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Autore: Inquisitor95    20/11/2017    0 recensioni
Endymion è un continente vasto, da poco uscito dal terribile dominio degli elfi. Ma finalmente gli umani vedono la luce in quella che si prospetta l'Era della Gloria e sono tornati a dominare i loro castelli e le loro terre com'era prima; saranno davvero finite le sofferenze? Il continente si adatterà alle nuove condizioni politiche o finirà distrutto dal gioco delle Casate? A tramare dietro questo pericoloso gioco, c'è una setta di maghi che minaccia l'ordine con il caos.
Vivere o morire. Questa è la costante scelta che i tre protagonisti saranno obbligati a compiere passo dopo passo. Il fuoco dilaga, combatterai o brucerai con esso?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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{Astrid}

21.

Famiglia

  

C’erano voluti sette giorni per spostarsi fino alla grande città di Rocca Ferrea, Astrid conosceva bene la distanza che riempiva la valle e che saliva fino ad arrivare alla città-fortezza di Casa Sigmurd; lui e Caius avevano cominciato la salita solo quella mattina, il percorso era ripido e la strada era tortuosa e movimentata nel mezzo del valico frastagliato della montagna ma alla fine erano riusciti a raggiungere la meta senza incidenti.

Quando si trovarono a pochi metri dai giganteschi bastioni, Astrid quasi tirò un sospiro di sollievo, c’era qualcosa che lo aveva turbato durante tutto il viaggio, probabilmente semplice preoccupazione nel ritornare nella città d’origine.

« Non sembri in gran forma. Possiamo sostare un giorno se ti va. Non credo dovremmo fare tutto di corsa, abbiamo passato l’ora di pranzo e potremmo anche fermarci in città. » propose Caius vedendo che effettivamente Astrid non era al meglio di sé e da quando avevano cominciato a salire era anche rimasto in silenzio senza riuscire a rispondere al compagno d’armi.

Rifletté molto attentamente sulle parole dell’amico quasi concorde con lui. « Potrebbe essere una buona idea. » si limitò a rispondere anche se con grande fatica.

I due Osservatori avanzarono quindi verso il grande cancello, all’ingresso della gigantesca Rocca Ferrea c’era una struttura adibita per far riposare i cavalli dei viaggiatori e far sostare le carrozze. Si avvicinarono speditamente parlando con la guardia che le presenziava così da attenere il lasciapassare per poter entrare.

Astrid e Caius entrarono quindi in città venendo subito accolti dalla sua “freddezza”: Rocca Ferrea non brillava certo per la sua accoglienza calorosa, era fredda in tutti i sensi, le guardie compivano ronde in ogni angolo della strada con armature pesanti e ogni genere di arma bianca al loro fianco.

Il clima non favoriva di certo quell’ambiente, essendo sospesa a diversi chilometri da terra la città era immersa nel freddo dell’inverno in arrivo. Dalla cima delle Montagne del Gelo scendevano i venti artici provenienti dal nord e quando non faceva abbastanza freddo la città veniva invasa da una patina di nebbia piuttosto fitta che però durante le ore solari diventava meno densa.

Era ormai pomeriggio quando i due Osservatori arrivarono in città quindi la nebbia era ridotta ad uno strato quasi inesistente di aria grigia. « Non sono mai stato qui. È strano essere nella città dove sei nato tu. A te non fa nessun effetto? » chiese Caius mentre i due avanzavano lungo la via principale della città, un gruppo di soldati era appostato davanti ad un angolo e stavano parlando con un venditore al fianco della città.

Astrid non mancò di notare che le vecchie abitudini non erano cambiate: il mercante stava passando un gruzzolo di monete in un sacchetto ai soldati fermi davanti la sua attività. Era sempre stato così, anche suo padre era costretto a dare buona parte del suo ricavato in mano agli uomini dei Sigmurd.

« “La violenza è la nostra tempesta”. » recitarono i soldati come ringraziamento all’uomo che aveva appena pagato il dazio. Quando furono abbastanza lontani da non poterlo sentire l’uomo sputò a terra disgustato borbottando alcune parole.

« Sarà la vostra forse, luridi cani bastardi! » sussurrò abbastanza arrabbiato, Caius e Astrid però non si soffermarono più di tanto e proseguirono lungo la via interamente costruita in pietra, grandi mattoni erano stati scolpiti uno dopo l’altro centinaia di secoli prima dando origine a quello che era un castello infinito.

« I Sigmurd hanno sempre vissuto qui? » chiese Caius chiedendo informazioni al ragazzo al suo fianco, Astrid sapeva bene che l’altro amava fare domande come se gli importasse davvero qualcosa.

« Più o meno. Rocca Ferrea era stata costruita come principale avamposto contro gli orchi che arrivarono dal deserto. Parliamo di circa duemila anni fa quando i Grilmader furono ufficialmente incoronati come sovrani. » a quelle parole però Caius sembrò controbattere con tono incuriosito.

« Credevo che i Grimalder fossero sovrani già da prima della guerra contro gli orchi. Pensavo che avessero guidato loro le casate contro le truppe dei Cavalieri Neri. » Astrid però scosse il viso facendo un mezzo sorriso, era piacevole parlare con Caius di storia antica e lo aiutava a distrarsi dai suoi pensieri.

« Non è esatto, oggi possiamo affermare che i Grimalder da sempre sono stati sovrani ma è un errore: ne parlavo alcuni giorni prima della partenza con Adalvin, molti uomini e donne considerano i Grimalder come i sovrani assoluti. È vero che la loro casata e le loro forze erano di entità colossali ma poterono sedere ad Altura Silente come sovrani solo dopo la guerra contro gli orchi e quindi molto tempo dopo l’edificazione del castello. »

« Con la nascita delle altre casate hanno ufficializzato la cosa. » affermò Caius. Ancora una volta Astrid dovette annuire; i due ragazzi svoltarono l’angolo della strada trovandosi a camminare in una gigantesca piazza il quale centro era segnato da una fontana.

In senso opposto al loro, la piazza giungeva al termine affacciandosi sullo strapiombo dei bastioni, una larga fila di baliste separava però il vuoto dalla piazza con delle inferriate. « Grazie, comunque. » disse Astrid.

« Per cosa? » chiese Caius facendo finta di nulla, ma il ragazzo sapeva perfettamente a cosa l’altro si riferiva.

« Solo… grazie! » ripeté Astrid, si sentiva molto più sicuro e tranquillo ora che Caius lo aveva distratto, farlo parlare era uno dei modi che lo tranquillizzava e Caius non poteva non saperlo visto che erano migliori amici prima di ogni altra cosa, prima dell’essere amanti. I due ragazzi avanzarono al centro della piazza fermandosi ad ammirare la fontana che raffigurava la statua di un cavaliere.

« “In onore dei guerrieri caduti contro gli orchi. La famiglia Sigmurd non dimenticherà che è nata dal sangue versato per proteggere gli innocenti.” » disse Caius leggendo la targa commemorativa che era incisa sul bordo di pietra, sopra la scritta c’era il simbolo che indicava la direzione sud.

« Allora: da dove cominciamo? Credo di avere un buco allo stomaco, dovremmo trovare una locanda magari e fermarci a pranzare, oltre che a riposare un po’. » disse Astrid e non appena si parlò di mangiare Caius sembrò dare tutte le sue attenzioni all’Osservatore che lo accompagnava.

I due si spostarono nelle strade della città-fortezza addentrandosi sempre di più al suo interno, erano quasi le quattro del pomeriggio quando trovarono finalmente un luogo che potesse ospitarli. Non che ci fossero molte locande in giro per la città ma almeno avrebbero potuto mangiare e riposarsi alcune ore.

« Una stanza per due. E vorremmo mangiare qualcosa, abbiamo una fame da morire! » disse Caius parlando con l’uomo al bancone, l’oste annuì spostandosi dall’altro lato del banco facendo cenno ai due Osservatori di seguirlo e trovandosi a segnare qualcosa su un registro. « Ecco a te il denaro. » continuò il ragazzo dando venti corone di rame all’uomo che fece un sorriso.

« Potete accomodarvi al tavolo all’angolo. Siamo fuori dall’orario del pranzo ma credo che ci sia rimasto dell’ottimo manzo alle erbe. » disse gentilmente l’oste facendo segno ai due ragazzi di sedersi vicino le finestre laterali.

I due ragazzi fecero come gli era stato detto spostandosi verso il tavolo indicato, c’era molta confusione per essere un semplice pomeriggio ma Astrid immaginò che fosse così la vita delle città: locande piene di viaggiatori o uomini e donne che volevano svagarsi anche solo per alcune ore. A poca distanza da loro però c’era un gruppo di soldati piuttosto chiassoso che non appena i due Osservatori si sedettero li guardarono seriamente.

« Non vedo l’ora di mangiare! Avremmo dovuto fermarci all’inizio del sentiero per mettere qualcosa sotto i denti anziché aspettare di arrivare in città. Non senti anche tu questo buon profumo? » chiese Caius su di giri impugnando forchetta e coltello che erano appena stati portati da una avvenente ragazza.

Caius rimase con gli occhi fissi su di lei e questo costrinse Astrid a tirargli un calcio al ginocchio, il giovane emise un rantolo di dolore ma senza proferire altre parole. « Oh scusami. Comunque no, sento puzza di bruciato… » disse Astrid osservando uno dei soldati che si era alzato dalla propria sedia per avvicinarsi in maniera spavalda ai due Osservatori, era chiaro che volesse infastidire.

« Non si vedono molti Osservatori dell’Abisso in giro per Rocca Ferrea. Anzi, non se ne vedono quasi mai. Non vi siete chiesti mai il perché? No, perché dovreste. Voi non sapete nulla di quello che accade al di fuori della vostra chiesetta. » disse il soldato facendo ridere gli altri compagni al tavolo, Caius rispose prima che lo potesse fare Astrid che preferì non rispondere.

« Piantala amico, non vogliamo guai. Siamo stati convocati qui dal lord tuo signore. Quindi va a farti fottere! » disse l’Osservatore allungando il braccio e alzando il dito medio contro l’uomo facendogli un gesto d’offesa.

« Questo non cambia nulla; sono molto curioso di sapere una cosa però: dicono che voi Osservatori vi riscaldiate l’uno con l’altro nelle notti più fredde, immagino che ci sia dell’onore nel prendere l’uccello di un altro uomo nel culo! » ancora una vola cercò di intimidire i due ragazzi, là dove Caius stava per perdere la pazienza Astrid invece era piuttosto tranquillo sorseggiando il vino che gli era appena stato portato dalla stessa ragazza di prima.

« Queste sono delle cazzate, e tu ci credi perché sei uno stronzo. Forse è così che impegnate le notti di ronda in giro per le strade. Sono quasi certo che qui faccia più freddo che da noi » rispose Caius restando neutrale controbattendo senza troppa rabbia o intensità, Astrid sapeva bene che non gli ci sarebbe voluto molto per perdere il controllo. Non aveva mai amato chi offendeva; inoltre il passato di Caius era talmente tanto oscuro che era impossibile non chiedersi quale fosse il vero limite della sua rabbia.

« Forse tu sei uno di quelli che lo prende dietro allora! Accidenti non riesco proprio ad immaginare come si possa andare a letto con un uomo. L’assenza di una bella fregna vi fa andare di matto, o forse preferite fare tutto in solitario? » chiese ancora provocando stringendo il pugno attorno ad un oggetto non reale e facendo su e giù col polso per imitare il gesto.

Astrid poggiò la propria coppa sul tavolo schierandosi la gola e alzando lo sguardo verso l’uomo. « Quando l’offesa viene da un uomo che non vale nulla e che non ha cervello allora fa ridere se stesso e i suoi porci maiali. » disse il ragazzo voltandosi verso le restanti guardie sedute distanti. « Sì, mi riferisco proprio a voi. » tornò con lo sguardo sul soldato e senza esitare un istante scattò in piedi estraendo la spada per puntarla alla gola.

« Che diavolo… per i Titani! » imprecò il soldato che si trovò ad indietreggiare sbattendo con le spalle alla colonna di legno.

« Già, chiama i tuoi stupidi dei. Se solo lo volessi potrei farti inginocchiare a terra e dimostrare quanto valorosi sono gli uomini dei Sigmurd. Ma non ho manie di potenza come il vostro Alto-comandante. » disse Astrid ricordando che quell’uomo li aveva derisi in passato, gli altri soldati non fecero nulla se non mettere mano all’elsa della spada ma senza estrarla.

Astrid mosse quindi la spada puntandola e premendola contro il pube dell’uomo coperto solamente dal cuoio dei pantaloni. « Quando avrò finito voglio proprio vedere come ti divertirai senza il cazzo! » il ragazzo premette ancora di più finché il soldato non lo fermò supplicandolo di non farlo.

« In nome dei Titani fermarti ti prego! » disse il soldato in crisi visto il pericolo che correva la sua virilità, i suoi soldati a quel punto scoppiarono a ridere ma non con lui, ma contro.

« Persino i tuoi uomini sanno di che pasta sei fatto; ossia di fango e merda! » continuò Astrid riponendo la spada nel proprio fodero. Tutta la locanda aveva gli occhi puntati contro di loro, chiaramente interessati a quello che era successo. « Ora sparisci. Il mio pranzo sta arrivando a non voglio mangiare vedendo la tua brutta faccia! » disse infastidito, l’uomo non perse altro tempo insieme ai due Osservatori scappando via dalla locanda mentre le guardie stesse continuavano a deridere il loro compagno.

« Mai visto qualcuno fronteggiare una guardia di Rocca Ferrea senza preoccuparsi e con quel coraggio! » disse l’oste che si era spostato verso il tavolo dei due Osservatori per essere lui personalmente a servire i due ragazzi.

« Sono nato qui a Rocca Ferrea, a cinque anni i miei genitori mi hanno venduto agli Osservatori. La violenza è anche la mia tempesta! » disse Astrid rispondendo all’uomo che aveva poggiato i due piatti con il manzo, quello ne rimase sorpreso.

Sia Caius che Astrid poterono mangiare in pace senza che qualcun altro li disturbasse ancora, bevendo del vino tra un boccone e l’altro finché il sole cominciò a tramontare sulla città, il cielo limpido si era scurito di un blu ceruleo e le prime stelle della sera cominciavano a vedersi all’orizzonte.

« Credo proprio che andrò a riposarmi un po’. Sali con me o preferisci cercare la tua famiglia? » chiese Caius, era chiaro che sperasse che l’altro si riposasse con lui aspettando quindi di compiere la sua ricerca ma Astrid era molto carico.

« Tu va’ pure. Mi faccio un giro per la città molto veloce. Ci vediamo più tardi… » disse Astrid in risposta, nel corso di quell’ora la locanda si era svuotata e riempita con nuovi volti, Caius si alzò dalla propria postazione.

« Mi raccomando: non cacciarti nei guai! » disse con tono preoccupato, Astrid però gli fece un sorriso facendo gesto di cacciarlo via, rimase quindi solo finendo di sorseggiare il proprio vino; non era sua intenzione cercare i suoi genitori.

Avrebbe aspettato Caius l’indomani per quello, però aveva davvero bisogno di visitare la città. Ora che poteva farlo in tranquillità senza il pensiero di essere scappato dalla Cattedrale marmorea. Si alzò dirigendosi verso l’uscita della locanda quando qualcosa catturò la sua attenzione al bancone.

« Ha lo stesso talento del padre nonostante la sua giovane età. È un fabbro eccezionale, è una fortuna che abbia ereditato il dono del padre, peccato che quell’uomo sia stati rovinato da quell’incidente col mago; gli ha bruciato entrambe le mani. » diceva un altro soldato che stava bevendo della birra al bancone, Astrid si sentì improvvisamente incuriosito da quello di cui la guardia parlava.

« Scusami, ho sentito che parlavi di giovane ragazzo che ha ereditato la bravura del padre. » chiese l’Osservatore parlando al soldato, quello annuì alla sua affermazione.

« Ha soli quindici anni ed è il migliore fabbro che si trovi qui in città. In effetti sono solo due fabbri ma lui è davvero il migliore! » confermò il soldato, stando all’età e alla storia del padre, Astrid non poté non collegarlo alla sua famiglia.

« Potresti dirmi dove si trova? Avrei bisogno di farmi riparare la mia vecchia spada ed ha un valore affettivo molto alto, ci resterei male se qualcuno la rovinasse. » disse il ragazzo cercando di non mostrare emozioni e gli venne indicato dove trovare il fabbro.

Astrid si mosse senza esitazione lungo le vie della città come se ci avesse sempre abitato, in quindici anni non era cambiato nulla e lui era felice di questo. Una cosa l’aveva notata ovviamente: la pietra di cui era composta la strada o le abitazioni era più usurata ma sarebbe resistita ancora per molti altri secoli.

Svoltò l’angolo della strada che arrivava al fine della città e nuovamente sullo strapiombo avvicinandosi quindi all’angolo della curva trovando esattamente ciò che voleva: un piccolo spazio dietro di sé conteneva armi e armature, strumenti di ogni genere. Delle grate con sbarre rinforzate si trovavano poi ai lati per chiudere tutto ciò che c’era all’interno della fucina compreso l’enorme forno nel quale le fiamme stavano ardendo e numerosi condotti di pietra nel quale Astrid sapeva bene veniva fatto passare il metallo ormai fuso.

Il ragazzo che stava lavorando con la schiena arcuata sull’incudine batteva un martello ripetutamente; il giovane aveva sicuramente quindici anni visti i lineamenti del viso molto giovani e ancora non ben marcati. Aveva capelli ricci gli ricadevano sul viso mentre restava piegato in avanti e un corpo tonico completamente sudato ed esposto alla bassa temperatura esterna.

« Ti prenderai un malanno se resti a petto nudo in mezzo a questo freddo! » disse Astrid senza ulteriore indugio cercando di prendere confidenza col ragazzo, quello si interruppe alzando il viso.

I suoi occhi erano color nocciola proprio come quelli di Astrid e come i capelli stessi, all’Osservatore venne un colpo al cuore vedendo l’immagine che aveva davanti a sé, come se fosse un riflesso del passato. Non che avesse avuto molto tempo di guardarsi allo specchio, ma Astrid era sicuro che quello fosse il fratello.

« Ma sentiti! Parli proprio come i miei genitori, noi gente del nord non soffriamo il freddo come gli altri! » disse il ragazzo in tono spavaldo e sicuro di sé sorridendo, abbassò nuovamente gli occhi continuando a battere il martello sul metallo bollente.

Astrid restò immobile davanti al giovane fratello, si sentì tremare, era come se avesse trovato qualcosa che aveva perduto da tempo. « I tuoi genitori hanno ragione, dovresti dare loro retta. Essere un uomo del nord non ti rende immune alla febbre e al freddo stesso! » disse il giovane Osservatore parlando con molta calma, il fabbro però sbuffò interrompendosi di nuovo visto che era stato infastidito dall’ospite che non aveva voglia di andarsene.

« Ti posso aiutare in qualche modo o sei venuto da me solo per rompere? Tra l’altro non sembri neanche di questa città o uno degli stronzi dei Sigmurd! » disse il fabbro venendo direttamente al sodo, Astrid capì che si era posto piuttosto male e che come primo incontro faceva davvero pena.

« Ho sentito dire che sei il migliore fabbro della città e che il tuo talento è pari solo a quello di tuo padre. Ho sentito la verità? » chiese Astrid estraendo la propria spada e tenendola con entrambe le mani sulla lama, il giovane guardò attentamente Astrid senza emettere una parola, come se stesse semplicemente osservando.

« Ho come l’impressione di averti già visto però. Come conosci mio padre? » chiese il ragazzo, Astrid però non si preoccupò di mentirgli o di dare troppe spiegazioni quindi cercò di essere il più lapidario possibile nella risposta.

« Sono stato a Rocca Ferrea molto tempo fa. So per certo che tuo padre era uno dei migliori fabbri della zona. Se il tuo talento è stato davvero ereditato da te allora non posso non constatare: temo che la mia spada sia un po’ rovinata nella lama, puoi fare qualcosa per sistemarla? È molto importante. » disse Astrid allungando la spada e porgendola al giovane fabbro, il ragazzo osservò ancora l’altro come se si sforzasse di ricordare ma non avrebbe trovato nessun ricordo collegato al fratello maggiore.

« Va bene. » disse allungando le mani a sua volta ed impugnando l’elsa dell’arma, la poggiò accuratamente sull’incudine analizzandola attentamente da vicino con una pietra luminosa che estrasse dalla tasca dei propri pantaloni.

Astrid ricordava bene che il padre usava la stessa pietra luminosa per analizzare le armi proprio come stava facendo il ragazzo, più volte l’aveva chiama roccia-libellula; quando Astrid aveva chiesto cosa fosse e da dove provenisse lui aveva risposto che veniva dalle Terre Centrali i cui stagni erano piene di libellula che alla morte si ingrossavano e indurivano fino a diventare pietre luminose.

« Un oggetto molto particolare. Nessun altro fabbro in tutta Endymion probabilmente usa la roccia-libellula. » disse Astrid cercando di fare conversazione col fratello minore, il ragazzo fece un verso non ben distinto come affermazione. « Puoi fare qualcosa per sistemare la spada? » chiese ancora.

Il giovane alzò lo sguardo annuendo. « Comunque mi chiamo Gredor, è un piacere fare la tua conoscenza. » disse ancora una volta Astrid mentendo sul suo nome, non era ancora intenzionato a farsi riconoscere dal proprio fratello, voleva aspettare per dirglielo, se mai avesse trovato il coraggio di farlo.

« Balder. » rispose il giovane fabbro, per Astrid fu una sensazione senza eguali quella di conoscere il nome del fratello, era tutto per lui e quella conversazione non poteva di certo finire lì. « È una buona arma, buon ferro temprato. Indossi pelliccia d’orso e abiti scuri di cuoio e giaco di maglia; sei un Osservatore dell’Abisso? » chiese il giovane Balder parlando con l’altro. Astrid rispose con un sorriso in un primo momento.

« Le guardie della città non sanno proprio farsi gli affari loro? Credevo che qualcosa fosse cambiato in questi anni. Ma immagino che le vecchie abitudini restano. » rispose Astrid dando quindi conferma di quello che era accaduto il pomeriggio, con sua sorpresa però il giovane fratello scosse il viso.

« No, solo perché sono un fabbro non significa che sono ignorante. So riconoscere un Osservatore dell’Abisso, in città ne ho visto solo uno qualche anno fa. Ricordo che aveva i capelli rossi fiammeggianti. Scortava un Piromane. » disse Balder, Astrid era pronto a giurare che si trattasse di Agis che effettivamente era stato a Rocca Ferrea già qualche anno prima.

« Non volevo di certo offenderti, Balder. » Astrid fece una breve pausa cercando di mordersi le labbra per non parlare ma alla fine non resistette. « Tuo padre sta bene? E tua madre? » aveva intenzione di conoscere tutto quello che avevano passato, ma purtroppo non poteva chiederglielo o fare troppe domande.

Balder riscaldò la lama della spada dandogli aria calda, aveva poggiato l’arma su una grata e grazie ad un pedale che premeva stava ammorbidendo il metallo dell’arma. « Stanno bene, saprai che mio padre ha avuto un incidente alle mani molti anni fa prima che nascessi io. Non mi ha mai detto cosa accadde, finché non ho smesso di chiedere, anche mia madre non me lo ha mai detto e ogni volta che ho chiesto a lei scoppiava a piangere. »

Astrid poteva ben capire il perché: quella volta che suo padre lo aveva difeso dalla magia del Piromane aveva distrutto la sua vita e carriera per proteggere il suo unico figlio; col senno di poi Astrid pensò che non era mai stato veramente in pericolo, se era davvero il cosiddetto “Prescelto di luce” il fuoco non lo avrebbe mai bruciato, improvvisamente più che mai Astrid si sentì in colpa.

« Mi dispiace tanto, ho conosciuto tua madre. È una donna dolcissima. » disse l’Osservatore in risposta, era ovvio che Balder avesse sofferto molto il fatto che i suoi genitori gli avessero tenuto segreta quella cosa, seguì quindi la domanda più importante. « Hai fratelli o sorella, Balder? »

Il ragazzo spostò la spada sull’incudine nuovamente, prese il martello cominciando a colpire il metallo in ogni punto in modo da modellarlo senza troppa difficoltà, aveva tanta forza nelle braccia. « No, sono figlio unico. Avevo un fratello ma è morto prima della mia nascita, in cuor mio penso che sia collegato all’incidente di papà ma non ho potuto chiedere di più in giro. »

Astrid ebbe un altro colpo al cuore sapendo che i suoi genitori avevano dovuto mentire, era la cosa più facile da dire: lui era scappato dalla Cattedrale per poter vedere la sua famiglia e suo fratello, cosa impediva a un ragazzino come Balder di fare lo stesso per cercare il membro mancante della sua famiglia? I suoi genitori avevano deciso di dire che Astrid era morto, il giovane Osservatore ringraziò qualunque entità oltre le nuvole per aver detto un nome falso. « Non dev’essere stato bello, non poterlo conoscere. »

Il giovane Balder si interruppe dal battere sulla spada, alzò ancora lo sguardo e fece un mezzo sorriso sarcastico. « Dici di conoscere mio padre ma sembri non sapere nulla di me o della mia famiglia. Mi viene il dubbio che tu mi stia mentendo. »

Astrid sorrise visto l’arguzia del giovane fratello. « Non avrei motivo di farlo. E non sarebbe una buona cosa sapendo che stai maneggiando la mia spada preferita e ci tengo a riaverla indietro. »

Balder non risposte a quell’affermazione con le parole ma fece anche lui un sorriso rivolto all’Osservatore lanciandogli uno sguardo di complicità che ripagò Astrid di tutto il tempo che i due erano stati lontani. « Eccola a te come nuova. Non era molto danneggiata ma ha subito alcuni brutti colpi. Spero farai tesoro del mio lavoro. » disse Balder dopo una ventina di minuti circa, Astrid aveva deciso di restare in silenzio in maniera impassibile davanti al fratello che stava facendo il suo lavoro.

Avrebbe voluto osservarlo come per imprimere il suo ricordo e il suo volto nella propria memoria. Astrid prese la spada facendola girare sulla propria mano e constatandone una stabilità decisamente migliorata; la ripose nel fodero mettendo mano al proprio borsello e tirando fuori una moneta d’argento. Allungò la mano per consegnarla al giovane, era più di quanto gli dovesse.

« Non è necessario. Tienitela pure. » rispose Balder dando le spalle al ragazzo e riprendendo la spada al quale stava lavorando prima della venuta del giovane Osservatore.

Ma Astrid non aveva intenzione di desistere. « Ti prego, prendila. Non voglio avere debiti con te o con la tua famiglia, hai fatto uno splendido lavoro e non pagarti sarebbe come sminuirlo. » Balder guardò la moneta con esitazione poi alzò gli occhi incrociando quelli di Astrid e si arrese prendendo la moneta d’argento. « Hai una firma o un marchio? Mi piacerebbe che lo imprimessi sulla mia spada così quando trapasserò qualcuno sapranno chi l’ha sistemata. »

Balder fece un mezzo sorriso riprendendo la spada nella propria forgia, passarono altri venti minuti affinché il metallo fosse abbastanza riscaldato, il giovane prese quindi un tizzone con un disegno e lo impresse a forza nel metallo aspettando poi che tornasse alla sua temperatura normale. Astrid non vide subito il marchio che era stato lasciato, saluto il fratello promettendo a se stesso che un giorno sarebbe tornato per dirgli chi era realmente.

Solo quando fu nella stanza della locanda insieme a Caius prese la spada dal fodero vedendo il segno che era stato lasciato: una rosa intrecciava la lettera B, l’iniziale del fabbro.

« Che novità è questa? » chiese Caius osservando la spada e il marchio che era stato impresso, nessuna delle loro armi aveva firme o particolarità nella lama. Quella di Astrid sì.

« Una lunga storia… te la racconterò domani magari. Sono molto stanco ed è stato un pomeriggio davvero troppo esaltante per me. » disse giustificandosi senza parlare di quello che aveva fatto, Caius si fece bastare quella frase ma era certo che Astrid gli avrebbe raccontato tutto durante il viaggio di ritorno.

L’indomani come da programma Astrid e Caius lasciarono la locanda spostandosi verso le prigioni della città che si trovavano nel lato opposto a dove si trovavano loro, dovettero avvicinarsi al pendio della montagna trovando la grande e grezza struttura con le sbarre ad ogni finestra e porta. I soldati dei Sigmurd di guardia erano già stati avvertiti dell’arrivo di due Osservatori dell’Abisso quindi non fecero particolari domande quando venne mostrata loro la lettera firmata dal loro signore col sigillo della casata: la tigre.

In poche ore dal loro risveglio Astrid e Caius si trovarono nuovamente alle porte della città dopo neanche un giorno dal loro arrivo; il sole era alto in cielo ma tra le nuvole e la nebbia non si riusciva bene a vederlo. « Così hai trovato tuo fratello? Mi sarebbe tanto piaciuto conoscerlo, se è così simile a te come dici. » disse Caius trottando insieme al proprio cavallo al fianco di Astrid, entrambi tenevano le redini e la catena dei due maghi che stavano distanti da loro di pochi metri.

« Ti sarebbe piaciuto, sì. »

« Ma nonostante tutto non gli hai detto che sei suo fratello. Perché? Sarebbe stato felicissimo di sapere che sei ancora vivo e che… be’ che sei tu! » disse Caius insistendo sulla questione come se la sentisse personale, Astrid fece un mezzo sorriso.

« È meglio così, non ha bisogno di me. » rispose lui, alle sue spalle sentì uno dei due maghi agitarsi e inveire perché aveva la bocca completamente bloccata da uno straccio affinché non potesse parlare durante tutto il viaggio. « Sta’ zitto prima che venga lì dietro e ti rompa la mandibola con un pugno! » disse Astrid tornando alla solita serietà di sempre, Caius fece un sorriso e insieme continuarono alla volta della loro casa.

  
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