forse, nemmeno il loro sguardo è del tutti diverso…* Considerò, tra sé e sé, la Misonoo, mentre parcheggiava.
Erano arrivate al parco. Il parco dove l'aveva portata Saint Just, la mattina che avevano marinato la scuola insieme.
Gli alberi erano ornati di colori caldi ed avvolgenti e le foglie, caduche, sembravano star per svenire da un momento all'altro.
L'aria era quasi fredda e Fukiko si strinse nell'impermeabile blu.
Il vento le portò i capelli sul viso e Nana non poté non soffermarsi a guardarla.
Anche con il volto livido, era divina.
Zoppicava un po'. Forse. Nana non ne era certa. Fukiko camminava in modo composto, con la schiena dritta e lo sguardo fisso, avanti a sé.
“Venivate qui insieme?”
Nana cadde come dalle nuvole, a quella domanda.
“È successo solo una volta… Ma lei ci veniva.”
“Quante cose mi sono persa di lei...”
“Tutto.”
La risposta della Misonoo fu così secca ed improvvisamente dura che colse Fukiko di sorpresa.
Forse per la prima volta, Nana la vide abbassare lo sguardo.
L'Ichinomiya scorse una panchina a pochi passi, vi si diresse e vi si sedette: dava proprio sul laghetto.
“Avevi ragione… È stata colpa mia...” Fukiko parlò senza distogliere gli occhi dall'acqua, senza battere ciglio, senza apparente emozione.
Rimasero in silenzio qualche istante. Nana raggiunse la panchina e, senza guardarla, si sedette accanto a Fukiko e, affranta, replicò: “Purtroppo, non è riuscita a rinunciare a te.”
“Anche se tu hai tentato di farglielo fare...”
“Ci ho provato con tutte le mie forze! No, anzi, no! Avrei dovuto tentare di più, avrei dovuto riuscirci! Credevo stesse meglio… Credevo che...” Gli occhi di Nana si riempirono di lacrime, al punto che non ci vide più.
Fukiko si voltò verso di lei.
“La ami… ancora… Dopo tutto questo tempo...” Sussurrò, come fosse una nenia.
“Con tutto il mio cuore. Con tutti i brandelli del mio cuore.”
“Ora mi fai paura Misonoo. Ti sei presa la sua croce… Ora le assomigli...”
Fukiko mise una mano su quella di Nana che, però, non la strinse.

Quando si rimisero in macchina, aveva cominciato da poco a piovere.
Il cielo si era fatto grigio notte, nonostante fosse mezzogiorno.
“Chi è Kenshim?” chiese la Misonoo, improvvisamente, mentre entrava nel viale degli Ichinomiya.
“Il mio futuro marito.”
“Perché gli hai detto di essere caduta da cavallo?”
Fukiko non fece in tempo a replicare che Nana riprese: “Dovresti denunciare chi ti ha aggredito!”
“Taci! Questo riguarda solo me, non è affare di nessuno, solo mio!”
Fukiko sembrò veramente irata.
“Come puoi farne una questione di orgoglio? Certi fatti devono essere denunciati, per evitare succeda anche ad altri...”
“Smettila, Misonoo. Il male che si fa, prima o poi si deve pagare. Non serve fare tragedie, la vita va avanti.”
“Saint Just avrebbe ammazzato chi ti ha fatto del male...”
“Avrebbe dovuto uccidere me, me...”
Nana restò di stucco. “Ma… allora… anche tu… soffri per lei?”
“Giorno e notte. Una parte di me è morta con lei.”
Nana la guardò. Fukiko sembrava una regina che annuncia alla sua nazione la sconfitta nella battaglia più improtante.
Era quest'orgoglio inscalfibile, questa regalità, che Saint Just amava tanto, in Lady Miya.
*Ora, però, non c'è più boria in lei; solo rassegnazione… E, probabilmente, è anche per questo che adesso più le somiglia.* Mentre questa riflessione le attraversava la mente, Nana allungò una mano verso il volto di Fukiko, sfiorandole la guancia.
Ella vi appoggiò il viso, come a farsi sorreggere il capo.
“Non mi odi più?” Chiese l'Ichinomiya.
“Sì che ti odio ma, per qualche assurdo motivo, sto cominciando a vederti anche con i suoi occhi...”
Fukiko avvicinò il volto a quello di Nana. “Non aveva mai notato nessun'altra; per lei esistevo solo io… Prima di te...”
Nana la baciò. Appassionatamente. Con trasporto.
Le prese il volto tra le mani e continuò a baciarla.
Fukiko appoggiò le mani su quelle della ragazza, gliele strinse. Appassionatamente. Con trasporto.
Poi, all'improvviso, si staccò.
“Io… Io… Non sono come voi…” Eclamò.
Scese dalla macchina e corse in casa, sotto alla pioggia.
Nana rimase diversi minuti dentro all'abitacolo, con i fari accessi ed il tergicristalli in movimento.
Rimase a guardare davanti a sé, come inebetita. Infine, spense il motore, scese e si avviò verso casa, camminando sotto alla pioggia, senza ombrello.

Quella notte ebbe 39.3 gradi di febbre. Sudò, dormì mal, tremendamente inquieta.

*Era distesa a pancia in giù e la sua schiena perfetta, chiara come la luna, mi sembrava ciò che di più invitante ci fosse, al mondo.
I suoi meravigliosi capelli parevano la criniera di un leone; l'attorniavano tutta, per sfociare oltre lei, sulle lenzuola rosse.
Mi chinai, per baciarla sul collo, dietro l'orecchio e lei si voltò lentamente, rivelandomi il volto di Lady Miya.
Trasalii e mi tirai indietro, di scatto, mentre la strana visione scoppiava in una risata ma era l'amata risata di Saint Just.
Serrai gli occhi per poi riaprirli, ed ecco che a guardarmi erano gli occhi grigi della Regina dei fiori.
Si voltò sulla schiena, allungò le braccia verso di me ed io mi ci rannicchiai.
Poggiai la testa sul suo petto e lei mi cinse il capo ed accarezzò i miei capelli.
“Non mi odi più?”
Era la voce di Lady Miya a chiedermelo.*

   
 
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