5.
°Hello daisies! Non voglio rubare per
troppo tempo la scena ai nostri eroi, quindi cercherò di essere breve: grazie a
tutti. Grazie a chi ha recensito, grazie a chi ha soltanto letto (e siete stati
tantissimi, non me lo sarei mai aspettato). Il mio ritorno su EFP è stato molto
emozionante ed è stato tutto merito di voi lettori. Quindi ecco, soltanto
grazie. Godetevi il capitolo, commentate, criticate, fate chiasso, rendiamo
viva la nostra minuscola isola letteraria! A.°
«Non credo di aver ben inteso il
motivo della tua preoccupazione»
Ron alzò gli occhi dalla scacchiera
su cui e Harry stavano giocando a Gobbiglie. Il
Bambino che è Sopravvissuto si stropicciò il viso con un gesto stanco.
«Sei più preoccupato perché venerdì
incastrerai quella tizia o perché quel pipistrello unticcio inizia a starti
simpatico?»
«Non è più così unticcio» biascicò
Harry. Fece la sua mossa, che si rivelò, senza troppa sorpresa, del tutto
errata. Ron quindi tornò a osservare la partita mentre Harry si puliva il viso
dal liquido puzzolente.
«Credo che Harry abbia più bisogno
del nostro supporto che del nostro biasimo» commentò piccata Hermione, passando accanto a loro e andando a sedersi su
una delle poltrone da cui poteva godersi la partita.
Ron decise di fare il proprio gioco
e fu la mossa finale: le ultime gobbiglie in campo
spruzzarono nuovamente addosso a Harry, che alzò le mani a coprirsi il volto.
«Bleah» si
lamentò. «Non giocherò mai più con te»
Ron sorrise, buttandosi
all’indietro, la schiena poggiata alle gambe del divano.
«Lo dici sempre» rispose.
Hermione, con un colpo di bacchetta, pulì a
distanza il viso di Harry.
«Sono già le dieci e ancora non ci
hai detto cosa ti turba» commentò, angelica.
Il ragazzo dai capelli corvini la
guardò aggrottando le sopracciglia, poi osservò anche Ron.
«Ma ve l’ho detto» rispose.
«Venerdì, Piton che sembra provarci…»
Ron fece una smorfia.
«Signor
Potter, lasciamo più di tre centimetri tra le nostre bocche mentre parliamo?»
Harry fulminò Hermione
con lo sguardo e lei alzò le spalle.
«Non dirmi che hai origliato!»
«Cosa significa?» esclamò Ron,
impallidendo.
«Non ho origliato, sei tu che fai… cose davanti
al mio ufficio!» si difese la giovane.
«Che cose?» disse ancora Ron, senza capire.
Harry sospirò.
«Sentite, non è come sembra. Quel
giorno lo stavo rincorrendo come un idiota per tuo ordine, Hermione
-» la ragazza arrossì, «- e oggi, oggi… è cambiato,
va bene?»
Ron non accennava a riprendere
colore.
«No, Harry» gemette. «Prendi mio
padre. Prendi Hermione. Ma non Piton»
Hermione gli rifilò una manata sulla spalla,
il punto che le era più facilmente raggiungibile, ma Ron non demorse,
continuando a fissare il proprio migliore amico. Harry abbassò gli occhi,
imbarazzato.
«Non lo so, Ron» mormorò. «Da quando
la Guerra è finita io mi sento… diverso. Ci siamo
disprezzati per così tanto a lungo che da quando l’ho visto morente mi sono
quasi dimenticato del perché di tutto quell’odio»
Il silenzio dei due amici seguì le
sue parole, così Harry continuò.
«E non so neanche se me lo prenderò, Ron, quindi non devi offrirmi
tuo padre, per ora…»
Hermione accennò una risata tesa.
«Beh» disse piano Ron. «Dovrai avere
pazienza e spiegarmi il perché di questa cosa a più riprese…
e… e se verrà con te a Natale dai miei non posso
prometterti di fargli troppi sorrisi, insomma, è comunque Piton…»
Harry si grattò nervosamente il
collo.
«Ehm, non correre così in fretta,
Natale è tra una settimana» mormorò.
«Sarà comunque solo per Natale,
credo» intervenne Hermione. «Credo dovremmo
invitarlo. Non tu, Harry» aggiunse davanti all’occhiata terrorizzata del
giovane, «ma almeno io. Sta lavorando con noi, infondo…»
«Anche quel decerebrato di Morris sta lavorando con noi» le ricordò Ron. «E sai? Oggi
ha fatto esplodere i tubi dell’acqua di una palazzina mirando ad un mago oscuro
che si è poi rivelato essere un Babbano con i capelli
strani. Invito anche lui per Natale?»
Harry scoppiò a ridere di gusto,
immaginandosi il povero Morris che iniziava la
catastrofe. Anche Hermione ridacchiò, ma diede
comunque un’altra patta a suo marito.
«Dico solo che sarebbe un gesto
cortese da parte nostra» disse.
Ron alzò gli occhi al cielo.
«Sei troppo buona. Anzi, sai che ti
dico?, sulla bontà io ti sfido» Indicò Harry con in inquisitorio dito indice.
«Tu lo inviterai. Lo sai come ha fatto mio cugino Ethan a sposare la figlia del
suo capo? Invitandola ad uno dei famosi Natali alla Weasley.
Tu rimorchierai Piton
col Natale alla Weasley»
Questa volta non fu solo uno
schiaffetto di Hermione a raggiungerlo, ma l’intera
tavola di gobbiglie. Ridendo, Harry e Hermione lo assaltarono, e fu ululando e chiedendo pietà
che Ron fu lasciato libero solo dopo molto tempo.
Quella sera, Harry andò a letto
sereno. Parlare con Ron e Hermione non aveva aiutato
a fare chiarezza, ma come al solito era stata la mossa migliore per non
sentirsi solo. Stringendosi nel suo piumone rosso e oro, Harry si addormentò
finendo per sognare una scenata epocale del suo padrino che lo accusava di aver
sedotto Piton grazie al tronchetto di Natale di
Molly.
Venerdì sera, quando Harry entrò nel
cupo negozio in Notturn Alley,
i suoi occhi captarono subito qualcosa di estraneo tra le ombre della sala.
Elena, infatti, era un tripudio di velluto rosso, avvolta in un lungo abito
scollato che sembrava emettere luce propria a contrasto con la scatola di
carbone che la conteneva.
«Finalmente!» esclamò non appena lo
vide, correndo a schioccargli un bacio sulla gota. Harry s’irrigidì quando lo
fece. Tutti quei sotterfugi iniziavano a stargli stretti.
«Severus
ha detto che quando saresti arrivato avrei potuto chiudere e salire» continuò
la donna, sfoderando la bacchetta con cui chiuse la serratura del negozio. Era
la prima volta che Harry la vedeva: una bacchetta molto più corta del normale,
non superava i sei pollici. Il legno che la componeva era estremamente chiaro,
quasi bianco, e non vi erano incisioni di sorta, solo una liscia, perfetta
linea tondeggiante che finiva bruscamente in una punta mozza.
«Andiamo?» propose allora la donna,
prendendo Harry per il gomito e portandolo oltre la porta del retrobottega. Là,
uno stretto corridoio li portò al magazzino in cui, il ragazzo immaginò, Severus lavorava tutta la sua mercanzia. C’era un grosso
tavolo, nel bel mezzo di alti scaffali in ombra, e poco lontano da quello una
scaletta in ferro saliva verso il piano superiore. Mantenendo il silenzio,
Harry seguì Elena su per i gradini che li portarono davanti ad una porta nera,
gemella di quelle al pian terreno. La donna bussò con vigore e si volse a
sorridere a Harry.
«Va tutto bene?» chiese. Harry fece
una smorfia.
«Strascichi influenzali» rispose.
Elena fece una smorfia.
«Non hai preso la fiala di Severus abbastanza in fretta» gli rimproverò con voce
monotona, osservandolo in tralice. Harry alzò le spalle.
«Però sono qui» sottolineò, un
sorriso sulle labbra.
La momentanea freddezza di Elena si
sciolse e anche lei sorrise, illuminandosi.
In quel momento la porta si aprì e Severus si mostrò ai suoi ospiti, studiandoli con sguardo
pesante.
«Prego» disse, facendosi da parte.
Elena entrò e, come di casa, se ne andò dritta a spiare oltre gli usci delle
porte. Harry, invece, si fermò davanti alla porta, levandosi il cappotto.
Severus glielo tolse di mano. Quella sera
aveva indossato una giacca alla coreana con le code e sembrava essere tornato
al vecchio se stesso, a prima vista, ma Harry si prese tutto il tempo per
notare che la camicia che occhieggiava oltre il colletto nero era di un bel
bordeaux pieno e che i lunghi capelli del Pozionista
erano elegantemente legati con un cordino in cuoio. Il giovane sorrise.
«Come ti senti oggi?» chiese, la
voce bassa, Severus.
«Non mi è passata» rispose, vago,
Harry. I due uomini si scrutarono ancora, scambiandosi sguardi confusi, intensi,
sensuali. Poi però Elena gravitò verso di loro, poggiando le mani bianche sulle
loro spalle.
«Già, credo non abbia preso la
pozione in tempo» s’intromise. Severus alzò un
sopracciglio.
«Conoscendolo se la sarà dimenticata
nella giacca e l’avrà presa il mattino dopo» commentò, andando ad appendere il
cappotto del giovane.
«Temo sia andata così» rispose
Harry, casualmente, e senza attendere seguì Elena in una stanza attigua.
La donna era entrata nella sala e
Harry se ne rimase sull’uscio, studiando l’arredamento che rispecchiava
perfettamente il gusto di chi aveva sistemato anche il negozio. I mobili, dal
taglio antico e soffocante, erano tutti di legno scuro che si coniugava con
eleganza con il verde delle poltrone radunate attorno ad un bel tavolino in
cristallo nero. La tavola, però, era stata imbandita con particolare sforzo e
Harry si immaginò quanto Severus avesse patito nel
scegliere quelle candele rosse e la tovaglia dorata punteggiata da dettagli
scarlatti.
«Non gongolare troppo» sentì sussurrare
alle sue spalle. Harry si fece da parte per far entrare il padrone di casa
nella sala e Severus, passando, gli si strusciò
casualmente addosso. Il giovane si passò una mano tra i capelli, nervoso.
«Hai gusto da vendere, Severus» si complimentò Elena, guardandosi attorno.
«Grazie» rispose senza calore
l’uomo. «Spero lo abbia pensato anche chi si è introdotto in casa mia di
soppiatto, l’altra notte»
Sia Harry che Elena lo guardarono
con sguardo penetrante.
«Di soppiatto?» ripeté Harry, senza
potersi frenare.
«Sono tornato e ho notato che
qualcosa non era al suo posto. Sapete, piccoli particolare. Purtroppo io certe
cose le noto» spiegò Severus, senza abbandonare il
tono casuale.
«Che cosa orribile, Severus» commentò gelida Elena. Con una mano stava carezzando
distrattamente lo schienale di una sedia, lo sguardo fisso sul Pozionista. Harry la osservò. I suoi grandi occhi belli
erano pozzi di cattiveria.
«Mi indicheresti la toilette?»
chiese poi, il tono argentino. Severus le indicò la
stanzetta adiacente alla sala e lei vi si incamminò rapidamente, i tacchi
rumorosi sul pavimento di marmo.
I due uomini attesero di sentire la
serratura del bagno chiudersi.
«Era lei?» chiese sottovoce Harry.
«Immagino di sì» rispose Severus.
«Non può fuggire dal bagno, vero?»
domandò ancora l’Auror.
Severus scosse la testa, avvicinandosi al
tavolo. Trasse dalla tasca una minuscola fiala e fece cadere un paio di gocce
di un liquido perfettamente trasparente in un bicchiere, poi lo consegnò a
Harry.
«Il Veritaserum
ha un odore molto forte che qualsiasi Pozionista
riconoscerebbe» mormorò. Harry prese il bicchiere dalle sue dita e le carezzò
distrattamente. Severus ebbe un brivido.
«E come faremo…?»
chiese piano il giovane, avvicinandosi a lui.
Severus ghignò.
«Posso insegnarti come imbottigliare
la fama e non come creare un Veritaserum senza odore,
secondo te?» chiese, mellifluo, avvicinando il viso a quello di Harry. L’Auror alzò una mano a sfiorargli il petto, senza sottrarsi
a lui quando la mano di Severus si poggiò sulla base
della sua schiena.
«Tu ed io dobbiamo parlare di
parecchie cose, credo» mormorò, roco.
Severus sorrise.
«Lo credo anche io» sussurrò. Il
suono della serratura che si apriva li fece allontanare e Severus
attese di vedere Elena tornare per richiamare una bottiglia di vino elfico e
riempire il bicchiere a Harry.
«Oh, eccoti!» esclamò il ragazzo
vedendola tornare. Il volto di lei era una maschera di posticcia felicità.
Harry le offrì il proprio bicchiere di vino e lei lo prese.
«Scusatemi, credo di aver perso tempo»
sorrise lei. Severus le rispose alzando gli angoli
della bocca, l’espressione divertita. Harry prese un nuovo bicchiere pieno e,
ignorando l’espressione vittoriosa del Pozionista,
guardò Elena che avvicinava il naso al cristallo, distrattamente. Il liquido
parve convincerla, perché qualcosa nella sua espressione si sciolse.
«Che splendido profumo» commentò.
Severus osservò il colorito
ambrato-verdastro del vino.
«Una grande annata» annuì. «A voi.
Buon Natale»
Harry ed Elena alzarono i bicchieri e
bevvero.
«Davvero squisito!» esclamò la
donna. Harry aveva notato che non aveva fatto nulla più che intingervi le
labbra, ma scrutando Severus vide l’espressione
ineguagliabile della vittoria.
«Ti piace?» chiese l’uomo.
«No, odio il vino elfico» rispose,
uno smagliante sorriso, Elena. I suoi occhi si sgranarono, stupiti della
propria stessa risposta, e si portò una mano alla bocca.
«Ma che dia…?»
«Via, Inga,
non dovresti stupirti» disse Harry. La donna lo squadrò con orrore, una mano
sulla bocca, l’altra sulla gola. Le sue pupille nocciola presero a fare la
spola tra lui e Severus, allucinati.
«Maledetti!» gracchiò Inga, lasciando cadere il bicchiere. Quello cadde,
infrangendosi a terra, e lei fece per gettarsi verso la porta, ma Harry la
afferrò, stringendo a sé quel corpo che sembrava tanto minuto da essere quello
di un passero. Con un gesto esperto il giovane afferrò le manette maniche che
aveva tenuto sinora in una tasca e, lottando, cercò di mettergliele.
«Ti andrebbe di aiutarmi?!» esclamò
quando Inga, scalciando, riuscì quasi a sottrarsi al
suo abbraccio forzuto. Severus si godeva lo
spettacolo girando tra le dita il calice di vino.
«Pensate davvero che non sia tutto
sigillato dai blocchi ministeriali? O che ci si possa smaterializzare? Siete
due sciocchi» commentò, la voce ridanciana.
Harry e Inga
smisero istantaneamente di lottare e il giovane ne approfittò per tirare a
terra la donna, che cadde con uno sbuffo. Le puntò un ginocchio sulla schiena,
ammanettandola.
«Il gioco è finito» disse, duramente,
Harry. Inga lo guardò. Aveva un incendio di odio che
bruciava oltre le lunga ciglia nere.
«Per cosa ti sarebbe servito il
sangue di Re’em?» l’interrogò l’Auror.
«La pozione di Julius Cristhianus» biascicò Inga.
«E a cosa ti sarebbe servita?»
chiese ancora Harry, tirandosi in piedi. La lasciò sdraiata a terra a pancia in
sotto.
«Il potere…
tutto mio!» ringhiò Inga, la voce amplificata
dall’esaltazione. «Vi avrei privati tutti del potere, sarei rimasta io sola…»
«Perché?» domandò di nuovo Harry.
«Perché nessuno se lo merita»
gorgogliò la donna. «Voi credete sia solo una leggenda. Non lo è mai stata. E
nessuno è mai stato abbastanza forte da farlo. Strappare i cuori dai loro petti… siete solo dei deboli!»
Lo sguardo di odio di Inga si puntò su Severus.
«Tu sei il più grande» mormorò.
«Perché tu non ci hai tentato?»
L’uomo la guardò con disprezzo.
«Perché non sono un mostro tanto
mefitico» rispose, la voce appena udibile. Inga
riprese a lottare contro le manette dopo aver soppesato per un istante la sua
risposta e Harry la afferrò, rimettendola in piedi.
«Sei in arresto» disse, il tono
piatto. Guardò Severus.
«Devo portarla da Hermione» aggiunse. L’uomo annuì.
«Tornerai?» chiese piano.
Harry annuì a sua volta.
«быть проклятым»
mormorò Inga lasciandosi trascinare via dall’Auror.
«Le manette inibiscono il tuo
potere, Inga» le disse Harry. Con un gesto della
bacchetta aprì la porta dell’appartamento. «Non puoi lanciarci incantesimi, se
è quello che stavi tentando di fare»
«Tentavo, sì» mormorò Inga prima della smaterializzazione.
Sui giornali, la fotografia dell’Auror Potter accanto al Ministro della Magia inglese e
quello bielorusso era un tripudio di luci dei flash delle decine di giornalisti
che li attorniavano. La notizia della cattura di Inga
aveva fatto il giro del mondo magico, anche se, alla fine dei giochi, nessuno
aveva mai sentito parlare di lei. Ma i maghi erano fatti così: tutti a
celebrare, davanti alla caduta del male. Anche se, prima di quella caduta,
nessuno si era sentito in pericolo.
Severus chiuse il quotidiano e lo appoggiò
sul tavolo, riprendendo in mano la tazza di tea fumante che gli aveva dato il
buongiorno. Fortunatamente era in pausa per il periodo natalizio, sarebbe stato
imbarazzante giustificare la sparizione della sua deliziosa commessa bionda.
Sorseggiò un po’ della bevanda calda chiedendosi se mai la sua vita si sarebbe
decisa a diventare un po’ più noiosa.
D’un tratto, la campanella che lo
avvertiva che qualcuno stava bussando alla porta del negozio suonò. Stupito,
l’uomo la guardò per un momento, poi si alzò e si infilò la giacca da camera
prima di scendere lungo le scale buie. Spiò brevemente dai vetri della bottega
prima di aprire la porta.
«Potter» fece, non appena la visione
del giovane gli si presentò.
«Posso entrare?» chiese Harry. Era
ben imbacuccato contro il gelo che spazzava le strade di Notturn
Alley. Piton si strinse
nella vestaglia e si fece da parte.
«Sei venuto per qualche nuovo mago
oscuro?» chiese, il tono velenoso.
Harry gli sorrise.
«No, sono venuto per qualcun altro» sussurrò, prima di
annullare la distanza con il Pozionista.