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Autore: ZeldaFitzgerald    27/11/2017    0 recensioni
FF LARRY.
Chi è a parlare in teoria lo scoprirete solo alla fine, anche se per me è chiaro fin dall'inizio. A ispirarmi "Senza Fine" di Gino Paoli dalla quale prendo il titolo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi ricordo ancora la prima volta in cui, con fare strafottente e delicato hai poggiato la tua mano sulla mia spalla e hai dato modo alle tue dita lunghe e affusolate di stringersi intorno al mio muscolo e fare la loro richiesta. Volevi che io rimanessi lì, inerme, pieno di vita a cui non potevo dare spazio, pieno di parole che mi avevi esplicitamente chiesto, con quel solo gesto della mano, di trattenere fino a quando tu non avessi fatto la tua mossa. Avevi anche opportunamente deciso che in quel preciso istante io dovessi darti le spalle, per non inciampare nella sfrontatezza del mio sguardo, nella richiesta di assecondare le mie voglie che nei tuoi confronti non sono mai state velate. Prima di lasciare la presa hai tamburellato con le dita sull’incavo del mio collo, ancora una volta senza proferire parola, di nuovo imponendomi di restare in silenzio, di sentire le emozioni attraversare il mio corpo senza che si trasformassero però in suoni, colori, gesti. E così sono rimasto fermo, con lo sguardo perso nel blu pesto della notte che calava, con una mano posizionata sull’altezza dello stomaco e l’altra ben salda nell’esatto punto in cui prima giaceva la tua per non permettere al freddo dell’inverno di sciogliere il calore che tu avevi creato. Iniziava a piacermi questo gioco di silenzi, di gestualità non concesse, di voglie non dette e tu lo avevi capito benissimo, te ne sei accorto quando, nella stessa posizione in cui mi avevi lasciato pochi secondi prima, avevo iniziato a stringermi nelle morbide pieghe della felpa che portavo addosso, avrei voluto tirare su il cappuccio e chiudere quel calore con me per sempre, per ricordarne l’odore, per vederne la luce anche ad occhi chiusi. Avevo preso il cappuccio in mano e stavo quasi per metterlo su quando improvvisamente l’ho lasciato cadere a mezzaria ed è stato lì che nonostante fossi di spalle ti ho visto sorridere. Ho sentito l’aria fermarsi per poi riproporsi a me sotto forma di brezza, calda, impetuosa tra i miei capelli, alla base della nuca, a testimoniare l’intensità di questa sensazione solo la pelle d’oca a insinuarsi tra le mie dita ancora ferme a cercare di trattenere il palmo della tua mano. Ero ancora lì, in piedi, davanti a quell’enorme finestra dagli infissi bianchi quando d’un tratto il bisogno istintivo di appoggiarmi allo scaffale alla mia destra tradì la fierezza audace della mia postura. Non mi girai però, non volevo rovinare il tuo tentativo di mantenere una connessione che andasse oltre la mera sensorialità e così sono rimasto lì con il braccio teso sulla mensola e le gambe larghe per evitare che quell’onda emozionale mi facesse cadere a terra.
Finché, dopo qualche secondo a me sembrato interminabile, mi hai colto di sorpresa e mi hai sussurrato nell’incavo del collo “Sono pronto, questa è per te”. Credimi, di cosa mi avessi detto non ero cosciente allora e forse non lo sono neanche oggi ma la premura che hai usato nel tirarmi su il cappuccio dopo aver sussurrato è una delle cose più belle e intime che tu abbia mai fatto per me. E’ stato il tuo modo per chiedermi di non farti andare via, il tuo modo di dirmi che quel calore, quel sussurro fatto alla base del collo sarebbe stato solo per me, mio e di nessun’altro, ogni volta che avrei voluto. E’ questo il motivo per cui non mi sono girato e sono rimasto ancora fermo nella stessa posizione in cui mi avevi lasciato perché quello, amore mio, era il mio modo di dire a te che sarei stato pronto ad accogliere il tuo fiato, tuo e di nessun’altro, ogni volta che avresti voluto.
Ho riconosciuto subito il gracchiare del giradischi e il rumore sordo del vinile che viene estratto dall’involucro di cartone, lo stridere della lancia meccanica a contatto con lo stesso una volta che questo inizia a girare sul piatto ed è stato lì che ho risolto il piccolo enigma che mi tormentava da giorni.
Probabilmente qualche giorno prima o la settimana prima, amore mio lo sai che non sono bravo con i dettagli e non ho bisogno di esserlo se ci sei tu al mio fianco, eri tornato a casa con questo enorme pacco di cartone e mi avevi impedito di fare domande, di sbirciare o di fare allusioni a quell’enorme cassa marrone. Questo gioco dei silenzi imposti iniziava proprio a piacerti ed iniziava a piacere anche a me se sapeva regalarmi i tuoi occhi sorridenti. Mi avevi detto che era qualcosa per qualcuno, hai farfugliato frasi sconnesse e mi hai stampato un bacio delicato sulle labbra sapendo che mi avresti zittito e addolcito senza remore.

Nonostante ciò però non capivo perché ci avessi messo tanto a mettere quel dannatissimo vinile sul giradischi ma mi ero imposto di non girarmi, di aspettare che fossi tu, impaziente di guardare la reazione al tuo gesto prendere vita nei miei occhi, a chiedermelo. Continuavi nel tuo gioco forza ma ti sentivo dietro di me a scrutare i miei muscoli contratti sotto la felpa, le mie caviglie scoperte che fuoriuscivano dagli skinny neri, i brividi che correvano all’impazzata dal collo alle cosce senza darmi possibilità di vittoria. Era il tuo piacere quello che mi scorreva nelle vene, l’idea della tua eccitazione, della frustrazione del non sapere quale sarebbe stata la mia reazione, la voglia che avevo di trattenere il tuo calore per sempre nel palmo della mia mano.
E’ partita una melodia delicata, un violino, un’armonia d’archi a me estranea, una voce dolce a cantare in una lingua a me sconosciuta e la tua mano a porgermi un biglietto che parlava di te. Parla di noi, mi hai corretto poco dopo, ma sapeva solo di te, mio sole. Odorava di te, parlava per te, era scritto da te con l’eleganza che solo le tue parole possono portare nella mia vita, che solo alle tue parole è concesso portare nella mia vita. Ho tradotto per te le parole della canzone, hai tenuto a precisarmi, volevo che sapessi esattamente quello che voglio dirti ancora prima che io proferisca parola, e così ho iniziato a leggere, per te. Di te. Di noi, mi hai corretto di nuovo.
 

Senza fine,
tu sei un attimo senza fine,
non hai ieri non hai domani
tutto è ormai nelle tue mani, mani grandi,
mani senza fine.


Una poesia bellissima, una dichiarazione d’amore scritta da un paroliere che canta la nostra verità, che canta di me e di te come se ci conoscesse da sempre, come se ogni volta che qualcosa sull’Amore sia mai stata scritta, poeti, cantautori e filosofi abbiano avuto chiara in testa l’immagine del tuo respiro sul mio collo, delle mie mani tra i tuoi capelli, delle lacrime che si fermano nell’angolo degli occhi ogni volta che ti dico che ti amo. Io non so perché tu pensi di non meritare il mio amore o perché chi sta intorno a noi crede fermamente che io amo te tanto intensamente ma che tu non ne sia ugualmente capace. Io vorrei urlare al mondo di quanto tu sia meraviglioso di come tu renda bella la mia vita e la mia anima. Di quella volta in cui ti ho costretto a farmi l’amore nonostante io fossi emotivamente arido, di come i tuoi baci sul mio pube, la tua lingua ad accarezzare l’estremità dura del mio corpo, di come le tue mani ferme a tenere aperte le mie cosce e quel meraviglioso tuo strumento d’amore dentro e fuori di me prima piano poi ancora più forte mi abbiano salvato dal baratro delle mie ansie, dal fardello di questo segreto che poi tanto segreto non è. Me lo hai sempre detto tu, amore mio, non c’è bisogno che si dicano certe cose, è il cuore a sentirle e io mi sono sempre chiesto perché mai io fossi così fortunato da sentirti su tutto il corpo anche quando non sei dentro di me. Anche quando sei tu ad avermi dentro. Siamo colori e corpi che si fondono e materie indistinguibili e complementari, e ci siamo noi e la tua bocca su di me  e le tue mani calde a colmare tutti i miei vuoti a perdere. E ci sono io che vorrei farti l’amore costantemente e tu che vivi la mia voracità come un segno vivido del fatto che io sia la tua metà e mentre le immagini del tuo sorriso quando sei nudo sopra di me, dopo avermi amato instancabilmente per ore, si fanno largo fra i miei pensieri io decido di girarmi e rompere il silenzio che mi avevi fino a quel momento imposto di mantenere.
E allora eccoti là, splendente nel tuo completo nuovo di zecca, nero con classica camicia bianca a dare forma ad uno dei miei sogni erotici ricorrenti, tu vestito di tutto punto, inginocchiato di fronte a me. Ed io che penso sia il momento giusto e rompo le tue regole perché stavolta so che nessuno ha mai amato nessuno quanto tu ami me e voglio che tu sia consapevole che io combatterò contro me stesso, contro il mondo intero e anche contro di te, mio sole, per dimostrarti che mai nessuno proverà ad amare te come io ti amo. E mi inginocchio davanti a te, mio raggio di sole. Butto i miei occhi dentro le tue mani e ti chiedo di non permettere mai che desiderino mani che non sono le tue, e ti tocco la bocca con le mani e ti imploro di non farle baciare mai labbra che non siano le mie, e mi spingo verso di te e traccio una linea immaginaria che collega i nostri cuori ai nostri sessi e stavolta taccio. Ti faccio ripercorrere la stessa linea immaginaria con le mani e ti faccio toccare i quattro punti che compongono la figura, tutti sovraeccitati nella stessa misura. Il mio ultimo passaggio è stato metterti una mano sulla spalla e tamburellare sulla tua clavicola invitandoti a quello stesso silenzio che avevo a lungo mantenuto per compiacerti.

Ti ho rovinato la sorpresa amore mio, è vero. Ma nessuna gioia è mai stata per me più grande del tuo convinto al mio Sposami e la nostra storia in queste mie mani grandi non avrà mai fine per te.
 


Te l’ho detto che mi ricordo tutto, non potrei mai dimenticarlo.
E’ passato solo un anno.
Ma tu non ci sei più, Harry.
   
 
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