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Autore: killian44peeta    25/11/2017    0 recensioni
Prologo - Gli Elementi - Secondo libro della prima trilogia di ''i sei predestinati'' -
La luce sciamava appena tra le sottili mura di quella che per aspetto poteva apparire una stanza come tante, provenendo da una piccola lampada accesa e appesa alle pareti, la cui fiamma bramava ossigeno per la bassa quantitą che c'era nella stanza.
I sibili e gli schiocchi delle lingue di fuoco si ripetevano a lungo, come un tabł tra quel pesante silenzio, dando a Luxor una sensazione di ripetitivitą insopportabile ed insostenibile.
Se ne stava lģ, sul letto, le mani congiunte e chiuse in una stretta ferma e rigida, rigida come la stessa mascella del giovane, talmente tanto serrata che sembrava stesse stringendo i denti per non urlare di rabbia, per non sputare ogni emozione negativa soppressa.
I suoi occhi gelidi fissavano la porta chiusa dall'esterno con ira folle e insistenza.
Dentro stava perlopił boccheggiando, era una settimana intera che era rinchiuso in quella stanzetta come un animale in gabbia, cercando una ragione per non iniziare rabbiosamente a sbattere il proprio corpo sull' uscita per cercare di buttarla giś.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Elementi- saga'
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Will

La sensazione del proprio corpo che scivolava, come strappato o strattonato lentamente via mi albergó nella mente nel preciso istante in cui toccai il portale, specchio sottile e freddo che, alla percezione del tatto pareva svanire, sepolto come da una nube che occupava la mente.

Nube invisibile, priva di tratti, nebbia che privava ogni tipo di descrizione possibile.

Non avevo paura di tale emozione, non mi spaventava affatto, siccome, pił che altro, non potevo non chiedermi se ciņ che provocava in me quello strato privo di una reale denominazione, fosse provato anche dagli altri, che lo toccavano in contemporanea.

I polpastrelli delle dita erano completamente appoggiate ad esso, quasi appese, aspirate.

Il desiderio di appoggiare l'intera mano mi fece formicolare le gambe, mentre un brivido mi percorreva la schiena, quasi fossero dita umane che ne salivano per raggiungere nuove direzioni inattese, pronte a farmi sussultare, cosģ che sputassi al di fuori la mia sorpresa, come se fosse il loro obiettivo primario.

E appoggiai l'intero palmo, il cuore che mi saettava nel petto, sbattendo contro la cassa toracica per la probabile eccitazione che mi provocava quel momento.

Era come essere sul punto di buttarsi nel vuoto e sapere di non avere alcuna corda che ti avrebbe impedito di farlo.

La sensazione di paura, di sfrontatezza e di tentazione... si mischiava scivolandomi addosso senza permettermi di fiatare.

Tutto parve durare un attimo, uno solo, prima che una scarica elettrica mi stravolgesse la pelle e quella sorta di pellicola che sorgeva al di sopra del portale si frantumasse, portandomi a perdere completamente l'equilibrio e crollare al suo interno.

Il mio corpo venne come risucchiato, trascinato dentro ad esso, mentre un gemito strozzato mi scivolava al di fuori dalle labbra, forse per la non attesa di quella svolta, nonostante sapessi perfettamente che avrei dovuto attraversare il portale prima o poi.

Tutto ció che mi era attorno pareva avvolto da luce, brillante e radiosa, luce e colori che si susseguivano, provocando in me strane scariche di adrenalina, mentre il mio corpo vorticava, come sollevato.

Tali sensazioni mi facevano sentire euforico, percepivo il cuore battermi a mille, perfino pił di quando avevo volato sul pegaso.

Ogni mia singola parte del corpo era come oltrepassata da instabili scariche, mentre il mio sangue pompava a pił non posso, rimbombando anche nelle tempie, come un tamburo, l'organo centrale che pareva quasi star partecipando ad una gara di corsa.

L'aria mi sbatteva sulla faccia, i capelli sembravano aver vita propria tanto si agitavano con frequenza.

Adoravo quella sensazione, sentivo che avrei potuto iniziare ad esultare di gioia, gridando perfino.

La libertą sembrava scorrermi addosso, addirittura dentro al mio stesso sangue.

Non riuscivo a definire se fossi sdraiato, pronto a cadere dando una facciata al suolo, o se fossi dritto abbastanza da atterrare con i piedi saldi, ma non era di mio interesse al momento.

L'unica cosa a cui pensavo era il fremito che mi scuoteva la pelle, rendendomi indeciso se chiudere le palpebre per gustarlo o tenerli aperti per fissare quel gioco di colori che pareva accompagnarmi in quella discesa, di cui, altrettanto improvvisamente, persi la direzione.

Non mi fu pił comprensibile comprendere se stessi salendo o scendendo o se, addirittura, non fossi fermo, lasciandomi aspettare una meta di cui forse avevo raggiunto la destinazione.

Ciņ che mi era chiaro era perņ che quella corrente avrebbe continuato a attraversarmi.

Nessuna pressione era pił percepibile, non vi era la minima spinta.

Fissai quel turbine brillante che a momenti mi appariva un tubo sottile che, girandomi, mostravano come dei rubini, diamanti e tutte le pietre preziose che potevano esistere che si scontravano e schizzavano da tutte le parti, sparendo poi all' improvviso.

Non potei non sorridere, paragonandole senza volerlo a quel gioco per nobili a cui mia madre mi aveva fatto assistere.

Non mi ricordavo esattamente come si chiamasse, ma un vago suono aleggiava nella mia testa.

"Com'era? Bil... Biliardo? "

Quando l'aria smise di sbattermi contro, interrompendo il suo solcare e sbatacchiare il mio cuoio capelluto fino a renderli una massa disordinata, una sorta di groviglio che si separava nelle posizioni pił disparate, compresi che la conclusione sarebbe giunta a breve.

Vidi il panorama cambiare al di sotto ai miei occhi, facendo sparire quella sorta di universo di colori, sostituendolo con un entrata un po' vaga, le pareti di pietra, la stanza enorme ed allungata, accorta di armi e con le aree ben pulite.

Lyfia e Pandora erano davanti a noi, una che sorrideva, quasi a dire 'ben tornati' e l'altra che ci fissava con un che di arcigno ed irritato, le rughe sulla fronte che si tracciavano silenziosamente mentre la agrottava, le labbra stirate e serrate, trasformando il suo volto in un espressione seria e quasi seccata.

Mi sentii spingere in avanti, barcollando a tratti, sentendo la terra scontrarmisi contro i piedi.

Mi ressi, aggrappandomi ad un braccio della giovane dai capelli viola, legati in una pettinatura complicata, un insieme tra trecce, riccioli lasciati liberi ai lati del volto, coda di cavallo, racchiusa verso in fondo da un secondo elastico -ovviamente nella coda, siccome ne erano utilizzati parecchi altri per le treccine, accompagnate da forcine-

I suoi occhi rosa mi scrutavano con allegria, come, appunto, per salutarmi, mentre mi aiutava a rimanere in piedi.

Girandomi, vidi Diana, Nemes e Guy a terra - probabilmente non avevano avuto un appiglio- mentre Task era appoggiato all' altro braccio di Pandora.

Silver invece era scivolata dritta dritta addosso a Lyfia, la quale era quasi caduta per la probabile spinta con cui doveva essere giunta l'Acqua, la quale ridacchiava un poco, trattenendo la risata grossolana che avrebbe potuto sputare in faccia alla donna.

Si mordeva il labbro inferiore, fin troppo tese verso l'alto leggermente rossa in volto, le guance sollevate, con qualche fremito indistinto, seguito da versetti strozzati, che facevano pił che capire che sarebbe esplosa a momenti.

La lieve tonalitą rosea che si espandeva sulle sue guance, poi, si stava tramutando in un sempre pił acceso rosso pomodoro.

A momenti sembrava stesse cercando di evitare di sputare i polmoni.

Si mise decentemente in piedi, guardando la bionda che la fissava con un che di omicida che, in un certo senso, si sciolse, nell'esatto istante in cui la figlia le diede una gomitata, portandola a guardare altrove.

-Volete continuare il percorso?- sbottó in domanda con tono stizzito, il quale mi fece paragonare per l'ennesima volta il carattere che aveva quando eravamo entrati in questo posto per la prima volta, con Morgan e quello che aveva ora.

Con il Guardiano era parsa completamente diversa, molto pił dolce e solare.

Con solo noi era... un fascio di nervi e caratteraccio.

Mi venne da chiedermi se, per caso, tra Lyfia e Morgan vi fosse stato qualcosa.

Chi poteva dirlo, dopotutto? Le loro etą facevano presupporre che avessero un mucchio di storia ai loro piedi, uno conoscendo gli Elementi in versione Spirituale e l'altra volendoli conoscere da... quanto?

Praticamente trecento anni.

In trecento anni di vita poteva aver incontrato chiunque, ovunque, anche un Guardiano Elementare.

-Beh, prendere una seconda tappa con pił tranquillitą, non sarebbe male- obiettai, lanciando un occhiata agli altri.

Diana annuiva sorridendo, Task semplicemente fece un rapido cenno di capo, Silver ancora tentava di riprendersi per evitare di strozzarsi dall' eventuale risata isterica che avrebbe potuto ghermirla fino a mandarle di traverso la saliva, Nemes guardava un po' a destra e manca, cercando di mostrarsi convinta e Guy fissava il basso, le braccia congiunte e l'espressione seccata.

Insomma, dovevano essere abbastanza d'accordo.

-Dobbiamo partire subito? Oppure per il caricamento del portale ci vuole un ennesimo spazio di tempo?-

- Vi vuole del tempo, sķ- fece lei, girandosi, scuotendo la testa, una mano lanciata all' indietro, cominciando ad allontanarsi a passi svelti, fermandosi dopo aver raggiunto quasi metą della stanza.

-Ci vorrą, ancora, un giorno di caricamento, ma siccome non ho voglia di mettervi mano al momento, supponendo che siate stanchi, prenderó a farlo caricare dopodomani...- fece una pausa - Riposatevi-

E si allontanó con maggiore fretta, uscendo, facendo accelerare il proprio passo.

Il ritmo della camminata sembrava distinguere i secondi che passavano, mentre la gelida rapiditą che li tingeva, mi faceva immaginare improvvise ipotesi improbabili, nelle quali si ripeteva pił o meno sempre la stessa scena, con particolari piccoli che le differenziavano l'una dall' altra.

La donna si chiuse la porta dietro di sé, facendola sbattere e scontrarsi, come per bloccarla e lasciarci lķ dentro per sempre, fatto improbabile, siccome non vi fu alcun rumore di serratura e catena che fosse in qualche modo inserita per impedirci l'uscita.

Il fatto era poi altrettanto impossibile siccome Pandora era insieme a noi e beh... di certo, la donna, se avesse voluto rinchiuderci seriamente, la avrebbe tirata fuori prima.

Ormai al limite, dopo qualche secondo di silenzio, Irhina scoppió a ridere, coprendosi gli occhi con il polso, gettando fuori tutti i risolini trattenuti che parevano tirarsi l'un l'altra.

La sua fonte di scarico era cosķ fragorosa e ilare che in parte quasi -in una frazione non troppo indefinita- mi contagió, portandomi via un sospiro.

"É proprio una bambina" confermai mentalmente, sollevando le sopracciglia

-La... la sua faccia- sghignazzó invece lei, borbottando poi parole incomprensibili- Sembrava che... che gli occhi gli uscissero dalle orbite e... oddio!-

Le sue risate fecero rotare lo sguardo a Guy, soprattutto quando ella si appoggió con la testa al profilo della sua spalla, quasi volesse cominciare a prenderla a testate.

Non mi sarei affatto sorpreso se avesse seriamente preso a dargliele, le testate.

-Abbiamo dunque un giorno e mezzo liberi?- chiese Nemes a Pandora, sotto alle risate isteriche della giovane dai capelli azzurri, a cui sembrava star per cadere la mascella a forza di sganasciarsi.

-Come ha gią detto mia madre... Pandora sorrise, dando una pacca lieve sulla testa della castana che la fece sbattere frequentemente le ciglia -É cosģ, potete riposarvi, chiedere qualsiasi cosa da mangiare e dormire quanto vi pare, non é obbligatorio che vi alleniate o altro-

-Come mai questo cambiamento improvviso?- chiese Diana, avvicinandosi alle due, lasciando dondolare le braccia come quelle di una bambola, o altrimenti come se stesse accingendosi a stuzzicare le proprie capacitą in un gioco di equilibrio.

Pandora si limitó ad alzare le spalle -Posso dire soltanto che io e mia madre abbiamo avuto un dibattito di opinioni... e sono riuscita a convincerla...-

-Deve essere stato difficile- commentó sempre l'albina, scambiando una rapida occhiata a Nemes.

Mi accorsi di averle raggiunte lentamente soltanto quando mi ritrovai affianco alla moretta, la quale sussultó appena a vedermi, distogliendo lo sguardo praticamente subito, al contrario di Diana che continuava a sorridere energicamente.

Un pensiero breve mi aleggió nella mente, pensiero che venne cacciato via nel momento esatto in cui venni distratto da un imprecazione da parte del Buio che cercava di levarsi di dosso l'azzurra che si era appiccicata al suo braccio come una colla.

Scossi leggermente la testa, facendomi scappare un sorriso involontario.

-Su, ora usciamo da qui, si é fatto piuttosto tardi, lo sapete? E ci scommetterei qualcosa sul fatto che potreste avere decisamente fame... quindi... chi ne ha, mi dica pure cosa vuole-

Di sei che eravamo, non ve ne fu nemmeno uno che non eseguķ l'ordine e che non si avvió dopo di lei per raggiungere la destinazione scelta.

Raggiungemmo la stanza con un certo chiacchiericcio, conversando del piś e del meno, immaginando che tipo di prove potessero sorgere nel secondo Habitat della tipologia addestramento.

Pandora aveva solamente detto che era un luogo di montagna, non ne sapeva molto di pił di noi, per concludere.

Ci sedemmo, rimanendo a mangiare per una quantitą imprecisa di tempo.

---

Mi accovacciai al di sopra del parquet di canna di bambś, mordendomi il labbro, trovandomi a fissare il cielo costellato dagli astri come mi ritrovavo a fare ogni qualvolta mi fosse possibile dalla prima sera in cui avevo dormito in questo posto, con una brezza dolce e sottile, pacata, che soffiava delicatamente tra i miei capelli, un poco fresca e non sgradevole.

Fissai lo smeraldo, bagnato da gocce di pioggia, seminate quattamente, come per decorare il paesaggio, gią evidenziato di suo dal chiaro di luna e dalle stelle animate e nettamente lontane.

La luminositą pareva rilassarmi al solo assistere.

Alcune stelle erano coperte da nubi grigie e opprimenti che sciamavano o si riunivano tra di loro.

Tacqui, appoggiando la testa alle gambe, lanciando uno sguardo alle mie spalle quando udii dei lenti passi, un po' tentennanti, visualizzando la figura della Terra che si dirigeva nelle sue stanze, un poco incerta, bloccata tra l'entrata e il resto.

Sembrava indecisa se andarsene a letto o fare altro.

Alzando il sopracciglio, la osservai scuotere il capo, aprendo la porta e infilandosi dentro per metą, bloccandosi ancora.

-Cosa ci trovi di cosģ interessante da metterti ogni volta lķ?- chiese in un sussurro, mantenendo la mano sullo stipite della porta -Non ti annoi dopo un po'?- concluse

Fissai come il suo sguardo cadesse sul pavimento, dandole un aria impacciata, mentre i suoi occhi guizzavano su quel marrone dorato.

-Cosģ- risposi tranquillamente-Mi rilassa e mi calma , in generale poi mi fa chiedere cosa pensino quelli all' esterno, se ci siano persone che ci guardano dall'alto e che aspettino che facciamo qualcosa di cui sanno gią la svolta... -

-L'ultima cosa la trovo un po' improbabile- commentó lei, schiettamente -E... non so, io non mi farei mai pensieri simili-

-Dici davvero? Non credi minimamente all' esistenza di una presenza maggiore sopra alle nostre teste? Dopotutto, se esistono gli Elementi, gli Angeli, Arcangeli e i Guardiani, perché no alle Divinitą?-

-Proprio per questo motivo... in un modo o nell'altro, tutti i nominati da te, si sono manifestati seriamente sulla terra, lasciando tracce, indizi, prove... le Divinitą sono solo credenze scaturite dal fatto che le persone vogliono e necessitano una credenza-

-Dunque per te é davvero solo e soltanto cosģ?-

Si limitó ad annuire, rimanendo sulla soglia.

La guardai con sorpresa, indeciso se crederle oppure no su quello che stava dicendo, vedendo che la sua espressione mostrava esattamente la decisione fusa in quelle parole attente a non offendere se non mostrando il proprio esser contrariata.

Nella maggioranza delle cose, la Terra mi appariva tentennante, parecchio non sicura di sé stessa, volubile e priva di temperamento.

In questo caso, invece, si stava mostrando l'opposto.

Rimasi zitto, passando da accovacciato a seduto con le gambe incrociate, tali che se le avessi mosse avrebbero potuto sembrare le ali di una farfalla, le mani lasciatevi appoggiate, con i gomiti maggiormente vicini ai fianchi.

Tossii un poco per schiarirmi la gola, battendo la mano sul pavimento con qualche breve colpetto -Vuoi venir qua e sederti? O piuttosto scegli di entrare in camera e di riposare fin da subito?-

Spostando lo sguardo sul cielo mentre aspettavo la risposta, lo concentrai sulla luna, su quel faro bianco e lontano che mi portó in mente una frase di Zéyn senza aver la pił piccola intenzione di pensare ancora a mio 'fratello', sempre di potesse definire tale, per me.

-Ma la Luna, a starsene lassł, ci protegge davvero?  Perché?  Non sono riuscito ad apprenderlo dalla fiaba della mamma... tu ci hai capito qualche cosa?-

-In teoria un po', ma non so se sia giusto, credo che dipenda da come ci comportiamo, da come la nostra vita si sviluppa. Se siamo buoni, allora lo farą, perché la Luce protegge le persone di buon cuore-

-Beh, allora...-

-No. Credo che andró a dormire, ma grazie per l'offerta, mi fa male la testa- rispose Nemes, interrompendo la frase finale, di cui non ricordavo completamente la conclusione, lasciandola in sospeso.

-Okay, buonanotte-

-Notte, Will-

Udii la porta chiudersi alle mie spalle, portandomi a sdraiarmi a terra, guardando ancora la vegetazione, sentendo una strana pressione nel petto.

Dentro di me volevo saperlo.

Volevo ricordare la conclusione di quella frase, quasi neppure iniziata, cosa che mi invitava a scervellarmi fino a perdere la ragione pur di afferrarne la fine.

Mi era inaccettabile che il resto rimanesse racchiuso chissą in che lato della mia mente.

Certo, avevo cercato tutto questo tempo di non pensare a Zéyn ma... allo stesso tempo non volevo neppure dimenticarlo.

Ed il semplice fatto che una frase qualsiasi che mi aveva detto fosse talmente sepolta nella mia memoria da essere incapace di risalire a galla, mi infastidiva.

Mi passai le mani sulla faccia pił volte, cercando di concentrarmi, percependo un improvviso nodo allo stomaco.

Rendendomi conto della mia impossibilitą a riavere quelle poche parole che stavo aspettando, per racchiudere nella testa quella semplice conversazione, tornai a mettermi seduto, sbuffando un poco per la frustrazione, strofinandomi gli occhi con le mani.

"Forse domani mi tornerą in mente" mi dissi, scrutando ancora quell'immenso mantello scuro che sorgeva al di sopra della mia testa, concentrandomi sull' alito di vento che si affermava nel silenzio della sera.

Rimanendo ancora lģ, decisi di alzarmi, facendolo praticamente nell' esatto istante in cui la richiesta mi si affacció alla catasta di pensieri che navigavano nella mia mente come barche in un mare in tempesta, sorpassandosi tra di loro, crollando a tratti per poi rialzarsi e proseguire insieme agli altri in maniera dannatamente insistente.

E procedetti verso la mia, di stanza, salutando Guy che si stava infilando a sua volta nella propria, il quale rispose con un alzata di spalle ed un cenno di mano.

Aprendo la porta, mi infilai nella mia camera, gettandomi nelle coperte morbide e profumate poco dopo essermi spogliato e cambiato frettolosamente, inoltrandomi in quella consistenza soffice che accarezzavo quasi inconsciamente, tirando al di fuori dalla federa qualche piuma quando mi si scontravano contro le guance.

Nel giro di dieci minuti feci a tempo a rigirarmi nel letto almeno quindici volte, gustando la freschezza che mi si diffondeva contro al minimo gesto, spostandomi un poco se giudicavo che il letto iniziasse a scaldarsi un po' troppo per i miei gusti, chiudendo gli occhi e cercando di cedere al sonno.

Quando accadde, mi sembró che un velo nero si appropriasse delle mie membra, facendole calare verso il basso drasticamente, annullando la vista e in generale ogni tipo di sensazione che potesse approdare in me.

  
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