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Autore: __pattz    23/06/2009    1 recensioni
Camminavo nella foresta poco lontano da casa mia. Sapevo purtroppo che il pericolo era troppo, e l'ansia mi stava uccidendo, ma dovevo continuare a camminare...
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Camminavo nella foresta poco lontano da casa mia. Sapevo purtroppo che il pericolo era troppo, e l’ansia mi stava uccidendo, ma dovevo continuare a camminare. Il silenzio era irritante, riuscivo soltanto a sentire il rumore delle foglie spostate dal freddo venticello d’autunno e il rumore dei miei passi lenti e incerti. Un brivido ghiacciato, gelato, salì lungo la mia nuca. Mi strinsi dentro il mio cappotto e deglutii rumorosamente. Nonostante sapessi che lui era lì che mi stava osservando, continuai a camminare a passi molto lenti. I miei occhi vagavano e si spostavano velocemente da un posto all’altro, cercando di intravederlo dietro qualche tronco d’albero. Il fatto che lui mi stesse fissando era terribilmente fastidioso, tanto quanto il brivido gelato che mi saliva lungo la nuca ogni cinque secondi. Feci scendere la mia mano lungo la gamba e afferrai il paletto di legno. Lo strinsi tra le dita, chiudendo la mano in pugno. Sentii un ghigno, o forse era stata soltanto una mia impressione. No, ci avrei messo la mano sul fuoco, era un ghigno. Mi fermai nel bel mezzo della foresta; sembrava un’enorme radura. Una radura che metteva terrore e panico. L’ansia cominciò ad aumentare e sentii le mani che iniziarono a sudare. Feci un giro su me stessa, catturando ogni punto della radura. Gli alberi erano paurosamente alti e folti, riuscivo a malapena ad intravedere la luna piena che brillava nel cielo. All’improvviso sentii un rumore di foglie dietro di me. Troppo forte per essere il vento. Mi voltai di scatto ma dietro di me c’era soltanto un tronco d’albero. Il brivido questa volta fu sulla schiena e non più sulla nuca, e sempre più gelato, così cercai di tenere ben solido il paletto nella mano. Il mio respiro iniziò ad essere affannoso per il terrore e una lacrima uscì dal mio occhio destro. Sentii nuovamente il rumore di foglie che proveniva dalla mia destra. Mi voltai immediatamente, ma ovviamente davanti a me c’era soltanto un’enorme cespuglio verde. Anche questo rumore era stato troppo forte per essere il vento, così subito dopo, capii. Il terrore si trasformò in ira, rabbia. Mi asciugai in fretta la lacrima, e presi coraggio. Lui.. voleva una sfida. Iniziai a girarmi su me stessa in modo veloce e deciso. Il rumore delle foglie continuava, questa volta più forte, più deciso. Ma non proveniva né dalla mia destra, né dalla mia sinistra, ma proprio da sopra di me.. Il mio cuore iniziò a battere in una maniera poco reale. Non so quale fosse il vero motivo. Rabbia, per tutto quello stava facendo lui in quel momento, e per tutto quello che aveva già fatto in passato, e che avrebbe potuto fare in futuro. Paura, perché sapevo che se avessi fatto un passo sbagliato, mi sarei ritrovata senza una goccia di sangue nelle vene. Curiosità, perché la voglia di vederlo in faccia era troppa. Mille sensazioni stavano torturando la mia testa. Feci un respiro profondo, e le mani iniziarono a tremare. <<..scendi qui.. vieni qui.. se ne hai il coraggio. Codardo!>> urlai alzando il mio viso verso i rami che c’erano sopra di me. Sapevo che lui era lì, e che il suo scopo era quello di farmi impazzire letteralmente. E maledetto lui, ci riuscì alla grande. La mia voce era tremante, diversa, rotta. Lui scoppiò a ridere e iniziò a correre velocemente nella radura. Era impossibile scrutare la sua figura, perché era dannatamente veloce. Strinsi con tutte e due le mani il paletto e feci un passo indietro. Inevitabilmente, inciampai su una roccia dietro di me, e caddi sbattendo il braccio su un pezzo di legno. Lui rise di nuovo e lo sentii avvicinarsi verso di me e passi lenti. <<..sai meglio di me che se vengo, per te è finita.>> parlò con voce calma, tranquilla e terribilmente melodiosa. Era una voce calda, seducente. Sentii la testa andarmi a fuoco per la rabbia e provai ad alzarmi, ma mi accorsi che il paletto che stringevo tra le mani non era più con me. Lo cercai con le mani sul terreno pieno di foglie, ma il paletto non c’era. Alzai il viso per guardarlo, ma sarebbe stato troppo ovvio se l’avessi trovato davanti a me. <<..hai paura.. vero?>> mi chiese lui, sempre con lo stesso tono calmo e tranquillo. Rise di nuovo. Odiavo essere presa in giro in quel modo. Dovevo assolutamente recuperare quel paletto per ficcarglielo dritto nel cuore. Mi alzai sulle ginocchia, e poi appoggiai le mani sul terreno pieno di foglie secche, cercando di alzarmi in piedi. Ma lui, più furbo e più veloce, mi spinse con il piede dalla schiena, facendomi cadere nuovamente a terra, con le mani sul terreno. Rise rise, e rise ancora. Non smetteva di ridere. Il mio viso era bagnato dal sudore e dalle lacrime. Mi passai una mano sulla fronte, non accorgendomi che era piena di sangue. Sangue, ciò che desiderava lui. Con fatica finalmente riuscii ad alzarmi, e lui era lì, proprio davanti a me. Fissava le mie mani con uno sguardo penetrante, minaccioso. Come se stesse per mangiarle in un solo boccone. Ma ormai era finita, io ero finita. Lui era il predatore, e in quel momento esatto io ero la preda. Non avevo armi, né altro per potermi difendere. Non ero una cacciatrice, come avrei dovuto essere. E un secondo dopo, i suoi denti erano infilzati nella mia gola.

Mi svegliai di scatto, con gli occhi spalancati, e il viso tutto sudato. Avevo il respiro affannoso, e quasi incontrollabile. Senza aspettare un minuto, portai due dita della mano sul mio collo, ma esso era liscio e morbido come la seta. Niente traccia di morsi, o semplici punture. Sospirai di sollievo; era stato soltanto un brutto, terribile sogno. Mi alzai dal letto, ancora traballante, e ancora un po’ intontita dal sogno che avevo fatto. Mi diressi subito verso la finestra, aprendo leggermente la tenda. Non c’era traccia di sole, e di sicuro non ci sarebbe stato per il resto del mese. Enormi nuvole grigie coprivano il cielo, e non c’era ancora un’anima viva in mezzo alle strade. Erano..Si e no le 6 del mattino. Chiusi la tenda, e mi avviai verso il bagno, per fare una lunga e calda doccia. Oggi sarebbe stato il grande giorno. Grande era l’aggettivo giusto? Forse si, forse no. Ma sarebbe stato un giorno importante, quello era poco, ma molto sicuro.
  
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