Oh, di questa mi ero dimenticata.
Alla luce dei fatti è un’altra one shot ooc e super what if, scritta ancor prima che
si sapesse quali sarebbero state le sorti di Sasuke.
Mi pare ci fosse ancora in ballissimo tutta la storia
della cecità che mi aveva ispirata a scrivere sciocchezze per un qualche
contest dimenticato.
Ve la ripropongo giusto così, per non lasciarla morente nella
vecchia memoria esterna che nascondo in casa.
SO BLIND
One shot
Le
dita di Sasuke, ombre longilinee, tracciavano lente
il profilo del suo viso. Scorrevano sulla fronte umida, sulle palpebre sottili,
sulle gote arrossate, sulle labbra dischiuse da respiri flebili. Naruto se ne accorse a stento, nel suo falso dormire. Le
sentiva scivolare in pruriginosi movimenti circolari e poteva solo immaginare
quanto ironico apparisse il contrasto delle loro pelli.
I
polpastrelli gli disegnarono la mascella, poi il contorno del naso e a Naruto sfuggì un singhiozzo.
“Sei
sveglio” le dita si scansarono, correndo al riparo sotto le coperte, come
intimorite dalla loro debolezza.
Naruto
si issò a sedere, sistemandosi contro la spalliera.
Era
notte e i bagliori delle luci, che dall’esterno si intrufolavano nella stanza,
non erano sufficienti a illuminarne ogni angolo. Sul volto di Sasuke si dipingevano ombre irregolari e i tratti adulti
parvero più duri e severi di quanto non sembrassero al sole.
Naruto
lo osservò con il rammarico di una vita passata a rincorrere illusorie speranze.
Vederlo al suo fianco, dopo anni di stupido nascondino, gli gonfiava il petto
di inutile malinconia.
“Sas’ke che stavi facendo?” chiese, la voce gli uscì più
tetra di quello che avrebbe voluto. Sperò che Sasuke
non se ne accorgesse, ma il nukenin vedeva ogni cosa,
se non con gli occhi, con quel particolare sesto senso che li aveva sempre
uniti.
“Non
stavo facendo niente, avrai sognato.”
No,
Naruto era certo di non averlo sognato, il tocco
conosciuto di quelle dita. Guardò Sasuke con un
broncio infantile sulle labbra gonfie; il nukenin
aveva il viso rivolto alla parete di fronte, la osservava con una tale
intensità che presto sarebbe crollata su se stessa. Come potevano essere tanto
intensi, quegli occhi, anche senza vedere?
Nell’oscurità
sembravano neri, ma Naruto sapeva che la notte,
meschina insabbiatrice, ne celava l’opacità cieca.
Il
groppo in gola fu così doloroso da fermargli il cuore e ancora una volta il
ninja si rese conto di quanto negli anni fosse andato perduto di se stesso.
Le
coperte frusciarono, si aggrovigliarono, sembrarono stridere e gridare, mentre Naruto si metteva a cavalcioni sull’inguine di Sasuke e lo faceva scivolare
disteso, solo per poterlo baciare.
Adorava
quelle labbra, il loro sapore immutabile nel tempo; le morse come se, su di
loro, risiedesse ogni cosa importante. E Sasuke lo
assecondò, lentamente, in silenzio.
Perché
fra loro c’era così tanta disperazione? In quale angolo della tortuosa strada
percorsa si erano persi i sorrisi e le baruffe?
Sasuke
fissava il soffitto, ma non lo vedeva. Naruto si era
preparato ai suoi occhi ciechi, alla sua vista che lentamente svaniva, alle
crisi, sempre più frequenti e asfissianti. Si era preparato in ogni istante, eppure,
quando il momento era arrivato, il peso da sopportare era stato troppo grande
per entrambi.
Naruto
li avrebbe visti i capelli di Sasuke diventare
bianchi, il suo volto raggrinzirsi, i passi farsi più lenti e malfermi, ma a Sasuke nulla di quello sarebbe stato concesso.
Gli
coprì gli occhi, le dita serrate sulle iridi spente, e con decisione afferrò la
mano di Sasuke ancora nascosta fra le coperte.
“Non
dimenticherai, Sasuke, non permetterò che succeda.”
Le
dita del nukenin furono di nuovo sul suo viso. Naruto le guidò nella lenta scoperta dei tratti, sui solchi
delle cicatrici, sull’attaccatura irregolare dei capelli.
“Quando
avrai paura di dimenticare, sarò qui per mostrarti ogni cosa.”
Sasuke
sbuffò e corrucciò le labbra, il labbro inferiore colto da un tremolio di
fastidio.
“Nessuno
ti ha chiesto niente, usuratonkachi.”
“Certo,
non hai bisogno di chiedere, io so già tutto.” il vecchio e nostalgico tono di
scherno, uno sbuffo divertito su labbra sorridenti.
E
le dita di Naruto si bagnarono di lacrime.
“E quando non sarò più un ninja,
cosa resterà di me?”
“Il mio amante.”
“Meglio la morte, allora.”
“Sei sempre così tragico, Sas’ke.”