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Autore: Myra11    23/11/2017    1 recensioni
Sequel di "Bring Me Back To Life".
Cinque anni dopo aver sconfitto l'oscurità ed essere miracolosamente sopravvissuti, Noctis è il re, e Nyx conduce una vita tranquilla al fianco di Lunafreya. Finchè gli spettri non tornano a tormentarlo, e tra di loro, uno molto particolare...
[Dalla storia]
Il fantasma gli sorrise, ma fu più un ghigno crudele.
"Se non sono reale, come posso fare questo?" Gli domandò con aria divertita,e poi affondò la spada dritto nel cuore della recluta. Fu così improvviso che Nyx quasi non si accorse del sangue che sgorgava dalla ferita.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunafreya Nox Fleuret, Noctis Lucis Caelum, Nuovo personaggio, Nyx Ulric, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5
 
-Noctis la osservò accettare il ciondolo con mani tremanti, ma quando si voltò verso di lui gli sembrò di vedere una furia bianca, una stella pronta ad esplodere.-
 
Noctis spalancò le porte, entrando quasi di corsa nella sala del trono, e si ritrovò venticinque paia di occhi puntati addosso. Sentiva Gladio e Victoria dietro di lui e, poco più distante, i passi di Ignis e di Luna.
«Che cosa ci fate voi qui?» Domandò mentre le reclute si inginocchiavano davanti a lui, senza avere nemmeno il coraggio di guardarlo.
Salì gli scalini che portavano al trono due a due, e Victoria fu subito al fianco, interrompendolo in un sussurro prima che parlasse di nuovo. «Non essere troppo duro con loro, sono solo dei ragazzi.»
Con un sospiro, Noctis ammise a sé stesso che lei aveva di nuovo ragione.
«Chi è che comanda, tra di voi?» Domandò, in tono più pacato, e una ragazza dai capelli neri si fece avanti, per inchinarsi ancora una volta. «Sono Gratia Obscura, maestà. Il nostro unico comandante è il generale Ulric, e…»
«E mi sembrava di avervi affidato una missione.» La interruppe Noctis, severo.
Quando gli era stata comunicata la notizia che le reclute erano tornate si era affrettato a raggiungerle, imprecando tra sé e sé da una parte, e chiedendosi se non fosse successo qualcosa di grave dall’altra.
La ragazza esitò un istante. «Altezza, il generale non ci ha parlato di niente di simile, ma è partito da solo, sostenendo di doversi recare in un posto specifico.»
«Cosa?» Fu la voce di Lunafreya a risponderle, e l’Oracolo le si avvicinò di fretta, accigliata.
Noctis poteva quasi percepire la sua preoccupazione come un peso sul petto.
La giovane donna dai capelli neri chinò il capo davanti a lei, ed estrasse una collana d’argento dalla tasca.
«Mi ha chiesto di consegnarvi questa, mia signora.»
Noctis la osservò accettare il ciondolo con mani tremanti, ma quando si voltò verso di lui gli sembrò di vedere una furia bianca, una stella pronta ad esplodere. «Dove l’hai mandato?» Gli chiese, la voce repressa di rabbia.
«Luna, avevo bisogno di una squadra che controllasse gli avvistamenti daemon, ma non ho mai ordinato che lui partisse da solo.» Cercò di spiegarle, di mantenere un tono di voce pacato, ma gli occhi azzurri dell’Oracolo sembravano un cielo in tempesta.
«Era ovvio che sarebbe partito da solo! Non vuole mettere in pericolo i soldati!»
«Lunafreya…»
La donna sollevò una mano, bloccando la protesta di Ignis sul nascere.
«Lui non dovrebbe nemmeno essere là fuori.» Mormorò, usando un tono di voce più calmo. «Non dopo tutto ciò che ha fatto per voi.»
Si voltò e se ne andò, e i ranghi delle guardie reali si aprirono per lasciarla passare.
Sentì i passi concitati dietro di lei, e li ignorò.
L’unica cosa che importava era la mezzaluna sulla sua mano, e il fatto che Nyx fosse da solo.
«Luna, per favore, aspetta!»
Noctis la bloccò per un polso, e lei si fermò ad osservare il re, in attesa che parlasse.
«Luna, mi dispiace.» Esordì il sovrano. «Non avevo previsto che Nyx avrebbe fatto qualcosa di così…tipicamente suo come partire da solo. Lo so che ha già fatto tantissimo, specialmente per me, e ti prometto che quando tornerà a casa sarà per l’ultima volta.»
Aveva un tono così rammaricato che, alla fine, lei cedette. «Va bene.»
Noctis annuì. «Bene. Grazie.»
La donna sorrise, e strinse piano la mano del re. «Dovresti tornare, non hai fatto una bella figura inseguendomi.»
«No, immagino di no. Starai bene?» Le domandò, e lei annuì.
Dopo tutti quegli anni, c’era ancora qualcosa che la faceva sentire protettiva verso di lui. «Non pensare a me.»
Lui le sorrise ancora una volta, poi si avviò verso la sala del trono, lasciandola nel corridoio vuoto.
Spostando lo sguardo oltre il vetro della finestra, Lunafreya vide che stava nevicando, e si strinse il ciondolo al petto.
«Prima o poi avremo la nostra pace.» Mormorò alla collana, a sé stessa e al marito a chilometri di distanza, cercando di darsi speranza, ma non funzionò a lungo. La sagoma scura di Umbra le si avvicinò con cautela, e il cane le si sedette accanto.
Emozionata, lei s’inginocchiò sul marmo, accarezzandogli il collo in cerca di una risposta che, e la cosa la colpì come un fulmine, non c’era. Fu in quel momento che cedette, e lasciò scivolare le braccia attorno allo spesso collo del cane.
Umbra uggiolò piano mentre lei piangeva sulla sua pelliccia.
 

 
Si tirò la sciarpa sul viso e rallentò quando le luci della città gli comparvero davanti.
Era a poca distanza dalla stazione chocobo, ma la nevicata stava rischiando di trasformarsi in una tempesta, e gli conveniva fermarsi.
Quando entrò nel motel sfregandosi le mani, il locandiere dietro il bancone s’illuminò solo a vederlo. «Mio signore!»
Superò la reception e s’inginocchiò davanti a lui, afferrandogli le mani. «Che gioia rivedervi.»
Nyx inarcò un sopracciglio, vagamente imbarazzato. «Scusami, ma tu sei…?»
L’uomo si alzò con un sorriso che non voleva saperne di svanire. «Lei e l’oracolo, signore, avete salvato i miei figli, e il mio lavoro. Non ho mai avuto occasione di ringraziarvi.»
Ecco perché l’uomo aveva un aspetto vagamente familiare, pensò con un sorriso.
Era la stessa locanda dove lui e Luna si erano fermati quindici anni prima, lo stesso posto dove aveva ritrovato la magia necessaria per proteggerla.
«Quella stanza…» Esordì, e l’uomo non ebbe bisogno di sentirgli terminare la frase. «È libera, andate. Avete bisogno di qualcosa?»
Nyx abbassò lo sguardo sulla chiave. «Solo di un pasto caldo e una bottiglia di qualcosa di forte. Vi ringrazio.»
Mentre l’uomo lo riempiva ancora di complimenti e gratitudine, Nyx salì le scale e, quando aprì la porta, gli sembrò di tornare nel passato, in quel periodo dove lui e Lunafreya si stavano aprendo l’uno con l’altro.
Si sedette sulla stessa poltrona, e buttò le gambe oltre il bracciolo, appoggiando la schiena a quello opposto, lo sguardo fisso sul letto. Gli sembrava di vederla là, avvolta nelle coperte, una principessa triste dal cuore d’oro, che piano piano si addormentava sentendolo parlare.
Quando qualcuno bussò alla porta quella visione fu interrotta, e Nyx sentì un nodo in gola.
Lei non era là, era al sicuro nella capitale, nella loro stanza.
Da sola.
«Il vostro pranzo signore.»
«Grazie.» Mormorò, prendendo il vassoio e riassumendo la sua precedente posizione sulla poltrona.
Ardyn comparve quando si stava dedicando alla bottiglia di liquore.
Bere, pensò, era un modo per non pensare.
A sua moglie, a ciò che gli stava succedendo.
«Non diventerai alcolizzato, spero. Saresti più inutile di ciò che già sei.»
«Tu sei morto.» Rispose Nyx ingoiando un sorso di liquido bollente. «Quanto sei utile?»
Il fantasma sogghignò, senza mai perdere quella sua aria crudele.
«Perché mi perseguiti, a proposito?» Gli domandò, accigliandosi. Cosa voleva da lui?
Ardyn si strinse nelle spalle. «Io non ti perseguito. Sono qui per guardarti mentre diventi come me.»
Il pugnale si piantò nella parete dietro di lui, e il suo gesto causò un’altra risata allo spettro.
«Io e te siamo molto diversi, ricordatelo.»
Ardyn si sedette sul letto davanti a lui, gli occhi che scintillavano.
«Non parlare così in fretta, Ulric. O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo.»
Sogghignò, crudele e divertito.
«E tu sei immortale.»
Quando lanciò il secondo pugnale, Ardyn scomparve.
Quando la lama si piantò nel materasso, però, Nyx vide il sangue scorrere dalle lenzuola fino al pavimento, e si alzò di scatto, scostando le coperte.
Gli occhi senza vita di sua moglie gli perforarono l’anima.
La porta venne spalancata all’improvviso, e Nyx si rese conto che c’era del fumo, nella stanza, e un calore che non era naturale. Quando il locandiere gli domandò cosa fosse successo, Nyx non rispose.
Quando aveva dato fuoco al materasso?
Si lasciò trascinare via e, sulle scale, si rese conto che i pugnali erano al loro posto nei foderi, anche se lui si ricordava di averli lanciati entrambi, e di non averli recuperati. Mentre i camerieri con i secchi d’acqua correvano a spegnere l’incendio prima che si espandesse in maniera irreparabile, Nyx spostò lo sguardo verso l’uomo che l’aveva accolto.
«Mi dispiace.» Esordì, poi si allontanò da lui, dirigendosi all’uscita. Rimontò sulla moto in mezzo a quella che era ormai diventata una bufera, e ripartì, senza voltarsi verso la locanda che bruciava.
Cosa gli stava succedendo?
Cercò Bahamut nel proprio cuore, ma la dea restò in silenzio, lasciandolo solo.
Non seppe mai per quanto tempo avanzò nella neve, ma quando la prima sfumatura di giallo comparve nella sua visuale aveva le mani congelate e la mente stordita. Aveva calcolato di essere a meno di un’ora di distanza dal suo obbiettivo, eppure aveva guidato per più tempo, ne era certo.
Che razza di giro aveva fatto?
«Concentrati.» Mormorò a sé stesso mentre scendeva dalla moto e la spingeva verso l’entrata della stazione chocobo, che sembrava deserta.
Noctis aveva detto che erano stati avvistati daemon, da quelle parti, e lui sperò che non avessero attaccato l’avamposto. Appoggiò il suo veicolo ad un albero, e la fiamma comparve sulla sua mano, bruciando ancora più intensamente nel buio della bufera.
C’erano tracce delle grandi zampe dei chocobo, e impronte umane. Niente sangue e tracce di daemon, per fortuna, pensò, eppure quella quiete silenziosa lo rendeva nervoso.
Incendiò ciò restava di un mucchio di foglie secche, e la luce si espanse nell’area.
Intorno ai cancelli c’erano tracce delle enormi zampe dei behemot e, quando uscì, vide anche i brandelli di abiti dei folletti e le bruciature velenose sulla terra.
Sentì il ruggito prima di vedere l’ombra muoversi nella neve e, nello stesso istante, gli squillò di nuovo il telefono. Rispose prima che il behemot potesse accorgersi di lui, e si ritirò dietro l’albero dove aveva poggiato la moto, lontano dalla visuale della bestia.
«Non è il momento migliore.» Sussurrò al suo interlocutore, ma la voce dell’altra parte della linea lo colpì come una coltellata.
«Nyx.»
«…Luna.»
«Hai delle cose da spiegarmi.» Proseguì lei, e lui si maledisse mentalmente. Era così ovvio che gli era sfuggito di mente: come aveva potuto pensare che lei se ne sarebbe stata buona sapendo che era in giro da solo, in un territorio che, sebbene avesse dovuto essere in pace, non lo era?
Sentì il terreno tremare mentre l’enorme bestia si avvicinava, il suono del suo respiro che superava perfino la neve.
«Lo so, e lo farò, ma davvero, non è il momento migliore.»
«Nyx! Che sta…»
Fu costretto a staccarle il telefono in faccia e a saltare via dal suo nascondiglio mentre il behemot strappava l’albero dal terreno con una sola zampata. Creò la barriera d’istinto, e le zanne della creatura vi si scheggiarono sopra.
Mentre i versi spaventati dei chocobo nelle stalle lo raggiungevano, Nyx calcolò velocemente le sue opzioni.
Rimanere, e rischiare di mettere in pericolo gli animali e i loro custodi, o cercare di raggiungere la moto tra le zampe del daemon, e guidarlo lontano.
«Beh, fanno schifo come scelte.» Distese le spalle e lanciò il pugnale mentre la barriera esplodeva intorno a lui.
Il behemot lo inseguì quando sentì il rombo del motore riempire l’aria, e Nyx lo condusse lontano, tra gli alberi che sembravano comparirgli davanti all’improvviso in mezzo alla neve.
Quando la zampa del behemot si abbatté sul terreno dietro di lui, costringendolo a sbandare, fu il suo corpo ad agire per lui. Mentre la moto scivolava sulla strada ghiacciata, lanciò entrambi i pugnali sul muso della creatura e, mentre ancora finiva di proiettarsi, gli venne naturale evocare un’altra arma, e piantarla nel muso della bestia.
Il behemot si schiantò al suolo con un ruggito soffocato e Nyx, stranito, estrasse la spada di Regis dalla sua fronte. Osservò il sangue scorrere sulla lama, e la scosse per ripulirla.
Aveva sognato quell’arma, qualche giorno prima, e si era visto entrare nel mausoleo e rubarla alla figura di pietra, per poi farla svanire in una nube cristallina. La vide svanire anche in quel momento, e si costrinse a muoversi, recuperando i kukri.
Come faceva ad avere quell’arma?
Era stato solo un sogno, si disse mentre si avvicinava alla moto.
Forse fu perché era sovrappensiero, ma non sentì il movimento nella bufera.
Qualcosa gli si schiantò contro, e l’ultima cosa che sentì prima di svenire fu il colpo contro la roccia, e il rivolo di sangue sulla pelle.
 
 
 
Note:
come tutti di certo saprete, la frase che Ardyn dice a Nyx è deliberatamente tratta dal Cavaliere Oscuro xD
  
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