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Autore: EvelynJaneWolfman    28/11/2017    1 recensioni
In un classico liceo americano non possono mancare gli atleti, le cheerleader, gli strambi, i nerd e gli invisibili. Ed è esattamente ciò che Sophie è; un misto tra una nerd ed una persona invisibile. Innamorata cotta di Kevin, giocatore della squadra di football del liceo, la giovane ragazza sa che può solo ammirarlo da lontano. Eppure, quando tra loro sembra inizi ad esserci intesa, lui la tradisce nel più subdolo e doloroso dei modi: rivelando a tutti il suo segreto e facendola deridere.
Perché Sophie non è solo Sophie, ma Sophie Beatrice McIntosh, principessa di un piccolo ma fiorente principato europeo. Ovviamente, con il suo stile poco trendy e gli enormi occhiali, chi la crederebbe una reale? Nemmeno il cane di sua zia Irma.
Delusa e ferita, la giovane torna al proprio paese e dopo cinque anni, rinata dentro e fuori, rifarà i conti con Kevin. Questa volta nelle vesti di... Sua guardia del corpo!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Principato di Bellerosé, cinque anni dopo...

La fresca brezza marina le accarezzò il viso e scompigliò dolcemente i capelli. L'odore della salsedine ed il suono delle onde che s'infrangevano contro la riva, avevano sempre avuto il potere di calmarla e farle dimenticare – seppur per poco –  i problemi e le tristezze che l'affliggevano. Sophie chiuse gli occhi e si godette il momento di assoluta pace e tranquillità, nessuno sapeva dove si trovasse – anche se non avrebbero impiegato troppo a trovarla – quindi tanto valeva apprezzare quegli attimi di dolce solitudine.

Negli ultimi cinque anni aveva imparato ad amarla, la solitudine. Era sempre circondata da guardie del corpo e persone noiose che avevano come unico interesse il conto da miliardi che avevano portato alle Cayman o l'ultimo capo firmato, e completamente orrido, comprato ad una sfilata parigina molto riservata. Odiava quella vita, con tutta se stessa; continuava a ripetersi di essere fortunata nel poter vivere in un grande palazzo ed avere camerieri e cuochi che facevano tutto al posto suo. In realtà, era normale avere delle cameriere se la tua casa è talmente grande da poter offrire ospitalità a tutto il paese, anche se avesse voluto – e ci aveva provato, scatenando l'ira di sua madre – non sarebbe stata in grado di pulire tutte le stanze da sola. C'erano giorni in cui sentiva addirittura la mancanza dei mesi passati in America, e visto com'era andata lì se preferiva stare là la situazione era più che chiara. 

Ormai era cambiata, avrebbe saputo tener testa ad una montata come Carly e di sicuro non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa da un manichino tutto muscoli e senza cervello come Connor. E certamente non si sarebbe mai innamorata di Kevin...

Pensare a lui le faceva ancora troppo male, nonostante fosse cresciuta, e l'avvicinarsi dell'incoronamento la rendeva sempre più malinconica e... disperata! Non voleva prendere in mano le sorti del principato, in verità se ne stra fregava alla grande! Voleva soltanto vivere la vita come una giovane donna qualunque, trovarsi un lavoro che le piaceva, fare carriera con le sue sole forze e crearsi una famiglia che di reale non aveva assolutamente nulla.

Molte volte, dava la colpa di tutto quello proprio a Kevin e ai suoi amichetti; se non le avessero fatto quello scherzo crudele, lei non sarebbe mai tornata a casa prima del diploma e di sicuro i suoi genitori avrebbero capito che poteva cavarsela da sola anche lontano da casa e crearsi una famiglia lì. Forse avrebbe anche convinto i suoi ad iscriverla in un college americano, la sua vita sarebbe stata diversa e lontano da quel posto che ormai le stava troppo stretto.

«Principessa!» la voce di Leo, la guardia del corpo di suo padre, la fece rabbrividire. 

Erano stati piuttosto veloci nel trovarla questa volta, o forse era solo lei che diventava più prevedibile. Quando l'uomo la chiamò nuovamente, Sophie dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non scappare più lontano e rimandare un incontro che non era possibile evitare: quello con suo padre. Quella mattina le aveva detto che dovevano parlare urgentemente, lei aveva capito subito di cosa suo padre dovesse parlarle ed era scappata appena lui si era chiuso in ufficio. Sin da bambina aveva imparato a svignarsela dal castello senza farsi notare, cacciandosi sempre in grossi guai, ma erano quei momenti di libertà e pericolo che la facevano sentire veramente viva.

La sola idea di marcire in quella dimora dorata la faceva impazzire, provava il forte impulso di ribellarsi in ogni modo, anche il più pericoloso. Aveva addirittura pensato di mettere in atto il proprio rapimento...

Dei passi veloci nella sabbia le fecero capire che non poteva più scappare ormai, Leo l'aveva trovata.

«Sophie...» l'uomo, vestito completamente di nero nonostante fosse ormai giugno, si fermò a pochi centimetri da lei. L'aveva chiamata per nome, questo significava se suo padre era molto arrabbiato e Leo preoccupato per lei. Stava per succederle qualcosa di grave, dunque, solo quello avrebbe portato una guardia del corpo come lui ad usare un tono tanto incerto e confidenziale.

«Ho capito» si limitò a rispondere. Non c'era bisogno di dire nulla in effetti, avrebbe dovuto scusarsi per essere scappata? Certo, avrebbe potuto, ma non ci avrebbe creduto nessuno, lei per prima.

L'uomo annuì e si allontanò lentamente per lasciarle gli ultimi attimi di privacy. Sophie ammirò per l'ultima volta, quel giorno, il tramonto che si specchiava nelle acque del mare e chiuse gli occhi per godere fino all'ultimo istante rimasto la dolce brezza marina. Alla fine, dovette costringersi a seguire Leo che l'aspettava poco distante.

* * *

«Si può sapere cosa ti è saltato in testa?!» la voce di suo padre era talmente alta e furiosa da poter quasi scuotere quel palazzo centenario. Sophie, se fosse stata ancora una bambina, avrebbe tremato dinanzi a quella sfuriata, ma aveva più di ventidue anni ed era stanca di sentirsi dire cosa poteva o non poteva fare. C'erano reali che si comportavano anche peggio di lei ed erano molto più famosi, il suo principato non lo conosceva nessuno quindi avrebbe potuto tranquillamente passeggiare per il paese con il sedere all'aria, gli unici che si sarebbero sconvolti erano i cittadini stessi.

«Sparire proprio il giorno della prova per l'incoronazione!» continuò suo padre, iniziando a camminare nervoso nella sala del trono. Sophie smise di seguirlo dopo un po', captò solo le parole "figlia", "ingrata" e "sconsiderata" quindi nulla che non avesse già sentito. «Ma ora basta, Sophie, non andrai più in giro per il paese senza avvisare o senza avere qualcuno che ti controlli!» Sbraitò l'uomo.

«Spero tu stia scherzando! Non ho più cinque anni e sono libera di andarmene in giro dove e quando voglio!» va bene ripeterle che doveva evitare certi comportamenti o almeno avvertire quando usciva, ma addirittura proibirle di uscire senza una guardia era assolutamente esagerato. Avrebbe trovato comunque il modo di andare via senza farsi notare, anche con mille cloni di Leo alla porta.

«Lo hai voluto tu, tesoro, manca poco ormai all'incoronazione e non posso permettere che tu te ne vada in giro sola e senza avvisare, sei un pericolo per te stessa» lo sguardo risoluto di suo padre le fece capire che faceva proprio sul serio e questo la gettò nel panico. Non poteva perdere quel poco di libertà che aveva!

«Ma... l'unica guardia del corpo presente al palazzo in questo momento è Leo, visto che hai mandato le altre con mamma» gli fece presente. Sua madre era partita la settimana prima per le Bahamas, una vacanza con le amiche l'aveva definita, e suo padre aveva mandato tutte le guardie del corpo, eccetto Leo ovviamente, con lei.

Suo padre si voltò finalmente verso di lei, la fissò intensamente per qualche secondo ed infine sorrise. «È per questo motivo che ne ho assunta un'altra, una assegnata solo a te.»

«Che cosa?!» quella notizia la sconvolse e vide la propria, piccola, libertà volare dalla finestra.

«Resterà accanto a te ogni ora di ogni giorno, dormirà persino nella tua stessa camera. Sarai costantemente sorvegliata.»

Dormire nella stessa stanza?

Suo padre era completamente impazzito!

«Nessuno dormirà in camera mia eccetto me! E se fosse un pazzo e tentasse di infilarsi nel mio letto?» Sophie provò il forte impulso di piangere e scalciare come una bambina viziata. Non riusciva a credere alle proprie orecchie, già non riusciva a rassegnarsi ai propri dover ed ora doveva invece rassegnarsi a vedersi portare via i pochi attimi che aveva per lei. La sua privacy ormai non esisteva più.

«Ho scelto personalmente l'uomo che dovrà proteggerti. È un ex marine ed è il miglior poliziotto del dipartimento di New York. Vedrai che con lui sarai in ottime mani.»

«New York? Un ex marine? Ma dico, sei impazzito? Solo perché è un poliziotto automaticamente lo togli dalla lista dei possibili psicopatici?» Ormai esausta e con le gambe tremanti per la rabbia, Sophie dovette cercare sostegno in uno dei pilastri in marmo che abbellivano la sala.

«L'ho scelto personalmente, ti dico, vedrai che sarai in mani sicure» il tono di suo padre divenne freddo come il ghiaccio, odiava che si mettesse in discussione la sua capacità di giudizio. L'uomo si voltò verso la porta e lei considerò l'idea di gettarsi dalla finestra. «Signor Diaz, entra pure?»

Diaz? Quel nome non le era nuovo...

La grande porta venne aperta lentamente e l'uomo misterioso fece il suo ingresso nella sala. Appena i suoi occhi si posarono su di lui, Sophie perse la capacità di respirare.

Alto un metro e ottanta, se non di più, pelle color caramello, capelli neri, una bocca vietata ai minori di tre anni e due occhi di un azzurro intenso... no, impossibile, si disse raggelata. 

Quello non poteva essere... «Kevin?!»

  
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