Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Herondale7    28/11/2017    0 recensioni
I magici sono stati sempre temuti ed esiliati sin dalla Ripartizione nel Vecchio Impero. Sabriellen Jacklyn, una giovane ladra, entrerà in questa realtà più grande di lei in uno dei periodi più temuti nel regno dove vive. La guerra tra Neblos e Trule è difatti alle porte, e ciò che resta alla ragazza è fuggire per aiutare la sua famiglia frammentata; per perseguire in questa sua decisione dovrà compiere un gesto molto pericoloso: arruolarsi tra i pirati.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 12

Davvero, la situazione in cui mi trovavo era l’evidenza del perché avrei dovuto tenere conto di tutti gli avvertimenti di Demien su Kasim, mi sarei evitata un sacco di casini. Giurai a me stessa che da quel momento avrei sentito quell’ammasso di testardaggine, abbronzatura e diffidenza più spesso.
Quella che avevo avuto durante la mattinata era una pessima idea. Una pessima, pessima idea. Come mi era venuto in mente di fare il doppio gioco? Anzi, non era nemmeno definibile così. Non stavo né con la Corona, né con i pirati, né con i Magici… Era piuttosto definibile come il mio gioco.
Ancora stentavo a credere a ciò che avevo architettato, a tutte le balle che avrei dovuto inventare e a cui ero costretta a ricorrere per tirare fuori dai guai Bellamy e me, tutto a causa di Kasim; nel frattempo salivo le scale mi maledicevo per il rischio che stavo per correre. Ma chi me lo aveva fatto fare ad accettare di aiutare la corona?
Che sia chiaro, non avevo intenzione di fare sul serio con l’offerta di Ark, ma non è che avessi avuto molta altra scelta. Una volta ritornata a Shaka, alla cittadella dei Reali, avrei avuto modo di salvarmi. Ero sempre una maga nelle fughe… beh, si fa per dire.
Avevo accettato di ritrattare la mia posizione con la corona, e sapevo che questo avrebbe distrutto Bellamy appena lo avesse saputo, e per quello che dovevo fare, serviva che il suo odio verso di me fosse autentico quando mi avrebbe vista. Non restava altro che sperare di reggere le sue parole di disprezzo.
Fui condotta dinanzi una porta dentro la quale le guardie reali mi spinsero, la stessa dell’ultima volta quando entrai e mi sedetti sulla sedia. Come la volta precedente ritrovai due tazze di thè fumanti sul tavolo e pensai che avrei dato una buona impressione se lo avessi bevuto; così feci, nonostante non mi fidassi ancora di ciò che poteva esserci dentro.
Quasi mi ustionai la lingua mandandone giù un sorso, ma almeno aveva un sapore dolcissimo, tant’è che bevvi comunque quella bevanda calda. Mi chiesi chi avesse il compito di cucinare nella nave, perché era veramente buona.
Il capitano della nave entrò pochi minuti dopo, con la sua divisa da ufficiale e tanto di cappello, si sedette di fronte a me cominciando a bere dalla sua tazza; mi salutò con un cenno della mano e prese a parlare. “Jacklyn, per caso si è mai chiesta perché il nostro modo di salutare può sembrare quasi macabro?”
“A un’altra vita.” Dissi a voce alta. “I miei genitori mi spiegarono quando ero piccola che questo è il modo in cui si chiarisce che ogni qualvolta ci si incontra, le persone che eravamo non esistono più, perché le persone cambiano sempre e quando le rivediamo non sono più quelle che conoscevamo, ma solo qualcuno che somiglia molto a loro.”
“Beh, quando lei è entrata la prima volta qui mi ha dato l’idea di una selvaggia in cerca di sicurezza. Una persona ben diversa dalla ragazza collaboratrice con un senso di giustizia che ora è seduta di fronte a me, non crede? Vorrei proprio sapere cosa l’ha spinta a cambiare in questi due giorni.” L’uomo si protese in avanti, giungendo le sue manone sotto il mento in segno di ascolto.
“Tecnicamente non sono mai entrata qui come intende lei, mi hanno sempre spinta dentro i suoi uomini. Seconda cosa, io ero, sono e sarò sempre una selvaggia per voi, non credo che esista qualcuno che sappia domare un lupo. Terza cosa, non avete nulla di più forte del thè? Senza togliere nulla a chi l’ha fatto, ovviamente.” Dissi finendo la tazza di thè.
Ark si alzò ammiccante e sorridendo prese una bottiglia di scotch da dietro le sue spalle, nel frattempo io tolsi il coltello dal tavolo e quando lo riposi negli stivali fui ben attenta a non farlo notare. Lui si risiedette e versò una dose abbondante di alcol nel suo bicchiere, mentre nel mio due dita, poi con un sospiro pesante si poggiò allo schienale.
Decisi di spostare il discorso su qualcos’altro, dato che fortunatamente lo avevo distratto abbastanza da non fargli accorgere di aver evitato di rispondergli. “Che altro avete che possa interessarmi?” Chiesi portando avanti la mia farsa.
“Solo quello stupido diario.” Se solo avesse saputo davvero quante cose si potevano fare con quello stupido diario, credo si sarebbe rimangiato tutto alla svelta. “Eppure non vi capisco affatto… Volete oro? Fama? Potremmo pure rendervi la libertà se giuraste di combattere quando vi chiamiamo.” Affermò frustrato.
“Di ciò che mi avete offerto adesso vorrei solo la libertà, ma credo che questa me la possano garantire solo i Reali. E poi che direbbero gli altri pirati se accettassi qualcosa di vostro e poi tornassi da loro?”
“Eppure bevete il mio scotch.”
“Beccata.” Dissi sorridendo e sollevando il bicchiere.
Bevvi tutto il contenuto in pochi sorsi e lo posai accanto alla tazza di prima, e ciò bastò a mandarmi la gola in fiamme. Ma bastò un momento di attenzione in più nel poggiare il bicchiere e mi paralizzai alla vista dei fondi di thè. Feci l’indifferente per non farlo notare al capitano, ma la serpe stilizzata della vecchia alla locanda giaceva sul fondo della mia tazza.
A quel punto iniziai a tirare un sospiro dentro di me; in fondo era possibile che quel famoso aiutante sconosciuto della lima sotto il tavolino fosse lei. Però se ciò fosse stato vero non sarebbe stato altrettanto chiaro come faceva a sapere che ero lì. Tramite la magia? Possibile, ma come?
Dopo varie frasi sconnesse del comandante mezzo ubriaco, mi fu accordato il permesso di girare liberamente per la nave, e di portare avanti le contrattazioni direttamente con i Reali a Shaka.
Appena fui libera di uscire dalla cabina decisi di parlare di persona con Bellamy; avrebbe fatto male sentirlo, non potevo fare altrimenti; non volevo che lo sapesse da altri, ma non potevo nemmeno essere certa che la voce non fosse già girata tra l’equipaggio di Ark.
Quando finalmente raggiunsi le celle trovai due soldati davanti l’entrata. Per quanto potessero sapere della mia alleanza con Ark non mi avrebbero fatto entrare da sola lì, dovevo distrarli un po’. Alla fine entrai facilmente, non fecero troppo caso a me occupati dall’inseguire un topo che stava girando e graffiando alcune casse fragili con la polvere da sparo. Un’ottima illusione visiva e acustica.
Ben presto mi trovai a respirare muffa e umidità. Nonostante la penombra vedevo le sbarre illuminate da qualche raggio del sole che filtrava dal piano di sopra, tramite una grata. Dovetti avanzare per trovarlo in una cella differente dalla prima in cui eravamo entrambi. Era più piccola e non colpita dalla luce, ampia abbastanza da starci solo seduti. Lo volevano umiliare. Un moto di rabbia mi pervase, e non riuscii a non stringere i pugni fino a farmi male.
“Silver!” Dissi correndo verso di lui. “Cosa diavolo ti hanno fatto?” Aveva il viso coperto di lividi e sangue, una ferita aperta sul labbro e una al sopracciglio destro. Era conciato male e la sua pelle era congelata. “Dimmelo, ti prego.” Non ebbi il tempo di finire che lui iniziò a inveire da dietro le sbarre.
“Tu, che cosa hai fatto! Le guardie mi hanno pestato per due giorni. Scommettevano davanti ai miei occhi su quanto tempo ci avresti messo a tradirmi. In ogni caso ha vinto quello alto, nemmeno tre giorni.” Disse schifato e si girò dall’altro lato, anche se dolorante al fianco, eppure gli importava poco del dolore fisico se poteva far a meno di vedermi. La cosa peggiore che potevo fargli era quella che avevo fatto, e questo non lo avrebbe perdonato facilmente se non gli avessi svelato tutto e subito. Ma era ancora troppo presto.
“Non posso dirti perché l’ho fatto, ma non ti tradirò mai, credimi.”
“Come credi che possa concepire una cosa del genere? Lo hai appena fatto! Sei proprio come Kasim, una serpe in seno!” il suo tono avrebbe eguagliato le urle se avesse avuto abbastanza voce.
“No! Io… va bene, sto per fare una cosa stupida e incosciente, ma ti prego ascolta bene, apri le orecchie. Io, Sabriellen Jacklyn, ti giuro sul mio marchio che non farei mai niente che possa farti ferire, nemmeno indirettamente, perché io mi fido di te! Affinché tu possa fidarti di me… diamine!” Sospettai di essermi sbagliata sull’abituarmi al dolore quando iniziò a bruciare il braccio come se lo avessero posto sui carboni ardenti. “…Io te lo giuro, giuro sul mio essere Magica! Adesso mi credi?” Dissi tra una lacrima e l’altra, provocata dagli spasmi di dolore.
“Non riesco a credere che tu abbia fatto quello che hai appena fatto.” Disse rigirandosi appena verso di me.
“Non lo avrei fatto se non fossi stata certa che avresti capito, ma sono delusa esattamente come lo eri tu. Non ti fidi, e posso capirlo, ma in genere dovrebbero essere le persone comuni a non fidarsi dei pirati, non il contrario.” Lui sorrise debolmente, rendendosi conto che avevo ragione e, nonostante tutto, andava bene che non si fidasse di me, io non lo avrei fatto. “Abbiamo un alleato a bordo, non so ancora chi sia, ma non tenteremo di andare da nessuna parte mentre siamo in mare, chiaro?” dissi asciugandomi le gocce salate sul mio viso, singhiozzando appena.
“Ma…”
“Sto patendo le pene peggiori, niente ma, ok? Quando saremo a terra ti mostrerò la nobile arte della fuga.” Bellamy sbuffò, io risi, e le guardie si avvicinarono. Mi nascosi velocemente sotto un sacco di juta, aspettando che la situazione si risolvesse.
Uno dei due inizio a deridere Bellamy. “Ehi, non hai nulla che fare e inizi a parlare solo? Il tradimento scotta, non è vero? Sai che la strega ha deciso di accettare l’offerta di Ark? Ho vinto i dieci jyn scommettendo, e presto ti consegneremo alla corona prima di quanto pensi.” L’altro continuò.
“È ironico che il figlio di uno dei più grandi pirati, diffidenti della magia, finirà con un cappio al collo per essersi fidato troppo di una Magica.” Ed infine quello di prima riprese.
“Sai cos’altro è triste? Che non possiamo ucciderti, ma possiamo sempre giocare un altro po’ di tempo con te.” Mi coprii le orecchie mentre la cella veniva aperta e senza alcuno scrupolo il mio capitano veniva picchiato.
Ero impotente da lì sotto, ma potevo comunque difendere Bellamy senza che lo sapessero. Mi concentrai sulla sua persona come avevo fatto nel sogno due giorni prima, e continuai a cercare di immaginare come si dovesse sentire. A un tratto venni risucchiata nel suo corpo e per un periodo, limitato a qualche minuto, subii io il suo dolore, e giuro che se non fossi stata obbligata a nascondermi l’avrei fatta vedere loro.
Lui se ne accorse ma, nonostante sembrava restio a ciò che stavo facendo, non riuscii a farmi andare via, o forse non si impegnò nemmeno tanto nel farlo. Mentre mi concentravo sulla mia ancora, il polsino, e sul restare e proteggerlo, sentivo tutte le sue emozioni come la volta precedente e più calore avvolgermi. All’ennesimo colpo allo stomaco non mi rimase che cedere il controllo al legittimo proprietario, fortunatamente proprio quando le guardie se ne andarono. Qualche secondo dopo usci da sotto il tessuto di juta e raggiunsi il ragazzo.
“Non dovevi aiutarmi.” Disse duro.
“Sarebbe quello che avrei subito anche io se avessi tenuto conto del tuo piano folle il giorno in cui ci hanno issati sul ponte di questa maledetta nave. Lasciamo perdere in discorso, è meglio.” Sputacchiai sangue. Ero ricoperta di lividi, e mi sentivo davvero a pezzi, a stento stavo in piedi. E questo lui lo notò.
Improvvisamente da sopra si sentii gente correre velocemente, rumori di armi che venivano caricate e ordini gridati a destra e manca. Nemmeno il tempo di riprendersi che già c’era un’altra cosa da affrontare, pensai. “Io vado adesso, ma non osare pensare di fare qualcosa di stupido.” Dissi indicandolo con il dito, poi presi a correre verso il ponte.
Non ebbi modo di attraversare due corridoi che qualcuno mi spintonò e un altro fece quasi finta di non vedermi nemmeno, tanto che finii con il sedere per terra. Mi rialzai in fretta e salii le scale, poi vidi Ark fare avanti e indietro dal ponte come un diavolo in pena.
“Torrez, sali immediatamente su quella dannata vedetta e trovami un posto accanto alla costa dove nasconderci! Bartèz, sto ancora aspettando il cannocchiale! Flitch devi virare verso Nord-Est, adesso!” Dopo poco si accorse di me e con una camminata veloce mi raggiunse. “Jacklyn, hai accettato il patto. Renditi utile e fai muovere questa nave più velocemente. Dei pirati ci inseguono da Sud.”
Quando Kasim si presentò con il cannocchiale non gli diedi nemmeno il tempo di passarlo al capitano, glielo tolsi dalle mani e lo aprii, iniziando a scrutare l’orizzonte, solo per vedere che quelli alle nostre spalle erano Barrow e la sua ciurma.
“So chi sono, in realtà non aspettano altro che rapirmi, potrebbero approfittare di una bonaccia e sbarrarci l’uscita. Ark, fai scendere tutti sotto coperta, tutti tranne il timoniere, la vedetta, le guardie armate e noi due. Prepara i cannoni, meglio affrontarli ora.”
L’uomo mi guardò come se avessi detto le parole più insensate del mondo. “Ragazza, hai visto questa nave? Non sappiamo nemmeno quanti cannoni abbiano loro!” Se mi credeva una stupida si sbagliava di grosso.
“Otto, per lato, carichi e pronti al fuoco, è una nave abbastanza veloce ma con il mio aiuto possiamo fare di meglio che colpirla direttamente, posso curvare i colpi dei nostri cannoni e prendere parti importanti.” Sorrisi sfacciata, “Inoltre abbiamo più armi da fuoco di loro e conosciamo le loro tecniche.” Con un viso angelico mi voltai ancora sorridendo verso Kasim, che era rimasto a sentire l’intera discussione.
Il capitano capii cosa intendevo e prese pure lui a fissarlo. “Tu ci suggerirai, chiaro?” Quest’ultimo iniziò a sentirsi in trappola e spaurito accettò. “Allora è deciso, invertire la rotta, gli andiamo in contro! Tutti sotto coperta tranne quelli armati. Veloci, veloci!” Una ventina di uomini iniziarono a correre, chi da una parte e chi dall’altra, e una decina di questi scesero per caricare i cannoni.
“Io vado con loro, così dirigerò i colpi, voi sparate.” Prima che potessi iniziare a scendere il capitano mi tirò al volo la sua spilla, e mi disse che avrebbero potuto non ascoltarmi senza la prova che ero autorizzata. Dopo mezzo minuto di preparazioni ricordai che Bellamy si trovava nella stiva, così appuntandomi la spilla di Ark mandai un uomo a recuperarlo prima che iniziasse l’attacco, c’era pochissimo tempo ancora, ma c’era.
Bene, era tempo di vendetta.
Mi legai mentalmente alla mia ancora, e poi al tre iniziarono i colpi, e solo allora mi accorsi che sarei potuta impazzire nel sentirli ogni giorno, con tutte le urla e gli spari. La nave su cui stavamo era più bassa della Baltharen, perciò sarebbe stato facile affondare la stiva nemica riducendola a un colabrodo. Sopra di noi i boati echeggiavano e pezzi di legno cadevano alla prima raffica ricevuta.
Direzionai la mira dei cannoni su poppa e prua. Al secondo colpo invece verso il centro della loro nave, poi mi concentrai sul vento per spostarci velocemente, ma la seconda raffica ci colpì comunque. Stavolta era il nostro ponte a essere stato colpito, due finirono a terra, un uomo volò con la palla di cannone sfondando la nave dall’altro lato. Morto nel migliore dei casi, nel peggiore la caduta in acqua con le costole rotte lo avrebbe fatto affogare lentamente.
Se volevano la guerra, l’avrebbero avuta. “Caricate e sparate. Adesso.”
“Siamo fuori raggio di tiro ragazzina, sprecheremmo solamente munizioni.”
“Non è una richiesta da parte di una ragazzina, ma da vostra prossima comandante in quanto strega nobile. Adesso caricate quei dannati cannoni, a meno che non vogliate morire.” Nonostante la mia non fosse una minaccia nei loro confronti, tutti iniziarono a caricare, dopo vari secondi diedi il via al fuoco e curvai la traiettoria di tiro mentre le palle volavano. Finirono per colpire l’intera poppa della Baltharen.
Un urlo di esultanza si levò dagli uomini sotto coperta, mentre quel capolavoro ligneo iniziava a somigliare più a un rottame che a una perla del mare. Passò giusto il tempo di fare inversione e affiancarla, poi mandammo la quarta raffica di colpi, mentre vedevo le assi e i rampini dal ponte invadere e saccheggiare la Baltharen.
In un secondo di euforia generale nessuno si accorse che il prigioniero era stato fatto salire lì. Così approfittai del mio momento di gloria e di rispetto. “Porta Bellamy Silver nella mia cabina, chiudilo a chiave e fatti accompagnare da quello lì accanto a te.” Dissi all’uomo che lo aveva liberato e a quello al suo fianco che stava caricando una nuova raffica. “Perquisitelo e chiudetelo a chiave.” Prima della quinta raffica si erano già arresi.
Mentre si festeggiava io ero intenta a salire sul ponte, dove l’aria era molto più tirata. Stavano scortando i superstiti della ciurma di Barrow nelle celle, mentre i due comandanti discutevano. Due uomini tenevano le mani e le spalle di Barrow, troppo alto e grosso per uno solo. Ark era in piedi di fronte a lui e non sembrava poi tanto intimorito della differenza d’altezza, tanto che gli puntò una balestra contro.
“Complimenti Ark, hai arruolato due disgraziati che è meglio perdere che trovare. Prima che tu decida di spararmi è importante che tu sappia un paio di cose, prima tra tutte che quei due traditori sono peggiori di quello che pensi, e la strega è l’ultima erede Jacklyn che dovrà presenziare al Consiglio, e sarà la vostra rovina. Te lo dico da vecchio amico, e non da pirata.”
“Questo lo sapevo, ma hai detto che hai altro da dire, parla.” Ark sembrava chiedere malvolentieri.
“Sei stato un pirata, ti sei pentito e adesso lavori per questo re e questa regina che reputi onorevoli. Ti dico che succederà a breve: ti daranno un biscottino quando porterai loro la strega e poi ti metteranno a cuccia. Sei solo il loro cane da caccia addomesticato, come lo è solo per adesso quella.” Disse accennando a me, e silenziosamente accettai quel ‘Solo per adesso’ senza sapere se esserne grata o meno. “Ora vorrei sapere una cosa io. Cosa si prova a rinnegare il codice per vivere onestamente? Perché hai rinnegato il tuo comandante?” Concluse quasi con la rabbia addosso.
“Ti ho rinnegato come comandante e come pirata perché non approvavo più i tuoi modi! Non bruci vive delle persone solo perché non accettano le tue condizioni.” Sussultai al concetto di incendio, ripensando ai miei. “Il codice l’ho sempre trovato inutile, alcune cose non dovrebbero nemmeno esistere, come la ripartizione celebrata da duecento ottantatré anni di fila. Che senso ha mandare una scialuppa in pieno mare infinito riempiendola d’oro per un Dio che non esiste?”
“Kethani esiste, Ark. È stato predetto dagli Armati, verrà in mezzo a noi con tutta la sua maestosità, forza e benevolenza per combattere l’insulto dei reali. Uomini che pretendono poteri divini, quando solo la magia, suo dono, dà poteri a pochi prescelti.”  Disse acido.
“Spero di non rincontrarti, in alcuna vita, sarebbe disonorevole.” Urlò Ark con risentimento. E da quel momento si sentirono solo le onde che si infrangevano sui relitti della Baltharen, mentre gli uccelli volavano intorno ai corpi galleggianti sulle assi della ormai distrutta nave.
Si sentì solo uno spiffero di freccia da lontano, poi il silenzio, anche sottocoperta, dove nessuno parlò più. Era così terribile il caos che generava la morte, un caos inumano; era un rumore sordo che si disperdeva sempre più, lasciando dietro di sé un qualcosa di innaturale.
Un silenzio quasi eterno.

 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Herondale7