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Autore: Nadja_Villain    23/11/2017    0 recensioni
Astrid non è un'eroina e non si aspetta che gli altri la acclamino come tale. Dopo la sua cattura, si troverà a scegliere tra due prigionie differenti: una gabbia in vibranio in fondo all'oceano o unirsi agli Avengers, sotto contratto vincolante. Una sola potrà costituire un'occasione per riscattarsi. Tra i battibecchi col Capitano e le esortazioni ambigue di Tony Stark, dovrà fare i conti con la minaccia di un sadico Dio degli Inganni, una coscienza ipercritica e le falle di un'infanzia dissacrata.
▸ Ambientazione e contesto:
Post battaglia di New York: Loki è fuggito senza lasciare tracce di sé. La Stark Tower si è tramutata nella dimora degli Avengers.
Post "Iron Man 3" - pre "Capitain America: The Winter Soldier"
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Neve e Cenere | Marvel

24 . Ordini dall'alto

 

Lo scudo si staccò dal tronco e sfrecciò nella direzione opposta da quella da cui era arrivato. Astrid si voltò per seguire il suo tragitto. Capitan America lo afferrò al volo. Era in borghese, niente tuta, ma lo stesso ad Astrid apparve come il miraggio luminescente che l'aveva fatta delirare attimi prima. Strabuzzò gli occhi, mentre lo vedeva avvicinarsi in corsa.

-Cap... sei davvero tu?

-Certo che sono io! - Rispose Steve, piegandosi sul corpo mezzo disteso della ragazza. Le prese il viso tra le mani per controllare se stesse bene, perché non sembrava totalmente in sé.

-Quanto ci hai messo?

-Scusa, ero sull'Oceano Indiano qualche ora fa. Non ero esattamente in condizioni di poter fare più in fretta.

-Sull'Oceano Indiano? Che caspita ci facevi sull'Oceano Indiano? Sei andato a farti un tuffo?

Steve non rispose all'ironia. Aveva gli occhi puntati sull'enorme chiazza di sangue sulla maglia di lei.

-Non è niente. È solo saltato qualche punto. - fece Astrid, cercando di rialzarsi, ma una smorfia la tradì vergognosamente.

Steve si tolse la giacca, la felpa. Le cedette quest'ultima perchè si coprisse e lei l'accettò volentieri perché si sentiva strana, tremava e le pizzicavano i piedi, i muscoli a contatto con la neve si stavano intorpidendo. Il calore intrappolato nel tessuto le diede un immediato sollievo.

-Avanti, ti tengo io. Forza. Ma dobbiamo correre.

Steve si mise un suo braccio in spalla e la sollevò come un fuscello.

-Aspetta, lo scettro!

Si misero a correre, per quando Astrid riuscisse a fingere di non sentire il suo corpo dilaniarsi in due dal dolore. Si reggeva alle spalle forti, stringendo lo scettro in una mano e cercando di non sparare troppi vocaboli poco eleganti nell'orecchio sensibile del Capitano. Si chiese dove fosse finito Loki, non poteva essersi arreso così. D'un tratto, tra le fronde intrecciate si disperse una risata sardonica. Astrid si voltò all'indietro, ma non vide nessuno.

-Che c'è?

-Hai sentito?

Steve alzò lo sguardo in lontananza.

-Sì. Tra poco saranno qui. Sbrighiamoci.

Raggiunsero la motocicletta parcheggiata malamente dietro un rovo. Steve doveva averla abbandonata al volo per non farsi sentire. La raddrizzò nel senso inverso, ci salì sopra e la mise in moto. Astrid salì dietro. Un elicottero passò sulle loro teste perturbando la quiete delle fronde spoglie.
Steve accelerò, le ruote spinsero la neve e la terra in un turbine alle loro spalle. Sfrecciarono nel bosco, rimbalzando sulle dune, schivando i tronchi e gli arbusti. La ruota posteriore slittò alla curva di una strada sterrata che portava in centro città.

-Dove stiamo andando?? - Urlò Astrid nel vento.

Steve non rispose alla domanda. Guardava di continuo lo specchietto, aspettandosi di scorgere qualcuno dietro di loro. Provò a cambiare corsia, accelerò, ma nessuna delle auto in corsa alle loro spalle sembrava intenzionato a pedinarli. Dopo una decina di chilometri, svoltò e scesero verso una stradina secondaria. Si fermarono davanti ad un magazzino abbandonato. Astrid non gli chiese che cosa stessero facendo lì, ma quello sguardo torvo cominciò ad influenzarla. Steve capì di doverle una spiegazione.

-Mi chiedo perché non ci stiano inseguendo.

-Non è meglio così?

-No. È insolito e non promette nulla di buono.

-Forse non ci hanno visti.

-Riesci a scendere?

Astrid si aggrappò alle spalle del ragazzo e scavalcò, trattenendo il respiro. Si sedette ad una barriera jersey dimenticata in un angolo. Anche Steve scese. Notò la mano che Astrid aveva posato inconsciamente sul ventre.

-Non posso portarti in ospedale. Non ora. - disse, forse per scusarsi. Astrid lo guardò storto. - Hai bisogno di cure.

-Mi serve solo una fasciatura, tutto qui.

-Avresti dovuto cambiarla quando eri a casa, così non ti sarebbero saltati i punti.

-Mi sono dimenticata.

-No, non ti sei dimenticata. L'hai fatto di proposito.

-Che cosa vuoi insinuare? Che mi piace andarmene in giro in brandelli?

Steve macinò un commento sprezzante tra le labbra.

-Che cosa c'è?

-Finchè eri moribonda ti sono servito e poi hai dimenticato ogni sforzo che ho fatto per mantenerti in vita. Ma a te non importa, t'importa solo di te stessa e dell'impressione che devi fare sugli altri. Solo il fatto di mostrarti vulnerabile ti fa andare fuori di testa. È per questo che ti sei lasciata convincere da Loki e mi hai scavalcato di nuovo. Devi far vedere che sei più furba di tutti.

Astrid voltò lo sguardo da un'altra parte per non rispondere. Sbuffò dalle narici.

-Quindi è così? Mi hai mentito. Anche quando ti ho chiesto ti essere sincera lo hai fatto.

-Ancora con questa storia... - Brontolò lei.

-È sempre questa storia! Perché sei tu, è più forte di te! Non riesci mai a fare quello che ti dico! Mi piacerebbe che tu mi spiegassi perché, per quante volte io cerchi di salvarti, tu trovi sempre il modo per rimetterti in pericolo!

-Sono punti di vista. Io non la vedo così. Volevo raggiungervi, ho solo trovato una via d'uscita e l'ho seguita. Non farne una questione personale.

-Non è solo una questione personale, poteva succederti di tutto. Non puoi fidarti di Loki. Lo hai visto anche tu, ti stava...

-Mi ha salvato! Per ben tre volte! Quando sono arrivati quei soldati in casa mia e non ero più capace di muovermi, un uomo mi ha puntato una pistola contro la tempia e Loki lo ha fatto fuori! Di nuovo, in quella specie di laboratorio diretto dal tuo amato Fury, c'era uno scienziato psicopatico che voleva torturarmi e Loki si è presentato proprio prima che mi trasformasse in un automa! E la terza volta, quando mi sono trovata bloccata in un condotto dell'aria, lui era lì, mi ha tirato fuori! Come la vedi tu?!

-Dannazione, ragiona un momento! Uno come Loki non ti salva per un dovere morale, ma perché vuole qualcosa in cambio! Hai quasi ucciso Stark per colpa sua! Si può sapere che cosa ti serve per capire che è pericoloso?!

-Anch'io sono pericolosa. Anche tu lo sei. Lo siamo tutti.

-Ma lui è imprevedibile, è spietato! E non agisce per proteggere qualcuno che gli sta a cuore! Lui non rischierebbe la vita per una persona che ama, non impazzirebbe per stare dietro ad una pazza con istinti suicidi ed evidenti problemi di udito nonostante ci tenga! E io sono stanco di farti da balia, sono stanco di rimediare ai tuoi errori, sono stanco di patire le pene dell'inferno per te!

-E chi ti ha mai chiesto niente?

Steve non credeva alle sue orecchie. Si passò una mano sulla bocca per evitare di sbottare ulteriormente.

-Non te ne rendi nemmeno conto...

-Di cosa?

-Della gente che tiene a te, ecco di cosa! Non te ne frega niente di me, di Natasha... E di tutti gli altri! Ti importa solo... di Stark! - Sputò l'ultima frase lanciando un calcio al suolo, dal quale si sollevò una nuvola di polvere. Si spalmò i palmi sul viso. Poi, mani suoi fianchi, sguardo tra i piedi, sospirò pesantemente. - Adesso andiamo a casa. Ti dai una ripulita e ti medico. Di nuovo.

Astrid abbassò lo sguardo, mentre collezionava l'ennesima figura da stronza egoista. L'aveva fatto di nuovo. Questa volta però con la persona che se lo meritava di meno. Doveva farsi perdonare, fargli capire che le dispiaceva di essere una tale imbecille da trattare chiunque con sufficienza. Soprattutto lui, che aveva davvero fatto qualsiasi cosa e lei non le aveva mai mostrato uno straccio di gratitudine.
Steve si voltò di nuovo verso il suo volto, sforzandosi di rassegnarsi a quella situazione, al carattere complicato di quella creatura che aveva il potere incredibile di distruggere qualsiasi cosa e a tutto ciò che sarebbe successo di conseguenza. Gli toccava accettarla per com'era. Quando si voltò, tuttavia, accadde qualcosa di inaspettato. Diventò tutto un pezzo di ghiaccio. Le sue dita erano arrivate alla vita di lei senza nemmeno sapere come. Le braccia di lei gli cingevano il collo, le labbra di lei gli stampavano un bacio leggero sulla guancia.

-Grazie. - Disse Astrid, mentre lo stringeva.

Steve annuì imbarazzato.

-Torniamo a casa.

-Sì. - Rispose lei, senza però allontanarsi. Ci rimase ancora un po' avvinghiata a lui. Scoprì che le faceva bene. - Spero che valga come pace perchè credo che sia appena saltato anche l'ultimo punto.

***

-Odio queste scale. Me le sogno di notte. - Sbuffò Astrid incespicando all'entrata del condominio. Si appoggiava allo scettro, a cui avevano coperto la gemma con un sacchetto di carta per non dare nell'occhio. Almeno era utile a qualcosa di buono.

-Vuoi che ti prenda in braccio? - Propose Steve scherzando, sebbene lo avrebbe fatto sul serio.

-Vuoi che la mia dignità vada definitivamente a farsi fottere?

-Non ci sarebbe niente di male.

-Preferisco soffrire in silenzio.

-Allora evita di lamentarti. - Fece lui, qualche gradino più in alto, schernendola amichevolmente con un sorrisetto malandrino.

Astrid lo fulminò. Si staccò dal portone e si appropinquò verso lo scorrimano, masticando un'imprecazione.

-Ti ho capito, sai? Reciti la parte santarellino, ma sotto sotto sei uno stronzo anche tu... - Concentrata sui gradini, si scontrò contro un muro umano: Steve si era fermato senza avvisare. - Ehi!

Il Capitano voltò il capo e una mano verso di lei per fermarla, lo sguardo fisso verso il piano superiore dal quale rimbombava una voce femminile.

-Aspetta.

-Che c'è?

Astrid si alzò sulle punte per guardare. Una ragazza con un cestino di plastica tra le braccia stracolmo di panni da lavare, la spalla a tenere fermo il telefono all'orecchio, dondolava davanti alla porta di un appartamento che doveva essere il suo.

-È la mia vicina.

-Abbiamo paura delle vicine adesso?

-Non dobbiamo farci scoprire.

-È carina però.

-Tu dici?

-Sì. Se ti piacciono le bionde... Ha un gran bel culo. - Fece lei per punzecchiarlo.

Steve non riuscì a trattenere una smorfia sprezzante. Per un momento sentì parlare Stark.

-Faccio finta di non aver sentito.

-Perché? Non posso dire che ha un gran bel culo? Oh... Ti ho scandalizzato? Benvenuto nel 2014, Capitan America! Dal '45 la sessualità si è aperta a nuovi orizzonti.

-Non voglio più parlare di questo argomento, né dopo, né mai.

-Gesù... Non dirmi che sei uno di quei bigotti cattolici che vanno in chiesa tutte le domeniche e pregano prima di andare a dormire.

-Perché, tu non lo fai? - Fece lui con tono provocatorio.

-Ancora credi in un dio dopo tutto quello che hai visto?

-È proprio per quello che ho visto che prego che ci sia ancora un dio da qualche parte. Mettiti il cappuccio. Non farti riconoscere.

-Perché? Non vuoi farti vedere con un'altra davanti a lei?

-Dovresti esserti resa conto che da qualche mese il tuo volto è famoso quanto il mio.

-Se vuole un autografo glielo faccio volentieri.

Steve fece un respiro profondo per non perdere le staffe.

-Ufficialmente non dovresti trovarti qui. E io sto tradendo lo SHIELD. Quindi mettiti il cappuccio e non fiatare.

-Va bene, va bene. - Brontolò Astrid. Si richiuse nel cappuccio, sistemò qualche ciuffo di capelli davanti alla faccia. Salirono le scale.

-Ora ti devo lasciare... Va bene, ciao. - La vicina riattaccò. Rispose al saluto di Steve con un sorrisone. Poi si sentì in dovere di giustificarsi. - Mia zia... Soffre di insonnia. - Abbozzò una risata.

-Che cosa interessante. - Mugugnò Astrid tra i denti. Steve censurò il commento superando la sua voce.

-Ehy, emh... Sei vuoi... puoi usare la mia lavatrice. Costa meno di quella nel seminterrato.

-Ah, sì? - La bionda reclinò la testa da un lato. Aveva un sorriso dolce e gli occhi buoni. - Quanto costa?

-Un buon caffè?

Stavano amoreggiando spudoratamente ignorando la presenza della terza incomoda. Astrid provò la stessa sensazione di pesantezza che ti assale quando ti abbuffi di qualcosa di troppo dolce, quel groppone nello stomaco che ti fa pentire per il resto della giornata di essere stato tanto ingordo.

-Capitano... - Sussurrò Astrid alle sue spalle. Finse di tossire. - Mi sta venendo il diabete.

-Stai zitta. - La ammonì lui ventriloquo.

La vicina alzò un dito verso la ragazza. Strizzò le palpebre come per mettere a fuoco un ricordo.

-Ma tu sei...?

-Dobbiamo andare. Ci vediamo.

Steve afferrò un braccio di Astrid e la trascinò verso il suo appartamento.

-Certo che vi vedrete, abitate sullo stesso piano!

Appena furono dentro, la porta chiusa, Steve la spinse contro il muro con rabbia.

-Tu non riesci proprio a stare buona?!

-Ti piace, vero? - Lo stuzzicò lei.

-Io... Cosa...?!

-Sei una frana a flirtare.

-No, non è vero.

-Sì, lo sei!

Astrid si mise una mano davanti alla bocca per non ridergli sguaiatamente in faccia. Diede attenzione al canto della tromba che risuonava nel salone, proveniente dallo stereo che Steve doveva aver lasciato acceso.

-Capitano, mi sa che devi aggiornare la playlist!

Steve drizzò le orecchie. Era diventato serissimo.

-Non l'ho nemmeno acceso oggi...

Lentamente, con il suo scudo al braccio, il Capitano si incamminò verso il salone, seguendo la parete con la spalla. Poi, arrivato all'angolo, si appoggiò al muro, parzialmente sollevato.

-Non ricordo di averti dato le chiavi.

-Credi davvero che mi servano? - Fece la voce di Fury. Astrid sentì una stretta allo stomaco. - Mia moglie... mi ha cacciato via.

-Perché? Sei sposato?

-Ci sono parecchie cose che non sai di me.

-Lo so, Nick. È questo il problema.

Steve fece un passo avanti, accese la luce, ma ciò che vide lo fece bloccare su due piedi. Astrid si affacciò dall'angolino, dietro la schiena di Steve che la nascondeva. Riuscì a scorgere un Nicholas Fury sofferente che digitava tutto curvo sul touch-screen di un palmare. Egli lo voltò verso di loro. Una scritta si illuminava al centro:

"ORECCHIE OVUNQUE"

Steve si guardò attorno come se potesse scorgere le cimici che tappezzavano l'appartamento. Amareggiato, si trovò costretto a realizzare che niente di ciò che era successo in casa sua quella mattina non era stato affatto segreto.

-Mi dispiace di essere venuto qui, ma non sapevo proprio dove passare la notte. - Continuò Fury, mostrando un altro messaggio.

"SHIELD COMPROMESSO"

-Spero solo di non essere di disturbo per la tua amica.

Steve si irrigidì in un inconscio meccanismo di difesa. Strinse lo scudo.

-Non c'è più bisogno che vi nascondiate a me.

-Non so di cosa parli.

-Non sei bravo a mentire, Rogers.

"SULLIVAN È QUI"

Steve si voltò verso Astrid, ancora abbastanza confuso. Le disse con gli occhi che poteva mostrarsi, ormai non erano più un segreto. Quella sbucò titubante, come una bambina consapevole di aver combinato un grosso guaio.

-Da quanto tempo sai di noi?

-Abbastanza a lungo da potervi concedere un po' di libertà.

Astrid e Steve si lanciarono un'occhiata d'intesa. Ecco il motivo per cui nessuno li aveva inseguiti. Era stato Fury a ritirare la squadra di agenti incaricati.

-Perchè non hai detto niente?

"ORDINI DALL'ALTO"

-Ho pensato che vi meritaste la vostra privacy.

-Chi altri sa di tua moglie?

Fury si alzò in piedi. Sembrava camminare male, si teneva un fianco, come un superstite da un combattimento.

"VOI E IO"

-Solo... i miei amici.

-È questo che siamo? - Ribatté Steve rigido. Dovevano avere una questione in sospeso.

-Dipende da te. - Rispose Fury.

Non aggiunse altro perchè proprio in quel momento un razzo trapassò il muro e il petto del Comandante già ferito, poi un altro e un altro, a raffica. Fury si trovò a terra agonizzante.

Steve lo trascinò all'ingresso. Astrid era saltata dall'altra parte della stanza quando il primo bussolotto l'aveva sfiorata. Guardò Steve che scambiò l'occhiata prima che Fury aprisse il palmo per affidargli quella che sembrava una chiavetta USB.

-Non... fidarti... di nessuno.

Un secondo dopo, la porta venne sfondata. Da dietro la libreria, spuntò la vicina bionda impugnando una pistola a puntatore laser.

-Capitano! Sono l'agente 13, Squadra Speciale dello SHIELD.

-Chi? - Domandò uno Steve sempre più sconcertato e disorientato. Cercò lo sguardo si Astrid, la quale era distratta, guardava fuori dalla finestra.

-Ho l'ordine di proteggerti.

-Ordine di chi?!

-Suo.

La bionda si chinò verso il corpo di Fury disteso sul pavimento. Controllò il battito. Poi tirò fuori una ricetrasmittente dal pigiama, lo avvicinò alla bocca e con voce seriosa, mandò un messaggio alla squadra che doveva essere in posizione nei paraggi.

Steve cercò Astrid con gli occhi. Era sparita dall'ultimo posto in cui l'aveva lasciata. La finestra era spalancata. Si affacciò e la vide saltare e arrampicarsi sulla facciata dell'edificio di fronte con l'agilità di un gatto. Come fosse riuscita ad arrivarci, non gli era chiaro, ma non poteva lasciarla andare da sola. Afferrò lo scudo, prese la rincorsa e si fiondò dalla finestra, sfondando perfettamente quella dell'edificio mirato. La seguì attraverso i corridoi degli uffici, mentre lei correva parallelamente sui tetti, saltando sui muriccioli, scivolando sotto le barriere, schivando i camini. Il rumore che combinava il Capitano sotto i suoi piedi per sfondare le pareti in cartongesso, la spronava a non fermarsi, sebbene le gambe dell'uomo che stava facendo mangiare la polvere ad entrambi, spingessero più delle sue cedenti.

Quando si rese conto di averli alle calcagna, l'attentatore si lanciò dietro le spalle una manciata di sfere metalliche che rotolarono e raggiunsero i piedi di Astrid, la quale invece di frenare si gettò in avanti, mentre le microbombe esplodevano. Approfittando della propulsione dello scoppio, saltò dal terrazzo dal quale era balzato poco prima il terrorista mascherato. E mentre il suo corpo ancora galleggiava in aria, seguendo il moto della parabola, vide una macchia blu che la sorpassò sotto i suoi piedi e per poco non gli cadde addosso. Atterrò con una capriola giusto in tempo per vedere la mano metallica afferrare al volo lo scudo del Capitano. Una chioma di capelli scuri e malmessi, una maschera nera che copriva il volto dal naso al mento, un paio di occhi grigi e agghiaccianti, cerchiati da pittura nera sbiadita e un braccio bionico con una stella rossa timbrata sulla spalla...

Ritornò indietro, lo scudo, dritto contro gli addominali del proprietario che slittò all'indietro per la forza con cui gli era stato rilanciato. Astrid si alzò per inseguirlo ancora, appena lo vide saltare, ma quando si affacciò verso le strade, dell'uomo dal braccio d'argento non c'era più traccia. Il Capitano la raggiunse e constatò la medesima delusione frustrante. Poi la tirò giù dal bordo con uno strattone.

-Che ti è saltato in testa?! Che cosa pensavi di fare da sola, eh?! Ti rendi conto di in che condizioni sei?! Perchè diavolo non mi hai detto subito che avevi visto qualcuno?! Mi rispondi?! Hey, sto parlando con te!

Astrid sembrava persa. Non stava ribattendo, non stava giustificando alcun atto impulsivo. La sua attenzione era puntata verso il vuoto, in mezzo al paesaggio serale del quartiere, le strade illuminate dai lampioni, vuote, silenziose, statiche. Non stava parlando, non sapeva come spiegarlo nemmeno a sé stessa. Aveva solo intravisto un dettaglio che aveva sognato quando era quasi stata sul punto di non ritorno. Un dettaglio che aveva catturato la sua mente e aveva acceso la lampadina di una stanza rimasta al buio per dieci lunghi anni di amnesia. La sua lingua non era connessa al cervello per potersi difendere dalla rabbia del Capitano, il quale la guardava senza capire che cosa le stesse prendendo. Mentre il suo corpo straziato si afflosciò a terra e lei si ritrovò pancia in su ad annaspare, gli occhi puntati tra cielo buio e il volto corrucciato del Capitano, tutto ciò che riuscì ad articolare fu una sola breve affermazione di cui ancora si stava convincendo.

-Io, quello, lo conosco.

   
 
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