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Autore: Myra11    19/11/2017    1 recensioni
Sequel di "Bring Me Back To Life".
Cinque anni dopo aver sconfitto l'oscurità ed essere miracolosamente sopravvissuti, Noctis è il re, e Nyx conduce una vita tranquilla al fianco di Lunafreya. Finchè gli spettri non tornano a tormentarlo, e tra di loro, uno molto particolare...
[Dalla storia]
Il fantasma gli sorrise, ma fu più un ghigno crudele.
"Se non sono reale, come posso fare questo?" Gli domandò con aria divertita,e poi affondò la spada dritto nel cuore della recluta. Fu così improvviso che Nyx quasi non si accorse del sangue che sgorgava dalla ferita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunafreya Nox Fleuret, Noctis Lucis Caelum, Nuovo personaggio, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2
 
- C’era una nota di colore sbagliata, ai lati del suo campo visivo. Le guardie reali non portavano uniformi viola e grigie.-
 
Quando si svegliò, il mattino dopo, l’altra parte del letto era vuota, e la cosa lo fece sentire stranamente solo. Sapeva dov’era, ma non averla accanto gli causò una strana fitta al cuore.
Sospirò e si alzò dal materasso, distendendo le braccia per svegliare i muscoli.
Con movimenti che gli erano familiari da anni, indossò l’uniforme, sentendo le prime avvisaglie dell’inverno in arrivo dal pavimento freddo. Prima di indossare la maglia, rimase un momento ad osservarsi nel grande specchio a parete che ornava un angolo della stanza.
Eccole là, notò, tredici cicatrici l’una accanto all’altra, vicino alle ustioni.
«Una è opera mia.»
Ghignò nuovamente la voce, e Nyx abbassò lo sguardo prima di poter vedere il suo proprietario nel riflesso dello specchio. Si vestì velocemente e uscì dalla stanza, ripassando mentalmente i programmi della giornata.
Quando si scontrò con qualcuno in corridoio fu istintivo evitargli di cadere, e fu così che si trovò a reggere tra le braccia la ragazza che riconobbe come Gratia Obscura, che in quel momento restò paralizzata a guardarlo. L’aiutò a rimettersi in piedi e le sorrise. «Perdonami, non mi aspettavo nessuno, a quest’ora del mattino.»
«Nulla, Generale. È colpa mia.» Ammise lei. «Non avrei nemmeno dovuto essere qui, ma volevo che vedeste una cosa.»
Nyx inarcò un sopracciglio. Era strano trovarsi davanti la copia femminile di uno dei suoi soldati. «Dimmi.»
Lei lo pregò di seguirlo, e così fece.
«Mi sveglio sempre prima dell’alba, e mentre facevo un giro sulle mura, ho visto qualcosa.»
«Prima dell’alba?»
Lei annuì alla sua domanda curiosa, ma sembrò lievemente imbarazzata dalla risposta. «Mi piace vedere il sole sorgere. Mi ricorda che la notte non dura per sempre, e che c’è sempre speranza.»
Qualcosa nel suo cuore si commosse.
Ecco per cosa lui e Noctis erano quasi morti, quindici anni prima, per riportare la speranza in un mondo soffocato dal buio, e dalla morte. Affiancandola mentre superavano i cancelli del Palazzo, Nyx non poté fare a meno di sorriderle.
«C’è sempre speranza, Gratia. Anche quando non sembra, ricordatelo.»
«Sissignore, grazie.»
Lui alzò gli occhi al cielo con una breve risata divertita. «Sanguino e combatto come voi, non usare queste formalità con me. Chiamami Nyx e basta.»
Lei annuì con un breve sorriso, e poi gli indicò un auto che li stava aspettando. «Ci conviene andare in macchina.»
Lui annuì e, quando salì al posto del passeggero, notò chi guidava. «Anche tu sei mattiniero, eh Sol?»
Il ragazzo annuì e avviò il motore, guidando con destrezza nelle strade affollate.
«Già. E volevo essere presente quando lei analizzerà ciò che abbiamo visto.»
«Non mi date nemmeno un indizio?» Scherzò Nyx, ma i visi seri dei gemelli smorzarono il suo umorismo. Sembravano preoccupati, e la loro conversazione tacque mentre viaggiavano verso le mura della città.
Quando vi furono sopra, Sol gli indicò un punto ad ovest della città.
Osservando meglio, Nyx lo scambiò inizialmente per un edificio semi distrutto, dato che era solo un’enorme massa indistinta, ma decise che valeva la pena dargli un’occhiata più da vicino.
Non avrebbe potuto proiettarsi con precisione fino a quel punto, ma aveva un asso nella manica.
Sentì l’urlo di sorpresa di Gratia e lo sconcerto di Sol quando le ali si distesero sotto il sole appena sorto, e i raggi si riflessero sul metallo, riempiendo la pietra intorno a loro di riflessi colorati.
«Cosa…»
Sorrise, divertito, e porse loro le mani. «Andiamo.»
Si avvicinarono con cautela, e sempre prudentemente presero le sue mani.
Quando le ali di Bahamut si scontrarono con il vento e li sollevarono con facilità tutti e tre, Nyx quasi si dimenticò dei suoi passeggeri.
Muoversi liberamente nel vento era una sensazione unica, diversa dalla proiezione, diversa dal viaggio su qualsiasi veicolo: era libertà e potere allo stato puro.
Atterrò delicatamente nel punto che gli era stato indicato, e le ali svanirono in uno scintillio argentato. «State bene?» Chiese ai due gemelli, e loro si limitarono ad annuire senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Nyx sapeva perché; quando evocava Bahamut, i suoi occhi mutavano da blu grigio ad un morbido argento fuso, e restavano così per qualche secondo dopo che lui interrompeva la magia.
«Bene. Ora vediamo cosa…» Non fece in tempo a finire la frase mentre si voltava verso il suo obbiettivo. Da così vicino era impossibile scambiarlo per qualcosa di artificiale, pensò.
Era un corpo squamoso, con lunghe ali ripiegate sul corpo, il muso abbandonato sull’erba. Sembrava quasi addormentata, ma non lo era di sicuro.
Seguì con lo sguardo tutta l’immensa maestosità del suo lungo corpo da serpente, fino alla coda che spariva in acqua. Crollò in ginocchio accanto al suo muso, e vi posò la fronte sopra.
«Che cosa ti ha ucciso?» Mormorò, una mano posata sulle squame blu mentre una morsa di dolore gli stritolava il petto, minacciando di soffocarlo. L’urlo di Bahamut riecheggiava nella sua mente.
La dea era devastata dal dolore, e lui la capiva perfettamente.
D’altronde, anche lui aveva perso una sorella.
«Generale…?» Fu Sol ad attirare la sua attenzione, e solo in quel momento Nyx si ricordò di loro.
Si alzò in piedi e li guardò entrambi. «Non dovete mai dire a nessuno ciò che avete visto qui.»
«Ma cosa…»
«Nessuno.» Li interruppe, severo, e loro annuirono.
«Bene.» Riprese Nyx, poi si voltò nuovamente verso l’immenso cadavere.
Si portò una mano al cuore, percependo il pianto di Bahamut e la sua furia. Lasciò che la dea desse il suo addio, e poi sollevò una mano.
Qualche minuto dopo, lui e le due reclute erano di nuovo nella Capitale, e il cadavere di Leviatano bruciava sulla costa.
 

 
Qualche ora dopo, stava tamburellando con le dita sul tavolo di marmo al centro della sala del trono.
«Bahamut non ha comunicato nulla?» Gli domandò il re, e lui scosse la testa. La dea era rimasta in un silenzio grave da quella mattina, e lui non l’aveva disturbata. Gladio, davanti a lui, si rivolse al re. «Non possiamo sapere cosa l’ha uccisa, ma finché, qualsiasi cosa sia, non ci minaccia direttamente, penso che non dovremmo considerarla un problema.»
Mentre Ignis e Prompto si dimostravano d’accorso, Nyx tagliò i loro discorsi fuori dalla sua attenzione: prima Crowe, pensò, poi lui, e ora questo. Non era per niente un buon segno.
Sospirò pesantemente, e una mano delicata si posò sulla sua.
«Nyx, rilassati.» Mormorò Luna con un breve sorriso, che fu contenta di vedere che lui ricambiò.
Era stato distratto e teso ultimamente, ed era sicura che quest’ultima batosta non l’avrebbe certo placato.
«Scusami.» Mormorò l’uomo, intrecciando le dita alle sue e posando un bacio sul dorso della sua mano. «Non volevo farti preoccupare inutilmente.»
L’Oracolo sospirò piano. «Non pensare a me, pensa piuttosto a te stesso. Trova qualcosa che ti rilassi, per favore.» Gli chiese, e lui non poté far a meno di cedere. Gli era impossibile dirle di no.
Si alzò dal tavolo, e gli sguardi si puntarono su di lui. «Maestà, chiedo il permesso di andare. Le truppe devono ancora prepararsi per la partenza, e devo supervisionarli.»
Noctis annuì, lievemente accigliato. «Vai pure, Nyx.»
Nyx piegò brevemente il capo in un inchino, poi si voltò verso la sua compagna.
«Ci vediamo stasera.» La salutò, sfiorandole le labbra con un bacio, e lei annuì. «Va bene. Fai attenzione, per favore.»
Lui sogghignò prima di allontanarsi. «Faccio sempre attenzione.»
Sentì gli occhi preoccupati di Lunafreya sulla schiena fino a quando le porte non si chiusero alle sue spalle, ma si sforzò di ignorarla. Su una cosa aveva ragione, però, doveva trovare un modo di calmarsi, di sciogliere la tensione che aveva nel petto.
Quando arrivò alla caserma della guardie reali trovò un mucchio di soldati in fervente attività, ma tutti si fermarono per porgergli un inchino quando lo videro passare tra di loro.
Fermò la sua passeggiata solo quando arrivò in palestra, e vide l’unico soldato che ancora si stava allenando. Si avvicinò con un sorriso, e la grande lancia nera gli si appoggiò al collo.
Aranea sogghignò. «Generale.» Lo salutò, senza muovere l’arma. Non aveva voluto nessun ruolo di comando, quando le era stato proposto, e non era nemmeno ufficialmente nelle guardie reali.
A sentire lei era lì perché si annoiava, a sentire le reclute, era lì per un certo uomo dai capelli bianchi e gli occhi viola.
«Ho sentito cos’è successo ieri con le reclute. Che ti è preso?» Gli chiese a bruciapelo, e Nyx si limitò a stringersi nelle spalle. In tutti quegli anni aveva ripetuto così tante volte di stare bene che ormai gli veniva naturale. «Mi sono distratto, tutto qui.» Mentì, e la donna davanti a lui scoppiò a ridere.
«Certo, come no, e io sono la regina di Lucis.» Lo derise, e l’attimo dopo i suoi kukri si scontrarono con la lancia nera, bloccandola ad un soffio dal suo viso. «Visto? Tu non sei mai distratto.»
Nyx sorrise a sua volta, poi torse i kukri in modo che la lancia le scivolasse dalle mani, l’afferrò al volo e gliela puntò contro. «Capita anche ai migliori un momento di debolezza.» Si giustificò ancora, poi roteò l’arma in modo che lei potesse impugnarla nuovamente.
Aranea decise che indagare non sarebbe servito a nulla, e cambiò volentieri discorso quando lui lo fece per primo, chiedendole se sarebbe partita con loro il mattino dopo.
«No, non questa volta. Sono qui solo perché il comandante me lo ha chiesto.»
Quando Nyx sorrise con aria irriverente, lei sembrò imbarazzata. «Piantala, Ulric.» Scherzò, colpendolo piano con l’asta della lancia, e lui rise alzando le mani.
«Va bene va bene, farò finta di non vedere e sentire nulla.» Le concesse, strappandole un’altra risata, che fu smorzata dall’arrivo del suddetto comandante.
Se Ravus fosse sorpreso o meno di vederlo lì non lo diede a vedere, salutandolo come se nulla fosse, e poi lui e Aranea si congedarono dalla caserma, lasciando il generale solo con le sue truppe.
Nyx fischiò brevemente, attirando la loro attenzione.
«Venite qui un attimo, per favore.» Chiese, e loro obbedirono, schierandosi davanti a lui.
Erano reclute, solo ragazzi, un mare di uniformi nere.
«Domani partiremo per la vostra prima missione sul campo.» Esordì, e un mormorio si levò dal gruppo che lo stava ascoltando. C’era una nota di colore sbagliata, ai lati del suo campo visivo.
Le guardie reali non portavano uniformi viola e grigie.
«So che siete agitati, ma so anche che siete pronti.» Mentì, infondendo in loro un coraggio che non avevano. Erano giovani, la maggior parte di loro aveva a malapena vent’anni.
Una risata che conosceva fin troppo bene lo distrasse, ma si costrinse a concentrarsi. «Vi prometto questo: vi riporterò a casa, sani e salvi. Non lascerò che nulla accada a nessuno di voi.»
Loro gli sorrisero, qualcuno accennò un applauso, e lui sorrise.
«Moriranno tutti.» La voce gelò il suo viso, ma cercò di non darlo a vedere ai suoi soldati.
Tu sei morto, pensò, sforzandosi di guardarlo, non puoi essere reale.
«Ora andate, finite di prepararvi, riposate. Ci vediamo domani mattina.» Li congedò, e piano piano il gruppo iniziò a muoversi.
Il fantasma gli sorrise, ma fu più un ghigno crudele.
«Se non sono reale, come posso fare questo?» Gli domandò con aria divertita, e poi affondò la spada dritta nel cuore della recluta accanto a lui.
Fu così improvviso che Nyx quasi non si accorse del sangue che sgorgava dalla ferita.
«Generale! Sta bene?» La voce lo riportò alla realtà, e si accorse di essere scivolato in ginocchio, e di avere un kukri tra le mani. Era sangue, quello sulla lama?
Sollevando lo sguardo, incrociò gli occhi azzurri di Sol, e annuì distrattamente.
Si alzò rifiutando il suo aiuto, e se ne andò senza una parola, stritolando l’elsa della sua arma, seguito da una risata che lo derideva.
 

 
La sentì aprire la porta, sentì i suoi passi fino ad un certo punto, e la immaginò seduta sul loro letto, intenta a togliersi le scarpe. Ecco qual era il suo posto felice, pensò, la loro stanza, sentirla tornare, saperla vicina, era l’unica cosa in grado di calmarlo davvero.
Chiuse gli occhi e lasciò che l’acqua gli scivolasse addosso, scorrendo sulle cicatrici.
Un tempo, pensò, le avrebbe detestate forse, ma ora erano l’unica cosa che contava il tempo, per lui.
Più gli anni passavano, più si sbiadivano, e solo le ustioni restavano nitide come il primo giorno.
«Nyx?» Lo chiamò dalla stanza adiacente.
«Sono qui.» Le rispose, e non poté fare a meno di sorridere sentendola avvicinarsi.
Quando fu accanto alla doccia, lui scostò la chiusura di vetro e la trascinò dentro, strappandole un breve verso di sorpresa. «Nyx, aspetta! Sono vestita!» Lo rimproverò, ma non si ribellò quando lui le chiuse la bocca con un bacio. Gli posò le mani sul petto, lasciando che l’acqua che scorreva dalla doccia sciogliesse la sua accurata pettinatura, e s’infiltrasse nel tessuto dell’abito.
Quando si separarono, Nyx ghignò. «Possiamo rimediare.»
Propose, e lei divenne paonazza tra le sue braccia, ma non fece nulla per fermarlo quando le sue mani scivolarono sulla cerniera dell’abito.
  
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