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Autore: shiningreeneyes    23/11/2017    0 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che conosceva e in cui credeva viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
Note traduttrice: La storia non è mia, questa è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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CAPITOLO 40

Mi stai prendendo in giro?

 

 

 

Mercoledì, 12 Maggio

 

Sbattei le palpebre. Poi di nuovo. E di nuovo ancora. Mi scese una lacrima e dovetti nascondere il viso nella spalla di Aidan. Lui, ovviamente, era addormentato e non poteva fregargliene di meno che suo padre avesse avuto un crollo emotivo. Speravo non fosse qualcosa a cui avrebbe dovuto imparare ad abituarsi.

 

"È per questo che ho dovuto dormire nel tuo letto stanotte?" chiesi, la mia voce marcata, mentre lasciavo che i miei occhi vagassero nella stanza, guardandola da cima a fondo.

 

La mia stanza - o quella che avevo definito come 'la mia stanza' da un mese a quella parte - precedentemente aveva un grande letto matrimoniale, una scrivania, un armadio e una poltrona. Ora, in più, conteneva una grande culla di legno. Una grande culla di legno riempita con una quantità folle di orsacchiotti e altri animaletti di peluche, tutti bianchi e azzurri. Inoltre, la carta da parati sul muro vicino alla finestra che prima era marrone e beige era sparita, ce n'era invece una color azzurro polvere con degli orsacchiotti bianchi, nuvole e fiori sparsi dappertutto.

 

Quando lasciai i miei occhi vagare per tutta la stanza, mi resi conto che le lenzuola erano state sostituite, e così anche i cuscini, le tende, il tappeto sul pavimento, la lampada sul soffitto e le decorazioni sul comò. Tutto in quel momento era blu e bianco. 

 

"'Ho dovuto'?" ripetè Harry interrogativo, i suoi occhi scintillavano di divertimento, "è stato così brutto?"

 

"Beh, russi," dissi.

 

"Sei tremendo," rispose, il tutto seguito da uno sbuffo. "Quindi ti piace?" aggiunse dopo un momento di silenzio.

 

"Certo che mi piace," dissi sorridendogli, "è troppo, però, non avresti dovuto-"

 

"Ed ecco che arrivano le proteste," disse mentre stringeva la presa intorno alle mie spalle. "Probabilmente vivremo qui per più di un anno, quindi abbiamo dovuto fare qualcosa per renderla più... adatta ad un bambino, non credi? Abbiamo dato per scontato che avresti voluto dormire nella stessa stanza di Aidan, quindi eccoci. Ora abbiamo una camera da letto slash nursery."

 

Stavo per dire che solo la culla sarebbe stata più che sufficiente, ma poi qualcos'altro attirò la mia attenzione, e corrugai le sopracciglia con aria interrogativa. "Aspetta, noi abbiamo una camera da letto slash nursery?" chiesi.

 

Un sorriso un po' imbarazzato si diffuse sul suo viso. "Stavo pensando di trasferirmi qui," disse, "beh, almeno iniziare a dormire qui."

 

Dormire qui? Nel mio stesso letto? Ogni notte? Per un anno intero? "Oh."

 

"'Oh'?" rise brevemente, "è un 'oh' buono o cattivo?"

 

"È solo... niente, è un 'oh' neutro."

 

Il suo sorriso vacillò e diede spazio a una smorfia delusa. "Posso stare nella mia stanza, se preferisci," disse, "ho solo pensato che sarebbe stato più semplice se avessi dormito qui visto che dovremo alzarci durante la notte per dargli da mangiare. E pensavo sarebbe stato, sai, bello dormire insieme. Ma va bene, se vuoi-"

 

"Oh Dio, per favore stai zitto," lo interruppi.

 

Chiuse immediatamente la bocca e mi rivolse uno sguardo preoccupato.

 

"Va bene se vuoi restare qui," dissi, "hai ragione, sarebbe bello. E di grande aiuto."

 

Il sorriso riapparve, anche se era come qualcosa di più simile ad un ghigno. "Si? Quindi siamo ufficialmente compagni di letto?"

 

"Compagni di letto," ripetei, assaporando la parola, "sembra un po'... domestico."

 

Si strinse nelle spalle con nonchalance. "Beh, ora siamo tipo domestici, no?"

 

Cambia la presa su Aidan, poi annuii. "Si. Penso di si."

 

"Allora vuoi provare la culla? Per vedere se gli va bene?"

 

Sospirai e protesi il labbro in un broncio. "Amo la culla, è bellissima, ma non può semplicemente dormire nel letto con noi? È abbastanza grande."

 

"Oh, no, credimi, non vuoi farlo," la voce di Anne arrivò da dietro di noi. Girai la testa e la vidi entrare nella stanza con una pila di vestiti puliti in bilico sulle sue braccia. Posò il mucchio sopra il cassettone e poi si rivolse di nuovo a noi. "L'abbiamo fatto con Harry e poi quando provavamo a metterlo nella sua culla non smetteva di piangere, era inconsolabile fino a quando non lo prendevamo di nuovo e lo lasciavamo dormire con noi." 

 

Scoppiai in una risata. "Hai subìto problemi di abbandono quando eri piccolo?"

 

"Apparentemente si," disse, "non lo sapevo fino ad oggi, però. Grazie per avermelo detto, mamma."

 

"L'hai superato," disse sbrigativa, "quello che sto cercando di dirti è che dovresti abituarlo a dormire da solo il prima possibile. Fallo dormire nel tuo letto di tanto in tanto se vuoi, ma non renderla una cosa quotidiana."

 

Emisi un altro sospiro, ma annuii. "Immagino che debba andare nella tua culla, allora," dissi, sentendomi un po' triste quando mi avvicinai a quest'ultima dandogli un'occhiata. Era grande, davvero grande, così grande che mi sarei potuto adattare anche io. Il materasso era di media altezza, a circa mezzo metro dal bracciolo, e sembrava incredibilmente morbido.

 

Forse un giorno l'avrei davvero provato.

 

"Okay, piccolino, vediamo come ti senti," mormorai, più a me stesso che ad altri, mentre lo mettevo giù con attenzione. Non appena la sua schiena toccò il materasso, sbadigliò, prima che la sua testa ciondolasse di lato e un piccolo sbuffo gli uscisse dalla bocca semi-aperta. Continuò a dormire, non sembrando aver notato nessun cambiamento. Sorridendo debolmente, allungai una mano per coprirlo fin sopra le braccia. 

 

"Non farà troppo caldo, vero?" chiesi, mordicchiandomi inconsciamente il labbro inferiore. 

 

"Starà bene," replicò Anne, "e in ogni caso, tra un paio d'ore si sveglierà per mangiare."

 

"Proverò a fare un sonnellino intanto," dissi, "penso di avere dormito... tipo, quattro ore la scorsa notte."

 

"Qualcosa del genere, si," disse Harry, sbattendo le palpebre stancamente, "credo che ti raggiungerò per quel sonnellino, se non ti dispiace."

 

"Certo," dissi prima di dirigermi verso il letto e caderci sopra, chiudendo gli occhi.

 

"Credo che sia il segnale per andarmene," sentii dire da Anne. Aprii gli occhi appena in tempo per vederla uscire dalla porta e chiuderla. Non passarono più di un paio di secondi prima di sentire Harry unirsi a me. La stanchezza mi travolse come un'onda, e sbadigliai profondamente prima di spostarmi più in alto e mettere la testa sul cuscino.

 

"Ho delle buone notizie, se non sei troppo stanco," sentii Harry borbottare proprio accanto a me.

 

Aprii gli occhi e trovai il suo viso a soli dieci centimetri dal mio. "Dimmele velocemente," risposi.

 

"Mm, si, okay," disse, sembrando quasi pronto a svenire da un momento all'altro, "sono stato accettato a Manchester. Ho ricevuto il messaggio ieri sera."

 

Mi sollevai un po' e sorrisi ampiamente. "Si? Congratulazioni," dissi dolcemente, allungando una mano pigramente per intrecciare le nostre dita, "quando... quando andrai?"

 

"Verso metà settembre," disse, "ma ci ho pensato e credo che vivrò a casa, almeno il primo anno."

 

Sbattei le palpebre. "Questo non renderebbe le cose più... scomode per te?"

 

"Me la vedrò io," disse con facilità.

 

"Non lo stai facendo solo per..." mi bloccai e mi morsi il labbro, "per l'esattezza, perché lo stai facendo?"

 

Sembrava si aspettasse quella domanda, perché rispose immediatamente e senza neanche pensarci. "Lo sto facendo perché non voglio perdere un momento della sua vita." Un sorriso sfacciato apparve nel suo viso e aggiunse: "e ad essere onesti non mi piace il pensiero di trascorrere una parte enorme del prossimo anno anche lontano da te."

 

"Per quanto possa essere dolce," iniziai, il rossore che si espandeva nelle guance, "credo che sarebbe più-" 

 

"Se hai bisogno di essere persuaso ancora di più, è anche più conveniente in termini economici," mi interruppe.

 

"Beh, è- si, okay, credo," dissi, anche se ancora un po' titubante. "Sarà comunque una seccatura per te, andare avanti e indietro a Manchester tutti i giorni."

 

"Andrò solo quando dovrò, non tutti i giorni."

 

"Ma è solo-"

 

"Lou, per favore," disse, senza lasciarmi finire, "ho già deciso."

 

"Bene, okay, scusa," dissi con un sospiro. Mi presi un momento per meditare. "Ma solo- non pensare di dover fare le cose in quel modo solo a causa... a causa mia," fu ciò che alla fine 

decisi di dire, "starei bene qui da solo."

 

"Ti mancherei," disse scherzosamente. 

 

"Si, beh, penso di aver lasciato decidere abbastanza i miei sentimenti ultimamente." Mi resi conto un po' troppo tardi di quello che avevo detto e di come suonava, e mi affrettai a continuare, "non che mi pento di averlo tenuto o altro, ma penso solo che sarebbe meglio cominciare di nuovo a ragionare con la testa."

 

Sorrise, ma risultò piuttosto riluttante. "Quindi non ti penti di niente?"

 

Scossi la testa con fermezza, senza esitare per un secondo, "no, decisamente no."

 

"Non eri troppo sicuro quando hai detto di sì, però," disse, alzando leggermente le sopracciglia, "non era come se fossi al settimo cielo per-"

 

"Ero al settimo cielo non appena abbiamo messo piede dentro questa porta," lo interruppi, "e non me ne pento affatto. Seriamente."

 

"Seriamente," ripetè lui, "beh, se intendi seriamente..."

 

Strinsi gli occhi. "Mi stai prendendo in giro?"

 

"No, ovvio che no. Seriamente." Il modo in cui gli angoli della sua bocca continuavano a contrarsi e il modo in cui le rughette intorno ai suoi occhi si increspavano, in qualche modo rovinavano la sua credibilità. 

 

"Ti odio. Possiamo dormire adesso?"

 

"Certo, dolcezza."

 

"Vai nel tuo letto."

 

"Ma questo è il mio letto, ricordi?"

 

"Vai a dormire sul divano."

 

"Ti mancherei e mi diresti di tornare dopo due minuti."

 

Non risposi a quello, e non più di dieci minuti dopo eravamo profondamente addormentati, le nostre mani ancora intrecciate e i nostri respiri gli unici suoni che rompevano il silenzio.

 

Questo fino a quando, più o meno due ore dopo, venimmo bruscamente svegliati da una serie di forti grida.

 

Nonostante fosse evidente il fastidio nella mia faccia quando io ed Harry uscimmo dal letto contemporaneamente per andare verso la culla, nel mio cuore c'era anche una sensazione calda e stranamente felice che fece trasformare il mio cipiglio in un sorriso e uno sguardo affettuoso. Guardando Harry, sembrava provare la stessa cosa. 

 

 

*

 

 

Mentre Harry era andato a scuola come al solito, io no. Non ero andato per quasi un mese, e prima di allora avevo saltato così tante lezioni durante l'anno che sarei potuto rimanere a casa più o meno ogni giorno. Non era che mi sentissi troppo indietro con il programma - stavo leggendo tutto ciò che serviva mentre ero a letto e avrei consegnato tutti i saggi -, ma ora gli esami si stavano avvicinando. Tre, per la precisione, dei quali solo uno ero sicuro di passare con un voto decente. Sociologia non poteva andare bene, e non ero così sicuro nemmeno di economia, quindi filosofia era l'unica mia speranza di non sembrare un completo idiota.

 

Le date stabilite per gli esami erano il 28 Maggio, il 3 Giugno e il 9 Giugno, il che significava che probabilmente sarebbe stata una buona idea tornare a scuola prima di allora. Il solo pensiero mi fece venire voglia di sdraiarmi e piangere, perché dopo essere passata solo una settimana dal taglio cesareo, ero ancora stanco, la ferita faceva ancora male, e mi sentivo sempre enorme come un elefante, nonostante le continue rassicurazioni di Harry su come fossi già visibilmente più magro. 

 

Stava solo facendo il carino con me.

 

Stronzo.

 

Anche se non prendevo in considerazione i miei disagi personali, non avevo ancora voglia di tornare a scuola perché avrebbe significato dover lasciare Aidan. Come Anne mi aveva ricordato, però, non potevo esserci sempre per prendermi cura di lui. Prima o poi avrei dovuto lasciarlo, e probabilmente sarebbe stato più facile per tutti se mi ci fossi abituato mentre era ancora un bambino.

 

Dopo averci pensato un po', decisi di tornare a scuola il 24 Maggio, che era un lunedì, e nei giorni precedenti passai il maggior tempo possibile con Harry e Aidan. Quel giorno scoprimmo che al bambino sembrava piacergli molto stare sdraiato sul pavimento con una coperta spessa sotto di lui, i piedi che scalciavano in aria mentre asciava uscire degli squittii di gioia - speravo fossero di gioia - ogni volta che qualcuno toccava il suo stomaco.

 

Aidan passava molto tempo così finché non si stancava o non gli veniva fame, mettendosi poi a piangere o addormentandosi, le sue gambe che cadevano mollemente sul pavimento. 

 

Era Aidan. Non Harry.

 

Di tutto quello a cui dovevamo abituarci, la cosa più strana era mettere Aidan nel passeggino con cui Robin era tornato a casa un giorno e andare a fare le passeggiate. Fortunatamente il quartiere era tranquillo, quindi non incontravamo mai nessuno, e quando succedeva, tutto quello che ottenevamo era un sorriso e un cenno. Ne ero grato, senza dubbio, ma ero anche un po' confuso.

 

"Probabilmente pensano che siamo amici e che è tuo fratello quello nel passeggino," rispose Harry con una scrollata di spalle quando un giorno espressi a lui la mia confusione. 

 

Stranamente, io ed Harry - con l'aiuto di Anne - ci ritrovammo a praticare una piacevole routine nei giorni precedenti al mio ritorno a scuola.

 

La giornata iniziava verso le 7 del mattino quando Harry si alzava per dare da mangiare ad Aidan prima di andare a scuola.

 

Anne gli dava da mangiare di nuovo alle 9.30 e lo rimetteva a letto prima di andare a lavoro, poi io mi alzavo alle 11.30, gli davo da mangiare e lo portavo a fare una passeggiata. Le rimanenti due o tre ore, prima che Harry tornasse a casa, le trascorrevamo stesi nella coperta sul pavimento del soggiorno, io mezzo addormentato e lui che calciava o colpiva i suoi animali di peluche di tanto in tanto, prima di un'altra rapida sessione di cibo alle 14, dopodiché si riaddormentava nella culla. Harry giocava con lui e lo portava a fare una lunga passeggiata dopo cena, di solito verso le 16, in modo che io avessi un po' di tempo per studiare, e quando arrivavano le 19 prendevo io il comando in modo che Harry potesse fare i suoi compiti. 

 

Inutile dire che, quando era ora di andare a letto, eravamo entrambi abbastanza sfiniti e ci addormentavamo senza nemmeno preoccuparci di togliere i vestiti o metterci sotto le coperte. Ma funzionava bene.

 

Meglio di quanto mi aspettassi.

 

Pero, c'erano le notti. Non avevamo bisogno di impostare la sveglia per svegliarci, perché Aidan iniziava a piangere quando era affamato, il che succedeva praticamente ogni due o tre ore. Quasi tutte le sere mi svegliavo alle 23.30, poi all'1 e alle 4, e poi era il turno di Harry alle 7. Non potevo negare che mi rendeva parecchio scontroso dovermi alzare così tante volte durante la notte, ma allo stesso tempo era bello sedermi da solo sul divano del soggiorno, solo una lampada accesa e il ticchettio del vecchio orologio mentre Aidan succhiava con impazienza il biberon addormentandosi poi tra le mie braccia.

 

Diventò tuttavia più problematico quando dovemmo elaborare un piano per quando sia io che Harry saremmo stati entrambi a scuola per gran parte della giornata. La soluzione che alla fine ci venne in mente fu che, dato che mancava più o meno un mese alla fine della scuola, avremmo entrambi studiato a casa per le materie di cui non avevamo esami, nel mio caso significava inglese, arte e storia. Quello ci diede l'opportunità di fare a turno durante la notte e rese più semplice andare d'accordo visto che non eravamo entrambi esausti e scontrosi allo stesso tempo.

 

Non che Harry fosse mai stato particolarmente scontroso.

 

D'altra parte, io ero una storia completamente diversa.

 

 

Martedì, 25 Maggio

 

La piccola fantasia a cui mi ero aggrappato quando ero all'ospedale e durante le ultime due settimane sul fatto che tutto sarebbe andato liscio tra me ed Harry, con Aidan e tutta la questione 'famiglia', era appunto una fantasia.

 

Martedì fu una giornata un po' difficile perché sia io che Harry avevamo le nostre lezioni, quindi entrambi ci saremmo dovuti alzare e uscire di casa per le 7:45. Anne ci aveva detto che si sarebbe presa cura di Aidan nei giorni in cui entrambi dovevamo andare a scuola, dicendoci che poteva lavorare da casa e che non era affatto un problema. Quello non aiutava comunque il fatto che stavamo desiderando del sonno durante la notte, però, o il fatto che Aidan aveva bisogno di essere nutrito, quindi quando fui svegliato alle 2.30 della notte, non potei fare a meno di emettere un gemito.

 

"È il tuo turno," grugnii, allungando un braccio per dare un colpo sulla spalla di Harry.

 

"Di già?" fu la risposta assonnata che ottenni dopo un paio di secondi.

 

"Sta piangendo, quindi si, di già."

 

"Sono stanco," sbadigliò, ma lo sentii comunque alzarsi, accendere l'interruttore e andare a piedi nudi verso la culla.

 

"Mi alzerò alle 6 per dargli da mangiare di nuovo", mormorai mentre Harry si dirigeva verso la porta, con un Aidan che piagnucolava appoggiato sulla sua spalla.

 

"Torna a dormire, Lou," rispose con un sorriso stanco sulle labbra.

 

Non me lo feci ripetere due volte.

 

Mantenni la mia promessa, però, e alle 6 mi alzai. Anzi, alle 5:50, date le grida di Aidan che annunciavano avesse bisogno di altro latte.

 

Qualche giorno dopo essere tornati dall'ospedale, avevo iniziato a chiedermi se tutti i bambini piangessero così tanto quando avevano fame o se ci fossero altre ragioni. L'avevo chiesto ad Anne e lei mi aveva detto di chiamare la dottoressa Hayes, cosa che feci, e mi disse che, secondo quanto le avevano detto le infermiere dell'ospedale, Aidan aveva la tendenza a non mostrare altri segni quando era affamato - come mettersi i pugni in bocca, ciondolare la testa da un lato all'altro, aprire la bocca sporgendo le labbra. Inoltre mi disse che avrei potuto provare a dargli da mangiare prima se avessi voluto. Lo feci, ma lui non mostrò alcun interesse per il biberon e quindi non ebbi altra scelta se non sperare che non avesse fame prima che potesse farcelo capire.

 

Passai la giornata a scuola senza addormentarmi, ma non fu sicuramente facile. Oltre ad essere stanco, il mio stomaco doleva leggermente e mi sentivo pesante, strano e brutto e come se tutti mi stessero fissando. Harry ed io eravamo d'accordo sul fatto che sarebbe stato meglio per tutti se avesse continuato a stare con Lauren e la squadra di football durante il pranzo fino a quando non l'avrebbe lasciata, ma ovviamente quello mi fece rimanere solo.

 

Mi sembrò di tornare a nove mesi prima.

 

Non mi importava molto, però, perché proprio nell'attimo in qui attraversavamo la porta della camera da letto, ricevevo un abbraccio, un bacio, un altro abbraccio e poi delle scuse.

 

"Va bene, non preoccuparti," dissi, sorridendogli.

 

"Prometto che andrà meglio dopo il ballo," disse, suonando colpevole.

 

Mi accigliai e abbassai le braccia da dove erano poste intorno al suo fianco. "Te l'ho detto, non voglio-"

 

"Non mi importa, verrai."

 

Il mio cipiglio si fece più profondo e feci un piccolo passo indietro. "Non puoi costringermi ad andare."

 

"No, ma posso convincerti a farlo," disse con un sorriso sfacciato.

 

Inclinai la testa di lato. "Te l'ho detto, non voglio andare. In questo momento ho un aspetto orribile e non penso che tra tre settimane qualcosa sia migliorato."

 

"Sei dimagrito molto dal giorno del cesareo," ribatté lui.

 

Scrollai le spalle tristemente. "Sono ancora enorme. E la mia pelle è disgustosa."

 

"La tua pelle?" Sembrava confuso.

 

"Sulla mia pancia," spiegai brusco.

 

"La pelle della tua pancia sembra assolutamente normale," disse, "non flaccida o altro."

 

"Non ancora, forse. Ma presto lo sarà. E ho le smagliature."

 

Sorrise ironicamente. "Si, due o tre."

 

Incrociai le braccia. "Sono orrende."

 

"Sono appena visibili. E nessuno le vedrà comunque a meno che non stia pianificando di spogliarti appena arrivi."

 

"Non ho intenzione di fare niente appena arriverò, perché io non ci andrò."

 

La sua faccia si rabbuiò. "Lou, dai," disse dolcemente, "voglio davvero andare con te. Per favore?"

 

"Sarò uno schifo, Harry," dissi fissandomi i piedi, "non voglio causare imbarazzo a nessuno di noi."

 

"Non sarai uno schifo," disse con fermezza, "non lo sei mai stato da quando ti conosco, e non inizierai ora. E anche se sembrerai uno schifo, non mi vergognerei di te." Un sorriso nacque sulle sue labbra. "Se mi vergognassi di te, non ti avrei portato, non credi?"

 

"Forse stai solo facendo il carino, compatendomi."

 

"Sono troppo orgoglioso per quello." Fece una pausa per un secondo. "Avrai un aspetto magnifico, e io voglio davvero, davvero tanto portarti come mio accompagnatore, quindi per favore?"

 

Scrollai le spalle. "Puoi trovare qualcun alt-"

 

"O vado con te, o andrò da solo," mi interruppe, posando gli occhi su di me, "e quello sarebbe imbarazzante."

 

La mia bocca si aprì e il mio viso diventò rosso. "Non sei serio, vero?" Dissi debolmente, "non andrai davvero... senza un accompagnatore solo perché io non voglio-"

 

"Oh si, lo farei. Sarebbe un triste spettacolo da vedere."

 

Gli mandai un'occhiata acida, esitando per qualche secondo prima di rispondere. "In realtà stai provando a farmi sentire in colpa, vero?"

 

Lui sorrise. "Diavolo, si. Sta funzionando?"

 

Mi guardai attorno, stringendo la presa attorno a me. "Non lo so. Può essere. Lasciami pensare per qualche giorno, okay?"

 

"Bene, si," disse con uno sguardo impaziente, "ma decidi per la fine del mese, ok?"

 

"Perché così presto?" chiesi, "il ballo non è prima del 17."

 

"Beh, si, ma prima di tutto non voglio aspettare troppo per una risposta, e poi, dobbiamo avere un po' di tempo per trovare i vestiti e tutto."

 

Il mio cuore fece un balzo al pensiero di dover indossare un completo, perché non c'era modo che potessi apparire bello. Non volevo creare altre discussioni, quindi sorrisi e acconsentii.

 

"Fantastico!" esclamò, "okay, ora che ci siamo chiariti, penso che sia ora che tu faccia i tuoi compiti."

 

Tirai fuori la lingua, silenziosamente in disaccordo.

 

"Vuoi andare a fare una passeggiata prima?" chiese.

 

"Con Aidan?"

 

"O senza."

 

"Senza di lui?" sollevai le sopracciglia, "perché?"

 

"Perché," disse, avvicinandosi per stringermi la mano, "io e te non abbiamo avuto un secondo da soli per quasi due settimane, e per quanto ami Aidan e per quanto ami passare del tempo con lui, mi manca essere solo io e te."

 

"È qualcosa a cui dovremmo abituarci, no?" dissi, anche se con un leggero rossore sulle guance.

 

Sorrise ampiamente. "Si, ma quando c'è la mamma - che penso ami Aidan più di quanto ami me tra l'altro - che è disposta a guardarlo, penso che dovremmo approfittarne, no?"

 

Non potevo davvero discutere su quello quando due minuti dopo entrammo nel soggiorno trovando Anne distesa nel pavimento sulla schiena, con in braccio un Aidan felice.

 

"Stai facendo volare in aria mio figlio," la accusò Harry.

 

"Lo adora," disse lei senza distogliere gli occhi da Aidan, "vero, bellissimo bambino?" tubò lei, e lui rispose agitando un pugno.

 

Harry inarcò le sopracciglia in un modo che diceva 'te l'avevo detto' e dovetti soffocare una risata. "Ti dispiace se io e Lou andiamo a fare una passeggiata?" chiese.

 

"Andate, andate," disse lei, "io e Aidan stiamo bene qui."

 

"Penso che dobbiamo stare attenti che non chieda la custodia," mormorò Harry al mio orecchio.

 

"Ti ho sentito," osservò Anne.

 

"Bene. Non provarci."

 

"Non faccio promesse."

 

 

*

 

 

Il resto della settimana passò più o meno allo stesso modo; poche ore di sonno, tanti compiti e tanti pianti di Aidan. Ero stanco, scontroso, e se non fosse stato per Harry che riusciva a rallegrarlo, probabilmente mi sarei messo a piangere prima di mercoledì pomeriggio.

 

Riuscii a trattenermi fino a mercoledì sera.

 

Harry non sembrò molto sorpreso quando entrò in camera da letto quel giorno e mi trovò raggomitolato sul letto, stringendo un cuscino al petto e con una scatola di fazzoletti sul comodino. Non aveva detto una parola, mi aveva avvolto tra le sue braccia e mi aveva permesso di rovinargli la maglietta con le mie lacrime.

 

Non era la prima maglietta che gli veniva rovinata, comunque. Solo poco prima Aidan aveva sputato il latte sulla camicia blu scura di Harry. Adrian e Connor avevano avuto un attacco di risate, e così anche io una volta che avevo notato l'espressione scontenta sul suo viso. Dopo che ebbe superato la sorpresa iniziale, aveva borbottato qualcosa riguardo al fatto che avrebbe dovuto aspettarsi che ad un certo punto sarebbe accaduto visto che aveva letto online che i bambini tendevano a sputare parecchio nei loro primi due mesi di vita.

 

Ero grato di non essere ancora stato vittima di quella normale particolarità.

 

 

 

Giovedì, 27 Maggio

 

Giovedì, all'ora di pranzo, fui leggermente sorpreso da qualcosa. Ero seduto da solo nel solito tavolo proprio all'ingresso della mensa, leggendo furiosamente i miei appunti di filosofia degli ultimi nove mesi, cercando di riassumere tutte le teorie e i pensieri, quando sentii il mio telefono vibrare nella tasca dei miei pantaloni della tuta. Con gli occhi ancora incollati ai numerosi fogli, sollevai il cellulare e risposi.

 

"Si?" dissi distrattamente.

 

"Louis? Ciao, sono la dottoressa Hayes."

 

"Oh, ciao," dissi esitante, alzando lo sguardo dai miei appunti.

 

"Ciao. Sto interrompendo qualcosa?"

 

"No, no, che succede?"

 

"Stavo parlando con Ilana e mi ha detto che avete cambiato idea sull'adozione."

 

Rimasi leggermente confuso; non era quel tipo di cosa che doveva rimanere tra il cliente e l'assistente sociale? "Si, è vero," risposi comunque.

 

"Bene, congratulazioni allora," disse, il sorriso evidente nella sua voce, "come sta andando?"

 

"Estenuante," risposi con un borbottio, "ma va tutto bene. È bello."

 

"Buono a sapersi." Tacque per un attimo e stavo per dire che avevo delle lezioni, quando parlò di nuovo. "Beh, la ragione principale per cui ti sto chiamando è per chiederti se te la senti di andare avanti con l'esamizione del tuo corpo."

 

"Esaminaz- oh." Mi interruppi quando capii di cosa stesse parlando, e diedi un'occhiata in giro per assicurarmi che nessun altro fosse nei paraggi. "È- io, beh, cosa sta succedendo?"

 

"L'unica cosa che rimane da fare, in realtà, è fare delle radiografie e vedere se possono aiutarci a capire meglio. Avevamo un'idea molto vaga dopo che abbiamo eseguito l'esame del retto, ma ovviamente non saremmo in grado di poter dire qualcosa prima di aver fatto la radiografia. Non sto dicendo che saremo in grado di farlo dopo averla fatta, ma è probabile che riceverai delle risposte in più."

 

Girai gli occhi per guardare Harry, seduto tra Lauren e Zayn, mentre sorseggiava una lattina di Coca-Cola. Se dovevo essere completamente onesto con me stesso, non ero così interessato a scoprire cosa ci fosse all'interno del mio corpo. Se avessi dovuto prendere in considerazione quello che pensavo, avrei lasciato stare tutto e avrei accettato con calma il fatto che potevo avere dei bambini. Non sentivo alcun desiderio personale di capire come era possibile potesse succedere. Il problema era, tuttavia, che non era solo a me che dovevo pensare, ma anche ad Harry e Aidan.

 

Non che sapessi per certo che io ed Harry saremmo rimasti insieme abbastanza a lungo, ma probabilmente avrebbe voluto sapere se c'era la possibilità di rimanere di nuovo incinto. Se mai fossimo arrivati alla parte sessuale. Al ritmo in cui andavano le cose in quel momento, sembrava dovessi aspettare fin troppo tempo.

 

Il pensiero mi lasciò stranamente avvilito.

 

Era possibile che mi mancasse qualcosa che non avevo mai avuto?

 

"Louis?"

 

"Oh, si, si," scattai e le sbattei le palpebre un paio di volte per schiarirmi le idee. "Radiografia. Giusto. Quando possiamo farla?"

 

"Otterremo risultati migliori se aspettiamo che lo stomaco si riduca alle dimensioni normali, quindi direi che potremmo farla entro la metà o la fine di giugno. Va bene?" 

 

Mi illuminai un po'. "Allora il mio stomaco tornerà alle dimensioni naturali?"

 

"Se tu fossi una donna, il tuo utero sarebbe dovuto essere già tornato alle sue dimensioni naturali," disse, "però è necessario un po' di esercizio per far tornare i muscoli in forma."

 

"Mi fa male fare esercizio," brontolai, "ci ho provato, ma-"

 

"Oh, no, no, devi aspettare almeno sei settimane dopo l'intervento chirurgico per poter fare un allenamento adeguato," mi interruppe, con voce ferma, "continua a fare le passeggiate per ora."

 

Pensai con tristezza al ballo, che sarebbe stato solo in tre settimane. "C'è... c'è qualche possibilità di tornare a qualcosa di simile alle mie normali dimensioni prima del diciassette?" chiesi esitante.

 

"Di giugno?"

 

"Si."

 

"Beh, a meno che tu non inizi una di quelle diete semi-pericolose per celebrità, allora no, non tornerai alle tue dimensioni normali." Il mio cuore affondò, ma lei continuò prima che avessi avuto il tempo di pensare ad una risposta da darle. "Ma se fai delle passeggiate quotidiane, ti assicuri di dormire a sufficienza, bevi abbastanza acqua e mangi sano, dovresti tornare a come eri quando eri incinto di tre mesi."

 

Sbattei le palpebre e poi corrugai la fronte. Quando ero incinto di tre mesi. Era a novembre. Non ero così grosso a novembre, se ricordavo bene. Ero ancora in grado di usare i miei vestiti.

 

Ancora più importante, ero in grado di nascondere il mio stomaco con l'aiuto di un maglione enorme e di una sciarpa. Gli angoli della mia bocca si inclinarono debolmente verso l'alto e mi morsi il labbro leggermente eccitato.

 

"Allora prendiamo un appuntamento?"

 

Ancora una volta la sua voce mi riportò alla realtà. "Si, certo," risposi, "quando c'è una data disponibile?"

 

"Non sono io che mi occupo di queste cose, quindi dovrò fare un paio di chiamate e poi ti manderò un messaggio una volta che ho risolto. Va bene?"

 

"Si, va bene. Grazie."

 

"Nessun problema. E buona fortuna per tutto."

 

"Grazie. Buona giornata."

 

"Anche a te. Ciao."

 

"Ciao." Riagganciai, ma invece di rimettere il telefono in tasca, aprii un nuovo messaggio di testo.

 

Penso che verrò al ballo con te, scrissi prima di comporre il numero di Harry e premere il tasto 'invia'.

 

Mentre rimettevo il telefono in tasca, sollevai gli occhi e mi voltai verso il tavolo dove Harry sedeva. Ci vollero alcuni secondi prima che lo vedessi rallegrarsi per quella che sembrava essere una cosa noiosa detta da Lauren, e infilare la mano nella tasca della sua giacca, prendendo il telefono.  Dopo qualche altro secondo, un largo sorriso apparve sul suo viso. Mentre Lauren continuava a parlare, girò leggermente la testa, quel tanto che bastava per stabilire un contatto visivo con me, e mi mandò uno sguardo che diceva 'davvero?'. Gli feci un leggero cenno in risposta, e il suo sorriso divenne così ampio che per un momento pensai che il suo viso si sarebbe diviso a metà.

 

Distolsi lo sguardo rapidamente, non volendo che qualcuno notasse il nostro scambio di parole silenziose, ma il sorriso rimase sulla mia faccia per il resto della giornata.

 

Venerdì, 28 Maggio 

 

"Ho fallito," piagnucolai nella pancia di Aidan, "so che ho fallito."

 

"Beh, se è successo non è la fine del mondo."

 

Sollevai la testa e guardai il suo volto posato nella mia spalla. "No, sono abbastanza sicuro che lo sia, perché era l'unica materia su cui ero sicuro di cavarmela."

 

Strofinò il naso nella mia spalla. "Sono sicuro che non hai fallito, piccolo."

 

Emisi un respiro profondo e tornai a posare il viso sulla pancia di Aidan. "In ogni caso, non posso farci niente," dissi, "inutile piangere per questo."

 

"Mm, mi piace questa filosofia."

 

"Era un gioco di parole?"

 

"Yep."

 

Sorrisi, ma svanì rapidamente. "È frustrante, perché ho fatto tutti i dannati i saggi e ho scritto un sacco di appunti durante tutto l'anno," brontolai. Harry si limitò a sbadigliare in risposta, e lo guardai. "Stanco?"

 

"Stai scherzando?" sbuffò, "sono sveglio dalle 4 di stamattina."

 

"Aidan ti ha tenuto sveglio?"

 

"Mhm," mormorò, il tutto seguito da un altro sbadiglio. "Va tutto bene. Ho davvero bisogno di studiare qualcosa prima di lunedì."

 

"Hai il tuo primo esame?"

 

"Si."

 

"Di cosa?"

 

"Tecnologia," fu la sua risposta stanca.

 

"Ah. Che gioia."

 

"Beh, almeno sono bravo."

 

"Questo e quello che ho detto io per filosofia, ma poi è andato tutto a puttane."

 

Il fatto che non si fosse preoccupato di girarsi e guardarmi per quel commento, era un segno di quanto fosse stanco. "Sai davvero come confortare una persona," fu tutto ciò che disse.

 

Sorrisi. "Ora del pisolino?"

 

"Si, per favore." Si alzò con movimenti lenti e pesanti, attento a non colpire accidentalmente Aidan, che sembrava stranamente contento di stare sdraiato sul pavimento, guardare il soffitto ed emettere un grido occasionale quando non aveva la nostra attenzione. "Che ne dici, bimbo?" disse mentre prendeva con cura Aidan per poi alzarsi in piedi, "vuoi fare un pisolino con me?"

 

Scalciò le gambe in aria con entusiasmo finché Harry non lo strinse forte al petto.

 

"Tutti i bambini fanno così tanto rumore?" chiese mentre ci dirigevamo verso la camera da letto, "da quel che so, tutti piangono tanto, ma a lui piace davvero fare rumore tutto il tempo."

 

"Almeno sarà facile trovarlo una volta che inizierà a gattonare e perderemo le sue tracce," mi strinsi nelle spalle.

 

"Oh, si, sarà divertente. Penso che sia già abbastanza estenuante così."

 

"Si," sorrisi, "sono comunque felice di averlo tenuto."

 

Entrammo in camera da letto e la conversazione si fermò per qualche secondo mentre Harry metteva Aidan nella culla. Non sembrava che fosse così stanco in quel momento, perché invece di chiudere immediatamente gli occhi come faceva solitamente quando lo mettevamo nel suo lettino, li tenne aperti, guardando avanti e indietro. Non piagnucolò quando Harry mise la coperta attorno a lui e fece un passo indietro. Rimanemmo lì in piedi per qualche secondo in più per assicurarci che non si mettesse improvvisamente ad urlare, richiedendo attenzione, ma rimase zitto, e tirai un sospiro di sollievo. 

 

"È ora di fare un sonnellino," dissi, camminando verso il letto e sdraiandomi nel mio lato. Harry si unì a me e chiuse gli occhi non appena la sua schiena toccò il materasso. Sorrisi debolmente e allungai una mano, lasciandola scivolare lentamente lungo la sua guancia. 

 

Ancora con gli occhi chiusi, la sua bocca si arcuò in un sorriso ed emise un sospiro appagato. "Andiamo a fare una passeggiata dopo?" chiese assonnato.

 

"Si, devo tornare ad una forma decente prima del ballo."

 

"Oh giusto."

 

"Ma non devo indossare un completo, vero?" mi accigliai leggermente. "Non sarò in grado di indossarlo bene. Penso di poter indossare dei pantaloni e una maglia larga, però. Credi possa andare abbastanza bene?"

 

"Mm."

 

"Stai ascoltando?"

 

"Mm."

 

"Harry?"

 

"Mm."

 

Soffocai una risatina e mi avvicinai di più a lui. "Sogni d'oro," mormorai e premetti le labbra sulla sua guancia per un secondo prima di mettermi al suo fianco e chiudere gli occhi.

 

 

*

 

 

Fu solo per pura fortuna che mercoledì non mi addormentai durante il mio esame di sociologia, che tra l'altro era l'ultimo. Avevo passato la notte per lo più sveglio, sia io che Harry che facevamo del nostro meglio per confortare un Aidan assolutamente inconsolabile. Sembrava non ci fosse niente che non andava, il che rendeva tutto peggiore, perché, se fosse stato qualcosa di serio?

 

Alla fine si calmò, ma ormai l'orologio segnava quasi le 5 del mattino e volevo urlare per la frustrazione dato che avevo il mio dannato esame dopo tre ore. Ci riuscii per miracolo, ma il voto che avrei preso non sarebbe stato buono. Non bisognava essere un genio per capirlo. Inoltre avevo fallito anche negli esami di economia.

 

L'unica cosa positiva era che avevo finito con tutto ciò che riguardava la scuola e che non dovevo preoccuparmi più di niente se non della mia situazione personale. In quel momento - a parte Aidan - significava il ballo. Non ero mai stato ad un ballo, e ancora più importante, non ero mai stato ad un ballo con un accompagnatore. Soprattutto non quando l'accompagnatore era un ragazzo. Non era la parte 'andare con un ragazzo' che mi preoccupava di più. No, quello che mi preoccupava di più era che probabilmente avrei dovuto ballare. Il solo pensiero mi dava una scomoda sensazione all'altezza del petto, perché non riuscivo affatto a ballare.

 

Poi ovviamente, c'era Lauren. Ogni volta che chiedevo ad Harry come andava, mi dava delle risposte vaghe con delle leggere scrollate di spalle prima di affrettarsi a cambiare argomento. Tutto quello che sapevo era che doveva fare qualcosa, e mi faceva sentire a disagio e forse un po' impaziente.

 

 

Sabato, 12 Giugno 

 

 

"Lou? Stai uscendo?"

 

"No."

 

"Oh andiamo."

 

"No."

 

"Perché no?"

 

"Perché non riesco davvero a indossare questa camicia verde, ok?" sbottai, accigliato, "il verde non è per niente il mio colore. Accettalo."

 

"Ma era così carina." Apparentemente non voleva accettarlo. "Il papillon che stavo progettando di indossare è dello stesso colore. Saremmo in pendant."

 

Avevo pensato che portare Harry con me per comprare una nuova camicia da indossare al ballo sarebbe stata una buona idea. Avevo pensato che sarebbe stato più veloce, perché avevo avuto l'impressione che Harry fosse un ragazzo esperto di shopping - entrare, prendere quello che serviva, uscire. Sfortunatamente scoprii che quando si trattava di comprare vestiti, Harry decideva di mostrare la sua gayezza. La camicia verde che stavo sbottonando in quel momento era la quinta che mi aveva fatto provare solo in quel negozio. Si, mi aveva fatto provare. Prendeva le camicie dagli scaffali, me le porgeva, e spiegava le sue scelte con commenti come 'ti farà risaltare gli occhi', 'si intona alla tua pelle' e 'i pois sono adorabili!'.

 

Se era sempre stato così quando entrava in un negozio di abbigliamento, trovavo davvero un mistero come nessuno avesse mai messo in discussione la sua sessualità. Pensandoci, però, non era stato così male quando eravamo stati al centro commerciale diversi mesi prima. Forse era cambiato tutto nel momento in cui era venuto a patti con il fatto che gli piacesse il cazzo. Chi lo sapeva?

 

"Ok, va bene," continuò senza aspettare una risposta da parte mia, "prova quella bordeaux."

 

Bordeaux.

 

"La sto provando, smettila di essere petulante," brontolai mentre mi toglievo la camicia verde e la rimettevo sulla gruccia. Evitando di proposito di guardare il riflesso del mio corpo nudo sullo specchio, allungai una mano verso la camicia bordeaux. Non appena la indossai e lanciai un'occhiata allo specchio, feci una smorfia. "No, no, decisamente no," dissi, e senza nemmeno aspettare che lui dicesse qualcosa iniziai a sbottonarla.

 

"Cosa c'è che non va?" sembrava un po' impaziente. Non potevo davvero biasimarlo visto che quello era il terzo negozio in cui entravamo.

 

"Non sto bene con i colori scuri," dissi.

 

"Vuoi che te ne cerchi qualcuna con colori più chiari?"

 

"Devo ancora provare quella rosa e quella blu."

 

"Non è troppo ovvio il rosa?" rifletté, "arriviamo insieme e come se non bastasse, indossi anche una camicia rosa."

 

"Usciremo allo scoperto una volta sola," dissi piano mentre indossavo la camicia rosa, infilandola nei jeans e cominciando ad abbottonarla, "tanto vale andare fino in fondo."

 

"Mm, si. Forse dovremmo aggiungere un po' di glitter."

 

Sbattei le palpebre. "Non riesco a dire se sei sarcastico o no."

 

"Si, nemmeno io. Com'è quella rosa?"

 

"Abbastanza... carina, credo," dissi, girandomi leggermente per avere una visone migliore della mia schiena. Fu un enorme sollievo che il mio sedere non fosse cresciuto e fosse ancora abbastanza bello, anche se i jeans che indossavo non era così aderenti.

 

"Posso vedere?"

 

"Si, certo," dissi distrattamente, facendo del mio meglio per vedere come mi stava dietro senza allungarmi troppo. La ferita dell'incisione era ancora un po' dolorante, per fortuna meno di prima.

 

Le tende si aprirono ed Harry sbirciò dentro. Mi guardò su e giù un paio di volte prima di emettere un fischio di approvazione. "Mi piace."

 

"Si?"

 

"Mhm."

 

"Così tanto da non dover mettere i glitter?"

 

"Si, penso di si," disse, fingendosi pensieroso, "il rosa è abbastanza gay."

 

"Fantastico," dissi seccamente, "immagino che prenderò questa allora. Esci così posso cambiarmi."

 

Roteò gli occhi, ma fece come gli chiesi senza dire nulla. Misi la felpa veloce prima di raccogliere tutte le camicie, le appesi al braccio e uscii dal camerino.

 

"Le prendo io," disse Harry prima di allungare le mani e afferrare le camicie senza nemmeno aspettare il mio consenso.

 

"L'avrei fatto io," dissi mentre lo seguivo con la camicia rosa che era l'unica rimasta nella mia mano.

 

"Beh, sono io che le ho prese prima," disse casualmente mentre rimetteva le camicie nel proprio scaffale.

 

"Non posso discutere su questo," dissi.

 

Rimasi lì a guardarlo fino a quando non ebbe sistemato l'ultima camicia, poi si voltò verso di me e mi sorrise. "Credo che voglio un papillon da abbinare alla tua camicia," disse.

 

Alzai le sopracciglia. "Hai parlato di colori che si abbinano tutto il giorno, e ora vuoi indossare un papillon rosa con un completo scuro e una camicia bianca?"

 

"Certo che no," disse con uno sbuffo, "indosserò il mio completo nero con una camicia nera e un papillon rosa."

 

"Non sarebbe meglio se avessi la camicia uguale alla mia?"

 

"Siamo uno l'accompagnatore dell'altro, non gemelli, Lou."

 

"Ma sarà troppo buio-"

 

"Okay, che ne dici se lascio stare la giacca e indosso i pantaloni grigi, una maglia nera e il papillon rosa?"

 

Annuii. "Potrebbe funzionare." Esitai per un secondo. "Che sfumatura di grigio hanno i pantaloni, però? Perché se sono-"

 

"Porca puttana, Louis!" Non ebbi nemmeno il tempo di girarmi per localizzare la fonte della voce che la mia vista fu offuscata da un'enorme quantità di capelli castani. Trasalii al modo in cui il suo corpo si scontrò violentemente al mio, un dolore acuto alla ferita. "Dove diavolo sei stato?"

 

"Io- ciao," dissi una volta che lei si tirò indietro, guardandola con occhi sorpresi. 

 

"Non ti vedo da mesi e tutto quello che mi dici è un 'ciao'," disse Eleanor, con una smorfia visibilmente dispiaciuta, "dove sei stato e cosa hai fatto e perché non vivi più a casa tua?" Fu solo allora che i suoi occhi si posarono su Harry, cambiando espressione. "E chi è questo?" Chiese dopo un momento di imbarazzante silenzio, sollevando le sopracciglia verso di me.

 

"Oh, lui è- è Harry," dissi, gesticolando rigidamente verso di lui.

 

Le sue sopracciglia si sollevarono ancora di più - a quanto pareva non aveva dimenticato quello che le avevo detto tempo prima. "Giusto, okay," disse mentre sorrideva leggermente, "quindi, voi due...?" Si interruppe, guardando di nuovo Harry.

 

Non sembrava esattamente sicuro su come rispondere, non se il modo in cui apriva e chiudeva la bocca numerose volte fosse di qualche indizio, e così presi la situazione in mano. "Più o meno," dissi.

 

Il sorrisino sulla sua faccia si trasformò in un sorriso sincero e lasciò che le sue braccia, che erano incrociare sul suo petto, cadessero lungo i suoi fianchi. "Davvero?" disse, allungando la 'e', "tutta la merda è passata dall'ultima volta che ti ho visto."

 

Sia io che Harry ridemmo a quello. "Puoi dirlo forte, si," dissi vagamente.

 

"Vuoi dirmi dove sei stato allora? Tutto quello che so è ciò che ho sentito da Owen, qualcosa di poco chiaro su tua mamma ed il suo ragazzo."

 

"È una storia davvero lunga," dissi, "e non ho il tempo di raccontartelo ora, ma ci rivedremo presto e ti dirò tutto, okay?" Non mi sentivo davvero dell'umore per spiegarle tutto lì.

 

"Ogni volta che la gente dice di avere una lunga storia da raccontare alla fine si scopre sempre che era davvero breve e noiosa," disse.

 

"Oh, questa è tutt'altro che breve e noiosa," disse Harry.

 

"Non lo è davvero. E davvero non ho nemmeno il tempo di condividere ora tutto, ma prometto che ti chiamerò o ti manderò un sms al più presto, d'accordo?"

 

"Beh, io- perché non mi hai chiamato o scritto prima?" chiese, un'espressione un po' triste negli occhi.

 

"Sono stato occupato," risposi. Aprì la bocca, ovviamente sul punto di protestare, ma la bloccai. "È la scusa più usata, lo so, ma sono stato davvero occupato." Sorrisi. "Sono abbastanza sicuro che capirai una volta che ti avrò spiegato."

 

La sua curiosità non sembrava vacillare. "Puoi almeno darmi un indizio?" disse.

 

Mi leccai le labbra pensieroso. "Bambino."

 

Le sbatté le palpebre. "Bambino?"

 

"Bambino."

 

"Beh, non hai messo incinta nessuno, quindi posso escludere quell'opzione," disse lei. Ci fu un momento di silenzio prima che la sua bocca si riaprí. "Tua madre ha avuto un bambino e ti hanno buttato fuori di casa per avere più spazio!" All'improvviso lanciò le mani in aria e continuò, molto più forte. "Oh, no, aspetta! Owen ha messo incinta una ragazza e tu dovevi andartene in modo da poter lasciare spazio per la troia e il bambino!"

 

Probabilmente mi sarei divertito molto a stare lì nel negozio con una camicia rosa in mano, ad ascoltare Eleanor inventarsi una teoria dopo l'altra su come la parola 'bambino' potesse essere collegata al fatto che non l'avessi chiamata per secoli. Non sembrava che gli altri clienti o impiegati fosse interessati a ciò che aveva da dire, e la interruppi a metà di una sua teoria che coinvolgeva la polizia e il cane del vicino, dicendole che le avrei mandato un messaggio molto, molto presto e poi mi affrettai ad andare verso la cassa per pagare.

 

La gruccia era diventata umida nella mia mano. 

 

"Le piace parlare," commentò Harry quando eravamo seduti in macchina mentre tornavamo a casa.

 

"Si, è brava in quello," dissi con un sorriso.

 

"Chi è comunque?" chiese prima di aggiungere canzonatorio, "la tua ex?"

 

Tossii leggermente. "Tipo."

 

Mi lanciò un'occhiata. "Ma tu non sei- oh." Uno sguardo di realizzazione apparve sul suo viso. "È quella ragazza."

 

"Quale ragazza?"

 

"Quella con cui hai fatto sesso."

 

Mi accigliai. "Come sai-"

 

"Mi hai detto che hai fatto sesso con una ragazza una volta," mi interruppe, "non sei proprio una persona mondana, e sembrava che la conoscessi abbastanza bene, quindi..."

 

"Oh." Mi morsi il labbro. "Si, era lei."

 

"Mm." Silenzio. "Quindi... quanto sa?"

 

Scrollai le spalle. "Sa che sono gay, tutto qui."

 

Lui sorrise debolmente. "Quindi non sa davvero nulla."

 

Girai lo sguardo per guardare fuori dal finestrino, osservando l'oscurità che dava agli alberi e alle case un aspetto spettrale. "No, immagino di no."

   
 
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