Camminavo nella foresta poco lontano da casa mia. Sapevo purtroppo che
il pericolo era troppo, e l'ansia mi stava uccidendo, ma
dovevo
continuare a camminare...
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Camminavo nella foresta poco lontano da casa mia. Sapevo purtroppo che
il pericolo era troppo, e l’ansia mi stava uccidendo, ma
dovevo
continuare a camminare. Il silenzio era irritante, riuscivo soltanto a
sentire il rumore delle foglie spostate dal freddo venticello
d’autunno
e il rumore dei miei passi lenti e incerti. Un brivido ghiacciato,
gelato, salì lungo la mia nuca. Mi strinsi dentro il mio
cappotto e
deglutii rumorosamente. Nonostante sapessi che lui era lì
che mi stava
osservando, continuai a camminare a passi molto lenti. I miei occhi
vagavano e si spostavano velocemente da un posto all’altro,
cercando di
intravederlo dietro qualche tronco d’albero. Il fatto che lui
mi stesse
fissando era terribilmente fastidioso, tanto quanto il brivido gelato
che mi saliva lungo la nuca ogni cinque secondi. Feci scendere la mia
mano lungo la gamba e afferrai il paletto di legno. Lo strinsi tra le
dita, chiudendo la mano in pugno. Sentii un ghigno, o forse era stata
soltanto una mia impressione. No, ci avrei messo la mano sul fuoco, era
un ghigno. Mi fermai nel bel mezzo della foresta; sembrava
un’enorme
radura. Una radura che metteva terrore e panico. L’ansia
cominciò ad
aumentare e sentii le mani che iniziarono a sudare. Feci un giro su me
stessa, catturando ogni punto della radura. Gli alberi erano
paurosamente alti e folti, riuscivo a malapena ad intravedere la luna
piena che brillava nel cielo. All’improvviso sentii un rumore
di foglie
dietro di me. Troppo forte per essere il vento. Mi voltai di scatto ma
dietro di me c’era soltanto un tronco d’albero. Il
brivido questa volta
fu sulla schiena e non più sulla nuca, e sempre
più gelato, così cercai
di tenere ben solido il paletto nella mano. Il mio respiro
iniziò ad
essere affannoso per il terrore e una lacrima uscì dal mio
occhio
destro. Sentii nuovamente il rumore di foglie che proveniva dalla mia
destra. Mi voltai immediatamente, ma ovviamente davanti a me
c’era
soltanto un’enorme cespuglio verde. Anche questo rumore era
stato
troppo forte per essere il vento, così subito dopo, capii.
Il terrore
si trasformò in ira, rabbia. Mi asciugai in fretta la
lacrima, e presi
coraggio. Lui.. voleva una sfida. Iniziai a girarmi su me stessa in
modo veloce e deciso. Il rumore delle foglie continuava, questa volta
più forte, più deciso. Ma non proveniva
né dalla mia destra, né dalla
mia sinistra, ma proprio da sopra di me.. Il mio cuore
iniziò a battere
in una maniera poco reale. Non so quale fosse il vero motivo. Rabbia,
per tutto quello stava facendo lui in quel momento, e per tutto quello
che aveva già fatto in passato, e che avrebbe potuto fare in
futuro.
Paura, perché sapevo che se avessi fatto un passo sbagliato,
mi sarei
ritrovata senza una goccia di sangue nelle vene. Curiosità,
perché la
voglia di vederlo in faccia era troppa. Mille sensazioni stavano
torturando la mia testa. Feci un respiro profondo, e le mani iniziarono
a tremare. <<..scendi qui.. vieni qui.. se ne hai il
coraggio.
Codardo!>>
urlai alzando il mio viso verso i rami che c’erano sopra di
me. Sapevo
che lui era lì, e che il suo scopo era quello di farmi
impazzire
letteralmente. E maledetto lui, ci riuscì alla grande. La
mia voce era
tremante, diversa, rotta. Lui scoppiò a ridere e
iniziò a correre
velocemente nella radura. Era impossibile scrutare la sua figura,
perché era dannatamente veloce. Strinsi con tutte e due le
mani il
paletto e feci un passo indietro. Inevitabilmente, inciampai su una
roccia dietro di me, e caddi sbattendo il braccio su un pezzo di legno.
Lui rise di nuovo e lo sentii avvicinarsi verso di me e passi lenti.
<<..sai meglio di me che se vengo, per te è
finita.>>
parlò con voce calma, tranquilla e terribilmente melodiosa.
Era una
voce calda, seducente. Sentii la testa andarmi a fuoco per la rabbia e
provai ad alzarmi, ma mi accorsi che il paletto che stringevo tra le
mani non era più con me. Lo cercai con le mani sul terreno
pieno di
foglie, ma il paletto non c’era. Alzai il viso per guardarlo,
ma
sarebbe stato troppo ovvio se l’avessi trovato davanti a me.
<<..hai paura.. vero?>>
mi chiese lui, sempre con lo stesso tono calmo e tranquillo. Rise di
nuovo. Odiavo essere presa in giro in quel modo. Dovevo assolutamente
recuperare quel paletto per ficcarglielo dritto nel cuore. Mi alzai
sulle ginocchia, e poi appoggiai le mani sul terreno pieno di foglie
secche, cercando di alzarmi in piedi. Ma lui, più furbo e
più veloce,
mi spinse con il piede dalla schiena, facendomi cadere nuovamente a
terra, con le mani sul terreno. Rise rise, e rise ancora. Non smetteva
di ridere. Il mio viso era bagnato dal sudore e dalle lacrime. Mi
passai una mano sulla fronte, non accorgendomi che era piena di sangue.
Sangue, ciò che desiderava lui. Con fatica finalmente
riuscii ad
alzarmi, e lui era lì, proprio davanti a me. Fissava le mie
mani con
uno sguardo penetrante, minaccioso. Come se stesse per mangiarle in un
solo boccone. Ma ormai era finita, io ero finita. Lui era il predatore,
e in quel momento esatto io ero la preda. Non avevo armi, né
altro per
potermi difendere. Non ero una cacciatrice, come avrei dovuto essere. E
un secondo dopo, i suoi denti erano infilzati nella mia gola.
Mi svegliai di scatto, con gli occhi spalancati, e il viso tutto
sudato. Avevo il respiro affannoso, e quasi incontrollabile. Senza
aspettare un minuto, portai due dita della mano sul mio collo, ma esso
era liscio e morbido come la seta. Niente traccia di morsi, o semplici
punture. Sospirai di sollievo; era stato soltanto un brutto, terribile
sogno. Mi alzai dal letto, ancora traballante, e ancora un
po’ intontita dal sogno che avevo fatto. Mi diressi subito
verso la finestra, aprendo leggermente la tenda. Non c’era
traccia di sole, e di sicuro non ci sarebbe stato per il resto del
mese. Enormi nuvole grigie coprivano il cielo, e non c’era
ancora un’anima viva in mezzo alle strade. Erano..Si e no le
6 del mattino. Chiusi la tenda, e mi avviai verso il bagno, per fare
una lunga e calda doccia. Oggi sarebbe stato il grande giorno. Grande
era l’aggettivo giusto? Forse si, forse no. Ma sarebbe stato
un giorno importante, quello era poco, ma molto sicuro.