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Autore: Myra11    26/11/2017    1 recensioni
Sequel di "You Are Not Trivial", ambientato circa sei mesi dopo la storia principale.
Un Alec devastato dal dolore, e un Magnus curioso, e affascinato.
Come andrà a finire?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Clarissa, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7
 
«Che ti hanno fatto?»
Fu quella la prima domanda che le uscì dalla bocca, ma appena si rese conto del tono preoccupato con la quale l’aveva posta Clary si pentì di non essere riuscita a trattenersi.
Sebastian ridacchiò lievemente e subito dopo sputò un grumo di sangue. «Sembra che si siano divertiti, non è vero?»
Clary deglutì a fatica, osservando le ferite sanguinanti sul corpo del fratello, segno che chiunque l’avesse interrogato non ci era andato leggero.
«Perché volevi parlarmi?» Gli chiese, cercando di mantenere un tono deciso nonostante la dolorosa stretta allo stomaco: nessuno avrebbe dovuto essere trattato così, nemmeno un mostro come Sebastian. Nella penombra della cella la ragazza incrociò lo sguardo del prigioniero e vi scorse la solita aria beffarda di sempre. Era un sollievo, perché sapeva come reagire alla sua crudeltà.
«Volevo che tu mi curassi.»
«Sei pazzo se credi che lo farò senza l’approvazione del Conclave.» Clary incrociò le braccia al petto scoccando un’occhiata di disapprovazione al diciottenne.
Sebastian sorrise nuovamente. «So che sei una brava e obbediente cacciatrice, sorellina.»
«Allora la nostra conversazione è finita.»
La rossa si diresse verso la porta, ma si voltò di nuovo quando il Nephilim la pregò di aspettare.
Ci fu un attimo di silenzio mentre si osservavano, poi il diciottenne sospirò e qualcosa sembrò crollare dal suo viso lasciandolo vulnerabile, simile ad un bambino spaventato.
«Clarissa, non andartene. Ho bisogno di avere qualcuno al mio fianco…Ti prego.»
Probabilmente fu il “ti prego” ma Clary sentì una stretta al cuore che non avrebbe mai pensato di poter associare a qualcuno come Sebastian: tenerezza.
Scosse bruscamente la testa e lasciò che il Fratello Silente davanti alla cella le aprisse la porta, poi si voltò nuovamente osservando il fratello tra le sbarre.
«Tu non meriti nessuno al tuo fianco. Buonanotte Sebastian.» Fiera del tono sprezzante con la quale aveva pronunciato la frase la rossa se ne andò, ignorando lo sguardo furioso del fratello alle sue spalle.
 

 
«Che è successo?»
«Sembra che svenirmi tra le braccia sia diventato il tuo hobby preferito.»
Alec batté un paio di volte le palpebre e si rese conto di avere la testa posata sulle gambe fasciate di pelle dello stregone. Cercò di alzarsi, ma la mano affusolata di Magnus gli si piantò sul petto e lo spinse nuovamente verso il basso. «Stai fermo, Alexander.»
«Ma che…?» Il moro socchiuse gli occhi e si passò una mano sul viso.  
Gli occhi felini del Nascosto si posarono sul suo volto, studiandone i lineamenti delicati e sentendo un insolito calore invadergli il corpo. Era una sensazione nuova per lui, nemmeno lontanamente paragonabile a ciò che Camille gli aveva fatto provare.
Chiuse il libro che stava consultando e scostò la mano del ragazzo dal volto, sentendo il cuore sussultargli nel petto quando incrociò i suoi occhi azzurri, esaltati dal rossore che gli era comparso sul viso. «Mentre dormivi, Bella Addormentata, ho fatto delle ricerche e ho scoperto perché il Jallada è riuscito ad entrare nell’Istituto.»
«Hm-m.» Alec aveva cercato di formulare una frase di senso compiuto ma il suo cervello sembrava essersi preso una vacanza. In quell’istante gli sembrò di essere tornato indietro nel tempo, anche se il gesto successivo sei mesi prima sarebbe stato allungarsi per incontrare le labbra dello stregone, non stare lì a fissarlo come un idiota. Inspirò profondamente, e con il profumo di sandalo sentì anche la sua corazza di tranquilla impassibilità incrinarsi.
«Da quando ti ho curato per la prima volta ho sentito che c’era qualcosa che non riuscivo a cancellare, e ora ho avuto la prova che quel qualcosa era il marchio di Azazel. Il Jallada non esiste, Alexander, è solo una proiezione della tua mente e per questo ti può trovare ovunque, e per questo quando l’hai ferito hai ferito anche te stesso.»
Il Nephilim si alzò di scatto, scoprendo che la ferita allo stomaco era guarita, ma Magnus lo spinse nuovamente verso il basso, gli occhi socchiusi severi. «Non ho finito.»
Il diciottenne deglutì sentendo un brivido di inquietudine attraversargli il corpo: quello che aveva davanti era lo stesso Magnus che aveva visto combattere e uccidere senza battere ciglio, non il Magnus che lo coccolava nel letto alla sera.
«Non ho mai chiesto cos’hai fatto per essere perseguitato da un Principe, ma ora voglio saperlo.»
Quella richiesta gelò l’ambiente, e prima che Alec s’inventasse qualcosa passarono diversi istanti di silenzio, ma alla fine decise di raccontare la verità, omettendo chi fosse la persona che aveva voluto salvare. Quando finì di raccontare l’espressione dello stregone era assorta e pensierosa.
«Lasciami alzare, per favore.»
L’uomo batté un paio di volte le palpebre e sembrò tornare presente a se stesso. «Perché?»
«Perché stare qui con te, così, è una tortura.» Sentiva un doloroso groppo in gola soffocarlo. Non ce l’aveva fatta a trattenersi  e a inventare una scusa migliore, e ora stava subendo l’analisi degli occhi felini sopra di lui.
Alla fine Magnus fece un gesto con la mano e riprese a sfogliare il libro che aveva posato poco prima.
Alec esitò solo un istante, desideroso di respirare ancora il profumo dello stregone, una delle cose che gli era mancata di più, e poi si alzò dirigendosi in cucina. Avrebbe voluto avere la possibilità di annegarsi in una tazza di caffè e sparire da quell’appartamento.
«Credo di aver trovato un modo per liberarti.»
«No!» Il ragazzo si voltò di scatto, spaventato.
Le sopracciglia di Magnus sparirono sotto i ciuffi di capelli. «Cosa?»
«Non voglio che rischi per me.»
«Per…per te?» Lo stregone ridacchiò divertito mentre si alzava e si avvicinava al cacciatore.
«Alexander.» Disse mentre prendeva il viso del ragazzo tra le mani e gli accarezzava lentamente una guancia. «Io ti voglio vivo perché finché respiri io avrò i miei soldi.»
Nonostante le sue parole indifferenti il Nascosto non poté negare la sensazione di tenerezza che gli invase il cuore quando vide il moro arrossire.
«Ora va’ a farti una doccia e poi vieni in camera da me, dobbiamo parlare.»
Si allontanò da lui e si rifugiò nella sua stanza, passandosi una mano sul viso.
Mentire non gli aveva mai creato problemi ma per qualche strana ragione lo infastidiva mentire ad Alexander. Non era solamente per i soldi.
Quel ragazzo destabilizzava tutto ciò in cui aveva sempre creduto, facendolo tornare indietro di secoli quando ancora non sapeva quanto fosse doloroso amare per qualcuno come lui.
Sentì distintamente il rumore della doccia e s’immaginò l’acqua che scorreva sul corpo allenato del Nephilim, le cicatrici sbiadite delle rune che scintillavano sotto le gocce, e stranamente ebbe la sensazione di aver già avuto l’occasione di vedere che stava immaginando.
Uscì dalla propria stanza e s’infilò nel bagno chiudendosi delicatamente la porta alle spalle, tuttavia il diciottenne era stato addestrato da anni a sentire tutto ciò che lo circondava e probabilmente aveva anche una runa che potenziava il suo udito, così si accorse che era entrato qualcuno.
«Magnus? Sei tu?»
«Si.» Confermò lo stregone mentre si appoggiava al lavandino e incrociava le braccia al petto.
Il vetro grinzoso della doccia gli permetteva di vedere solo la figura sfocata del suo ospite, ma già quel poco lo attirava come se fosse stato una falena davanti ad un lampione.
«Ricordi il sogno di cui ti parlavo?»
«S-si. Non mi hai detto di cosa parlava.» Alec diede le spalle alla porta nell’inutile tentativo di non arrossire pensando che Magnus lo stava osservando a pochi metri di distanza. Si sforzò di concentrarsi sulle sue parole mentre gli descriveva il sogno: c’erano due fiori azzurri in una prateria, uno spariva e l’altro iniziava a seccare.
Non gli ci volle molto a capire cosa rappresentassero quei fiori, ma preferì tacere.
«Da quello che so non è la prima volta che fai sogni di questo genere, capirai cosa significa prima o poi.»
«Certo. E senti…riguardo alla tua gita all’Inferno…»
«S-si?» Alec esitò un istante temendo dove quella conversazione sarebbe andata a parare.
Magnus lo portava sempre su strade che lo gettavano nell’imbarazzo più totale, ma quando lo stregone continuò a parlare scoprì che non voleva dire ciò che si aspettava.
«Dovevi amarlo davvero tanto, quel ragazzo.»
Il cacciatore lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi rimanendo silenzioso: non era mai riuscito a spiegare veramente a Magnus quanto lo amasse, come avrebbe trovato le parole giuste ora?
Posò la fronte sul marmo freddo della doccia, la stessa nella quale il Nascosto l’aveva consolato dopo la morte di Max. Il ricordo fu come una pugnalata in pieno petto.
«Si. Lui…era speciale, è stato il primo a farmi accettare davvero ciò che sono, a darmi la forza di confessarlo agli altri. Lui ha fatto una scelta per me, e purtroppo si è rivelata una scelta sbagliata, così sono andato all’Inferno a cercare Azazel per salvarlo.»
«Perché fino a là?»
Alec socchiuse gli occhi godendosi la curiosità nella voce di Magnus.
«Perché lo amavo. E lo amo ancora, anche se lui non se lo ricorda più.»
Il ragazzo sobbalzò violentemente quando sentì le mani dello stregone posarsi sulla sua schiena.
Voltandosi istintivamente si trovò il viso di Magnus ad un soffio dal proprio e sentì le guance infuocarsi mentre arrossiva.
«Esci!» Sbottò cercando di allontanarsi, ma le mani affusolate del proprietario dell’appartamento gli si strinsero sui fianchi e lo bloccarono.
Lo stregone sorrise, e come al solito quell’espressione intensa e vibrante fece crollare Alec.
Posò le mani sul collo dello stregone e lo attirò verso di sé, baciandolo dopo mesi in cui non aveva desiderato altro, aspettandosi di essere respinto e trovando invece un compagno consenziente.
Mentre l’acqua della doccia impregnava i vestiti di Magnus e scorreva sul suo corpo, Alec scacciò la tristezza e il dolore che l’avevano invaso in quei mesi. Non gli importava che lui non ricordasse, l’unica cosa importante era il fatto che le labbra di Magnus lo stavano quasi divorando.

 
 
  
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