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Autore: bik90    23/11/2017    3 recensioni
-Le migliori amiche non fanno sesso!-
Clarke si passò una mano tra i capelli abbassando lo sguardo.
-E' complicato- rispose semplicemente.
-Complicato?- ripeté Sofia.
L'altra non rispose e la ragazza sbuffò allontanandosi da lei. Clarke, allora, le afferrò il braccio per fermarla.
-A te cosa importa di quello che faccio con Diana?- le soffiò a pochi centimetri dalle labbra.
Sofia deglutì a vuoto prima di trovare la forza di divincolarsi dalla sua presa.
-Perché mi piaci, idiota!-
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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<< Okay, siamo calmi. Tra poco la incontriamo. Fa un respiro profondo insieme a me, Adele, e ripeti “andrà tutto bene” >>.
Sua moglie scoppiò a ridere nel vederlo così agitato. Nemmeno al suo primo concerto era teso in quel modo.
<< Calmati Philip, non c’è nulla che possa andare storto! >>.
<< Ecco, l’hai detto! Quante volte ti ho detto di non farlo? >>.
<< Fare cosa? >>.
<< Sssh, non ne parliamo più. Ho sentito dei passi. Sicuramente sono loro >>.
Adele strinse la mano del marito e si sedettero intorno al tavolo che era stato assegnato loro per il primo colloquio. Anche se cercava di sdrammatizzare, sentiva la stessa agitazione di Philip. C’erano voluti sei mesi prima di poter ottenere una visita, non era stato per niente facile. Ma se si è decisi, il tempo è davvero l’ultimo dei problemi. La porta si spalancò e, accompagnata da una signora corpulenta e dalla carnagione scura, venne avanti una bambina di circa otto anni. Era spettinata, magra, con degli abiti nettamente troppo grandi per lei, ma, nell’incontrare quei grandi occhi azzurri, Adele pensò che ne era davvero valsa la pena aspettare e pregare che andasse tutto bene. Era bellissima.
<< Siediti qui >> disse la signora indicando alla bambina una sedia.
Immediatamente ubbidì senza profanare parola << Loro sono il signore e la signora Melbourne. Come si dice? >>.
<< Buon pomeriggio >> salutò la bambina con voce atona e senza guardare nessuno dei due.
<< Comportati bene, io torno più tardi >>.
Detto si allontanò lasciando al trio un minimo di riservatezza. Philip gettò un’ultima occhiata intorno prima di concentrarsi unicamente sulla piccola che gli stava davanti. C’erano altri cinque tavoli nella stanza, ognuno occupato da un bambino e una coppia diversi. Ognuno parlava pacatamente per non disturbare gli altri. Alle pareti erano appesi diversi disegni infantili che avrebbero dovuto mettere allegria ma che, invece, sortivano l’effetto contrario.
<< Ciao >> iniziò l’uomo leggermente imbarazzato mentre involontariamente andava a cercare la mano della moglie << Puoi chiamarci solo Philip e Adele, va bene? Signor Melbourne sa troppo di vecchio, non trovi? >>.
La bambina si limitò ad annuire continuando a tenere lo sguardo basso.
<< Mentre aspettavamo, ti abbiamo preso una cioccolata calda alla macchinetta >> disse Adele avvicinandole il bicchiere di plastica << Ti piace il cioccolato? Di solito piace a tutti i bambini >>.
Con la coda dell’occhio cercò il supporto di Philip per verificare che si stesse muovendo bene. Adesso che erano lì, si sentiva terribilmente tesa e la paura di dire o fare qualcosa di sbagliato erano molto forti. Ora che era così vicina a lei, la osservò meglio. Aveva un’ecchimosi sotto il collo e diversi graffi sulle mani, le unghie mangiate forse per il nervosismo. Si ritrovò a pensare che avrebbe potuto comprarle qualcosa della sua taglia, qualcosa che le stesse bene e che potesse tenerla al caldo ora che l’inverno era alle porte.
Per la prima volta la bambina sollevò gli occhi per guardare la donna che aveva parlato senza paura, senza esitazione, quasi con sfida. E Adele credette di perdersi in quell’oceano in tempesta. Invece di ringraziare o di rifiutare come si sarebbero aspettati entrambi i coniugi, la bambina scattò in avanti protendendosi sul tavolo e scagliò il bicchiere integro contro Adele. Il contenuto le si rovesciò addosso facendola sobbalzare per il dolore e la sorpresa.
<< Non voglio un cazzo di niente da voi, non voglio niente da nessuno! >> urlò saltando sul tavolo e poi per terra.
Iniziò a correre verso la porta mentre Philip ancora doveva capire cosa fosse successo.
<< Clarke! >> urlò la donna che l’aveva accompagnata muovendosi per fermarla.
In un solo attimo si era scatenato un enorme trambusto. I bambini più piccoli, spaventati da quello che stava accadendo, iniziarono a piangere e a cercare un rifugio sicuro mentre i più turbolenti ne approfittarono per creare altra confusione. Clarke era quasi arrivata alla porta, ma, prima che potesse aprirla, la donna la fermò afferrandola per un polso e bloccandola.
<< Lasciami cicciona, lasciami! >> urlò la bambina divincolandosi dalla sua presa con un tale furore da parere impossibile che avesse solo otto anni << Ho detto di lasciarmi schifosa grassona! >>.
La donna le diede un sonoro schiaffo in pieno viso che, però, non servì a placarla. Vedendo la scena, Philip e Adele accorsero sconvolti anche loro da quello che avevano visto.
<< Ma che sta facendo, non si picchiano i bambini! >> esclamò Adele cercando di proteggere col suo corpo Clarke.
<< Signora Melbourne per favore si faccia da parte >> disse l’altra bloccando a terra la bambina e attivando una chiamata col suo cellulare.
Senza che nessuno parlasse, in pochi attimi arrivarono altri due uomini che sollevarono di peso Clarke per portarla fuori.
<< Fermi, tutto questo non è sicuramente legale! >> urlò Adele guardando il marito.
Finalmente libera, la donna si voltò verso entrambi.
<< Mi spiace per questo increscioso incidente, credo che dovremmo rimandare a un altro giorno >> si voltò verso gli altri presenti nella stanza << Per oggi abbiamo concluso. Bambini recatevi nel dormitorio in silenzio e ordinatamente dopo aver salutato gli adulti >>.
Sotto gli occhi di tutti, i bambini ubbidirono.
 
<< Questa cosa non ha senso, se ne rende conto? >> esclamò Philip << Noi vogliamo capire cosa è successo, non sentirci ripetere delle scuse! >>.
Il direttore si mosse leggermente a disagio sulla sedia e guardò la donna che lo aveva informato di tutta la situazione. Era un’assistente sociale vecchio stampo, di quelle che quando c’è da piegare, piegano senza problemi. E quella bambina era una che non si piegava facilmente, nemmeno con lei. Due anni nella sua struttura e a malapena l’aveva sentita parlare senza che dalla sua bocca uscissero parolacce. Non era per niente facile da gestire.
<< Allora? >> incalzò Adele per avere delle risposte << Parlateci di lei, è successo qualcos’altro oltre a quello che sappiamo? È seguita da uno psicologo? Se sì, cosa dice? >>.
L’uomo gettò una veloce occhiata al fascicolo che aveva sulla scrivania e fece un respiro profondo. Congedò educatamente l’assistente sociale e per la seconda volta invitò i coniugi Melbourne a sedersi. L’uomo rifiutò mentre la moglie si sedette e fece un paio di respiri.
<< Allora? >> continuò Philip.
<< Signori Melbourne >> iniziò << La situazione di Clarke è alquanto… complicata. La bambina non è esattamente… affabile. Abbiamo pensato che, vedendo due persone interessate a lei, il suo atteggiamento sarebbe potuto cambiare in positivo. Evidentemente mi sbagliavo e sono davvero desolato per quello che è successo. Clarke… non è evidentemente pronta per essere adottata. Mi dispiace. Entro domani vi farò avere il modulo per… >>.
<< Noi non ci stiamo tirando indietro >> lo interruppe Adele << Vogliamo solo capire come prenderla. Non le piace la cioccolata? Va bene, non gliene offriremo più. Ma non vogliamo sbagliare. Io credo che quello a cui abbiamo assistito oggi sia solo una grande richiesta di amore >>.
Philip poggiò entrambe le mani sulle spalle della moglie come se volesse farle capire che la pensava esattamente come lei.
Il direttore si grattò la testa.
<< Sarebbe bello se ci fossero davvero molte più coppie come voi >> disse rasserenato da quella dichiarazione << Ma io, come gli altri, non posso aiutarvi. Oltre a quello che c’è scritto sulla sua scheda, non sappiamo altro di quella bambina. In due anni non ha mai parlato con nessuno. Quelle poche volte che ha rivolto la parola a uno dei miei collaboratori non è stata esattamente… >>.
Lasciò la frase a metà sapendo che marito e moglie avessero compreso.
La donna sgranò gli occhi sorpresa da quelle parole. Com’era possibile che una bambina di sei anni non avesse sentito il bisogno di parlare, raccontare qualcosa a chi le stava intorno? La rivide con quello sguardo duro e sprezzante e si chiese cosa mai le fosse capitato. Aveva letto che la madre era una tossicodipendente morta di overdose in casa e che era stata ritrovata solo due giorni dopo. A vegliare il suo corpo per tutto quel tempo, c’era stata la figlia che poi era passata in mano ai servizi sociali e subito dopo era finita in quella struttura. Strinse una mano di suo marito e lo guardò. Clarke aveva bisogno di loro, ora più che mai ne era convinta.
<< Quando possiamo rivederla? >>.
 
Il cellulare squillava da un po’ mentre Clarke si affannava a cercarlo tra le lenzuola del suo letto. Luthor abbaiò per aiutarla.
<< Luthor ti prego, non adesso >> disse con voce ancora impastata di sonno.
Alla fine riuscì a trovarlo. Prima di attivare la conversazione gettò una veloce occhiata all’ora. Erano trascorse già le undici.
<< Pronto? >>.
<< Clarke finalmente! >> esclamò suo padre non riuscendo a nascondere una nota di sollievo nel sentire la sua voce.
<< Papà! >> rispose la ragazza mettendosi seduta sul letto. Quel movimento brusco le fece avere un giramento di testa << Ma che ore sono da te? >>.
<< Le due e un quarto, sto per andare a letto >> risponde l’uomo << Pensavo che, chiamandoti alle undici di mattina, ti avrei trovata sveglia >>.
<< Ehm… >>.
<< Sei andata a bere ieri sera con Diana, vero? >>.
<< Forse… >>.
<< Clarke! >> disse Philip fintamente spazientito << Hai fatto benissimo. Salutamela oggi, so che sicuramente vi rivedrete >>.
Clarke sorrise. Suo padre era così e lei lo adorava per questo.
<< Consideralo fatto! >> rispose << Com’è andata a San Diego? >>.
<< Ho appena terminato, sono stanchissimo >>.
<< Immagino, ti hanno chiesto il bis? >>.
<< Come da copione. Un signore alla fine mi ha chiesto di fare una foto col figlio che sta imparando ora a suonare il pianoforte >>.
<< Cucciolo! >> esclamò Clarke ricordandosi le sensazioni positive che l’uomo e la sua musica le avevano donato << Sono così contenta per te >>.
<< Io sono contento se anche tu lo sei >>.
E sua figlia sapeva che quella frase non era stata detta giusto per riempire un vuoto o un silenzio. Quelle parole erano vere come era vera la persona che le aveva pronunciate.
<< Ti voglio bene, papà >> disse invece Clarke.
<< Anche io, non sai quanto >> rispose l’uomo << Riposati e divertiti finché puoi perché dopodomani inizia la scuola e questa volta… >>.
<< Ti prometto che non mi farò bocciare di nuovo >> lo interruppe la ragazza.
Philip sorrise. Ormai sapeva bene quando sua figlia era seria e quando no. Adesso lo era.
<< Brava. Era quello che volevo sentirti dire >>.
Sbadigliò e quel suono non sfuggì alle orecchie di Clarke.
<< Vai a dormire, domani sicuramente ti aspetterà la conferenza >>.
<< Le solite cose del mestiere >> disse Philip.
<< Buonanotte allora >>.
<< Ci vediamo tra qualche mese >>.
<< Non vedo l’ora! >>.
<< Ah, Clarke? >> fece l’uomo come se si fosse appena ricordato una cosa importante << Mi manchi anche tu >>.
Di nuovo la figlia sorrise prima di agganciare.
Rimase in silenzio per qualche minuto a contemplare la foto che faceva da sfondo al suo Iphone e le parve che quel periodo della sua vita appartenesse a una vita precedente. In effetti, era di qualche anno prima e ritraeva tutta la sua famiglia, Luthor compreso. Era stata davvero felice.
E adesso lo sono?, si domandò involontariamente.
Sì, lo era. Solo, non come prima.
Si alzò in piedi stiracchiandosi e il suo cellulare prese a squillare di nuovo.
<< Credevo che avrei dovuto farti ottocento chiamate prima di sentirti risponder e>> disse Diana quando si attivò la conversazione << Mi sorprendi, Melbourne! >>.
<< Fottiti, Atomi >> rispose Clarke ridendo << Piuttosto, che cosa abbiamo fatto ieri sera? >>.
<< Oltre ad aver scopato nella macchina di mia madre? >> la stuzzicò l’altra << Quello te lo ricordi? >>.
<< Vagamente >> mentì la sua amica << In che posto siamo sbarcate alla fine? >>.
<< Me lo ricorderò per la prossima volta >> rispose Diana << Quello nuovo ai Colli Aminei. Il Wine bar. Hai rotto il cazzo che volevi del vino e allora ti ho portata lì. Non mi pare che ti sia dispiaciuto >>.
Clarke scoppiò a ridere.
<< Per niente! >> esclamò << Dovremmo andarci più spesso >>.
<< Così mia madre ammazza prima me e poi te >>.
Risero contemporaneamente.
<< Ascolta Clarke, mi ha chiamata Giulia mezz’ora fa. Ti va di andare in piscina? >>.
Clarke guardò fuori dalla finestra della sua stanza. Il sole splendeva e non vi era una nuvola all’orizzonte.
<< In piscina? Mah, potremmo usare la mia se proprio… >>.
<< Perfetto! Allora glielo dico >> la interruppe Diana che voleva solo sentirsi dire quello.
<< Era tutto organizzato per portarmi a questo vero? >> fece Clarke.
<< Oh, dai. Stai mettendo il broncio per caso? >> scherzò l’altra << Tra un’ora saremo lì >>.
<< A dopo >>.
 
Diana fu di parola. Un’ora dopo il motorino dell’amica e una macchina che Clarke sapeva perfettamente a chi appartenesse fecero capolinea nel suo viale.
<< Marco! >> esclamò la ragazza non appena l’amico scese dalla macchina << Diana non mi aveva detto che c’eri anche tu! >>.
<< Ho sentito Giulia un quarto d’ora fa e mi sono unito >> rispose il ragazzo strizzandole l’occhio.
Clarke lo abbracciò felice di rivederlo. Lei, Diana, Marco e Giulia andavano in classe insieme al liceo. Al contrario di Diana, con la quale aveva frequentato anche le medie, con Marco e Giulia aveva legato fin dal primo giorno del primo anno. Col ragazzo aveva tante cose in comune che li aveva portati a organizzare tornei alla play e maratone de Il Signore degli Anelli già la seconda settimana di scuola.
<< E a me non saluti? >> fece Giulia uscendo dal posto del passeggero e gettandosi letteralmente tra le braccia dell’amica.
Clarke la strinse respirando il tipico profumo della sua pelle.
<< Certo! Come state? >>.
<< Questo qui >> esordì la ragazza colpendo Marco a una spalla senza fargli male << Ha fatto colpo ai test di ingegneria >>.
Diana si tolse il casco mentre si avvicinava al gruppo. Abbracciò da dietro Clarke e le lasciò un bacio sulla guancia in segno di saluto.
<< Cioè? >> chiese subito dopo.
<< Sì, infatti raccontateci tutto! >>.
<< Abbiamo portato la birra >> disse Marco aprendo il portabagagli.
Si mossero verso il giardino della villa dove, in un angolo nascosto da occhi indiscreti, la piscina e i lettini facevano bella mostra di sé.
<> esclamò Giulia correndo verso l’acqua limpida.
Mollò lo zaino su un lettino e si tolse le infradito.
<< Allora, questa storia? >>.
<< Non statela a sentire >> mormorò Marco sfilandosi la maglietta.
Essere amico di tre ragazze non era per niente facile, ma lui si trovava così bene con loro che non avrebbe mai rinunciato a quella compagnia.
<< Oh, invece sì! >> fece Diana aiutando Clarke a togliere il cartone dalle birre << Mettiamo queste in frigo e arriviamo! >>.
Quando tornarono, Giulia si era già buttata e stava nuotando mentre Marco era seduto sul bordo e osservava il suo riflesso. Clarke lo imitò senza togliersi ancora la maglietta e i pantaloncini che indossava. Diana, invece, si tolse il pareo e rimase in piedi.
<< Avanti, non fate i vecchi e buttatevi! >> esclamò Giulia riemergendo.
<< Prima la storia! >>.
Con qualche bracciata, la ragazza si avvicinò al gruppo e si issò sdraiandosi mentre aveva ancora i piedi nell’acqua. Clarke osservò le goccioline che scivolavano sul suo corpo e constatò che la palestra che Giulia aveva fatto per tutto l’anno scolastico aveva dato i risultati sperati. Era dimagrita e aveva raggiunto il suo peso forma, il seno non era mai stato abbondante e questo le aveva permesso di indossare costumi molto provocanti. Era una bella ragazza prima, ora era anche sensuale.
<< Allora >> iniziò Giulia puntellandosi sui gomiti per poter guardare prima Clarke e poi Diana << Siamo andati a fare il test di ingegneria la settimana scorsa >>.
Clarke annuì.
<< Sì, mi avevate detto che siete entrati entrambi! Mi fa piacere per voi. Avete scelto l’indirizzo? >>.
<< Elettronica >> rispose Marco.
<< Io informatica >> disse l’amica << Va beh, non vi sto a dire il casino che c’era. Ci chiamano uno alla volta in una di quelle aule enormi a imbuto, ci assegnano il posto e iniziamo. Marco e io siamo capitati ai poli opposti, zero possibilità di parlarsi. Così mi faccio il mio test e dopo tre ore consegno. Esco fuori a fumare una sigaretta e, quando torno nel corridoio, lo trovo affabilmente a chiacchierare con una! >>.
<< Non è andata esattamente così >> la interruppe Marco alzando le mani.
<< E come allora? >> incalzò Clarke schizzandolo leggermente col piede.
<< Semplicemente durante il test la sua calcolatrice ha smesso di funzionare e io le ho prestato la mia. Abbiamo finito insieme e, dopo aver consegnato, ci siamo messi a chiacchierare fuori l’aula. Non ho rimorchiato nessuno! >>.
<< Stai omettendo una cosa o sbaglio? >>.
Sia Diana sia Clarke fissarono Giulia in attesa che continuasse.
<< Il numero! >> fece l’altra << Alla fine gli ha lasciato il suo numero! Se questo non è fare colpo, cos’è? >>.
Clarke diede all’amico una pacca bonaria sulla gamba.
<< E bravo Marco! Ma è bella almeno? >>.
Marco stava per rispondere ma fu interrotto da Giulia.
<< Mah, diciamo di sì >>.
<< Non mi sembri molto convinta >> mormorò Diana andando a sedersi sul bordo opposto al loro.
Clarke si alzò seguita dal ragazzo. Disse che sarebbe tornata subito, andava a prendere le birre lasciate nel freezer. Quando tornò, Marco aveva l’Iphone in mano.
<< Aspetta, ve la faccio vedere. Siamo amici su Facebook >>.
<< Porca troia, è questa? >> esclamò Clarke guardando il cellulare << Cazzo, è bellissima >>.
Un sorriso si dipinse sulle labbra di Marco mentre gli occhi di Diana si puntavano sull’amica che gli porgeva una birra. Clarke scompose i ricci capelli del ragazzo e si complimentò; poi incrociò lo sguardo dell’altra. Le sorrise urlandole di venire a prendere la sua bottiglia. Diana si lasciò andare a uno sbuffo che solo lei poteva udire prima di tuffarsi e nuotare per raggiungerla.
<< Guarda qui! >> le disse non appena uscì dalla piscina mostrandole la foto della ragazza.
Diana le diede una leggera occhiata di sfuggita mentre si tamponava con l’asciugamano e afferrava la sua birra.
<< Carina >> rispose senza alcun tono in particolare.
Clarke la fissò inarcando il sopracciglio senza capire cosa le prendesse improvvisamente.
<< Io la trovo proprio bella >> disse ridando il cellulare all’amico << Ha degli occhi azzurri che parlano da soli. E poi ha dei bei lineamenti. Come si chiama? >>.
Giulia uscì dall’acqua e si attaccò all’ultima bottiglia rimasta.
<< Nadia. Ha la nostra stessa età >>.
<< Ti piace, eh? >> mormorò la ragazza tornando immediatamente verso la piscina e ridendo nel vedere che arrossiva << Farà anche lei elettronica? >>.
<< Sì, pare che sia una cosa di famiglia. Anche il fratello e il padre sono ingegneri elettronici >>.
<< Dai, ma allora gioca in casa! >> esclamò Clarke << Non vale! E poi sai che palle, tutti la stessa cosa >>.
Scoppiarono a ridere tutti tranne Diana che, col cellulare in mano, pareva immersa nello scrivere qualcosa.
<< Ohi, ma che hai? >> domandò la padrona di casa avvicinandosi.
L’altra nemmeno la guardò.
<< Chi vuole una pizza? Stavo cercando il numero di una che sta qui vicino e non è male >> chiese invece rivolta agli altri amici.
<< Facciamo un metro di margherita >> propose Marco guardando Clarke che annuì.
<< Una metà con wurstel e patate! >> urlò Giulia prima di lanciarsi in acqua.
<< Diana a te cosa va? >>.
<< Fate voi, a me sta bene tutto >> disse rientrando in casa.
<< Insomma, si può sapere che hai? >> esclamò Clarke che l’aveva seguita in cucina.
<< Devo andare in bagno >>.
<< Dico sul serio, D >>.
<< Niente, Clarke >> continuò Diana infilandosi nel bagno << Torna dagli altri ora >>.
La mano dell’altra sbatté prepotentemente sulla porta per bloccarla.
<< Mi spieghi cosa ti passa per la testa? >>.
Diana esitò e si morse il labbro inferiore.
<< E’ bellissima, eh? >> disse infine senza sbilanciarsi.
Clarke comprese immediatamente a cosa si riferisse e scoppiò a ridere sonoramente.
<< Per la ragazza di Marco? >> esclamò << Dai, D! Era solo un complimento >>.
<< E chi è Sofia? >>.
Quella domanda spiazzò l’altra che per qualche secondo non seppe cosa rispondere.
<< Ieri sera, mentre bevevamo, l’hai nominata un paio di volte >> incalzò l’amica.
<< Non… non lo so! >> fece Clarke confusa << Non… non mi viene in mente nessuna con questo nome… >> spalancò la bocca nel ricordarsi della ragazza della fumetteria << Ah! >>.
Diana assottigliò gli occhi con fare indagatorio.
<< Nella fumetteria ieri >> continuò << C’era una ragazza che si chiamava così. Mi ha fatta cadere per terra, ora che ci penso >>.
<< Fammi capire >> esclamò Diana tirandosela nel bagno e chiudendo la porta << Una che ti fa cadere in un corridoio di una fumetteria, tu te la ricordi e la nomini la sera mentre ci divertiamo? Come cazzo facevi a sapere il suo nome poi? >>.
Clarke si strinse nelle spalle. Avrebbe voluto dirle che l’aveva colpita perché le era parsa meravigliosa con quei suoi due occhi verdi enormi, che aveva riso alle sue battute; ma preferì tacere visto come si era comportata per aver fatto un apprezzamento su Nadia.
<< Diana, Clarke! Una di voi è qui? >>.
Era la voce di Marco. Fu Clarke a rispondere.
<< Sì, sono qui >>.
<< Volevo solo dirti che ho ordinato le pizze col cellulare di quella scassacazzo di Diana. A proposito, sai dov’è finita? >>.
<< Forse in camera mia >> rispose la ragazza guardando l’amica.
<< Va beh, torno di là >>.
Quando sentì i suoi passi allontanarsi, Clarke si rivolse all’altra.
<< Io vado. Tu vedi di calmarti >>.
 
<< Perché sei sempre in ritardo? >> chiese Sofia guardando prima l’orologio e poi l’amica.
Elena rise.
<< Dai, almeno questa volta ti ho avvisata! >> rispose fermando il motorino e lanciandole il casco.
Sofia sbuffò mentre si sedeva dietro di lei.
<< Non fare la pesante, Sofy! >>.
<< Io non sono pesante! >> esclamò l’altra.
Elena roteò gli occhi e mise la freccia per svoltare. Dopo un quarto d’ora arrivarono al loro bar preferito al Vomero.
<< Cristina mi ha scritto >> esordì Elena sedendosi e sfogliando il menù << Per una pizza stasera, ovviamente senza fare troppo tardi >>.
Sofia guardò l’amica domandandosi perché ogni volta guardasse il menù se tanto alla fine sceglieva sempre la stessa cosa.
<< A casa sua? >>.
<< Non credo, mi ha parlato anche di Alessandro e Umberto >>.
<< Ah >> fece l’altra << Beh, io passo. Però tu vai se vuoi >>.
<< Penso che prima o poi dovrai incontrarlo >>.
<< Io dico di no >>.
<< So! Frequenta la classe accanto alla nostra! È impossibile che non vi becchiate mai durante l’intervallo >>.
<< E questa legge chi l’ha stabilita? >>.
Elena sbuffò alzando le mani davanti a sé per arrendersi.
<< Ti sembra così strano ch’io non voglia incontrare una persona che mi stava costringendo a fare sesso? >>.
<< Non ho detto questo >> si difese l’amica << Ma tu e Claudio stavate insieme da quanto, sei mesi? Poteva…ecco, poteva starci che ne… avesse voglia… Ti prego non uccidermi! >>.
Sofia assottigliò gli occhi in segno di minaccia.
<< Ma da che parte stai, vipera? >>.
<< Ehi ragazze, ciao! >> salutò il solito cameriere arrivando al loro tavolo e alleggerendo così la tensione che si stava creando << Il solito? >>.
<< Sì, grazie Alberto >> rispose Elena << Mi hai salvata! >>.
Il ragazzo scrisse qualcosa sul suo taccuino e si allontanò con un sorriso.
<< Sul serio, Elena, lo pensi? >>.
La ragazza guardò l’amica e si specchiò in quei grandi occhi verdi che aveva. Sofia era così; era sicuramente pesante per una diciottenne ma era anche genuina, piena di curiosità e intelligente. Non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, figurarsi da uno come Claudio. Però, di fronte a certe cose era ancora profondamente insicura.
<< Scema, dico solo che è stato un cretino a non volerti aspettare >>.
Il sorriso dell’altra le fece capire che era tutto a posto.
<< Piuttosto, lo sai che quest’anno c’è una ripetente in classe di Alice? >>.
<< La cosa non mi interessa affatto >> fece Sofia.
<< So! >> la richiama l’amica prima di continuare << Dal nome, sicuramente non è italiana. Forse americana. Ha lo stesso cognome di quel famoso pianista che ora è in giro per il mondo a fare concerti >>.
<< Sarà una coincidenza, come quel Casini della 5B che non era per niente imparentato col politico. Forse in America è un cognome diffuso >>.
<< Il pianista che dico io, però, è australiano >> constatò Elena.
Arrivarono le ordinazioni e Sofia fece un lungo sorso dal suo drink.
<< Quello che è. Sarà come il nostro Rossi >> rispose Sofia << Come fa di cognome? >>.
<< Chi, il pianista o la ripetente? >>.
Entrambe scoppiarono a ridere.
<< Idiota! >> esclamò Sofia.
<< Scusa ma non sono riuscita a trattenermi! >> continuò a ridere l’altra << Comunque Melbourne. Philip Melbourne e Clarke Melbourne >>.
 
 
 
 
 
L’angolo di Bik
Eccomi di nuovo. Sono stata puntuale e spero di esserlo anche prossimamente, mi piace rispettare quello che dico. Sabato sarò a Roma per una intervista sul primo fumetto scritto da me, che uscirà successivamente, e spero che questo non pregiudichi il mio andamento regolare nella pubblicazione. La prossima avverrà tra due settimane.
In questo capitolo ampliamo la cerchia dei personaggi e conosciamo qualcosa in più su Clarke. Mi piace che il lettore conosca ogni sfaccettatura del loro carattere così da poterli rendere reali, come se fossero davvero i ragazzi della classe accanto.
Alla prossima,
F.
  
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