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Autore: HarleyHearts    28/11/2017    0 recensioni
Lyla ha sempre avuto una vita normale, come tante sue coetanee ventitreenni.
Viveva con la madre e la sorellina minore, in una piccola casetta a schiera a Washington, e divideva le sue giornate tra l’Università e i migliori amici Rebekka e Robert. Andava tutto bene nella sua quotidiana monotonia.
Almeno, era così prima di incontrare in ospedale il nuovo medico pediatra Ciel O’Konnor; 27 anni di pure bellezza canadese, e un passato traumatico alle spalle.
Da quel giorno, da quel lieve sfioramento di mani, tutto è cambiato drasticamente.
L’esistenza di un mondo che credeva impossibile, una guerra sanguinosa che durava da decenni, creature straordinarie... persino Alpha; tutte cose che travolgeranno la sua vita, come un fiume in piena.
Prima storia della serie “Diversi, Simili ed Uguali”
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 35
Capitolo 35
Un abbraccio sapeva d'addio



Con i cuori che pulsavano ritmici nei petti, Lyla e Rebekka osservarono timorose la porta della camera ospedaliera del loro migliore amico.
Era domenica mattina e la sera prima, quando avevano visto uscire Alberich con il morale e il cuore a pezzi, per paura avevano deciso di rimandare quel momento al giorno seguente. Dovevano parlare con Robert, e non potevano posticipare quel discorso ancora.
Il giorno seguente Lyla sarebbe dovuta partire per il Canada, e non poteva nella maniera più assoluta farlo prima di aver parlato con lui.
Alla fine Rebekka aveva preso la decisione di non partire con la corvina, per poter rimanere a Washington con il ragazzo.
Un altro che sarebbe rimasto in città era Ciel.
Il pediatra le aveva spiegato che al momento era bloccato lì, sia per il lavoro in ospedale che per questioni riguardanti il suo branco, e che con molte probabilità si sarebbe liberato tra una settimana massimo due.
Nonostante riversasse grana fiducia in Vieri e nel branco di Cedric Fox, non se la sentiva di lasciarla andare via così tranquillamente.
Per questo aveva chiesto ad Alberich, in qualità di suo Gamma, di andare con loro.
- È compito di un Gamma proteggere l’Alpha del branco e tu, essendo la mia futura compagna, sei anche la futura Femmina Alpha del nostro - le aveva spiegato.
Il tatuatore non si era ribellato all’ordine del fratello; sia perché sapeva che era tra i suoi doveri proteggere anche Lyla, sia perché, visto come si era evoluta la faccenda con Robert, faticava a rimanere lì senza vederlo per potergli lasciare tempo per sé. Avrebbe dato di matto, e avrebbe potuto combinare qualche stronzata.
Le due ragazze presero un lungo respiro profondo, e si lanciarono un’occhiata d’intesa.
Era ora.
Il momento di tagliare la testa al toro.






- Voi due siete delle deficienti, persino peggio di quello stupido orso-tattoo - le sgridò Robert, severo, seduto nel letto d’ospedale a braccia incrociate - Come avete anche solo potuto pensare che mi sarei arrabbiato per una cosa simile? -
Le ragazze abbassarono i visi colpevoli.
- Non sapevamo come avresti potuto reagire, con noi. Visto come... ti sei arrabbiato con Alberich, eravamo terrorizzate dalla tua reazione - parlò Rebekka, giocherellando con una ciocca di capelli biondi.
Lo faceva sempre quando era nervosa.
Era quasi un abitudine. Girare e rigirare una o più ciocche tra le dita.
Non sapeva nemmeno lei perché lo faceva.
Robert scosse nuovamente la testa, allibito.
- Ripeto: siete delle deficienti - ripetè - Ragazze mie, da quanto ci conosciamo? Non avrei mai potuto reagire male con voi per una cosa così. Certo, sono sorpreso, e anche un po’ sconvolto... ma chi non lo sarebbe? Siete le mie migliori amiche. Potreste anche essere degli alieni con la pelle blu, e non mi importerebbe -
Rimasero tutti e tre in silenzio.
- Esistono? -
Sia Lyla che Robert si girarono verso l’amica bionda, in cerca di una risposta. Sotto pressione, la bella texana fece passare lo sguardo prima su uno poi sull’altra un paio di volte, e solo alla fine iniziò a parlare.
- Nello specifico non lo so, ma se esistiamo noi mostri mi sembra un tantino assurdo escludere l’idea in principio - alzò le spalle.
- E pensare che da piccolo Bobbie Brown mi dava del pazzo quando affermavo di credere negli alieni! - esclamò il ragazzo ad un certo punto, assumendo un’aria pensierosa - Dovrei farmi ridare tutte le merendine che mi ha preso -
Beki inarcò un sopracciglio ben disegnato - Ma non era quel ragazzino che alle elementari ti fregava sempre la merenda? -
- Esattamente! - esclamò, con una luce risentita negli occhi - Tutte quelle merendine al cioccolato perdute... E ora scopro che avevo ragione! Il mondo è crudele -
Le due ragazze si fecero scappare delle risatine divertite. Robert era riuscito a risollevare la situazione, e a far sparire ogni tensione.
- Ho un’idea! - esclamò Rebekka all’improvviso, unendo entrambe le mani davanti al viso.
- Ora che voi due sapete dell’esistenza del mondo dei mostri, potremmo organizzare qualche gita;  ovviamente non subito, aspetteremo prima che si calmino le acque, ma sarebbe davvero una figata pazzesca -
Lyla adorava l’entusiasmo dell’amica, e in un primo momento ne rimase parecchio contagiata. Purtroppo la texana stava dimenticando un paio di fattori parecchio importanti: l’ancora attuale guerra contro i lycan, la sua situazione di pericolo e il piccolissimo fatto che c’era uno zio, di cui non sapeva nemmeno l’esistenza, che la voleva morta insieme al resto della sua famiglia.
Nonostante questo, la corvina non se la sentì di uccidere i buoni propositi di Rebekka, e si limitò a dire un - Appena tornerò, organizzeremo tutto - con un piccolo sorriso sulle labbra, per indurla a credere alle sue parole. Non sapeva nemmeno se sarebbe mai ritornata a Washington, dopo tutto. 
- A proposito di questo... - intervenne a Rob, rivolgendosi a lei - Quand’è che partiresti di preciso? -
- Domani mattina presto - rispose, abbassando lo sguardo per puntarlo sulle sue mani strette in grembo - Vieri ed Alberich hanno detto che è il momento migliore per partire, le strade saranno praticamente deserte -
Sentendo pronunciare il nome del proprio ragazzo, Robert ebbe un piccolo sussulto. Come se non si aspettasse di sentirlo in quel discorso.
- Alberich? Lui che c’entra, scusa? -
Avrebbe capito Ciel, ma perché Alberich si sarebbe dovuto mettere d’accordo con Vieri per l’orario di partenza? Che gli avesse fatto una specie di consulenza?
Magari era roba da mostri mutaforma; lui questo non poteva saperlo.
- Alberich verrà con noi in Canada, sotto richiesta di Ciel - la ragazza esitò un attimo - Non ti ha detto niente? -
Il silenzio che ne seguì fu una risposta più che evidente.
No, non lo sapeva.
- Mi chiamate un’infermiera? Voglio uscire da qui -
Le due ragazze si osservarono preoccupate, e un poco allarmate. Prevedevamo guai, guai grossi.
- Dai Robbie, calmati. I dottori hanno detto che devi riposare; non è il momento per i colpi di testa - cercò di farlo ragionare Rebekka, alzandosi in piedi ed appoggiandogli una mano sulla spalla per  farlo distendere.
Mano che il castano scacciò via malamente, iniziando ad agitarsi come un’anguilla impazzita.
- Fatemi uscire! Voglio uscire di qua per ammazzare quell’idiota! -
- Non essere ridicolo, Rob! - urlò più forte la bionda, per sovrastare la voce dell’amico - Non puoi farti dimettere così - prese al volo dal comodino vicino al letto il telefonino di Rob, e glielo porse - Se vuoi urlargli contro, fallo via telefono. Gli chiedi di venire qua, e lo uccidi; così siamo tutti contenti... più o meno -
Il ragazzo rimase fermo e in silenzio, studiando il volto della bella texana, come per valutare la sua proposta. Non sembrava molto convinto.
- Ma se lo faccio venire qua rischio che qualche medico lo salvi prima - le fece notare dopo un po’.
- Non succederà. Chiamalo, su -
La bionda gli mise il telefonino sotto il naso fino a quando, dopo un lieve sbuffo, Robert non lo prese per scorrere la rubrica alla ricerca del numero di Alberich.







- Secondo me stai facendo una stronzata di dimensioni titaniche -
Il commento del suo migliore amico lo fece sbuffare via telefono come una teiera. Lo sapeva pure lui di star sbagliando, ma sperava che almeno Tom gli dicesse il contrario.
- Non so davvero che fare, Tom. Mi sono andato a ficcare da solo in una situazione del cazzo... Come me ne tiro fuori? -
- Tirartene fuori, ora, mi sembra un pelino tardi. Il massimo che puoi fare è sistemare la situazione con Robert perché, lasciatelo dire amico, fuggirsene così qui non farebbe altro che peggiorare il vostro rapporto -
- Hai ragione - sospirò, il corvino - Vado a parlargli -
- Bravo, Alb - fu la risposta orgogliosa da parte di Tom - Mi raccomando: non fare casini, come tuo solito - lo ammonì, lievemente preoccupato.
- Non lo farò - promise - E tu non fare stronzate con Arianne -
- E come potrei? Siamo a centinaia di km di distanza -
- Appunto per questo, stai attento -
- Te pure -
Chiusa la telefonata, Alberich osservò lo schermo nero del telefonino per interminabili secondi, prima di lasciarlo cadere sul divano del suo salotto.
Non era da lui comportarsi così, ma quando aveva parlato con Ciel gli era sembrata la scelta migliore. Cambiare aria, per permettere al ragazzo di riprendersi.
Più se lo ripeteva, più si sentiva un’idiota per non averne parlato con Robert.
Una piccola parte dentro di lui, sapeva il perché: aveva paura della sua reazione.
“Te ne vai in Canada? Bene, restaci” o qualcosa di simile. Questo lo spaventava a morte.
Era sul punto di andarsene in bagno per farsi una doccia prima d’uscire, quando il cellulare prese a squillare.
Il corvino lo guardò confuso da lontano. Che fosse ancora Tom?
No, non lo era.
E quando lo prese in mano, per verificare il mittente della chiamata, ebbe un tuffo al cuore.
Si sentiva già un uomo morto. Terribilmente morto.
Pallido in volto, il tatuatore toccò il tastino verde per accettare la chiamata e, come un condannato a morte davanti alla ghigliottina, si preparò al peggio.
- Se non muovi subito le chiappe per venire qua, nell’arco dei prossimi cinque minuti, giuro che vengo a casa tua e ti ammazzo! Con le mie stesse mani! -
Aveva ragione Tom; doveva parlargli prima.
- Pulcino, senti... - provò a parlare.
- Pulcino ‘sto cazzo! - lo precedette, furioso - Vieni subito qua, o in Canada ci vai single e castrato - e chiuse la telefonata, senza nemmeno attendere una risposta dal corvino.
Sapeva che Alberich sarebbe corso. Ne andava non solo della loro relazione, ma anche della sua salute fisica.
Pensare che, quando lo aveva conosciuto, aveva pensato che fosse un ragazzo esile e delicato. Uno di quelli a cui basta una folata di vento troppo forte per rompersi un braccio.
No, Robert non lo era proprio per niente. Era l’esatto opposto di una persona simile, alla fine dei conti. Esile nell’aspetto, ma non nel contenuto.
E se non si fosse mosso, si sarebbe ritrovato lui con un braccio rotto, se non peggio.







Quando il tatuatore arrivò davanti alla stanza del proprio ragazzo, prese un lungo respiro prima di entrarvi.
Si sentiva davvero come un condannato a morte, o un maturando pronto ad andare al proprio esame.
Quando varcò la porta, trovò Robert seduto sul letto. Schiena dritta, braccia incrociate al petto e gli occhi scuri ridotti a due fessure.
- Hai trenta secondi per darmi una spiegazione decente prima che riprenda a sclerare. Sfrutta al meglio il tuo tempo - sentenziò, duro, lanciandogli una lunga occhiataccia.
Conoscendolo, se fosse partito con un “Mi dispiace” o qualcosa del genere, il castano sarebbe scoppiato come una bomba.
Doveva scegliere con cura le parole se voleva sopravvivere, anche se non era il suo forte.
- Ho sbagliato a non dirti niente prima, e so di essere un coglione... -
- Fin qui la pensiamo alla medesima maniera - commentò Robert, per poi assottigliare ancora di più gli occhi.
- Si può sapere perché non me l’hai detto? Hai idea di come ci sia rimasto male sentendomelo dire da Lyla? -
Alberich abbassò il viso colpevole, e tirò un lungo sospiro.
Non poteva nemmeno immaginarlo.
- Non sopportavo l’idea di stare qua, senza poterti star vicino e sapendo che, con molte probabilità, non avresti neanche voluto vedermi -
L’arrabbiatura del ragazzo parve scemare lentamente.
Alberich era stato stupido, su questo nessuno poteva dire niente, ma aveva avuto le sue ragioni. Si stava allontanando per tutelare se stesso. Non agiva né per fare un dispetto a lui, né per cattiveria. Semplicemente, non voleva stare ancora più male di come già stava.
- Capisco - parlò il castano, ora più calmo - Avrei comunque preferito venirlo a sapere da te -
- Lo so -
- Per quanto starai via? -
- Non lo so ancora con precisione - rispose, portandosi una mano tra i capelli cortissimi - Sicuramente non potrò lasciare il territorio per un paio di settimane, fino a quando non arriverà anche mio fratello. Poi vedremo -
Robert abbassò il capo afflitto.
Questo voleva dire che non solo non avrebbe rivisto la sua migliore amica per chissà quanto tempo... ma nemmeno il proprio ragazzo.
Con lui ci sarebbe stata anche Rebekka, certo, ma per quanto volesse un bene dell’anima alla bionda, avrebbe comunque sentito un enorme vuoto dentro. Un vuoto incolmabile.
Il ragazzo riprese a torturarsi le mani, con fare nervoso.
- Vorrei poter venire con voi - gli rivelò, infine.
- Robert, non puoi - gli fece notare il lupo - È troppo pericoloso, e hai bisogno di riposo. Non lo dico perché non ti voglio con me, anzi. Ma venire con noi non solo vorrebbe dire essere sottoposti ad un costante pericolo, ma abbandonare la tua vita qua -
Davanti alle parole del lupo, Robert iniziò a sentire gli occhi pizzicare e la vista farsi mano mano sempre più appannata.
- Ma se è tutto così fottutamente pericoloso, perché state andando lì? Non è peggio? Sono stupido, non riesco proprio a capire -
- Per la famiglia di Lyla, ora come ora, ogni posto non è sicuro. Suo zio non è un mostro da sottovalutare, così come anche i mannari. Se dovesse rimanere qua, non solo sarebbe una preda facile, ma... potrebbero andarci di mezzo anche delle persone innocenti; umani e non. L’intera città potrebbe diventare un campo di morte e sangue. Non possiamo permettere che avvenga una cosa del genere -
Robert comprese le parole del tatuatore, ma non riuscì a mandar giù il fatto di dover rimanere bloccato lì senza poter fare nulla di nulla.
Si sentiva completamente inutile.
Un peso.
Sapere inoltre che anche il suo ragazzo avrebbe... rischiato la vita, lo faceva stare ancora più male.
Complici lo stress accumulato nei giorni scorsi, le rivelazioni e tutte le preoccupazioni del momento, Robert si ritrovò involontariamente a singhiozzare sempre più forte.
Alberich al suo fianco si limitò ad abbracciarlo in silenzio, massaggiandogli la schiena con delicatezza.
Rimasero così anche dopo che il ragazzo si fu calmato, senza mai dire una parola.
Stretti in un muto e triste abbraccio.










Angolo della mente malata:
Devo essere sincera: pensavo che non sarei riuscita a pubblicare oggi.
Nella settimana appena trascorsa mi è successo di tutto. Sono stata malissimo, è stata male mia madre, sono dovuta andare a prendere alcuni dei regali di Natale (mi sento così fiera di me, perché sono quasi riuscita a prenderli tutti *^*), sono andata anche a prendere alcune cose per casa nuova (per me rimarrà sempre casa nuova anche dopo anni lol) e oggi sono uscita ancora...
Ringraziamo il fatto che settimana scorsa mi ero già portata avanti con la trascrizione del capitolo, sennò non ce l’avrei mai fatta XD.
Vi avviso subito che nel prossimo capitolo tornerà Lyluccia, perciò non disperate :3 (coff coff e in quello dopo ancora Bekka coff coff io non ho detto niente coff coff)
Intanto, cosa pensate del capitolo?
Se volete fatemelo sapere con un commentino :3
-H




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