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Autore: Onyxandopal    23/11/2017    0 recensioni
[Luke Hemmings+Chrissy Costanza]
Ognuno di noi ha diritti e doveri. Luke ha il dovere di portare a termine una missione: trasformare quanti più mutanti possibili. Chrissy ha il dovere di vincere i campionati di atletica per riscattare se stessa e la scuola dal precedente fallimento e dimostrare a tutti di che pasta sia fatta. entrambi hanno il diritto di amare ed essere felici. Avranno il coraggio di venir meno ai propri doveri, per riscuotere il diritto ad essere amati? Dovranno essere giocatori pronti, perché la vita ha intenzione di rimescolare le carte.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luke calpestò l'asfalto bagnato immerso nei propri pensieri. Al riparo dalla pioggia sotto il suo ombrello nero, rifletteva sul perché si fosse alzato a un'ora indecente per andare a scuola. Valutò i pro e i contro di quell'esperienza e i pro erano stati schiacciati dai contro. Pro numero uno: portare a termine la missione. Contro numero uno: essere circondato da adolescenti irritati dal cattivo tempo che avrebbero dato sfogo alla propria frustrazione con chiacchiericci fastidiosi e chissà quali assurdità in classe. Stava per passare al punto due, quando venne distratto dal passaggio di un'auto rossa fiammante. Stonava fin troppo in quella giornata grigia, con la sua velocità al limite del codice stradale e il suo colore accecante in mezzo a tutte quelle tonalità spente. Bisognava essere coraggiosi per andarsene in giro con una vettura del genere in un giorno come quello. A dirla tutta, bisognava aver coraggio da vendere per comprarsi una macchina simile in generale. Luke sospirò, cercando di reprimere la propria acidità. Non poteva certo cominciare in quel modo. Non che morisse dalla voglia di fare amicizia, lui era lì per lavorare e basta, ma non aveva la minima intenzione di scatenare una tempesta di mormorii su quanto il nuovo arrivato fosse insopportabilmente cinico e odioso. Sarebbe rimasto nell'ombra come al solito, avrebbe svolto un lavoro fine e pulito e sarebbe sparito. Come scritto da copione.

Arrivato davanti al cancello alzò gli occhi azzurri all'insegna con il nome della scuola. Notò gli sguardi incuriositi dei ragazzini che gli passavano accanto, li sentiva addosso come sentiva la stoffa della felpa aderire alle sue braccia toniche. Era una sensazione che non gli piaceva, odiava ricevere attenzioni. Era colpa del posto in cui era cresciuto, un edificio in cui le persone non sono nient'altro che esemplari di questa o quella specie, riconosciuti solo in base al loro talento e poco altro. Non gli era mai dispiaciuto l'anonimato, era facile confondersi tra la mischia e fingere di non essere mai esistito. O almeno per un po'. Per lui l'inesistenza non durava mai troppo a lungo, i suoi geni lo avevano reso indispensabile alla causa e i periodi in cui poteva ignorare di essere venuto al mondo in un posto pieno di persone avevano una durata variabile, potevano passare sei mesi senza che ricevesse un sms, così come potevano volerci solo nove giorni. Tutto dipendeva da quanto era bravo a portare a termine il proprio lavoro e dalla quantità e qualità di domanda da parte dei suoi superiori. Varcò la soglia rassegnato, quella volta doveva andare così e sarebbe filato tutto più liscio dell'olio.

Chrissy respirava elettricità nell'aria. C'era vento di cambiamento. Era arrivato un ragazzo nuovo a scuola e sembrava che tutti già lo sapessero. Ogni volta rimaneva sorpresa di quanto velocemente le voci corressero in quella scuola. A volte si chiedeva che cosa sarebbe accaduto se quelle voci fossero state persone. Sicuramente la scuola avrebbe vinto i campionati di atletica. Non che le fosse mai importato delle voci, non era il tipo da darci peso. Le persone distorcevano la realtà, la manipolavano e la adattavano a ciò che più era comodo per loro. Avevano mani esperte e menti fantasiose quando si trattava di costruire a d'hoc una menzogna. Per questo aveva tirato dritto facendo finta di non sentire quando una compagna di squadra cercò di intercettarla, iniziando il discorso con ''hai sentito l'ultima?''. Non voleva sentirla l'ultima. Fu allora che lo vide. I suoi occhi furono attratti dalla sua figura come una calamita. I loro sguardi si incrociarono e Chrissy si sentì paralizzata. Il mondo intorno a lei smise di fare rumore. Il vociare degli studenti, la loro insistenza nel passare per primi rischiando di calpestare gli altri, la corrente fredda che arrivava dalla porta che dava sul giardino, tutto sparito. Persino il tempo sembrò congelare. Quel viso impassibile, quegli occhi sottili di ghiaccio, le spalle larghe e la schiena dritta... ogni singolo dettaglio di lui le comunicava qualcosa che non la convinceva. Era come se stesse guardando una maschera e allo stesso tempo la vera essenza di quel ragazzo sconosciuto. Doveva essere per forza lui il nuovo arrivato. Uno così se lo sarebbe certamente ricordata. Le labbra del ragazzo si mossero in un sorrisetto ironico e si sentì gelare il sangue nelle vene. Sbatté le palpebre, ma il viso del nuovo arrivato era tornato impassibile, tanto che Chrissy credette di essersi immaginata tutto. Un secondo dopo era sparito tra la folla e tutto ciò che le rimase fu una stretta allo stomaco e la pelle d'oca.

Il ticchettio dell'orologio scandiva i secondi che passavano, ogni istante era velocissimo e immobile. Aveva gli occhi fissi sull'insegnante, mentre quelli di chiunque altro erano su di lui. Si era seduto in fondo, vicino alla finestra, con la speranza che bastasse a tenere gran parte dei curiosi con lo sguardo lontano da lui. Si era sbagliato. Non era stato sufficiente e sotto sotto lo sapeva fin dall'inizio. Cercò di concentrarsi su qualcosa che non fossero tutti quei diciassettenni intenti a fissarlo come una cavia da laboratorio. Era abituato a essere l'osservatore, il predatore, colui che attende godendosi la vista della propria preda. Cominciò a fare caso al vetro freddo della finestra, al pallore del cielo grigio che gettava un senso di immobilità sugli alberi spogli e i margini della strada segnati dal fogliame giallo e marrone.

Stava facendo stretching e tutto ciò a cui riusciva a pensare erano quegli occhi glaciali, al modo in cui l'avevano inchiodata in mezzo al corridoio. Aveva sentito un brivido correrle lungo la schiena, non era sicura che fosse positivo. No, si rispose, non era paura. Lei non aveva mai paura. E poi non poteva mica lasciarsi influenzare così dalla prima impressione. Non lo faceva mai.

Tutti hanno giornate sì e giornate no. Quelle di Chloe si alternavano tra giorni non e giorni meno no. Da molto tempo ormai i ''sì'' erano spariti dal panorama quotidiano della famiglia Costanza. Quello era uno dei giorni nerissimi e Chrissy lo capì quando, aperta la porta di casa, trovò le luci spente e la puzza di aria viziata ad accoglierla. Deglutì e strinse più forte il telefono dal quale arrivava la voce di Michael. Si chiuse la porta alle spalle abbandonando lo zaino in un angolo.

«Micio, ti richiamo dopo» Le parve di sentire la sua voce spezzarsi e restarle bloccata in gola.

«Chloe?»

«Sì» L'ultima cosa che la ragazza udì fu un sospiro. Avanzò al buio e sperò di conoscere casa propria così bene da non sbattere contro il mobilio.

«Mamma?» La chiamò con il cuore che le batteva forte nel petto. Riusciva a sentirlo rimbombare nelle orecchie.

«Mamma?» Ripeté e sentì le lacrime salirle agli occhi. Prese un bel respiro per calmarsi e aprì la porta di quello che una volta era il suo studio. La trovò rannicchiata in un angolo e si avvicinò a lei con cautela.

«Mamma» Mormorò comprensiva e si inginocchiò davanti a lei. Gli occhi castani di Chloe la guardarono senza vederla, come capitava spesso. Chrissy la abbracciò forte e lei scoppiò a piangere. Un sospiro lasciò le labbra di Chrissy mentre accarezzava la schiena della madre. Il tessuto morbido del maglione contrastava con la dura situazione che stavano entrambe affrontando. La condizione emotiva della madre, molto vicina a una vera e propria depressione, stava sfiancando Chrissy, che dal canto suo si rifiutava di essere egoista. Riteneva di non poter crollare, non poteva lasciare il padre da solo ad affrontare una moglie che non c'era più e una figlia emotivamente a pezzi. Era contro la sua natura. Aveva sempre affrontato la vita con un sorriso e la battuta pronta. Era abituata a vedere in sua madre una donna forte e coraggiosa, che affrontava le cose di petto. Poi l'aveva vista sgretolarsi sotto i suoi occhi come un vaso di terra cotta caduto sul pavimento. Era stato come ricevere un pugno in faccia da John Cena.

«Hai mangiato?» Ricevette un cenno di dissenso. «Ti va se ci prendiamo un tè?» Si scostò e le accarezzò il viso, le rivolse un piccolo sorriso di incoraggiamento. Chloe le rispose con un sì appena accennato con il capo. Le prese le mani e la aiutò ad alzarsi, poi aprì la finestra della stanza e uscì tenendo per mano la madre. Come quando aveva quattro anni e la mamma era la sua eroina, colei che avrebbe potuto sconfiggere un drago con uno schiocco di dita.

Mise a bollire l'acqua e, rivolgendo le spalle alla madre, si asciugò una lacrima solitaria. Si morse con forza il labbro, fino a sentire il sapore metallico del sangue.

A Micio:
Era rannicchiata al buio. Anche oggi non ha mangiato
Da Micio:
Più tardi ti chiamo

Rimise il telefono in tasca e si concentrò sull'acqua nel pentolino. Iniziava a bollire e per mettere a tacere i propri pensieri, la ragazza cominciò a pensare a qualsiasi cosa inerente la scuola. Finì con il versare l'acqua nelle tazze mentre nella sua mente ripeteva i titoli dell'intera discografia dei Led Zeppelin.

   
 
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