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Autore: Helmyra    29/11/2017    2 recensioni
Quintus amava la fragranza di menta, l'odore pungente della cannella in un infuso di malva, lavanda e camomilla. Nurelion gliene chiedeva uno ogni sera, prima di immergersi nella lettura dell'eventuale libro da cui avrebbe ricavato l'elemento mancante per scoprire il nascondiglio della fiala.
Che aveva avuto modo di toccare, con le sue stesse mani. Peccato che fosse rotta e, con essa, fosse peggiorata pure la salute del maestro.
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Il mistero della Fiala Bianca verrà risolto, e con essa saranno confermate le sorti dei tre personaggi coinvolti nella ricerca. Quintus è deciso a curare il maestro Nurelion dalla malattia, la dunmer Dyanna a fabbricarsi almeno un ricordo felice che può illuminarle il presente... ma cambiare il destino può essere arduo, nonostante la buona volontà.
Una storia semplice con un risvolto cupo, sperimentale a modo suo, tra il vecchio e il nuovo.
Genere: Fantasy, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il cielo concedeva una tregua, pioggia per sciogliere i ghiaccioli sul lato esterno della finestra, non le bufere alle quali Windhelm era già temprata. All'apertura del negozio, e solo per una parvenza necessaria di decoro, lavava via la condensa dai vetri. Cominciava un nuovo giorno, dopo notti quasi insonni trascorse a rimestare pozioni nel calderone e a scaldare le coperte con una padella in cui riponeva alcuni tizzoni ardenti.

Quintus Navale si scusava con i clienti, se le forniture erano in ritardo o gli unguenti ancora in fase di macerazione. Anche l'ordine dei barattoli sugli scaffali lasciava a desiderare, poco importava perché sempre più spesso giungevano facce amiche che, con la scusa di una semplice commissione, scambiavano poche parole sulla salute del maestro.

“Nulla è cambiato, dorme ancora e a tratti si sveglia, per chiedere di bere ed avere tra le mani il suo quaderno d'appunti. L'ho lasciato sul bordo del letto, in modo che sia per lui una presenza consolante e di buon auspicio. Nurelion ha vissuto solo per i suoi studi e non perdonerebbe a se stesso nemmeno il minimo fallo nella memoria.”

Ecco perché aveva colmato la bacheca di note e misure, formule e mappe. Tra la lista di ingredienti da recuperare vi era un garbuglio di minute nervose e sconnesse, alcune dello stesso alchimista, altre di Quintus, che si scervellava come poteva a fornire una risposta logica ai deliri incessanti del vecchio altmer.

“Se solo fosse già qui... se potesse tornare presto!” Batteva i pugni contro il muro perché ogni momento poteva essere fatale e decisivo. Trasaliva quando bussavano o le campanelle appese sul retro dell'uscio trillavano per annunciare un nuovo visitatore. L'aspettativa diveniva un impeto nervoso che si stemperava poi nella disdetta, nel veder comparire un volto estraneo che avrebbe solo prolungato l'attesa sfibrante.

Diceva a se stesso, nell'abbattimento, che mai lo avrebbe imitato. Emulato, ricordato, senza dubbio... ma era l'ossessione che aveva bruciato Nurelion fino alla consunzione. Erano due stranieri in un paese sconosciuto, se non fosse stato per i continui indizi che il vecchio mago aveva usato collezionare, prima di decidersi a stabilire un'attività a Windhelm.

La fiala bianca, questo sarà il nome del negozio, Quintus. Dovremo far in modo di essere i migliori, di imporci sulla concorrenza perché sì, i nostri studi sul campo ci premiano. Skyrim è fatta perlopiù di vecchie tradizioni tramandate oralmente, ricette di vecchie curatrici e persino leggende. Abbiamo il sapere, ma non la memoria storica di questo luogo che ci condurrà infine dove spero... la tomba di Curalmil sarà un segreto che un forestiero ci rivelerà, richiamato dall'insegna che porremo lì in alto!”

I cardini dello stemma di legno dipinto cigolavano gravemente, sotto il peso della neve che non si curava più di pulir via. Spalare l'ingresso era tuttavia obbligatorio, e quei pochi minuti all'aperto erano divenuti per l'apprendista l'unica occasione per affacciarsi all'esterno, strappato per dovere al faticoso compito di infermiere.

Non aveva mai pensato al futuro. In cuor suo aveva sempre sperato di seguire Nurelion, che aveva incontrato al Simposio degli Alchimisti a Cyrodiil, quando ancora non si erano perse le tracce di Sinderion, di cui ammirava gli studi di botanica. Eppure, aveva chiesto di poter divenire discepolo dell'insofferente altmer perché attirato dalla sua personalità sfuggente, da quella fama incondizionata di cui godeva non solo nelle Isole Summerset, ma anche in continente.

Ben presto si ritrovò a pagare lo scotto di doverlo servire come un cameriere. Con la memoria andò indietro nel tempo e ricordò tutti i momenti in cui gli aveva inveito contro, sottraendogli tempo prezioso all'apprendimento. Per fortuna, tanto gli aveva dato in silenzio, mentre si soffermava in disparte ad osservare ogni movimento delle dita, il modo in cui carpiva le foglioline appena sminuzzate o mesceva i filtri.

Non gliel'aveva mai confessato, ma per lui era come un padre. Il suo non l'aveva mai conosciuto, per questo la madre l'aveva affidato al tenutario della farmacia del Distretto dei Mercanti non appena ebbe l'età per fargli da garzone. Era così che s'era appassionato alle tinture, al profumo ovattato delle erbe e delle spezie.

Quintus amava la fragranza di menta, l'odore pungente della cannella in un infuso di malva, lavanda e camomilla. Nurelion gliene chiedeva uno ogni sera, prima di immergersi nella lettura dell'eventuale libro da cui avrebbe ricavato l'elemento mancante per scoprire il nascondiglio della fiala.

Che aveva avuto modo di toccare, con le sue stesse mani. Peccato che fosse rotta e, con essa, fosse peggiorata pure la salute del maestro.

“Ah, diamine!” Poteva una maledizione gravare su un pezzo di cristallo? E se Curalmil avesse davvero prosciugato la sanità mentale del vecchio alchimista, rendendolo folle sino alla malattia?

Molte volte lo aveva dissuaso. E ancor più spesso, aveva cercato di dimostrargli che la fiala bianca non fosse altro che una fantasia, persa nella notte dei tempi.

Era vano, però, convertirlo al torto... poiché la carta, l'inchiostro, erano dalla sua parte.

Per troppo affetto si era ritrovato a mentire e, quando giunse una pallida dunmer ad offrirsi volontaria per la ricerca, Nurelion non esitò ad affidarle la chiave per la tomba, una mistura che egli stesso aveva preparato, serbata tra gli ultimi risparmi rimasti.

Il pavimento del soppalco veniva meno, perché non avevano abbastanza per pagare un carpentiere. Per fortuna, l'elfa s'era fatta carico della missione come se le stesse davvero a cuore la loro storia, chiedendo nulla in cambio.

Una volta riparata la fiala, cosa motiverà il maestro a vivere?

Non seppe darsi una risposta.

I sonagli vibrarono ancora, allegri.

“Quintus, siamo noi!” Una voce femminile venne accompagnata da un urletto e poi dallo scalpiccio di piccoli passi sulle assi di legno. L'alchimista imperiale si voltò per accogliere le visitatrici quotidiane.

“Hermir, Sofie!” Quando vide la bambina, Quintus la prese in braccio, facendola volteggiare in aria con il cestino che portava con sé. Lei rise, divertita. “Anche oggi venite a trovarmi, che dite di bello?”

“Ci sono novità?” Gli chiese la donna, con la preoccupazione sul volto. “Ti vediamo ogni giorno spalare la neve, poi ti rintani nel negozio e non esci più, nemmeno per fare la spesa. Devo dedurre che le condizioni di Nurelion non sono cambiate.”

“Finché riposa nel suo letto e chiede di leggergli un libro, posso ben sperare, anche se non voglio illudermi ed escludere il peggio.”

“Non possiamo ancora salutarlo?” Lo interruppe la bambina, porgendogli la cesta di vimini.

“No, Sofie... vorrei accontentarti, ma adesso sta dormendo. Vediamo un po', oggi cosa mi hai portato?” L'alchimista raccolse dal cestino dei mazzetti di lavanda, fiori di montagna e mirtilli. Ripose al suo interno una sacchetta che conteneva venti monete da un septim, più di quanto avrebbe pagato per l'intera manciata di ingredienti, ma sentiva di dovere alla bambina più di uno scambio. Quella povera creatura dormiva all'addiaccio, temeva per la sua sorte. Forse un giorno avrebbe potuto adottarla, risparmiandole così altri anni di stenti ed elemosine. I suoi occhi azzurri, fiduciosi, gli infondevano affetto.

“A cosa pensi, zio Quintus? Ti prego, stai sereno!”

“Non posso, carissima.” Sorrise, impacciato. “A Nurelion dispiacerebbe molto se smettessi di lavorare, devo quindi continuare a farlo perché... lui avrebbe agito così.”

“Un tipo simile è facile da capire.” Commentò Hermir, a braccia conserte. “Puoi aiutare anche me, Signor Dedizione? Credo di avere di nuovo le mani rovinate dal calore della fornace. Posso continuare a forgiare anche in queste condizioni, ma sarebbe meglio se mi consigliassi un rimedio veloce. Non voglio ritrovarmi a rallentare il lavoro perché non riesco a impugnare il martello.”

“Sono vesciche e geloni. Lascia che ti consigli una pomata.”

La pelle di Hermir era rosea, delicata. Il calore della forgia, il fumo rovente del forno, le avevano irruvidito le mani e le guance. Sugli zigomi sporgenti spiccava un rossore intenso, le labbra carnose erano costellate da una serie di piccole spaccature, a causa del freddo e del vento. Benedetta ragazza, perché si ostinava a indossare un'armatura senza una camicia che le coprisse le braccia? Per dimostrare a se stessa di essere forte quanto il clima delle Marche ad Est. Ecco perché gli piaceva, nonostante avesse la certezza che il sentimento non fosse ricambiato.

Era pur sempre un Imperiale, parte di quella gente da lei tanto odiata.

“Perché te ne stai lì imbambolato?” Rise lei, sistemando una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Non credo sia scienza eccelsa, persino per un alchimista, propormi un medicamento.”

“Oh...” Balbettò Quintus, colto in flagrante. “Pensavo a quale profumo fosse adatto a te.”

“Non ho bisogno di profumi, ma di soluzioni.” Fece lei, abbassando lo sguardo. “Ho da fare, e vorrei prendere qualcosa da mangiare a Sofie, magari non alla taverna dei dunmer.”

“Gli elfi non mi cacciano mai via e sono buoni con me, cosa hanno fatto di male?”

“Ricorda che tuo padre era un soldato per i Manto della Tempesta...”

“Hermir... è sola e ha voglia di parlare.” Quintus consolò la piccola, accarezzandole i capelli scuri. “Secondo me, neanche sa perché c'è stata la guerra civile.”

“Hai ragione... scusami, ho esagerato.” Scosse la testa.

“So quanto ci tieni a questa causa. Non devi nulla a nessuno, soprattutto a me.”

Fu allora che ricambiò il suo sguardo. Forse aveva capito, o era stato così stupido da essersi tradito per un pensiero che lo tormentava da mesi? Sarebbe stato lui lo sciocco a dare un senso recondito a una reazione involontaria. Si vedeva come un pesce grasso e lento, pronto ad abboccare all'amo: lei si sarebbe presa gioco di lui, con quel fare schietto e senza peli sulla lingua che le invidiava tanto. Si considerava un tipo docile, affidabile, ma a parte questo... cosa avrebbe potuto offrire, rispetto all'onore e la forza di un guerriero?

“Ti ringrazio.” Sorrise Hermir, inclinando leggermente il capo. “Salvi sempre le situazioni, Quintus. A fine giornata verrò a pagarti ciò che devo.”

“Non preoccuparti.” La tranquillizzò ondeggiando in aria le mani. “Ti sono grato per tutti i favori che mi hai fatto, siccome da qui non posso muovermi.”

Era riuscito a metterla in imbarazzo. Hermir evitò di rispondergli e si guardò in giro.

“Sofie?”

“Eccomi, sono qui.” Disse lei, giocherellando coi campanelli appesi. “Dobbiamo andare, vero?”

“Purtroppo sì, saluta Quintus!” Lei corse verso di lui, per farsi prendere in braccio.

“Ci vediamo presto, promesso, zio?”

“Promesso.” Rispose lui. Fu con sollievo che le vide andar via; la loro visita – benché breve – era riuscita ad infondergli un barlume d'ottimismo.

Cosa a cui si ritrovò presto a rinunciare, all'ennesimo delirio febbricitante di Nurelion.

“Ah, la vedo!” Urlò nel sonno l'altmer, tendendo le dita verso di lui. “La fiala... sta venendo da me, fulgida e brillante, è chiara più delle fosche lune... ma cosa cova dentro di sé! Una nebulosa serpeggiante, un vortice che mi risucchia assieme ai ricordi, alle memorie di una vita. Quintus... il quaderno!”

“É accanto a voi, maestro.” Lo calmò, afferrandogli una mano. “Vi prego, resistete. Presto l'elfa arriverà.”

“Sì, ne sono convinto. Conta le ore, è questione di poco. Presto la vedrò, presto...”

Presto... presto, quando? Giorno dopo giorno era la sua stessa vita a cedere il passo a sonni più lunghi, perciò Quintus era ben attento a rassicurarlo come poteva, dato che ogni richiesta poteva essere l'ultima. La pioggia, avversa, prese di nuovo a ticchettare sulle tegole, dando voce ai granelli impalpabili della clessidra, decisa a tramargli contro.

Cadeva sempre più copiosa, accompagnata dall'ululare del vento. S'abbatteva sui vetri, sul legno crepitante della porta, e allora fu certo che nessuno, a quel punto, sarebbe giunto ancora a fargli visita.

Tutt'a un tratto udì le assi infrangersi contro gli stipiti dell'uscio, seguì un colpo sordo a fare da contrappeso. Era al piano di sopra, intento a vigilare sul profilo stremato di Nurelion, e non se ne preoccupò più di tanto. Fu per puro scrupolo che andò al piano di sotto.

Si ritrovò di fronte la sagoma di una dunmer intirizzita. Stringeva al petto una mantella di lana, con gli orli bordati di pelliccia scura, forse di lupo. Il capo era coperto dal cappuccio, ma il vento era penetrato al di sotto e le aveva incollato i ciuffi della lunga frangia sulla fronte. Lo guardava coi suoi occhi amaranto, grandi e obliqui, che illuminavano il volto tondo ma spento. Vestiva alla maniera imperiale, non quella dei dunmer; e sentendola parlare, Quintus aveva l'impressione di ritrovarsi a casa.

“Spero di non essere in ritardo, ho accorciato le distanze quanto potevo, ma ho ciò che serve!”

“Pregare gli Otto è servito, se finalmente sei tornata, Dyanna. Non ti avrei mai chiesto tanto, se non fosse per il maestro. Hai la neve, la polvere di mammut e il cuore?”

“Sì, ho involto ogni ingrediente in un telo a parte. Credo che tu sappia cosa fare, vero? Per quanto possibile, cercherò di darti una mano.”

Non conosceva la sua storia, però si era fidato di lei, sin dal primo incontro. Gli aveva raccontato, per sommi capi, di aver frequentato lezioni di magia ed alchimia nella Città Imperiale, senza rivelargli lo schieramento di cui faceva parte. Tuttavia c'erano delle falle nella sua versione, perché alcune delle tecniche da lei adoperate risalivano a un periodo antecedente. Magari aveva avuto un maestro che preferiva la vecchia scuola, non stava a lui mettere in discussione le sue parole.

Eppure, quando quegli occhi rossi lo guardavano, sembravano l'unica parte vivente di un corpo rigido quanto il marmo scolpito.

“Il cuore è il nesso.” Spiegò Dyanna, aprendolo a metà con un bisturi. “Serve solo il sangue.”

Quintus non batté ciglio di fronte la sua sicurezza nel sezionare l'organo, che era stato membra pulsante nel petto di uno sciamano. Le sue mani esperte estrassero dalla carne rugosa e spinata ogni traccia di liquido, che colò lento in un piccolo catino di stagno.

“L'avorio ha una finitura simile al cristallo e la neve, con la sua essenza, conferirà durevolezza.” Seguitò l'alchimista, in pieno accordo con la maga, filtrando le impurità della polvere e unendola alla massa gelida. “Credo che così faccia da collante. Proviamo a vedere come si comporta sul vetro.”

Non appena venne posata sulla fiala, la mistura brillò in una serie di piccole scintille bianche. La crepa sulla sua superficie si rimarginò, come una cicatrice su un tessuto vivente o il graffio di un orso sulla corteccia di un albero. Avvenne tutto nell'arco di pochi, impagabili instanti: quando la fiala restituì finalmente il riflesso dei loro volti, Quintus non indugiò e prelevò dallo scaffale alcuni ingredienti.

“Conosco un metodo più veloce.” Lo fermò Dyanna, che scaldò il vetro della fiala con la luce iridescente di un incantesimo rigenerante. Infine, l'alchimista versò dell'acqua e pregò ancora gli Otto Dèi.

“Funziona!” Il liquido all'interno assunse la patina lattiginosa di un potente elisir. Le dita gli tremavano e il cuore stesso mancava i battiti per la gioia, Nurelion sarebbe tornato in salute grazie all'oggetto che era stato pungolo e letizia della sua intera esistenza.

Non attese oltre, lasciandosi indietro Dyanna, e nonostante ciò lei comprese. In null'altro sperava, solo di veder tornare in brulicante attività maestro e apprendista.

Tuttavia, non era una buona azione destinata solo ai due, le serviva e non poco, per redimere un passato a pezzi, proprio come la fiala.

Sono contenta che sia finita così. Disse a se stessa, con un timido sorriso sul volto mentre s'accingeva a salire le scale.

“Maestro... guardate! Finalmente ho con me la fiala. Integra e potente, come voi volevate!” In un gesto drammatico, Quintus la alzò in alto, sembrava ergerla a dono divino.

“Cosa, è qui? Dammela!”

L'elfo si risvegliò all'improvviso e si protese verso di essa. Quintus accorciò le distanze e gliela pose innanzi. Il vetro catturò ancora un impeto di vita, restituendo l'immagine di un fuoco saettante.

“Che meraviglia!” Escalmò Nurelion, toccando il vetro e fissando vacuamente i suoi occhi incavati, disegnati sul riflesso del tonico. “Bellissima.”

E detto ciò, le sue dita scivolarono via, affondando nella coperta.

 


Broken destiny.

Ci sono delle storie che scrivo in momenti di pausa, e che mi richiedono meno risorse mentali rispetto a quelle già in attivo. Questo non vuol dire che siano meno importanti, anzi. In questa mini-storia introduco ancora una volta i personaggi della prima fic che ho scritto su Elder Scrolls, All About Second Chances. In veste differente, e scrivendo di una quest che mi ha sempre coinvolta per l'esito della vicenda, quella della Fiala Bianca.

Anche se sapete già come andrà a finire, saranno gli elementi che rielaborerò e la storia di Dyanna gli spunti nuovi e insoliti. Quindi, fedeltà all'universo di Skyrim con qualche piccolo risvolto inedito, possibile secondo quello che è avvenuto in passato.

Perché Dyanna? Lei è uno dei personaggi più vecchi che gioco, una dunmer in tutto e per tutto imperiale, come i suoi genitori e il nome che le hanno dato.

Il prossimo capitolo sarà l'ultimo. Doveva essere una one-shot, ma per lunghezza è diventata un racconto brevissimo.

A presto. :)

  
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