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Autore: heliodor    20/11/2017    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Scontro di titani

La palla di fuoco esplose a pochi metri di distanza, al centro del petto corazzato. Joyce sentì il calore improvviso di quel colpo e per un attimo prese il controllo del titano.
La prodigiosa macchina arrancò per non cadere all'indietro.
Qualcosa le volò a fianco. Era troppo piccolo per capire di cosa si trattasse, ma da quella distanza poteva vedere che aveva due gambe e due braccia.
Una pioggia di dardi si abbatté sulla corazza del titano, producendo una cascata di scintille che le riverberarono negli occhi.
Il titano assorbì quel colpo come se si trattasse della puntura di un moscerino.
Joyce lo fece voltare per fronteggiare il punto da cui proveniva l'attacco. Il gigante però si mosse con lentezza esasperante e quando completò il giro su se stesso, vide che non c'era traccia del suo aggressore.
In compenso altri dardi le sfiorarono la testa e impattarono contro la cabina corazzata, cercando un passaggio tra le spesse lamiere. Se anche uno solo fosse riuscito a passare l'avrebbe trafitta da parte a parte.
Presa dal panico, Joyce sollevò entrambe le braccia del titano per proteggere la parte alta da altri attacchi.
Una seconda palla di fuoco la colpì all'addome. Il colpo si riverberò come una martellata e per Joyce fu come se a riceverla fosse stata lei stessa.
Gemette per il dolore e indietreggiò.
Fu allora che snetì urlare qualcuno: "Colpiscilo Darran. Ora."
E poi un'altra voce sovrapporsi alla prima. "Aspettate. Fermi."
Joyce vide qualcosa volare verso di lei e atterrarle sulla spalla. Una figura umana si aggrappò alla corazza e puntò la mano libera verso una delle giunture. Dal palmo aperto eruppe una fiammata.
"No" gridò Joyce.
La figura umana sollevò la testa di scatto.
"Fermati. Così lo distruggerai" disse Joyce. Guardò meglio e riconobbe il principe Darran nella figura appollaiata sulla sua spalla e intenta a dirigere un getto infiammato verso la sua corazza.
Darran sospese per un istante l'attacco. Sembrava incerto.
"Darran" gridò Joyce. "Sono io. Sibyl."
Darran chiuse il palmo della mano e si lasciò andare. Volò verso la testa del titano e si aggrappò alla corazza che sporgeva all'infuori. Avvicinò il viso alla feritoia e gettò un'occhiata all'interno.
"Sibyl" esclamò il principe. "Sei lì dentro?"
"Sì" gridò Joyce.
"Ora ti libero."
"No" si affrettò a dire lei. "Basta. Non danneggiare il titano. Mi serve."
"Ma come hai fatto a..."
"Te lo spiegherò dopo. Dov'è andato il primo titano?"
"Verso la città" spiegò Darran. "Ci ha colti di sorpresa la prima volta che è sbucato fuori dalla montagna."
Dume sta attaccando la città, pensò Joyce. E solo io posso fermarlo.
"Darran" disse raccogliendo i pensieri. "Ho bisogno del vostro aiuto. Chare è con te?"
"La palla di fuoco che ti ha quasi stesa era la sua" disse il principe con tono divertito.
"Seri riuscito a salvarla" disse Joyce sorpresa.
"Grazie a te" disse Darran. "Dicci solo che cosa dobbiamo fare."
"Ve lo spiegherò strada facendo. Ora andiamo in città a fermare Dume e il suo esercito di mostri meccanici."
"Sibyl" iniziò a dire Darran.
"Sì?"
"Sei davvero grandiosa."
"Grazie" rispose con tono fiero. Se suo padre e i suoi fratelli fossero stati lì a guardarla, pensò. Ma poi realizzò che quello sarebbe stato un sogno impossibile da realizzare.
Darran prese Chare e la portò sulla spalla del titano.
Nel frattempo Mosi, i soldati e i lavoratori della miniera avevano attraversato la galleria scavata da Joyce e si erano radunati sotto il fianco della montagna.
Darran ordinò ai suoi uomini di sorvegliare i lavoratori.
Joyce azionò il titano e si mosse verso la città.
"Funziona davvero" disse Chare. "Le leggende non mentivano."
"Funziona anche troppo" disse Darran. "Dume vuole distruggere la città."
"Glielo impediremo" disse Joyce sicura.
"Hai un piano?" le domandò Chare.
"Più o meno" rispose Joyce. "Io lo distraggo e voi trovate un modo per fermarlo."
"Non mi sembra un granché come piano" si lamentò Darran.
"Tu hai un'idea migliore?" chiese irritata.
"Sì" rispose il principe. "Tu lo distrai e tu trovi il modo di fermarlo."
"E lasciare tutto il divertimento a lei?" fece Chare divertita. "
Joyce accelerò il passo. A ogni falcata il titano si avvicinava alla città. Le mura erano già in vista e quello che vedeva non le piaceva.
Un ampio tratto era stato abbattuto da una qualche forza poderosa. Una nuvola di fumo si alzava dalla parte orientale. Oltre a questo, un paio di torri erano crollate.
Avvicinandosi di più notò che sulle mura qualcosa si muoveva. Ogni tanto si accendevano dei lampi accecanti o si verificava un'esplosione.
Qualcuno stava usando la magia?
L'attacco dei mostri di Zanihf era in corso ormai da alcune ore e la battaglia doveva infuriare per le strade della città.
Joyce portò il titano vicino alle mura e le superò passando attraverso la breccia.
Subito venne colpita dai dardi magici lanciati da un gruppo di stregoni appostati su una sezione della mura risparmiata dalla devastazione.
"Dividiamoci" disse Darran. Prese Chare e levitò verso gli stregoni. "Basta. È con noi. È la strega rossa."
Ancora quel nomignolo, pensò Joyce seccata.
Gli albini smisero di colpirla e si radunarono attorno a Chare e Darran.
"Lo vedi?" chiese l'albina.
Joyce guardò verso la parte orientale della città, dove la polvere sollevata dai detriti oscurava la visuale. Lì in mezzo vedeva muoversi delle ombre.
Non c'erano altre tracce del titano. Il mostro doveva svettare sulle case più basse, mentre era più basso delle torri disseminata per la città.
"Cercherò di portarlo verso di voi" disse Joyce. "Preparate i vostri migliori incantesimi" aggiunse prima di mettersi in marcia verso la nube di detriti.
Passò per strade vuote che recavano la devastazione causata dai mostri meccanici. Ovunque erano disseminati cadaveri e rottami. La battaglia doveva essere stata furiosa e spietata.
Un gigante di metallo apparve da dietro un palazzo e per un attimo rimase immobile, come se fosse incerto se attaccarla o meno.
Joyce non perse tempo e fece sollevare al titano una gamba, quindi schiacciò il gigante sotto il possente piede, riducendolo in rottami contorti.
Una dozzina di ragni meccanici emerse da dietro un edificio e si gettò verso le gambe del titano.
Joyce ne schiacciò tre o quattro prima che si disperdessero.
"Toglietevi di mezzo" urlò con voce trasformata dalla fatica e dall'eccitazione per la battaglia. Stentava a credere che si trattasse proprio di lei.
Schiacciò i rimanenti ragni e proseguì.
In breve si ritrovò a camminare nella nube di detriti, muovendosi alla cieca. Cercava di evitare di schiacciare le poche persone che si muovevano da un edificio all'altro.
Ogni tanto si imbatteva in piccoli drappelli di cittadini che fuggivano verso la parte occidentale della città.
Una delle torri era crollata e di essa rimaneva solo la parte inferiore. La parte superiore si era abbattuta su un gruppo di case, schiacciandole. La confusione era così grande che Joyce non riusciva a capire quali fossero i resti delle case e quali quelli della torre.
Il titano di Dume era poco più avanti.
Sei o sette albini lo stavano bersagliando di dardi e palle di fuoco cercando di fermarlo.
Dume utilizzava le lunghe braccia del titano per spazzare il terreno e cercare di colpire i suoi assalitori.
A giudicare dall'aspetto della sua corazza, quei colpi non stavano producendo alcun effetto. Ci sarebbe voluta più potenza per abbattere il titano.
E Joyce aveva quella potenza.
Senza attendere oltre si diede uno slancio deciso in avanti e caricò puntando la schiena del titano di Dume.
L'albino dovette sentire la vibrazione prodotta dai suoi passi perché un attimo prima dell'impatto fece ruotare il titano su se stesso, fronteggiandola.
Joyce non poteva più fermare il titano ormai lanciato e aumentò l'andatura. Nell'ultimo tratto spiccò un balzo in avanti per atterrare sul nemico con forza maggiore.
Se lui fosse stato ancora lì.
Invece Dume si spostò di lato, evitando l'impatto all'ultimo istante.
Il titano di Joyce proseguì per una cinquantina di metri e distrusse un paio di case prima di riuscire a fermarsi.
"Scusate" disse Joyce sperando di non aver causato vittime. L'abitazione e quelle vicine sembravano deserte. I loro occupanti dovevano essere fuggiti all'arrivo del primo titano.
Joyce arrestò la corsa del titano e fece per voltarsi.
Qualcosa la colpì alla schiena sbilanciandola in avanti. Voltando la testa vide l'ombra del titano di Dume incombere sopra di lei.
Puntò i piedi per fermare la sua corsa.
Un altro colpo la raggiunse alla gamba destra, piegandola. Si ritrovò in ginocchio e senza difese.
Dume sollevò le braccia del suo titano e sferrò un altro colpo, stavolta alla spalla destra di Joyce.
Il colpo si abbatté come un maglio riverberandosi nella struttura. Joyce la sentì gemere e udì il suono di lamiere che si piegavano e spezzavano.
Dume tentò di colpirla di nuovo, ma stavolta due palle di fuoco lo colpirono al torace, sbilanciandolo.
Joyce decise che doveva approfittarne ed era il momento di rispondere a quell'assalto.
Fece rialzare il titano, fronteggiando quello di Dume.
Per un istante i due mostri di metallo si sfidarono l'uno di fronte all'altro.
"Dume" gridò Joyce. "Smettila con questa follia. Distruggerai la città se continui."
"Chi sei?" domandò l'albino.
"Sono Sibyl. La strega rossa" rispose.
"E come hai fatto a prendere il titano?"
"Ti ho seguito nel santuario" rispose. "Adesso perché non ti calmi e ne parliamo?"
Era un tentativo disperato, ma forse poteva funzionare.
"Parlare? Sono anni che non facciamo altro" urlò Dume. "Sefu, Dafina, tutto il consiglio... sono dei deboli. Hanno dimenticato quanto era grande e forte Mar Qwara una volta."
"Zanihf era forte e grande" disse Joyce. "Voi eravate suoi sudditi."
"Eravamo sudditi di un dio" rispose Dume con tono esaltato. "Io non ho fatto altro che evocare la sua potenza. Da oggi in poi tutti ci rispetteranno."
"Forse vi temeranno e di certo vi odieranno, ma non avrete alcun rispetto. I popoli che confinano con il vostro deserto si uniranno per combattervi, come fecero contro il mago supremo."
"Ti sbagli. Zanihf venne sconfitto solo perché fu tradito."
Quella era un'informazione nuova per Joyce. "Non importa. Non puoi vincere lo stesso."
"Se non posso vincere, se non posso far tornare grande e splendida Mar Qwara... allora la distruggerò. Raderò al suolo la città e la ricostruirò da zero."
È impazzito, pensò Joyce, ma quella chiacchierata le stava facendo guadagnare tempo. Se Darran e Chare riuscivano a riorganizzarsi, potevano fermarlo senza altri danni e spargimenti di sangue.
"Unisciti a me" disse Dume. "Con i nostri titani possiamo conquistare tutto il continente."
"È un piano folle" disse Joyce. Ma lo era davvero? Lei stessa aveva sognato di usare il titano per sconfiggere Malag. Ma poi che cosa avrebbe fatto? Come avrebbero reagito i circoli sapendo che una sola persona aveva tutto quel potere? Avrebbero combattuto per strapparglielo, questo era sicuro. Non avrebbe più avuto un attimo di pace.
"Se non sei con me, allora devi essere distrutta."
"Dume" gridò una voce femminile dal basso.
Era quella di Chare. Insieme a lei vi erano decine di albini, soldati comuni e lo stesso Darran. Anche Sefu, Rafi, Kwame e Dafina si erano uniti al gruppo.
Avanzavano sparpagliati per non dare un facile bersaglio a Dume.
"Maestro" aggiunse Chare. "So che sei una persona nobile e che non saresti capace di commettere simili atrocità. Ti prego, torna in te."
"Devo tornare in me? Sono forse un folle?" gridò Dume. "E Dafina alora? E Sefu? Hanno rovinato questa città con i loro intrighi, la loro meschinità."
"Dume, arrenditi" gridò Sefu. "Te lo chiedo in nome della nostra amicizia."
"Noi non siamo più amici."
Il titano di Dume colpì la torre spezzandola a metà. La parte superiore si piegò su se stessa e iniziò a precipitare.
Joyce si gettò in avanti e l'afferrò al volo, dando il tempo a chi si trovava sotto di allontanarsi.
Dume ne approfittò per aggirarla e colpirla alla schiena.
Joyce tenne tra le braccia il pezzo di torre e con una torsione sul bacino si voltò, scagliandola contro l'avversario.
Tonnellate di pietra esplosero contro la corazza del titano, sbilanciandolo all'indietro.
Dume gridò qualcosa e fece per allontanarsi.
Joyce si gettò su di lui sferrandogli calci e pugni nel tentativo di abbatterlo, ma ogni colpo non sembrava sortire l'effetto desiderato.
Il titano si limitava a incassare e indietreggiare.
Darran volò verso di lei e si appollaiò vicino alla cabina. Parlando attraverso la feritoia disse: "Questi mostri sono indistruttibili."
"Non credo" rispose Joyce. Sudava ed era tesa. I muscoli delle braccia e delle gambe le facevano male e anche la schiena gridava la sua indignazione per il trattamento che stava ricevendo. "Sono fatti di metallo e il metallo si può piegare e spezzare. Basta applicare la giusta forza nel punto giusto."
"Allora dicci cosa dobiamo fare."
Joyce non pensava di essere al comando, ma avere il controllo del titano la rendeva l'unica nella posizione adatta per contrastare Dume.
Non era abituata a dire agli altri che cosa dovevano fare. Di solito succedeva l'esatto contrario e spesso lei si ritrovava a disubbidire.
"Non lo so" disse d'istinto. "Non ho mai comandato nessuno, io."
"Dovevi pensarci prima di infilarti in questo coso" rispose Darran.
"Sefu ha un piano?"
"A parte trovare il modo di uccidere Dume prima che rada al suolo la città?"
"Nient'altro?"
"Siamo un po' a corto di idee se devo essere sincero."
"Deve esserci un modo" si disse Joyce.
Il titano di Dume si stava rialzando puntellandosi sulle possenti braccia. Tra poco la battaglia sarebbe ripresa e Joyce ancora non aveva idea di come fermarla.
Un'idea stava prendendo forma nella sua mente. Era solo un'intuizione, ma se era esatta...
"Darran" disse Joyce preparandosi all'attacco. "Cercherò di aprirti un varco nella corazza del titano."
"Vuoi che entri lì dentro?"
"Sì."
"E poi?"
"Deve esserci una pietra di attivazione all'interno. Trovala e distruggila."
"Tutto qui il tuo piano?"
"Se funziona vinceremo."
"E se non funziona?"
"Deve funzionare."
Il titano di Dume si preparò ad attaccare.
"Vai" urlò Joyce scagliandosi in avanti.
Darran volò via e sparì.
L'impatto tra i due titani fu tremendo. Joyce sentì prima lo schianto del metallo contro il metallo, poi lo stridore delle lamiere che si piegavano. Infine avvertì la forza dello scontro sulle sue ossa. Per un attimo pensò che si sarebbero spezzate, mai il suo corpo resse.
Chissà se Dume stava provando le stesse cose.
I due titani restarono avvinghiati in un abbraccio per alcuni secondi, poi Dume sollevò le braccia del suo e colpì Joyce alla schiena.
Lei ne approfittò per sottrarsi alla stretta e indietreggiare di un passo.
"Dove scappi?" urlò l'albino.
Joyce però non aveva alcuna voglia di scappare. Dopo aver fatto due passi indietro, si diede una spinta in avanti e colpì Dume al petto, piegando la corazza del titano.
Lui reagì colpendole il braccio. Il gomito si piegò in un angolo innaturale.
Joyce notò con orrore che la giuntura era stata piegata e spezzata e ora l'arto le pendeva al fianco.
"È finita" gridò Dume trionfante.
Joyce aveva ancora l'altro braccio e decise di usarlo. Attese che Dume si avvicinasse e lo colpì alla coscia destra, nel punto dove si congiungeva al bacino.
Aveva visto giusto.
Quello era un punto debole e cedette di schianto. La mano si fece strada all'interno del titano, scavandovi un grosso buco.
Dume gridò di rabbia e la colpì alla gamba destra, spaccandola.
Joyce cadde in ginocchio puntellandosi sul braccio sano.
Dume le fu subito addosso cercando di approfittarne. La tempestò di colpi al petto e alla testa.
Joyce sentì i pugni del titano colpire la cabina di controllo e temette che fosse finita.
Erano colpì così forti da farle battere i denti. Non si perse d'animo e con le ultime forze rimaste fece ruotare il titano sul bacino e sollevò il braccio ancora buono, colpendo il titano di Dume tra il collo e la spalla.
Ci fu uno schianto di metallo che l'assordò per qualche istante.
Dume concentrò i suoi colpi sul suo petto. Il metallo cedette di schianto e la corazza venne divelta.
Il titano di Joyce non aveva più alcuna protezione.
Dume usò la mano per scavare nell'intrico di tubi e travi che formava la parte interna del titano fino a trovare ciò che stava cercando.
La pietra d'attivazione.
L'afferrò con la mano d'acciaio e la strappò dall'alloggiamento.
Joyce sentì il titano piegarsi in due e afflosciarsi come un manichino senza vita. Senza la sua fonte di energia il titano non era altro che un ammasso di ferraglia inutile.
Sopra di se udì la risata trionfante di Dume che l'accompagnava nella caduta.
L'impatto fu forte ma non tremendo come si aspettava.
Quello che venne dopo fu peggio.
Il titano di Dume sollevò l'enorme gamba e pose il suo piede sulla cabina di controllo di Joyce, che iniziò a piegarsi sotto l'enorme peso.
Presa dal panico Joyce si liberò delle cinghie e cercò una via d'uscita.
Mentre il metallo cedeva tutto intorno a lei si accorse che la cabina si stava piegando su se stessa, intrappolandola.
Aveva appena lo spazio sufficiente per muoversi e anche quello stava diminuendo a vista d'occhio.
Tra poco sarebbe stata intrappolata.
A un tratto tutto sembrò fermarsi.
Joyce sentì il titano di Dume scricchiolare e poi lo vide piegarsi da un lato e precipitare al suolo senza vita.
Disperata si arrampicò per l'unica uscita della cabina di controllo e uscì all'aperto.
Una nube di pulviscolo sollevata dai due titani oscurava la vista di ciò che aveva attorno. Strisciò sulla cabina e si issò sopra di essa.
Dall'alto vide la torre crollata e il corpo del gigantesco titano che giaceva ai suoi piedi.
Alla fine i due mostri costruiti da Zanihf giacevano al suolo immobili.

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