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Autore: Kseniya    26/11/2017    8 recensioni
[...]Il suo sguardo scivolò sulle mani di Julia.
Il tempo si fermò.
Avvertì i primi ed inconfondibili sintomi dell'infarto.
No, un momento... era troppo giovane per un attacco di cuore.
O forse no. Diamine, che importanza aveva?
SpecialGuests: Kai Hiwatari - Mao Cheng.
Genere: Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Julia Fernandez, Yuri
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ . LE CINQUE FASI DI UNA GRAVIDANZA . ~

3.
Fase due: Le voglie, gli sbalzi d'umore e le missioni impossibili.


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Superato lo stupore e il timore iniziale, Julia si concesse qualche piccolo previlegio giustificato solo e soltanto dalla situazione attuale in cui si ritrovava. Capitava, di tanto in tanto, che la madrilena riuscisse a smuovere mezzo mondo per accontentare tutte le sue richieste - dalla più esigente a quella più banale, godendosi a pieno le attenzioni che Yuri, volente o nolente, era costretto a riservarle. Ovviamente il russo aveva mostrato inequivocabili segni di esaurimento nervoso già dopo le prime settimane di gravidanza, divenendo isterico e sempre più suscettibile. Nel nervosismo suscitato dai costanti voleri di Julia, venne tirato - inevitabilmente - in mezzo anche Boris. Quest'ultimo, ora vittima degli sbalzi ormonali della Fernandéz, non poté rifiutarsi di aiutare Yuri in quell'impresa folle, poiché il suo adorabile capitano gli aveva imposto di non abbandonarlo - in caso contrario, gli avrebbe reso la vita un vero e proprio inferno. E dinanzi a tale minaccia, Boris si convinse che, tra lui e Julia, quello gravido fosse in realtà Yuri.
Dopo aver rincasato, Boris si gettò stancamente sul divano. Le mille buste e confezioni ottenute dopo un'intera giornata dedicata allo shopping sfrenato (l'unico mezzo di consolazione valido, a detta di Julia) giacevano ai suoi piedi. Il russo le guardò con odio, come se fossero state delle bombe ad orologeria pronte ad esplodere da un momento all'altro.
«Non avrete mai la mia pellaccia, maledette!» disse poi, indicando con il dito i suddetti oggetti. Poi, dopo aver riflettuto, promise a se stesso che, trascorso il fatidico giorno della nascita del demonio nel grembo di Julia, si sarebbe dichiarato morto; in questo modo nessuno avrebbe più potuto scocciarlo ed usarlo come maggiordomo.
Sorrise ed annuì compiaciuto della propria e folle idea, osservando il vuoto davantì a sé. Julia si inquietò.
"E' completamente impazzito..." pensò difatti, avvicinandosi titubante a lui.
«Boris, devo chiederti un ultimo favore.»
A quel punto ci mancò davvero poco per far sì che il russo esplodesse di rabbia. Guardò Julia con uno sguardo assassino, quasi a voler manifestare quanto stufo fosse di essere comandato a bacchetta da lei.
Al diavolo!
«Sento che il bambino ha voglia di fragole.»
Boris scattò in piedi, incredulo. Gli occhi completamente spalancati e le braccia lasciate ricadere molli lungo i fianchi.
«Fragole?!» ripeté, sconvolto. «Julia, siamo in Russia! Ed è gennaio, per giunta!»
«Qualcuno dovrà pur averle!»
«Tu sei fuori di testa! Se pensi di poterti prendere gioco di me, ti sbagli di grosso!»
«Potresti almeno provarci!»
«La risposta è no.»
Julia incrociò le braccia al petto, seccata. Rifilò a Boris un'occhiata maligna, cominciando a bramare vendetta. Nella sua mente si materializzò l'immagine di una coppa di frutta fresca, con fragole tagliate a cubetti e arricchite da un invitante sciroppo al cioccolato spalmato sopra. Il suo stomaco brontolò e il bambino le tirò un calcio in segno di protesta; sembrava volerle dire: "Perché immagini qualcosa che non mi puoi dare?". Si appoggiò una mano sul pancione, cominciando ad accarezzarlo dolcemente.
"Sai, mamma... tu hai un grande potere, usalo."
Sapeva che, in verità, non era veramente il bambino a parlarle, ma la sua immaginazione. E, malgrado ne fosse consapevole, optò per sfruttare la cosa a suo favore. Boris si rifiutava di accontentare tutti i suoi capricci? Perfetto. Allora lei gli avrebbe dato del gran filo da torcere, ricorrendo all'ausilio di tutti i mezzi a sua disposizione. Se c'era una cosa che aveva imparato dalla relazione con Yuri, era quella di non darsi mai per vinta nel confronto con una persona testarda quanto lei.
Sulle labbra prese forma un sorriso sinistro. Si voltò in direzione di Boris, seduto sul divano intento a guardare la televisione.
Si piazzò davanti a lui, guardandolo dritto negli occhi. Cercò di fare mente locale e di ricordare gli insegnamenti appresi durante i corsi di teatro ai quali aveva partecipato anni prima, inscenando una tragedia degna del premio oscar. Le sue doti da attrice melodrammatica avrebbero fatto invidia a qualsiasi attrice hollywoodiana.
«Tu... tu...» cominciò, fingendo di piangere. «E' così che mi ripaghi? Dopo tutto quello che ho fatto per te?»
E senza dare il tempo necessario a Boris per rendersi effettivamente conto di quello che stava per accadere, Julia cominciò a singhiozzare senza alcun ritegno. Si nascose il viso tra le mani, scuotendo le spalle per simulare i fremiti del pianto.
«Pensavo fossi mio amico!»
Boris alzò gli occhi al cielo, estasiato. Ci mancava solo questa!
Si alzò dal divano, avvicinandosi a Julia e cercando di rincuorarla.
«Perché piangi? Cos'ho fatto adesso?!»
«Sono incinta, ho le gambe gonfie...» cominciò lei ad elencare, ponderando al meglio sulle parole da utilizzare per rendere il tutto ancora più realistico. «Mi fanno male i piedi, non riesco a chiudere occhio alla notte e Yuri è un pezzo di ghiaccio con me!»
Il russo, disperato, si guardò intorno alla ricerca di una qualsiasi via di fuga. Tuttavia, per quanto detestasse ammetterlo, gli dispiaceva lasciare Julia in quelle condizioni... in fondo gli faceva pena.
Le diede qualche pacca sulla spalla, sperando di riuscire a consolarla e di placare quella lagna.
«Dai, su, non piangere.»
«E adesso ti ci metti anche tu a trattarmi male! Perché mi odiano tutti?!»
Boris maledì ed imprecò contro tutti i santi del mondo, di qualsiasi religione essi fossero, chiedendosi cosa avesse fatto di tanto sbagliato nella vita da meritarsi tutto questo.
«Mi dispiace, okay?» disse, giunto al limite di sopportazione. «Perdonami! Cosa posso fare per farti smett... ehm, per farmi perdonare?»
La madrilena smise di piangere, tirò su con il naso e sorrise con innocenza. Sembrava una bambina.
«Potresti comprare qualcosa che sappia di fragole, per favore? Qualsiasi cosa.»
Boris borbottò qualcosa in russo, sottovoce. Dopodiché, senza neanche degnarla di uno sguardo, si avviò all'ingresso. Si infilò la giacca ed uscì di casa, richiudendosi la porta alle spalle con irruenza.
Julia saltellò allegra e soddisfatta. Si passò una mano tra i capelli ed infine disse: «Chi è il freddo calcolatore ora?!»


Boris entrò all'interno del supermercato, vagando per svariate corsie e passando in rassegna numerosi scaffali alla ricerca di un qualsiasi-cosa che sapesse di fragola. Così prese un carrello e cominciò a rovesciarci caramelle, dolcini ipercalorici e bevande dal sospetto colore rosso. Non osò neppure immaginare quanti coloranti ci fossero e si chiese se avrebbe fatto bene al futuro nipotino tracannare quella roba dolciastra. Dopo un attimo di riflessione, scrollò le spalle e decise di acquistarne due bottiglie.
Spinse il carrello con fare svogliato, ascoltando distrattamente la voce acuta di una cassiera che richiamava l'attenzione di una certa signora dal cognome giapponese. Kagagashi? Kagacazzi? Non aveva importanza.
Fece per avvicinarsi alla cassa e pagare, quando piombò davanti ad un cartello pubblicitario: delle scritte a caratteri cubitali raccomandavano il consumo indicato soprattutto a bambini e a donne in dolce attesa, acclamando il nuovo gelato della Privét Co. che godeva - a quanto si evinceva - di moltissime certificazioni mediche e scientifiche.
"Quante stronzate..." pensò Boris, "In realtà ci state avvelenando tutti."
E fu proprio in quel preciso momento che gli si accese la fatidica lampadina sulla testa: tornò indietro e lesse meglio.
"Consigliato alle future mamme e disponibile in moltissimi gusti: cioccolato, limone, fragola, menta..."
FRAGOLA.
Per Boris il mondo si fermò. Le automobili fuori dall'edificio, le persone all'interno e tutto ciò che lo circondava smisero di muoversi per un tempo che a lui parve protendersi all'infinito.
Nella sua testa echeggiò la parola "fragola", come se l'onnipotente fosse sceso in terra appositamente per lasciargli un messaggio che avrebbe rivelato i misteri più fitti della vita sulla terra.
«Gelato.» disse, apatico. «Gelato alla fragola. Alla fragola
Si lanciò, letteralmente, in direzione dei banchi-frigo, individuando l'unica e sola confezione rimasta. Allungò una mano per prenderla, ma quella piccola e paffuta di un bambino al suo fianco fu più veloce.
Il russo aggrottò la fronte, voltandosi in direzione del marmocchio con fare seccato.
«Hey, tu.» gli disse con tono duro. «Dammi il gelato, forza. L'ho visto prima io.»
Il bambino, per tutta risposta, scosse energicamente la testa.
«Non essere stupido, ragazzino.» continuò ad insistere Boris, «Lo sai che il gelato fa male? Fa diventare brutti e cattivi.»
«Come te!»
Le guance di Huznestov avvamparono di calore, sino ad assumere un colorito tendente al rosso. Si sentì offeso e ferito nell'anima, sepolto vivo sotto una valanga di vergogna.
Strinse i denti, serrando la mascella. Rifilò al bambino un'occhiata omicida.
«Tu ora mi darai quel gelato, subito.» sibilò, iracondo. «Altrimenti giuro che ti vendo alla strega Baba-Jaga[*
Il bambino spalancò gli occhi, terrorizzato.
«Aiutoooo!» gridò, iniziando a correre.
Boris lo inseguì, determinato ed ostinato a riprendersi quella dannata confezione di gelato alla fragola. Preferiva di gran lunga spaventare un poppante antipatico piuttosto che dover sopportare ancora i capricci di Julia.
«Vieni subito qui!»
«Mammaaaa! Aiuto!»
Percorsero l'intero supermercato, schivando carrelli e scontrando diverse persone e materiale in esposizione. Il bambino si lanciò su una piramide di lattine che caddero e cominciarono a rotolare sul pavimento.
Boris inciampò su una di queste, cadendo di pancia e slittando per una dozzina di metri. Si fermò solo dopo essersi schiantato addoso ad una signora anziana. Questa, furibonda, lo colpì svariate volte con il proprio bastone.
«Brutto maniaco! Non guarderai sotto la mia gonna!»
«Ahi, ahi! Si fermi, signora!»
Ma la vecchietta non si arrestò, anzi: continuò a prenderlo a bastonate, rivolgendogli insulti di ogni tipo.
Pervertito, depravato, poco di buono...

La Crème de la Crème, insomma.
Riuscì finalmente a sgattaiolare via, rialzandosi sulle proprie gambe e riprendendo a correre.
Raggiunse il farabutto, afferrandolo per il bavero della giacca e sollevandolo da terra. Questi scalciò e tentò in ogni modo di liberarsi, ma fu tutto inutile.
«Dammi il gelato. ADESSO.»
Il bambino obbedì, poi scoppiò a piangere. Boris lo ignorò, maledicendolo.


Quando aprì la porta di casa, si ritrovò immerso in un confortevole calore e silenzio. Si guardò intorno con circospezione: Julia non era nei paraggi, il che lasciò presagire a Boris di avere il tempo necessario per andare furtivamente in cucina, di riporre gli acquisti in dispensa e di poter fare tutto con calma e tranquillità. Tirò un sospiro di sollievo, poi posò le buste della spesa sul tavolo, cominciando a smistarne il contenuto.
«Roba da matti...» disse in un sussurro, «Guarda te cosa mi tocca fare! Manco fosse mia la moglie incinta! Yuri mi sarà debitore per tutta la vita.»
E mentre sperò di potersi rilassare, Julia gli saltò addosso - in tutti i sensi, rischiando persino di fargli prendere una facciata in terra.
Sobbalzò per lo spavento, agitando le mani nervosamente e lasciandosi sfuggire un grido tutt'altro che mascolino.
«Sei impazzita?!»
«Boris!» pronunciò lei, «Ho preso cinque chili! Sono grassa, vero?!»
Il russo la guardò stizzito, senza riuscire a nascondere il rancore che provò nei suoi confronti in quel momento. Per colpa sua, quel giorno, aveva dovuto affrontare le pene dell'inferno. Insomma, si era ritrovato ad inseguire un bambino pestifero, per poi essere picchiato da una scorbutica vecchietta. E tutto questo solo ed esclusivamente per accontentare le sue richieste assurde. Peggio di così, vi era solamente la castrazione!
«Adesso smettila di frignare.» le ordinò, cercando di prendere esempio da Yuri e di mostrarsi autoritario quanto lui. «Ti ho comprato il gelato alla fragola, quindi mangialo e non rompermi più i coglioni.»
Gli occhi di Julia si spalancarono, le pupille si dilatarono come se avesse ricevuto una pugnalata in pieno petto. Grugnì qualcosa in spagnolo, lingua incomprensibile per Boris. Neppure provò a tradurre quanto espresso da lei, perché le voltò le spalle con l'intenzione di tornarsene nel suo appartamento (quello affianco, nello specifico) una volta per tutte.
«Io ti sto dicendo che sono ingrassata e tu, immonda creatura, mi rispondi di mangiarmi il gelato?!» gli gridò, andandogli dietro.
Boris si fermò, interdetto. Quella donna lo avrebbe mandato al manicomio, oramai non aveva più dubbi. Yuri era un santo, altroché!
«Senti, di queste cose non devi parlarne con me. Tu, in quanto moglie di mio fratello, per me sei asessuata. Non ti vedo né grassa, né magra. Chiaro?»
«Asessuata?!» ripeté lei, incredula di quanto aveva appena sentito. «Quindi è per questo motivo che il tuo amichetto non vuole più fare sesso con me? Perché sono asessuata?!»
A Boris cominciò a fargli male la testa: tutto quel nervoso si stava rivelando letale per lui. Prima o poi ci avrebbe lasciato le penne. Ma forse sarebbe stato meglio, viste le circostanze.
«Io come faccio a saperlo?! Chiedilo a lui, cazzo!»
«Stronzate!» esclamò la madrilena, incrociando le braccia al petto. «Voi due parlate di tutto, siete come due zitelle pettegole.»
«Yuri è una persona riservata, non mi parla di quello che fa a letto con te. Quindi, se proprio vuoi delle risposte, parla con lui. E comunque, a dire il vero, penso sia inquietante fare sesso con una donna incinta. E se lo dico io, significa tanto. Credimi.»
Julia avrebbe voluto rispondergli a tono, ma avvertì una sgradevole sensazione risalirle dallo stomaco. Si coprì la bocca con una mano, sentendo che non sarebbe riuscita a trattenersi ancora per molto.
«N-naus...ea...»
E così dicendo, corse in bagno. Si inginocchiò sul pavimento, alzò la tavoletta del WC e rigettò il pranzo. Boris, alle sue spalle, le prese i capelli, tenendoglieli sulla schiena.
"Dio me ne scampi dall'avere moglie e figli!" pensò, aiutando la spagnola a rialzarsi e ad avvicinarsi al lavandino.
«Tutto bene?»
Lei annuì, sciacquandosi il viso e la bocca. Il retrogusto dei succhi gastrici le si appiccicò al palato. Detestava le nausee e dover correre tutti i santi giorni a vomitare. Si augurò che quel periodo passasse presto.
«Grazie per il gelato.» disse poi, sorridendo.
Boris, al contrario, rimase serio in volto. «Solo per il gelato?» susseguì a domandarle.
Julia alzò gli occhi al cielo e sbuffò, spazientita.
«Che sarà mai stare un pochino dietro ad una tua amica?»
Si trattenne dall'impulso di strangolarla con le sue stesse mani.
Un pochino?! Osava davvero definire "poco" quella sorta di Via Crucis?
La sorpassò, uscendo da bagno. Borbottò parole poco ortodosse.
Gettò un'occhiata all'orologio appeso alla parete adiacente: le diaciannove e ventitré. Yuri sarebbe tornato presto a casa.
... Finalmente!

 

Seduto nella sua automobile, Yuri era in procinto di tornare a casa. Il traffico cittadino scorreva lento e scostante. La donna sulla cinquantina alla guida della macchina dietro di lui continuò imperterrita a premere il clacson. Ciò favorì ad incrementare lo stress di cui era in balia Ivanov, il quale aveva sviluppato un'ampia gamma di tic nervosi. Non dormiva decentemente da una settimana, il suo capo lo aveva sommerso di lavoro da inserire entro scadenze fuori dal normale e il suo cellulare non avevo smesso di squillare per tutto l'arco della giornata. Boris lo aveva tempestato di messaggi attraverso i quali lo malediceva e lo invitava ad andarsene amabilmente in un posto specifico; Julia, invece, lo aveva chiamato per circa sei volte consecutive, tenendolo al corrente delle nauesee continue e delle voglie assurde di cibo che tendevano ad alternarsi ogni ora. Poi, inevitabilmente, c'era stata la telefonata del cognato Raul: questi, sebbene avesse una parlantina più sopportabile rispetto a quella della sua dolce consorte, lo aveva tenuto inchiodato in una conversazione che si era protesa per ben due ore.
Pertanto, la prima ed irresistibile reazione iniziale, fu quella di lanciare il telefono dal finestrino della macchina. Non si capacitava proprio della ragione per la quale il mondo si ostinasse a conversare con lui, l'emblema dell'anti-sociale. Proprio lui che amava il silenzio, la solitudine, il non sentire il bisogno di confrontarsi con altri esseri dotati della capacità di pensiero o di parola. Per questo, nella maggior parte delle volte, si era ritrovato ad escogitare diverse scappatoie che gli fornissero la possibilità di diventare un eremita. Il suo sogno più grande era quello di andare a vivere sulle montagne, isolato dal mondo circostante. Lontano da tutto e da tutti.
Mise la freccia e svoltò a destra, quando un boato attirò la sua attenzione. La macchina fu scossa da un vigoroso fremito, costringendolo a sobbalzare e a lasciare, di colpo, il pedale della frizione. Il motore, così, si spense. Imprecò tra i denti, azionò le quattro frecce ed uscì dall'auto.
Ciò che vide lo spinse ad avvertire, per la seconda volta, i sintomi dell'infarto: la signora che suonava il clacson, lo aveva tamponato. Il paraurti posteriore pendeva ammaccato sull'asfalto. La targa era completamente accartocciata. Il vetro del fanale posteriore destro frantumato in mille pezzi. Chiuse entrambe le mani a pugno, contando mentalmente sino a dieci onde evitare di compiere una strage.
Uno, due, tre...
La donna scese dalla Mercedes con le mani tra i capelli, la lunga pelliccia che indossava strascicò sulla neve.
«Oh, santo cielo!» esclamò, «Disgraziato! Perché non hai messo la freccia?! Mio marito mi ucciderà!»
«La freccia l'ho messa eccome, signora.» rispose Yuri, cercando di mantenere la calma. «Forse dovrebbe cominciare a guardare la strada, anziché suonare il clacson inutilmente.»
La signora sbatté più volte le lunghe ciglia, fingendosi innocente.
«Tesoro, io guardavo la strada. Sei tu che non hai messo la freccia.»
Quattro, cinque, sei...
Yuri decise che fosse arrivato il momento di tagliare corto. Non aveva la benché minima intenzione di stare al freddo a perdere del tempo con una sconosciuta.
«Comunque è lei ad essere in torto, quindi mi fornisca i dati.»
«Puoi scordartelo! Io non ti do proprio un bel niente, hai capito?!»
Sette, otto, nove...
«Signora, non mi faccia perdere tempo. Mi dia i dati e la finiamo qui.»
Ma lei diede come l'impressione di non capire la sua lingua, come proveniente da un mondo esterno e a parte. Scosse la testa più volte, lasciando ondeggiare la sua lunga chioma di boccoli dorati. Sorrise con arroganza a Yuri, facendolo spazientire ulteriormente.
«Perché non vai a scocciare qualcun altro?» seguitò a rispondergli, voltandogli le spalle ed incamminandosi in direzione della propria macchina.
Dieci.
Yuri non riuscì a trattenersi: la raggiunse in poche ed ampie falcate, afferrandola per un braccio ed imponendole di fermarsi. Le diede uno strattone, riuscendo a farla girare verso di lui. Questa lanciò un grido di terrore, frugando nella propria borsa alla ricerca di qualcosa per potersi difendere.
«Mi stia bene a sentire.» cominciò il russo, pronunciando quelle parole a denti stretti e a pochi centimetri di distanza dal volto della donna. «Non me ne frega un cazzo di suo marito, se la ucciderà o che cosa ne so io, lei mi deve ripagare i danni! E lo farà adesso, nell'immediato. Perché io non ho tempo e tantomeno voglia di farmi prendere per il culo da una qualunque spocchiosa di cinquant'anni incapace alla guida.»
Lei, attraverso uno scatto repentino, estrasse quella che sembrava essere una boccetta di profumo. Yuri guardò meglio, ma non ebbe il tempo di allontanarsi o perlomeno di difendersi, perché la donna premette il tasto apposito e rilasciò una sostanza che per poco non gli centrò gli occhi. Tuttavia avvertì ugualmente un fastidioso bruciore tanto forte da farli lacrimare, obbligandolo a nascondersi il viso tra le mani. Lasciò la presa sulla donna, fornendole l'occasione propizia per liberarsi e fuggire. Risalì in auto e ripartì a tutta velocità, lasciandolo solo a girovagare senza una meta precisa in mezzo alla strada. Ad occhi esterni, sembrò un pazzo. E proprio in quel preciso istante, passò una volante della polizia che si fermò affianco a lui. Uno dei due agenti abbassò il finestrino, affacciandosi e guardandolo confuso.
«Hey, lei! Si può sapere che cosa sta facendo?!»
Ma Yuri era troppo preso dalla rabbia e dal dolore per poter rispondere decentemente, limitandosi a gridare insulti ed imprecazioni rivolte ad un'entità sconosciuta.
Poi, finalmente, riuscì vagamente a spiegarsi: «Quella maledetta mi ha sfasciato la macchina e mi ha spruzzato qualcosa in faccia!»
«Di chi sta parlando, scusi?»
Si strofinò gli occhi, asciugandosi le lacrime con la manica della giacca. Tutto inutile, il bruciore non si era attenuato.
«Di quella pazza che mi ha tamponato poco fa!» rispose, «Possibile che il mondo abbia puntato il dito contro di me?!»
L'altro, incuriosito, aprì la portiera e si avvicinò a lui – intenzionato, più che altro, a capire cosa fosse realmente successo.
«Ha preso il numero di targa?»
«Non ne ho avuto il tempo. Maledetto il giorno che mia moglie mi ha riferito di essere incinta, è cominciato tutto da lì. Sono sempre stato sfigato, ma questa volta sto toccando il fondo.»
Negli occhi del poliziotto si accese un'insolita scintilla, quella di chi riesce a comprendere l'angoscia altrui. Preso da un impeto di solidarietà e comprensione, appoggiò una mano sulla spalla di Yuri.
«La capisco, sono padre di due figli. Tra poco arriverà il terzo ed ogni volta è una tortura.»
I due si abbracciorono, consolandosi e facendosi forza a vicenda.
Il collega del poliziotto, precisamente una donna al quarto mese di gravidanza, li incenerì con lo sguardo. Scosse la testa, fissando la propria immagine riflessa sullo specchietto retrovisore e disse: «Come se fossero loro a dover sopportare il peggio, che idioti!»

 


[*]Strega Baba-Jaga (in russo: Ба́ба-Яга, pronuncia: Baba-Iagà) --> corrisponde al nostro “Uomo Nero”. Sarebbe una mostruosa vecchietta che possiede oggetti incantati ed è dotata di poteri magici.
In una serie di fiabe viene paragonata ad una strega. Spesso è un personaggio negativo.

NdAOkay.
Che cosa ho scritto?! D:
Questo penso che sia il capitolo più demenziale che abbia mai pubblicato in vita mia.
Ammetto di essermi divertita e spero di riuscire ad esprimere il medesimo sentimento in voi, miei cari lettori :D
La gravidanza di Julia si sta rivelando piuttosto impegnativa non solo per lei, ma anche per quei poveri sfigati di Yuri e Boris – quest'ultimo, in particolare; costretto a farle da balia e a sorvegliarla ventiquattro ore su ventiquattro XD.
Nel prossimo capitolo parlerò di quella che è la vita quotidiana di Yuri e Julia, dandovi modo di capire come affrontano la vita matrimoniale. A dire il vero, lo scopriremo insieme, perché non ho mai scritto niente del genere...
Come sempre, ringrazio tutti quelli che mi hanno seguita fino a qui.
Grazie, ragazze! Le vostre recensioni mi danno sempre la carica per andare avanti e per credere in questa mia passione della scrittura :-). Scrivo per me stessa, ma anche per voi. Fatemi sapere che cosa pensate di questo terzo e nuovo capitolo!
Un abbraccio,
Pich. ♥

 

   
 
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