Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Ricorda la storia  |      
Autore: unika    20/11/2017    0 recensioni
Gli accarezzai una guancia e la sentii gelida, fui tentata dal ritrarla, ma non ce la facevo più. -Io non capisco- mormorai non riuscendo a smettere di piangere. Jules mi asciugò le lacrime con dei teneri baci, un vizio che nemmeno questa assurda situazione senza senso aveva potuto evitare di farmi sorridere.
Era sempre lui, ma in modo diverso.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
RITORNO

-Lascio i fiori a Jules e torno a casa mamma... si stai tranquilla- abbassai il tono della mia  voce, visto che ora mai avevo raggiunto il cancello d'entrata del piccolo cimitero del paese.
Non dovrei neanche usare il cellulare in realtà, come in Chiesa, anche qui avrei dovuto spegnerlo prima che mia madre allarmata per il mio ritardo di dieci minuti mi chiamasse subito. Sapeva benissimo che la prima cosa che avrei fatto scesa dal treno, sarebbe stato prendere un taxi e venire sino a qui. -Va bene, ciao ma- e chiusi la telefonata.
Strinsi fra le mani il mazzo di fiori, lo annusai intensamente e lo avvicinai al petto. Il cuore mi batteva forte. Le rose profumavano esattamente come quelle che mi aveva regalato al nostro primo anniversario.
Quando arrivai di fronte alla piccola lapide di marmo, con dispiacere trovai ancora il copri cassa di fiori, ormai appassiti ed il mio primo mazzo di fiori secco, riverso al suolo.
Nessuno era più passato dal giorno del funerale... mi si appannò la vista per le lacrime, la sua foto era sbiadita da un velo di polvere. Non erano più venuti ne i suoi genitore che le sorelle.
-Come si può lasciare una tomba in questo stato- scacciai via le lacrime ed appoggiai i fiori e la borsa a terra, mi rimboccai le maniche della giacca e presi di peso il copri cassa, era grande e pesante, ma con po' di fatica lo accostai al bidone del verde. Mettercelo dentro sarebbe stato troppo per le mie esili braccia.
Guardandomi intorno notai molte persone che, con premura, stavano pulendo le tombe dei propri cari. Della famiglia di Jules non c'era alcuna traccia però. -Adesso ti faccio tornare bello- mormorai con un lieve sorriso intanto che stavo estraendo dalla borsa una salvietta umida.
-Sono sempre bello piccola-
Mi voltai di scatto, sicura che quella voce si riferisse a me, ma ero da sola. Non c'era nessuno abbastanza vicino da avere un tono di voce così chiaro.
Tornai a concentrarmi sulla piccola foto incastonata nel marmo bianco, com una sola leggera passata avevo già reso il volto di Jules più vivido. I suoi riccioli castani risaltavano più vivi ed anche i suoi occhi neri sembravano luccicare.
I suoi genitori avrebbero voluto mettere una sua foto del giorno in cui si era laureato, ma era troppo serio, così con l'appoggio delle sue sorelle avevo proposto una sua foto sorridente della nostra ultima vacanza insieme al lago. Anche loro preferivano ricordarlo sorridente.
Al solo pensiero della gita al lago qualcosa dentro di me si spezzò. 

"-Sempre?- gli chiesi correndo in riva al lago. Mi voltai verso di lui che mi aveva seguito correndo e con un gesto rapido gli schizzai il volto con l'acqua.
Jules si tolse alcune gocce da davanti gli occhi per poi stringermi nascondendo il viso nell'incavo del mio collo. -Non ti libererai mai di me, se ho detto che saremo sempre insieme è sempre- promise stringendomi ancora di più a se..."


-Me lo avevi promesso- mormorai appallottolando il fazzoletto con risentimento. -Ma mi hai lasciata sola invece- presi in mano il mazzo di fiori, tolsi un po' di terra che c'era finita sopra e li posizionai nel vaso di ceramica al fianco della lapide.
-Non avrei mai voluto credimi- di nuovo quella voce... Mi irrigidii di colpo, dopo un poco istintivamente mi guardai attorno girando lentamente il viso sia a destra che a sinistra. Attorno a me molte persone non c'erano più, in pochi erano rimasti ancora, sicuramente i miei pensieri hanno preso il sopravvento e mi sono immaginata la sua voce.
Se non fosse per l'università e gli ultimi esami, in questo ultimo mese, probabilmente la mia testa mi avrebbe giocato molto più spesso questi scherzi... in realtà mi chiedevo quando sarebbero incominciati. 
Lo studio mi ha occupata molto e la preparazione della Tesi anche, perciò a parte le foto che non ho ancora avuto il coraggio di togliere dalle pareti, riuscivo a non scoppiare in pianti senza fine.
-Spero che un giorno riuscirai a lasciarmi andare... non so se però ci riuscirò mai io- mi feci forza e facendo un respiro profondo e leva sulle ginocchia mi alzai in piedi. Dovevo tornare a casa ed iniziavo a temere che il tassista non si fosse stufato di aspettarmi fuori dal cimitero.
-Non posso lasciarti Judith. Avevo detto sempre e così farò, ti starò sempre vicino-
-Basta ti prego- mormorai portandomi una mano alla tempia. Mi issai la borsa sulla spalla e a passo svelto iniziai a camminare sul piccolo sentiero di terra battuta. Con una mano mi asciugai le lacrime sino ad un tratto in cui andai a sbattere contro qualcuno che evidentemente non avevo visto pur di andarmene il prima possibile.
-Scusi- mormorai alzando il viso per capire chi fosse l'uomo o la donna che avevo appena urtato.
I miei occhi si incrociarono con un altro paio di occhi scuri e un po' coperti da riccioli ribelli. Quei riccioli che avevo accarezzato tante volte, quegli occhi neri che mi avevano attirata sin dal nostro primo incontro. Ma non può essere veramente lui, io lo avevo visto steso... immobile... gli occhi chiusi e pallido. Avevano chiamato me per prima visto che ero fra le sue chiamate rapide e mi avevano chiesto di riconoscerlo. Ma ora è qui davanti a me i suoi occhi nei miei ed mio cuore a mille.
-No, non può essere- balbettai coprendomi la bocca con una mano.
-Judith, sono io... so che non ci crederesti anche se te lo spiegassi. Ma vorrei provare a farlo- anche la voce era la sua. Il viso dispiaciuto, ma pallido come quel maledetto giorno, le guance scavate e la speranza negli occhi.
È così che me lo ricordo prima che decidi di andarmene via terrorizzata e continuando a ripetermi "non può essere lui, non è possibile..." 
Ero salita sul taxi con le lacrime agli occhi e pallida in viso sperando fosse tutto solo un brutto sogno. Per giorni avevo continuato a ripetermelo e proprio quando credevo di essermi convinta lo rivedevo.
Lui era sempre li, immobile ed occhi tristi  a dire che poteva spiegare; ma come può spiegarmi il perché non è morto quando invece dovrebbe esserlo.

1 MESE DOPO

-Judith fammi parlare-
Non poteva essere davvero lui. Mi voltai verso la finestra e lo vidi, li fuori, sotto la pioggia. -Perché mi perseguiti? Perché non mi lasci in pace!- esclamai sfinita.
Jules aprì la finestra ed entrò dentro la mia camera a piccoli passi con cautela. Mi fissava in modo diverso dal solito, i suoi occhi avevano uno strano scintillio che mi spaventò ancor di più.
Come aveva fatto ad entrare se la mia finestra era chiusa? Lui dovrebbe essere fuori, anzi non dovrebbe esserci proprio!
-Judith, mi dispiace per il dolore che ti ho arrecato facendoti credere che fossi morto. Sono stato costretto a farlo- fece il giro del mio letto dicendo parole senza senso. -Io ti ho visto... ed eri morto!- ansimai sempre più confusa e spaventata.
-Ti chiedo scusa per non avertelo detto prima, quando ancora non ti avrei spaventato come adesso- sul suo viso comparve per la prima volta un accenno di sorriso.
Proprio nel suo sorriso scorsi qualcosa di diverso, qualcosa che lui non aveva mai avuto. -I... i tuoi denti- balbettai incredula. Non è una cosa possibile, lui non ha mai avuto i canini così lunghi ed appuntiti.
Sentii le gambe molli cedere sotto al mio peso, ma l'impatto col pavimento non arrivò. Due mani mi avevano stretto le spalle e mi stavano sorreggendo. -Ti prego non tremare, non sopporto di vederti così- era la sua voce sussurrata al mio orecchio, proprio come quando mi aveva chiesto di uscire la prima volta e come faceva ogni volta per convincermi a fare qualcosa di cui ero poco convinta.
Non ce la facevo più, sentivo il suo tocco su di me ed era lo stesso di sempre delicato e dolce, i suoi occhi, il sorriso, i capelli...
Gli accarezzai una guancia e la sentii gelida, fui tentata dal ritrarla, ma non ce la facevo più. -Io non capisco- mormorai non riuscendo a smettere di piangere. Jules mi asciugò le lacrime con dei teneri baci, un vizio che nemmeno questa assurda situazione senza senso aveva potuto evitare di farmi sorridere.
Era sempre lui, ma in modo diverso.
Istintivamente mi strinsi a lui racchiudendo nei miei pugni la sua giacca bagnata. Appoggiai la testa sul suo petto e respirai il suo profumo, quanto mi era mancato. -La tua felpa stava perdendo il tuo profumo, a forza d'indossarla c'era solo più il mio- ammisi non sentendomi più spaventata come prima.
Tutto di lui era come lo era sempre stato, ormai mi sentivo al sicuro, seppur piena di dubbi e timori.
-Non avrei mai voluto diventare quello che sono ora... ma pensando che  posso continuare a stare con te  mi rincuora di tutto. Anche se non mi do pace per quello che ti ho fatto passare. Credimi io...- -Sei qui con me, ho paura ma è più forte di me la gioia che sto provando nello stringerti fra le mie braccia e saperti ancora con me. Sarà anche un pensiero egoista, ma non mi interessa adesso- mi decisi ad alzare lo sguardo verso di lui mettendo da parte la paura. 
-Anche se sei diversi, una parte di me ha smesso di avere paura e sa che sei comunque tu. Aiutami a capire ti prego- arrivai a supplicarlo per la confusione di sentimenti che c'erano dentro di me.
Il suo caldo sorriso raggiante mi fece battere il cuore ancor più forte, persino quei canini fuori dal normale riuscirono a farmi sentire sollevata di averlo fra le mie braccia.







 
By unika
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: unika