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Autore: Mannu    24/11/2017    0 recensioni
Mai come stavolta Veruska è convinta di aver fatto il passo più lungo della gamba. Ma ormai è in ballo e deve ballare! Che le piaccia o no sarà coinvolta nuovamente in un pericoloso gioco a base di spionaggio internazionale dove nulla è ciò che sembra... oppure sì? Non ci si può tirare indietro di fronte al cupo Capitano Grimovski, agli agenti del Kaiser colmi di risentimento oppure sottrarsi agli altri giocatori per nulla intenzionati a lasciarsi beffare di nuovo.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Veruska'
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Flugzeug!
3.

Avrebbe voluto che il pavimento si aprisse e la inghiottisse di colpo per poi richiudersi di scatto su di lei e farla sparire agli occhi del mondo. Ma le sue scarpe da lavoro, comode e dal tacco basso e silenzioso, si sostenevano sul solido pavimento di marmo chiaro dello studio del dottor Haase com'era sempre stato negli ultimi dieci mesi.
Le mani in grembo e il viso basso, rosso di vergogna, se ne stava dritta come un fuso davanti all'imponente scrivania di legno di mogano che lei stessa aveva riordinato e spolverato mille volte.
Sul piano della scrivania c'era un cofanetto di legno massiccio rinforzato lungo i bordi da metallo rivettato. Non un'opera d'arte ma un piccolo forziere votato a un solo, pratico scopo: proteggere il suo contenuto. Era aperto e al suo interno luccicavano cinquecento sovrane danesi: spigolose, fresche di conio e lucide a specchio.
Il dottor Haase si sollevò dalla sua morbida poltrona con un po' di fatica nonostante l'aiuto del bastone. Alla sua età non era facile né scontato riaversi completamente da una frattura alla tibia. La sua mole non lo aiutava nemmeno un po'.
Doveva accadere prima o poi.
Cinquemila sovrane d'oro erano tante. Ingombranti e pesanti. La prima volta che Grimovski le aveva portato mille sovrane l'aveva mandato via sconcertata dal peso e dal volume che quelle possedevano. Nemmeno dopo averle trasferite dal massiccio forziere a un robusto sacco era riuscita a sollevarle. Pesavano troppo per trasportarle per più di un centinaio di metri. Avrebbe destato l'attenzione: una giovane alta e snella come lei camminare curva trasportando un carico di quel peso? Avrebbe ricevuto offerte di aiuto a ogni passo. E le maledette monete tintinnavano in continuazione come campanelli a Natale. Perfino il sacco, sebbene anonimo, era chiaramente identificabile. Un sacco del genere non aveva altro scopo di esistere se non trasportare oro.
Aveva preteso e ottenuto che il capitano consegnasse le monete in quantità molto inferiore. Perfino il dottor Haase si era convinto che Grimovski fosse il suo corteggiatore tanto frequenti si erano fatte le visite del soldato. Dovette confessare a se stessa che il capitano, dopo una frequentazione così assidua, svelava lati della sua personalità molto interessanti. L'idea che le sovrane da consegnarle sarebbero finite un giorno e che lei non l'avrebbe più rivisto la infastidiva leggermente.
Sotterfugi ed espedienti di ogni genere per portare in casa del dottor Haase tutto quell'oro avevano resistito fino a quel giorno. Fino a quel giorno aveva accumulato e nascosto le monete che il capitano le portava. Il prezzo del tradimento del sogno del giovane Schmeisser. Non era sufficiente dover convivere con quel rimorso: ora Veruska avrebbe dovuto affrontare il dottor Haase, con cui aveva un ottimo rapporto, ora ingannato e tradito.
«Piccola mia – esordì quello, forse con l'intento di farla sorridere. Lo superava in altezza di tutta la testa – perdonami se ti chiamo così ma vorrei che tu capissi che non ti sto rimproverando.»
Il dottore lasciò che quelle parole avessero il loro effetto, ma lei non sollevò la testa e non smise di lottare contro le dolorose lacrime che spingevano per sgorgarle dagli occhi. Né si allentò la morsa che le serrava il petto o si smussarono le spine che pungevano il ventre dall'interno.
«Credo di sapere da dove arriva questo denaro. A occhio e croce hai seminato in giro per la mia casa almeno quattromila monete. Credo di averle trovate tutte, non è così?»
Detta in quel modo le parve la più turpe delle azioni. Quattromila e cento sovrane danesi nascoste in ogni dove. Erano tante, pesanti e richiedevano spazio. Avrebbe dovuto immaginare che sarebbe successo prima o poi. Evidentemente il dottore l'aveva scoperta mentre ne nascondeva alcune e poi doveva averla tenuta d'occhio.
«Non mi interessa se non sei quello che sembra. Dimmi soltanto che non si tratta di un'attività illegale.»
Veruska non seppe resistere oltre. Crollò così repentinamente da indurre il dottor Haase a farla sedere e a metterle in mano un bicchierino di cherry. Ma non pianse. Le lacrime che avevano minacciato di sgorgare roventi si erano asciugate repentine. Raccontò in breve com'erano andate le cose: che il dottore giudicasse da sé.
«Affascinante, direi. Teufel, affascinante è poco! Direi entusiasmante! Non mi divertivo così dai tempi del controspionaggio!»
Veruska sbalordì così tanto che il dottore proruppe in una fragorosa e sincera risata.
«Vedi, mein fräulein, non sono sempre stato un grasso dottore, bolso e inefficiente se non a inculcare nozioni in pigri studenti! Ach! Non è un caso se sei finita a servizio qui da me... ti rivelerò un segreto, mia cara: quando ero giovane, bello e molto più snello di così, sono stato al servizio dello Zar. Qui, in terra germanica, davo la caccia ai cacciatori, per così dire. Rendevo la vita difficile a chiunque per conto del Kaiser volesse snidare le spie dello Zar di tutte le Russie.»
Coronata la breve spiegazione con un'altra rumorosa risata che lo fece diventare paonazzo, il dottor Haase versò dello cherry anche per sé.
«Cionondimeno la situazione è seria. Bisogna trovare una soluzione. La più facile è che tu e il tuo bel fidanzato vi togliate di mezzo in fretta. Se occhi indiscreti, come per esempio quelli del mio carissimo amico Sanna, cadessero su questo piccolo tesoro...»
Batté il dito sul piccolo forziere colmo. Ce n'erano altri quattro nascosti in casa e Veruska faticava non poco a smuoverli. Non riusciva a immaginare come il dottore, una gamba malandata al punto da non abbandonare mai il bastone, avesse potuto portare quel peso fino al proprio tavolo nello studio.
Veruska lo guardò preoccupata. Credeva di sapere cosa stava per dirle.
«Per quanto riguarda il tuo tesoro temo dovrai fidarti del qui presente – fraintese il dottore – non c'è modo che questo possa venire con te facilmente. Saranno diversi chili: renderanno la tua valigia pesante come un macigno.»
«Mi assumerà nuovamente quando tutto sarà finito?»
Il dottor Haase la guardò dapprima sorpreso, poi divertito, infine serio e indecifrabile. Parlò con un tono grave che lei non aveva mai sentito usare in tutto il tempo che era stata lì a servire.
«Mia cara... quando tutto sarà finito spero tanto che tu sia lontana da qui, in un luogo a te gradito, a goderti tutto questo oro. Che bisogno avresti di tornare qui a lavorare?»
Veruska chinò il capo preferendo non rivelare le sue intenzioni per l'impiego di quelle monete. Per la prima volta vide Haase la spia, l'uomo d'azione pronto a tutto.
   
 
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