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Autore: taisa    29/11/2017    1 recensioni
Quando la vita si spezza in un unico istante resta una sola cosa da fare... vendetta!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 17, 18, Dr. Gelo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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COLD EYES


Il valore della mia vita


I materiali per il suo lavoro erano tutti molto costosi o peculiari. In certi casi persino illegali. Non gli bastava entrare in una ferramenta o dall’elettricista per comprare quello di cui aveva bisogno.

Alcuni dei componenti usati per le sue creazioni venivano registrati e catalogati dagli enti pubblici e lui preferiva l’anonimato. D’altra parte lo scopo dei suoi esperimenti non era legale ed essere rintracciabili poteva risultare un problema.

Così era costretto a trovare altrove ciò che gli serviva per continuare il suo lavoro.

La città più vicina era abbastanza grande da avere un mercato nero, un segreto conosciuto a tutti, situato nella zona meno appetibile. I luoghi della clandestinità, dove ogni sorta d’illegalità si svolgeva dietro tutti gli angoli.

Non era la prima volta che si era visto costretto a camminare tra i vicoli malfamati e di certo non sarebbe stata l’ultima. Si era abituato ad ignorare i volti tetri della gente, gli sguardi avidi che lo fissavano studiando la sua postura cercando di capire chi fosse e perché un vecchio scienziato come lui dall’aria gracile, col viso segnato dall’età e dal dolore, si trovasse tra loro.

Gelo aveva imparato a percorrere le vie spettrali a testa alta. Non aveva nulla che valesse la pena rubare, per tutti i malintenzionati i suoi acquisti erano solo un inutile spreco di tempo. Nessun’altro a parte lui era interessato ad un’ammasso di ferraglia senza valore che aveva richiuso in una capsula nascosta nella tasca della sua giacca.

Si accorse di avere paura solo quando cominciò ad intravedere la vera vita della città all’orizzonte, lasciandosi la malavita alle spalle. Le strade diventarono ben presto più colorate e variopinte. I negozi non vendevano più merce sottobanco, erano attività florenti in una cittadina ricca. I passanti non avevano sguardi assassini, la gente era allegra qui, piena di energia.

Questo gli diede il voltastomaco. Preferiva di gran lunga camminare senza il terrore di essere la prossima vittima senza nome ritrovata in un angolo di strada, ma ciò non voleva dire che l’allegria delle persone lo mettesse più a suo agio. Odiava tutto questo, ogni individuo che gli camminava accanto era un’accoltellata immaginaria che faceva male.

Così aveva imparato a percorrere le strade più tranquille, quelle appartate dove non correva il rischio di incontrare anima viva. Questo gli fece abbassare la guardia.

Non ebbe modo di prevedere quella mano gelida che gli coprì la bocca in un lampo. Sgomento e colto alla sprovvista, il Dott. Gelo non ebbe modo di reagire quando con forza venne trascinato all’interno di un vicolo che incrociò sul suo percorso. Le sue spalle furono spinte contro la parete del viottolo senza quasi dargli il tempo di respirare.

Il dolore improvviso causato dall’impatto e dal fisico anziano lo costrinse a chiudere le palpebre per un breve momento. Quando le riaprì si ritrovò ad osservare la canna di una pistola puntata tra le sopracciglia nivee. L’arma gli impedì di guardare il suo assalitore, “I tuoi soldi e le tue capsule” gli disse questi. Era un ragazzo giovane, intuì dalla tonalità della sua voce.

Gelo sbirciò oltre il revolver, riuscendo infine a vedere gli occhi del rapitore. Con un tuffo al cuore si ritrovò a fissare due pupille di un glaciale azzurro che scintillavano di una fredda determinazione.

Si sforzò di ricordarsi che non erano i suoi occhi che stava guardando, seppur così simili erano anche molto diversi. A parte il colore non c’era altro in comune, quelli del ragazzo che lo stava fissando erano molto sottili ed affinati.

“I tuoi soldi e le tue capsule” ripeté tra sé con rammarico. Sì certo, ma che importanza aveva? Non c’era nessuno a casa ad attenderlo, nessuno che avrebbe compianto la sua scomparsa. Nessuno che avrebbe chiesto giustizia.

“Non ho niente per te, ragazzo” gli rispose, la voce roca che uscì dalle sue labbra dimostrò la reticenza a proferire parola. Senza esitare poggiò la propria fronte sulla canna dell’arma ed attese.

Fissando gli occhi dell’assalitore si accorse della sua sorpresa, evidentemente non si aspettava una reazione tanto anomala. Approfittando della sua indecisione, lo scienziato afferrò con le mani la pistola e la strinse con le dita legnose segnate da anni di duro lavoro, impedendo al ragazzo di scostare l’arma.

Rimasero così per un tempo che apparve infinito. “Che stai aspettando?” gli bisbigliò l’anziano stringendo la presa sul revolver.

Il giovane sembrò indeciso, mai nessuno lo aveva provocato in quel modo e la sua reticenza fu leggibile nei limpidi occhi azzurri.

“Sbrigati, non ci resta molto tempo!” lo chiamò qualcuno alle spalle del ragazzo, il quale non parve aver bisogno di voltarsi per sapere chi avesse parlato. Al contrario, Gelo scostò lo sguardo per individuare il secondo assalitore. Tutto ciò che vide fu una giovane donna appoggiata dalla parte opposta del vicolo, la testa girata verso la strada parallela a quella che stava percorrendo il dottore.

Approfittando del momento di distrazione dello scienziato, il rapinatore strattonò la mano armata e l’abbassò.

Gelo ebbe modo di guardare meglio il volto del giovane. Non doveva avere molto più di vent’anni, il fisico magro e asciutto ed il viso fine in perfetta armonia con i suoi occhi.

“Vattene” gli disse, facendo sparire la pistola in una fondina che teneva legata dietro la cintura di un logro paio di jeans e che nascose sotto una maglietta strappata. Tuttavia all’ordine Gelo esitò, scoprendosi meno sollevato per essere stato risparmiato e più deluso che non avesse posto fine al suo dolore.

Il giovane assottigliò lo sguardo, “Non mi hai sentito? Ti ho detto di andartene, vecchio” ripeté di nuovo e questa volta fu ascoltato.

Il Dottor Gelo lo guardò per un’ultima volta, prima di voltarsi e riprendere il cammino che lo avrebbe inevitabilmente riportato al suo laboratorio.

Il giovane assalitore restò ad osservarlo per un po', fino a quando l’anziano non sparì dietro l’angolo e quindi dalla sua visuale.

Seguì con l’udito i passi che si avvicinarono alle sue spalle, aspettandosi di vederla comparire al suo fianco da un momento all’altro.

La ragazza lo raggiunse presto, avevano la stessa età e gli stesse fini occhi azzurri. “Quanto abbiamo guadagnato?” gli chiese incrociando le braccia. Il giovane non la guardò, ancora concentrato sulla vittima che aveva appena lasciato fuggire. “Nulla” le disse infine, lasciando scivolare le mani nelle tasche dei pantaloni. “Cosa? Mi stai dicendo che non gli hai preso niente?” esclamò incredula la ragazza.

Lui alzò le spalle in un gesto noncurante, un sardonico sorriso sulle labbra, “Rubare a un vecchio non è divertente” commentò quasi ridendo, anticipando la complice verso l’accesso del viottolo. Lei lo guardò di spalle con un’espressione contrariata, scosse il capo prima di seguirlo, “Tsk, certe volte ti comporti proprio come un moccioso, Lapis” brontolò.


CONTINUA…



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