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Autore: Scarlet Jaeger    02/12/2017    1 recensioni
Kai Hiwatari
Il monastero riportato a nuova vita.
Una lettera del presidente Daitenji ed una donna, che sconvolgerà irrimediabilmente la pace appena ritrovata del ragazzo e dei suoi compagni russi.
Antichi ricordi che sembravano dimenticati.
Di nuovo il dolore torna a farsi spazio in quelle mura.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Yuri
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 3


 
“Oh, eccoti qua Hiwatari.”
Una bambina di circa sei anni avanzava nel buio di un lungo corridoio, illuminato solamente dalle fiaccole accese lungo le pareti, dopo aver scorto la persona che stava cercando.
Lo trovò dentro una piccola cella umida, seduto su un materasso usurato dal tempo a fissare con rabbia le sbarre serrate di fronte a sé. Erano coetanei, molto simili di statura, ma tutt’altro che uguale era l’espressione sui loro volti. Quella di lui era sofferente, nonostante la mascella serrata dall’irritazione di trovarsi in quel posto solo per aver disobbedito ad un ordine impartito dai suoi superiori.
Lei invece se ne stava in piedi di fronte alle sbarre della sua cella, con la sua tunica candida perfettamente lisciata e l’espressione incredibilmente soddisfatta. In mano aveva un piccolo involucro, che sembrava proprio qualcosa di commestibile.
« Hey, non puoi stare qua. È vietato l’accesso a… » Ma la guardia di turno dovette interrompere la frase quando lei si voltò a guardarlo, notoriamente divertita.
« Non a me. Ho bisogno di parlare con lui. » E voltò leggermente il capo in direzione del bambino, che nel frattempo si era alzato con i pugni serrati. « Quindi puoi tornare al tuo posto, non c’è nulla da temere. » Finì, assottigliando lo sguardo, lasciando che l’uomo le voltasse le spalle e sparisse nella direzione opposta alla sua.
« Quindi che cosa vuoi? »
Dopo alcuni secondi di silenzio, a prendere parola fu proprio il chiamato in causa all’interno della cella, che aveva raggiunto le sbarre e le aveva afferrate con foga, fino ad appoggiare il volto livido di rabbia in uno degli spazi in mezzo alle inferriate.
« Da quanto è che non mangi, Kai? » Chiese lei, facendosi in un attimo seria.
Gli occhi ametista di lui guizzarono immediatamente al pacchetto che lei teneva con noncuranza in mano, meravigliandosi che qualcuno le avesse chiesto di portargli qualcosa da mettere finalmente nello stomaco.
Tuttavia non rispose, perché non voleva farsi vedere debole. Non da lei! La guardò dritta negli occhi con uno sguardo truce, serrando di nuovo la mascella per costringersi a non aprir bocca.
« Immaginavo. » Sospirò lei, iniziando a scartare l’involucro tanto desiderato dal bambino, che la osservava con occhi pieni di aspettative.
Aspettative che crollarono in men che non si dica, perché l’espressione di lei si fece sadica mentre portava direttamente alle labbra il panino dall’aria succulenta che teneva stretto tra le mani.
Iniziò a mangiare sfacciatamente e con noncuranza, a così pochi passi di distanza da Kai che, se avesse potuto, glielo avrebbe volentieri strappato dalle mani.
Ma non poteva, quelle sbarre non gli permettevano di avanzare anche solo di un passo verso quel diavolo e sentì solamente il suo stomaco brontolare all’inverosimile.
Spostò lo sguardo furente da lei, dandole finalmente le spalle, e raggiunse di nuovo il materasso dove da alcuni giorni era costretto a dormire. Ma lei aveva deciso di continuare quella psicologica battaglia, che sapeva di per certo di aver già vinto, e quando finalmente ingoiò l’ultimo boccone, dando l’ultima occhiata alle spalle del bambino, sparì nel buio del corridoio portandosi dietro la sua odiosa risata.

 
                                                                                                            °°°°
 
 
 
 Kai aprì gli occhi di scatto, trovandosi seduto sul sedile dell’aereo in cui si era imbarcato non molte ore prima, col fiato corto ed il cuore che batteva fino all’inverosimile. La sua mente lo aveva tradito con i ricordi di un passato che credeva di aver finalmente dimenticato dopo la prima sconfitta di Vorkov e suo nonno al primo campionato del mondo di Beyblade. Erano anni che non ripensava alla sua infanzia dolorosa, quindi perché doveva aver sognato quella scena proprio quando finalmente riusciva a rilassarsi un po’? Che avesse influito la notte insonne ed i pensieri che lo avevano “torturato” per tutte quelle ore?
In ogni caso non c’era una scusa plausibile per dover rivivere tutto quello, perché i brividi che sentiva nonostante il riscaldamento tiepido e le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte sotto i ciuffi argentei della sua frangia erano veri, a ricordargli che ciò che aveva appena rivissuto era avvenuto davvero, molti anni prima.
“Maledizione!” Pensò, digrignando in denti in una smorfia e spostando l’attenzione vero il panorama al di fuori dell’oblò, cercando di rilassarsi. Osservare le candide nuvole sotto di lui riuscì a calmare il suo cuore e permettergli di riprendere un battito normale. In più si era svegliato con la stessa sensazione di fame del sogno e non era per niente piacevole. Decise quindi di prendere qualcosa da mangiare, visto che poteva permetterselo, a differenza di un tempo.
Mangiò con gusto e quando si sentì abbastanza sazio appoggiò il gomito sul bracciolo del sedile e si perse di nuovo ad osservare il paesaggio sottostante, aspettando il sospirato atterraggio senza azzardarsi a richiudere gli occhi.
 
Quando riuscì ad arrivare a destinazione si fece largo tra il via vai di persone che c’erano all’interno dell’aeroporto di Tokyo, per riuscire ad uscire finalmente all’aria aperta. Da quel lato non era affatto cambiato, non amava rimanere a lungo in luoghi troppo affollati. Era un amante della pace e della solitudine ed il troppo cicaleccio non lo faceva ragionare come avrebbe dovuto, soprattutto se era stata una nottata ed una mattinata incredibilmente agitata.
Raggiunse tranquillamente uno spazio appartato nel parcheggio, assaporando così l’aria tiepida che gli scompigliava i capelli. Solo in quel momento riuscì a chiudere gli occhi ed alzare la testa verso il cielo, così da riuscire a liberate la mente da tutta la stanchezza accumulata in quelle ore. Decisamente il clima in Giappone era meno rigido che nel paese da cui proveniva.
« Signorino Hiwatari. »
La voce tranquilla di un uomo a poca distanza da lui lo distolse dai suoi pensieri, costringendolo a riaprire gli occhi e spostare lo sguardo su colui che lo aveva chiamato. Riconobbe così il suo maggiordomo, che aveva diligentemente informato della sua partenza prima dell’imbarco. E lui era lì, ad aspettarlo chissà da quanto tempo, con il suo immancabile smoking nero e gli occhialetti calati sul naso. Nonostante fossero passati quasi quattro anni dalla sua ultima visita in quella città, almeno lui non era cambiato per niente. Manteneva sempre il suo aspetto vigile e tirato, anche se il suo volto faceva trasparire tutta la sua reale età.
« Arrivo. » Gli riferì solamente Kai, riprendendo il bagaglio che aveva abbandonato sul marciapiede ed il giaccone pesante, rimasto piegato sulla borsa.
Una volta arrivati al veicolo, sempre lo stesso da non ricordava quanti anni, decise di sedersi nel sedile posteriore, com’era solito fare quando non voleva essere disturbato. Non amava sedere nel posto del passeggero, accanto all’autista, erano state molto rare le volte in cui lo aveva fatto. Riusciva a godersi a pieno il percorso solo in quel modo, soprattutto perché non aveva mai avuto qualcuno seduto accanto a lui. Gli unici viaggi in compagnia erano stati quelli con la sua vecchia squadra, ma anche in quelle volte lui sedeva sempre il più lontano da tutti. Era fatto così. C’erano cose che nemmeno il tempo avrebbe cambiato.
Ma quella volta, a dispetto di tutte le altre, il suo volto era rilassato.
« Ha fatto buon viaggio signorino? » Si azzardò a chiedere però l’uomo, iniziando così una qualsiasi conversazione, pur di rompere il glaciale silenzio che si era creato all’interno dell’abitacolo. Aveva anche spostato lo sguardo sullo specchietto retrovisore, cercando di riuscire ad avere la sua attenzione e capire quali sentimenti infuriavano all’interno di quel ragazzo.
Ma stranamente Kai stava sorridendo.
« Abbastanza. » Rispose però, facendo spallucce e meravigliando non poco l’altro per aver addirittura ricambiando il suo sguardo nel riflesso. Di solito si limitava a rispondere senza spostarlo minimamente dal paesaggio circostante.
Appena parcheggiata la macchina nel posteggio adibito a quelle di servizio, il ragazzo non aspettò assolutamente che gli aprisse lo sportello. Prese la sua borsa e si diresse verso il grande portone della villa, seguito come un’ombra dall’altro, che aspettava qualche sua richiesta particolare.
« Più tardi mi servirà l’auto, ho da sbrigare alcuni affari in centro. » Commentò invece, una volta entrato nell’uscio. Rimase di spalle ad osservare di fronte a sé, mentre con gli occhi cercava di scorgere qualsiasi cosa che fosse stato cambiato o spostato, ma tutto era rimasto incredibilmente intatto. Persino il ritratto di suo nonno, che faceva sfoggio di sé accanto alla rampa di scale, e che si era messo ad osservare con la mascella serrata. Nonostante tutto, il suo ricordo non sarebbe mai morto. Prima o poi, si disse, gli avrebbe trovato un posto decisamente migliore per i suoi gusti.
« Come vuole. » Asserì il dipendente, rimanendo di spalle alla porta. Si era fissato ad osservare l’andatura tranquilla del suo superiore con velata tristezza. L’andatura ed il portamento, come l’elegante accostamento di vestiti che aveva deciso di indossare, era quello di un ragazzo oramai cresciuto e con una grande responsabilità sulle spalle. Era oramai in quella casa da prima della sua nascita. Lo aveva visto crescere e formare il suo carattere, con tutte le sue sfaccettature. Lo aveva visto ardere di rabbia, corrodersi dai desideri di vendetta, ma lo aveva colto anche in momenti di tristezza, nonostante preferiva chiudersi nella sua camera quando veniva colto da quei sentimenti. Lo aveva visto tornare a casa coperto di sangue, che lui stesso aveva provveduto a togliere dai vestiti, solo perché il ragazzo era troppo orgoglioso per permettergli di curargli le ferite. Lo aveva visto scappare di casa e tornare dopo giorni, così come aveva assistito ai tanti litigi ed incomprensioni con un nonno sempre assente ed un padre che mai si era fatti avanti per portarlo con sé. Ed era stato lui stesso, con la stessa macchina con cui era andato a riprenderselo all’aeroporto, a trascinarlo al college scelto da suo nonno per cercare di fargli avere un’adeguata istruzione. College che lui non aveva mai portato a termine…
Eh sì, dovette ammettere che, in fondo, gli aveva fatto un po’ da padre.
« Masami? » La voce di Kai però lo fece tornare coi piedi per terra e quando si accorse che lui era in cima alla rampa di scale, con lo sguardo interrogativo per la sua aria assorta e le braccia incrociate, mandò giù una copiosa quantità di saliva. Pensava che volesse rimproverarlo per qualche assurda mancanza, per quello assunse un’aria abbattuta e congiunse le mani pronto a scusarsi.
« Mi dica signorino Hiwatari. » Parlò con voce titubante e questo fece alzare gli occhi al cielo al ragazzo.
« Ti ho sempre detto di chiamarmi Kai. » Puntualizzò sospirando il blader. « È rimasto tutto come l’ho lasciato? » Chiese poi, facendosi serio e trapassando con lo sguardo l’uomo, che rabbrividì non poco per quella sua autorevolezza.
« Ogni cosa a suo posto. » Confermò infine, riuscendo a tranquillizzarsi un po’ per aver scorto un piccolo sorriso sulle labbra dell’altro, prima che gli desse di nuovo le spalle e sparisse dalla sua vista.


                                                                                                             
                                                                                                        °°°°°°



Kai rimase così a fissare la porta chiusa della sua camera, titubante. Da quanto non entrava lì dentro? Forse quattro anni? E se nulla era stato intaccato, se non rigorosamente pulito, probabilmente una volta entrato in quella grande stanza sarebbe stato come se il tempo non fosse per nulla trascorso. Una volta varcata la soglia si sarebbe ritrovato sedicenne, a spasso nei ricordi.
Prese una copiosa boccata d’aria e fece il grande passo. In fondo non aveva acconsentito a tornare momentaneamente sui suoi passi? Non era quindi pronto a rincontrare i suoi vecchi amici, accogliendo così tutte le emozioni che comportava stare in loro compagnia?
Una volta entrato rimase impalato sull’uscio ed in un primo momento si perse a scorrere gli occhi su tutto ciò che lo circondava. Il letto ad una piazza e mezzo perfettamente rifatto, il tappeto che copriva buona parte delle mattonelle perfettamente lisciato, la scrivania libera e tutti i mobili e librerie in ordine.
E fu così che trascorse il tempo che lo divideva dai suoi doveri: a riperdersi nei ricordi che le foto allineate sulle mensole gli avevano rimandato alla mente.
Era per quello che non aveva avuto il coraggio di portarsele dietro. La nostalgia che gli scaturivano nel cuore lo fecero addirittura sorridere nella semioscurità della stanza.
A ricordargli la quantità di tempo trascorsa chiuso nella sua vecchia stanza ci pensò la sveglia del suo telefono, che segnava l’imminente appuntamento che aveva accordato con il presidente la sera prima, appena presa la decisione di imbarcarsi. Probabilmente sarebbe tornato in quella stanza per la notte, ma non ne era estremamente sicuro.
In ogni caso, con un sospiro, si decise a passare di fronte allo specchio e ravvivarsi un po’ i capelli con la mano, in modo da rialzare i ciuffi argentei che gli si erano riabbassati lungo il volto. Si perse anche ad osservare la sua figura riflessa nello specchio affisso alla parete, così diversa dall’ultima volta in cui ci si era specchiato. Oramai erano anni che non dipingeva le sue amate strisce blu sulle guance, che gli davano un’aria quasi solenne, e che non indossava la sua vecchia giacchetta di pelle. Con l’orecchino sull’orecchio sinistro, che aveva deciso definitivamente di tenere dopo anni a fare leva e metti*, erano i suoi marchi di riconoscimento. Chiunque pensasse a Kai Hiwatari non poteva che rimandare il proprio pensiero ad una di queste cose, che però era riuscito a lasciare alle spalle per un aspetto più adulto.
Tuttavia c’era una cosa che gli era incredibilmente mancata.
Aprì le ante del suo vecchio armadio, scorrendo con gli occhi le poche cose che si era convinto a lasciare in Giappone. Ed era lì, a ciondoloni su una stampella vuota, perfettamente pulita, profumata e stirata.
Aveva preso la decisione di lasciarla in quella camera, dove aveva rinchiuso la sua vecchia vita ed i suoi vecchi ricordi, ma in quel momento, pronto a ricalcare quegli stessi ricordi, sentiva il bisogno di portarsi dietro un pezzo del sé stesso sedicenne.
Fu così che uscì dalla stanza a passo svelto, facendo frusciare dietro la schiena i lunghi fascioni della sua amata sciarpa bianca.
Fine capitolo 3
 
 ******************
Colei che scrive:
Eccomi qua a postare questo terzo capitolo in tempo record eheh Non volevo perdere l’ispirazione, nonostante avessi perso buona parte del capitolo già scritto ieri mattina T.T Ho cercato di ricordare tutte le esatte parole che avevo scritto in precedenza ma è stato difficilissimo! Ho tirato giù anche…va beh, andiamo oltre U.U xD
Questo capitolo è l’ultimo così colmo di introspezione, ve lo giuro! Nel prossimo appariranno i nostri Bladebreakers U.U ed inizierà la vera avventura. Ho però voluto scrivere questo capitolo di transizione per descrivere un po’ le sensazioni di Kai nel tornare in un passato che pensava oramai “perduto”. Insomma, si ritrova a capo di un’organizzazione importante in un batter d’occhio, coi suoi doveri e ciò che questo consegue, appena ventenne ed in un soffio di vento si ritrova catapultato di nuovo nella sua vecchia vita (anche se per un breve lasso di tempo.) Mi ci sono immedesimata un po’. Tornare nella propria vecchia camera dopo anni, dove aveva lasciato tutte le foto ed i ricordi. Penso che anche il freddo Kai Hiwatari possa sciogliersi, no? :P
Bene, a parte questo, come il solito il capitolo sarà pieno di errori, quindi chiedo perdono!
Passo quindi a ringraziare Pich Shrooms e Pinca per le recensioni <3 e tutte le persone che la stanno seguendo in silenzio :3
Un bacione a tutti
Alla prossima
  
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