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Autore: Yuphie_96    21/11/2017    1 recensioni
Dal Prologo:
L’uomo annuì, accarezzando un attimo la fronte del fagottino, poi si voltò nella direzione da dov’era venuto e si mise a correre per raggiungere la sala operatoria.
“Ah figliolo! Un attimo solo!”
L’uomo si voltò verso il padre.
“Come si chiama?”
Chiese l’anziano.
L’uomo sorrise.
“Amèlie”
E riprese a correre.
“Amèlie eh…”
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Nuovo personaggio | Coppie: Roy/Ed
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino di Robh: Ma buonasera.
Eccomi qui anche con il gesso alla gamba...anche se mi chiedo il perchè O.o.

Oh beh, ho la bicicletta e pedalo, quindi se c'è qualcuno, buona lettura <3.



Le parole che sentì Amèlie, una volta tornata dentro l’ufficio di Mustang, non l’aiutarono per niente a sentirsi meglio.
“Per i risultati degli esami ci vorranno una settimana, fino a quel giorno la signorina Amèlie resterà nella casa che vi ho messo a disposizione”
Dichiarò Roy, rivolgendosi direttamente a Ed.
“Non la voglio una spia in casa!”
“Fratellone!”
“Non sono una spia!”
Urlò ancora la ragazza, contro il biondo.
“Finché non so chi sei, per me resterai una spia o anche peggio, un homunculus!”
“Acciaio, ora basta!”
Ordinò, duramente, il colonello guardando i tre.
“Questi sono gli ordini Elric, se non ti stanno bene potrai sempre andare a lamentarti davanti alla corte marziale”
A quelle parole, Edward non poté ribattere niente e Roy, vedendo lo sguardo contrariato del giovane, addolcì il suo leggermente.
“Tu sei il primo a cercare qualcosa che per molti è un mito, qualcosa d’impossibile, quindi perché non credere a questa ragazza?”
“Lei non conosce il potere degli homunculus, finché gli esami non mi diranno chi è veramente non la voglio vicino a me o ad Al”
Mormorò a denti stretti, il biondo.
Roy sospirò, rivolgendo lo sguardo sulla castana, quella aveva gli occhi rivolti al pavimento, stanca anche di controbattere contro l’alchimista.
“Spero che almeno per te non ci sia problema ad andare con loro”
“No…”
“Durante il giorno, se vorrai uscire, sarai scortata dal sottotenente Havoc, così facciamo contento anche il nanetto”
“CHI SAREBBE IL FAGIOLINO COSì PICCOLO CHE SI PERDE PERFINO IN UN ORTO?!”
Scattò Edward, alzandosi addirittura sulla sedia per inveire contro il superiore, il tutto con il povero Alphonse che cercava di tirarlo giù, scusandosi ripetutamente con tutti i presenti.
“Sisi Acciaio, come vuoi, ora potete andare, tutti e tre”
Sottolineò Mustang.

E tutti e tre furono condotti in una casa abbastanza carina, a un piano, con un piccolo giardino sul davanti, ma soprattutto era abbastanza vicino al quartier generale da poterci arrivare anche a piedi dopo una piacevole camminata di dieci minuti.
All’interno i tre Elric si ritrovarono subito in un grande salone, la prima porta che trovarono sulla destra era una piccola cucina provista di stoviglie e pentole, le due porte infondo era due stanze semplici, con due letti in una e uno solo nell’altra, con un armadio e una scrivania, mentre l’ultima stanza, vicino alle due camere sulle sinistra era il bagno.
Edward poggiò un attimo la valigia sul tavolino al centro del salone per poter fissare Amèlie negli occhi.
“Mettiamo delle cose in chiaro, tu non mi piaci, esami o non esami”
Per la ragazza, quella, fu una grossa stoccata al cuore ma lasciò continuare l’altro.
“Ci saranno delle regole da rispettare in questa settimana, e la più importante è che dovrai stare in contatto con noi il meno possibile, vietato assolutamente entrare nella nostra stanza, ancora di meno quando non ci siamo, capito? Soprattutto ti terrò d’occhio, se sei in contatto con gli homunculus o sei una di loro, stai certa che in questa settimana lo scoprirò di certo”
“Non so nemmeno cosa sia questi homu-cosi, non me ne hai mai parlato prima d’ora”
Disse la ragazza, stringendosi le braccia al petto.
“Questo perché non ci conosciamo! Non ci siamo mai visti prima di oggi e prima la finirai con questa farsa, prima noi potremmo andarcene da Central!”
Detto questo, il biondo alchimista riprese la valigia per rinchiudersi in camera.
Amèlie si lasciò cadere sulla poltrona, portandosi le mani sugli occhi; Al, allarmato, iniziò a cercare una qualche sorta di fazzoletto.
“Non sto piangendo, ma grazie”
Chiarì la ragazza.
“Oh…scusa”
Mormorò l’armatura, sedendosi sul divano, davanti a lei.
“No…scusa tu, non avrei dovuto dire niente, avrei dovuto…non lo so, ma non questo”
“E cos’avresti fatto da sola, in una città che non conosci?”
“Non sai neppure quante volte mi sono arrangiata da sola”
Sorrise Amèlie, in modo amaro.
“Tutti gli Elric allora sono bravi a farlo”
“Tu…mi credi?”
“Sinceramente non lo so, però di una cosa sono sicuro. Solo mio fratello avrebbe potuto fare una cosa del genere”
Indicò l’orologio della ragazza, questa sorrise con gratitudine.
“Per me vale molto questa frase”
Le sembrò che l’armatura le sorrise di rimando, prima di venir chiamata a gran voce dal fratello in camera.

Anche Amèlie decise di andare in camera sua, dove si sedette sul letto per vederne la morbidezza e per togliersi le scarpe, decise poi di togliersi anche i jeans e le calze, slacciandosi poi il reggiseno e poggiando tutto all’interno dell’armadio, mettendosi infine sotto le coperte, addormentandosi quasi subito.
A occhi chiusi si promise che avrebbe seguito il suggerimento di Havoc, avrebbe aspettato che Ed riuscisse ad avere fiducia in lei.

Cosa per niente facile e per nulla scontata.

Il giorno dopo il suo arrivo nel mondo dei racconti di suo nonno, Amèlie si svegliò completamente sola in casa, i due fratelli erano già andati via, fortunatamente poco dopo arrivò Havoc, con in mano colazione e un sacchetto dove c’era dentro un vestito azzurro con un maglioncino bianco.
“Da parte del tenente Hawkeye”
Sorrise il biondo.
I due, dopo che la ragazza si era fatta una doccia veloce e cambiata con gli abiti nuovi, fecero colazione nella piccola cucina della casa. Il sottotenente chiese poi alla castana se le andasse di fare un salto in biblioteca, per sbirciare dei libri sulla fotografia di quel tempo, Amèlie ovviamente accettò entusiasta, stupendosi che il militare si ricordasse della sua passione per la fotografia.
Dai racconti dell’anziano Edward, Jean Havoc era un po’ un sempliciotto.
Le cose però, non andarono per niente come previsto, siccome beccarono i due fratelli all’entrata dell’edificio, appena Ed vide la castana andò su tutte le furie, iniziando ad urlandole contro mentre Al e Havoc cercavano di calmarlo.
Alla fine trovarono un accordo dopo aver telefonato al colonello, i due fratelli Elric sarebbero andati a cercare informazioni nella biblioteca dell’esercito mentre la signorina Elric, per non intralciare e non capitare di nuovo sulla strada dei due, sarebbe potuta andare a fare compere, visto che non poteva usare sempre i vestiti che le passava il tenente, facendo mettere tutto sul conto di Edward, perché Roy non era intenzionato a sborsare un soldo per colpa dei ‘capricci’ di acciaio.
Havoc così finì per fare il portapacchi, non tanto di vestiti, ma quanto di libri, specialmente sulla fotografia e sull’arte. Amèlie decise di comprare anche la cena, visto che rientrò solo la sera, ricevendo un ringraziamento da Al ma non da Ed che prese il suo piatto e se ne andò in camera.
La ragazza decise di non demordere ma i giorni seguenti passarono più o meno come il primo, che usciva o che restava a casa a leggere i libri che comprava con Havoc, Edward non la degnava di uno sguardo, anzi prima di mangiare guardava attentamente il piatto, come a domandare se Amèlie non l’avesse avvelenato, Alphonse chiedeva sempre scusa per il comportamento di suo fratello e lei mandava giù il magone che sentiva in gola a forza.
Fino al quarto giorno.

Anche quella sera aveva pensato lei alla cena, preparando lo stufato, sapendo che era uno dei piatti preferiti di suo nonno.
Quel ‘stai cercando di corrompermi per caso?’ detto con uno sguardo duro, fece traboccare il vaso della sua pazienza.
“Ascoltami bene, nano che non sei altro, perché lo dirò una volta sola!”
Sbottò Amèlie, sbattendo la padella sul tavolo, sporcando la tovaglia con lo stufato fuoriuscito.
“IO non volevo essere qui! NON ERA IN PROGRAMMA, che io fossi qui! In questo momento io dovrei essere alla cena settimanale con mia madre, programmata dal tribunale, al nostro solito ristorante thailandese, dove mi sarei abbuffata così tanto che domani avrei avuto la scusa perfetta per saltare la scuola, per poi alla fine venire a trovare TE allo spizio. Invece mi trovo QUA, con te che mi urli contro di essere una spia, un coso, un essere abominevole ma, caro fagiolino ti stai dimenticando una cosa essenziale. SEI STATO TU A PORTARMI QUI! NON DARE LA COLPA A ME PER QUELLO CHE HAI FATTO TU!”
Finì la ragazza, lasciando andare la pentola per andarsene in camera sua, sbattendo la porta.
Edward stava per aprir bocca, ma Al iniziò prima di lui.
“Amèlie ha ragione fratellone, la stai trattando male da quando è arrivata, dovresti trattarla con più riguardo visto che è della famiglia”
“Al non sai nemmeno se questa storia è vera!”
“Se invece di andarle contro ti fermassi per solo un secondo, ti accorgeresti che ti assomiglia più di quanto pensi!”
Ed sbuffò, prendendo una cucchiaiata di stufato per portarselo alla bocca.
Sgranò gli occhi, aveva un sapore squisito…proprio come quello che faceva Trisha quando loro erano bambini, ma solo loro e zia Pinako sapevano la ricetta che usava la donna.
“Vuoi davvero stare qui a mangiare?!”
Il biondo rialzò lo sguardo sul fratello, abbassando il cucchiaio.

Amèlie poteva conoscere quella ricetta solo in un modo…si alzò, sotto lo sguardo (?) compiaciuto di Al, e si diresse verso la stanza della castana.
“Che vuoi?!”
Urlò Amèlie, quando sentì bussare.
Ed, fuori dalla stanza, represse un’altrettanta risposta scortese siccome aveva già fatto abbastanza danni.
Aprì la porta ed entrò, trovando la ragazza raggomitolata sotto le coperte del suo letto, si andò a sedere vicino al suo corpo e, non sapendo bene cosa fare, alzò la mano artificiale e le pattò delicatamente quella che credeva essere la testa della castana.
“Ascolta…magari non sono stato proprio cortese-“
“Non proprio?”
“Va bene, diciamo pure che sono stato orribile nei tuoi confronti, però…cerca di capirmi, io e mio fratello siamo perseguitati da degli uomini pericolosi e non possiamo commettere errori falsi, tra cui fidarci di una ragazza che spunta davanti al quartier generale dicendo che io sono suo nonno, è una storia impossibile”
“Tu me ne hai raccontate tante di storie impossibili, io non ci ho mai creduto…fino ad ora”
Mormorò la ragazza, raggomitolandosi di più nelle coperte.
Edward stette in silenzio, fissando la porta da dov’era entrato.
“Chi ti ha dato quella ricetta dello stufato?”
Chiese, infine, il biondo.
Amèlie fece uscire gli occhi dalle coperte.
“Tu…me l’hai fatto la prima volta quando avevo cinque anni”
I due incrociarono gli occhi, l’oro si perse nel verde screziato e l’alchimista, per la prima volta, le accennò un sorriso.

La stampante faceva cadere delicatamente i fogli nella mano della giovane Amèlie, mentre suo padre era davanti a suo nonno.
“Devi capire, papà, che non puoi più stare da solo, la ragazza che abbiamo assunto adesso è al settimo mese di gravidanza e non può più correrti dietro, Amèlie tra alcuni mesi andrà alle superiori quindi anche lei non può più stare qua ogni giorno”
Disse Roy, con tono calmo, mentre prendeva i fogli della casa di riposo che avevano cercato lui e la figlia su internet.
“Quindi mi stai dicendo che sono un vecchio da buttare via, ahimè non posso darti torto, fa un po’ vedere”
Borbottò il vecchietto, strappando i fogli dalle mani del figlio, facendo sospirare quest’ultimo e ridere la nipote.
“Ma che razz-, L’ultimo-“


“-Respiro?! Mi ha davvero mandato in un posto con un nome del genere?! Figlio scellerato, mi voleva proprio male se mi ha mandato in un posto del genere!”
Urlò Edward, facendo ridere ancora di più la ragazza, stesa accanto a lui.
“Hai detto la stessa identica frase anche allora!”
Rise la castana.
Nonno e nipote, dopo una specie di tacito accordo, si erano sistemati meglio sul letto: Amèlie era rimasta sdraiata sotto le coperte, ma si era sistemata meglio, con la testa sul cuscino, Edward invece si era messo comodo, appoggiando la schiena alla testata del letto, stendendo le gambe vicino alla ragazza.
“E mi ci ha davvero mandato?”
“Si, e non era per niente un posto brutto alla fine, le infermiere erano davvero simpatiche e hanno smesso di rimproverarmi dopo un po’ che continuavo a farti visita fuori orario”
“Venivi anche fuori orario? Perché?”
“Perché s-eri mio nonno, la persona che mi stava più al cuore al mondo”
Disse la castana con naturalezza, poggiando la testa su una gamba del biondo.
Edward arrossì, grattandosi una guancia.
“Una volta sono rimasta a dormire lì sai? Era il giorno prima del mio compleanno, io ero venuta lo stesso, anche se era prevista una nevicata da record, infatti nevicò moltissimo e la notte i treni non riuscivano a partire, così la capo infermiera mi montò un lettino, era scomodissimo ma ero contenta lo stesso perché ero con te, mi hai rimboccata le coperte anche se non ero più una bambina e mi hai raccontato la mia storia preferita, il tuo incontro contro il colonello di fuoco, mi hai chiamato fagiolina e mi hai dato la buona notte, poi mi hai svegliata, a mezzanotte precisa e mi hai fatto esattamente il regalo che volevo da tanto, discutendo spesso con papà immagino”
“Cos’era?”
“Una macchina fotografica”
“Ti piace tanto la fotografia?”
“Da morire! Il giorno dopo sono uscita fuori a fare un sacco di fotografie della neve, quanto hai urlato per farmi rientrare, allora ho cominciato a fotografare te e anche lì mi hai rimproverata, non ti stava bene niente ma ho continuato a fotografarti, soprattutto gli occhi, li avevi bellissimi e li hai ancora”
“Ah! La smetti di dire cose imbarazzanti?!”
“Ehi, così siamo pari, tu dicevi spesso cose imbarazzanti a me!”
“Ah si?”
La sfidò Ed, puntellandole la guancia.
“Oh si, il primo giorno dell’elementari mi hai chiamata fagiolina davanti a tutti e da quel giorno tutti mi hanno presa in giro!”
“…Ops?... Ma come mai fagiolina?”
“Mi hai detto perché quando mi hai vista appena nata ero davvero piccolissima”
“Anche adesso, non è che sei altissima”
“Ha parlato lui”
Il biondo si stava già preparando ad una sfuriata ma Amèlie fu più svelta, alzò di scatto la testa e gli baciò la guancia, andando poi ad accucciarsi di nuovo sulla sua gamba.
Edward arrossì come un peperone.
“Non mi piace neanche a me il latte, sai? Lo sopporto solo un goccio nel thè e solo perché mamma me lo metteva sempre in segreto”
“Sai così tante cose di me…eppure io di te non so praticamente nulla”
“Non importa, a me va bene anche così, basta che mi sei vicino”
Mormorò la ragazza chiudendo gli occhi, il biondo iniziò a passarle l’auto-mail sui capelli e Amèlie sorrise. Ci era voluto un po’ perché Ed si fidasse di lei, ma ora le sembrava proprio come se fosse un giorno qualunque, dove lei era in compagnia di suo nonno…certo adesso con un po’ d’imbarazzo, visti i movimenti un po’ impacciati del ragazzo ma, la castana sperava, con il passare del tempo si sarebbe attenuato.
“Ehi nonno”
“Non chiamarmi così, mi fai sentire vecchio”
“Va bene”
Ridacchiò la ragazza.
“Posso farti una domanda?”
“Certo…basta che non si basi sulle nostre ricerche”
“Ancora non ti fidi?!”
“L’alchimia può essere un’arma a doppio taglio, una persona a me cara è morta perché sapeva troppo, quindi niente alchimia per te signorina”
“Okay…è intima però”
“Sentiamo”
Mormorò Ed, incuriosito.
“A te piace o stai con il colonello Mustang?”

Alphonse, che era rimasto in sala a ripulire il macello sul tavolo, sentì due urla e una serie di tonfi che lo fecero preoccupare, decise però di restare dov’era, se voleva che quei due legassero come dovevano allora doveva credere in suo fratello.

“Ma dico, ti sei ammattito?!”
Urlò Amèlie, tenendosi la testa dove mancava una ciocca di capelli, strappata dalla mano artificiale di Ed all’improvviso, dopo aver fatto la fatidica domanda.
“Io?! E tu invece?! Che razza di domande sono da fare?! Un…Un po’ di rispetto per gli anziani no?!”
Urlò lui di rimando, caduto dal letto e cercando di nascondersi sotto.
La ragazza alzò la coperta per guardarci sotto e vide il nonno che cercava di nascondere il viso.
“Hai la mia età adesso, non puoi usare quella scusa”
“Segreti di alchimista di stato allora!”
“Si, e io sono la regina Elisabetta d’Inghilterra”
“Chi?”
“Lascia stare”
Sospirò Amèlie, poi riprese.
“Mio padre si chiama Roy, esattamente come il colonello e la nonna-“
“Mi sono sposato?!”
“Beh…non proprio, storia lunga, comunque la nonna da giovane aveva dei lunghi capelli neri e gli occhi scuri, come la devo interpretare questa cosa?”
Mormorò appoggiando il mento sul parquet di legno.
Edward la guardò un secondo poi riabbassò la testa, facendo sorridere Amèlie.
“Senti non-Ed…hai detto che l’alchimia non è un argomento di cui poter parlare ma posso farti comunque una domanda inerente?”
“Peggio dell’altra non può essere, sentiamo”
“Riusciresti a farmi tornare indietro?”
Il biondo alzò la testa, rischiando di dare una testata e guardò la ragazza negli occhi, diventando serio dopo un momento di smarrimento.
“Ti prometto, Amèlie, che farò tutto quello che è in mio possesso per farti tornare nel tuo mondo, e non sono uno che fa le promesse a vuoto”
“Lo so”
“Che ci fate entrambi per terra?!”
Chiese Alphonse, entrato in quel momento, non sentendo più altri rumori giungere dalla camera.
Amèlie si alzò, poggiandosi sul materasso.
“Mi stava raccontando la storia del topolino dei denti secondo le vostre usanze”
Disse con nonchalance.
“CHI SAREBBE COSì PICCOLO CHE FAI COSì FATICA A DISTINGUERLO ANCHE DA UN TOPO DI CAMPAGNA!?”
“Tranquillo, tu saresti sicuramente un topolino di biblioteca”
“AMèLIE!”
L’armatura scoppiò a ridere, insieme alla castana, mentre Edward tentava, invano di uscire da sotto il letto per cantarne quattro a quei due.

   
 
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