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Autore: Francy_Kid    02/12/2017    3 recensioni
Chat Noir, la Belva Nera, un ragazzo che ha il potere di distruggere tutto ciò che tocca: una maledizione che lo vede essere temuto da tutti. Solo una ragazza, Marinette, sarà in grado di conoscerlo meglio e capirlo.
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•MariChat•
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INIZIATA: 9 Marzo 2017
CONPLETATA: 20 Marzo 2018
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Cap. 36







Chat Noir saltò tra i tetti di Parigi in direzione della camera di Marinette.

 

Seppur avesse una semplice influenza era preoccupato per lei, soprattutto dopo la storia di sua madre.

 

Con un agile balzo e con estrema grazie, atterrò sull'attico della ragazza, sbirciando dalla botola che dava sul letto per controllare che non ci fosse nessuno: la luce era spenta e solo il display del cellulare della ragazza gli fece capire che era ancora sveglia.

 

Aprì la botola, e scivolò accanto alla corvina, che lo accolse con un caloroso sorriso e qualche carezza sulla testa.

 

Erano passati cinque giorni da quando Marinette si era ammalata e stava molto meglio rispetto a qualche giorno prima: le felpe erano diminuite –ora era solo una, seppur pesante– e la sua tomba di fazzoletti usati, come l'aveva chiamata lei, era diminuita di volume, così come gli starnuti e la tosse.

 

Sabine diceva che si era ripresa grazie alle cure amorevoli di Chat, che le faceva visita ogni giorno e le teneva compagnia quando riposava, non lasciandola mai sola e prendendole tutto ciò di cui aveva bisogno, ovviamente senza farsi vedere da Tom, il quale lo aveva quasi scoperto in seguito ad una sua visita di controllo, ma Marinette finse di dormire abbracciata ad un cuscino sotto le coperte.

 

Quella volta, Adrien aveva pensato che se non l'avesse ucciso l'asfissia, lo avrebbe fatto il padre dell'amica, ma per sua fortuna scene non appena notò la figlia "addormentata".

 

Dopo quella volta aveva imparato a distinguere bene i passi dei due adulti: quelli di Sabine erano leggeri e delicati, mentre quelli di Tom erano leggermente più pesanti.

 

Leggermente, aveva specificato. Non era per essere cattivo, ma era l'unico aggettivo che gli era venuto in mente.

 

Quando la ragazza smise di fargli i buffetti sulla testa, Chat appoggiò la testa sulla sua spalla, scrivendo sul suo quaderno –aiutato dalla torcia del cellulare di Marinette–

 

"Come ti senti? Ho visto che hai diminuito gli strati di felpe"

 

La giovane ridacchiò, tossendo un paio di volte prima di rispondere. «Sto già meglio, grazie. La febbre è quasi scesa completamente, ho solo ancora un po' di tosse. Anche i fazzoletti sono diminuiti.» rispose, prendendone uno. «Ho persino imparato l'angolazione perfetta per fare canestro nel cestino.» esclamò, lanciando il pezzo di carta e facendolo rimbalzare sul bordo del cestino, per poi vederlo cadere a terra. «Beh, non ho detto che lo faccio sempre però.» aggiunse nervosa, facendo sorridere divertito il felino.

 

"L'importante è che tu guarisca al meglio" lesse lei, prendendogli la mano ed intrecciando le dita con le sue, vedendosi ricambiata il gesto.

 

Sapeva quanto fosse spaventato malgrado si trattasse di una banalissima influenza; si ricordava la storia che le aveva raccontato, di come sua madre fosse morta, il tutto partito da un male di testa che ha rifiutato di far controllare per non far spaventare suo figlio.

 

Non voleva farlo preoccupare ulteriormente e vederla stare meglio ogni giorno che passava lo faceva sentire più sollevato.

 

«Oggi ho anche aiutato mia mamma a cucinare. Certo, non sono usciti come li faccio di solito, ma ti ho preparato dei "Sandwich alla Marinette". Sono sulla scrivania se vuoi.» disse, facendogli un cenno con la testa.

 

Come se avesse sentito, lo stomaco di Chat brontolò e lui arrossì; l'ultima volta che aveva mangiato fu la sera prima, dato che aveva promesso alla sua amica che non avrebbe più rubato dai venditori per sfamarsi, e dato che lei era inchiodata a letto e lui poteva farle visita solo la sera, i suoi pasti si erano ridotti ad uno al giorno.

 

Annuendo, Chat scese dal letto, tornando poco dopo con il piatto contenente cinque tramezzini.

 

Aveva bisogno di molte energie e se solitamente una persona normale riusciva a mangiare massimo due "Sandwich alla Marinette", il felino ne aveva bisogno di minimo tre per ritenersi minimamente soddisfatto.

 

«Volevo fartene altri, ma avevo finito gli ingredienti ed i miei stavano lavorando. Mi dispiace ma devi accontentarti di quelli.» ridacchiò nervosa, guardando l'amico divorare il primo in solamente due morsi, per poi passare al secondo.

 

Quando prese in mano il terzo, spostò lo sguardo alla corvina e glielo porse, ma lei scosse la testa: «Ho già mangiato», disse, così Chat riprese a mangiare finché non ripulì il piatto, che Marinette ripose sullo scaffale dietro di sé.

 

"I tuoi sandwich sono sempre deliziosi" si complimentò lui, aggiungendo una faccina felice al fondo della frase.

 

«Mi fa piacere ti siano piaciuti.»

 

"Se mai troverò il modo di spezzare la maledizione ti sposerò per assaporare ogni giorno la tua cucina!"

 

Marinette lesse ciò che aveva scritto e arrossì, sperando che la vista notturna di Adrien non funzionasse con il rossore alle guance. «Ehi! Questa è una cosa sessista!» lo rimproverò, cercando di apparire più normale possibile e cercando di tenere ferma la voce.

 

I quei giorni, quando Chat non veniva a trovarla, aveva più tempo per pensare –ignorando totalmente i compiti– riguardo alla sua situazione sentimentale: non aveva più dubbi che provava qualcosa per lui, e malgrado la sua vocina nella testa continuasse a ripeterle che era la Belva Nera, che nessuno avrebbe approvato, che era contro natura, che avrebbe rischiato più di quanto lo stesse già facendo, il cuore era sempre lì a prendere a calci la fonte di quelle parole e ribattendo con frasi tipo "Non importa quanto siete diversi, tu ti sei messa in gioco per lui e lui sta facendo di tutto pur di non perderti".

 

Inutile dire che cuore e testa erano in perenne conflitto su questa cosa e lei si ritrovava con lo sguardo assente a fissare il soffitto, come se in quei momenti si scollegasse per ritrovarsi al centro di quel dibattito, confondendola ancora di più.

 

Insomma, litigavano la maggior parte delle ore, ma le servirono entrambi per farle capire e accettare il fatto che avesse dei sentimenti per Chat.

 

Voleva sotterrarsi? Certo.

Voleva sparire in qualche paese lontano ogni volta che faceva una figuraccia davanti a lui? Ovviamente.

 

Ma dopo come avrebbe fatto a vederlo e godersi quei bei momenti che passavano insieme?

 

 

 

 

 

—•—•—

 

 

 

 

 

Chat rimase a fissare il soffitto per svariati minuti. Non sapeva esattamente quanto, ma sapeva ormai che era notte fonda.

 

Forse erano le tre o le quattro del mattino, pensò lui alzandosi e uscendo dalla stanza.

 

Non era la prima volta che rimaneva sveglio durante la notte a pensare e, sicuramente, non sarebbe stata l'ultima.

 

Era stato chiaro con Marinette sin dalla prima volta: con lei sarebbe stato sincero.

 

Forse un po' troppo, dato che aveva scritto che l'avrebbe sposata per la sua cucina –e ovviamente non c'era solo quello–

 

Si fermò di colpo, poggiando la testa contro il muro e dando un paio di leggere zuccate, mugugnando e ripensando a quanto fosse arrossita: aveva esagerato, ma quelle parole gli erano uscite prima di poter pensare due volte.

 

Una battuta sessista era un modo totalmente sbagliato per dire ad una ragazza che gli piaceva, e si sentiva parecchio stupido in quel momento.

 

Si scostò dal muro, tornando a camminare lungo il corridoio e finendo nella camera dei suoi genitori.

 

Era da parecchio che non entrava ed era tutto ancora in perfetto ordine.

 

Si diresse verso il comodino sul lato dalla quale era solita dormire sua madre, aprendo il primo cassetto e recuperando una busta sigillata, leggermente segnata dall'umidità di vari mesi.

 

Aiutandosi con un artiglio, la aprì, cercando di non rovinare il suo contenuto, restando qualche secondo a fissare la calligrafia aggraziata è ordinata della madre, sentendo un groppo in gola e le lacrime che gli pizzicavano gli occhi, ma lesse allo stesso.

 

"Caro Adrien,

Se stai leggendo questa lettera io non ci sono più e tuo padre ha ascoltato il mio desiderio di dartela quando avresti capito. Ti chiedo subito scusa per ciò che stai per leggere, che penserai che ho sbagliato, ma è stata una mia scelta. Io sapevo di non stare bene sin da subito, ma ho preferito restare con te e tuo padre: non volevo essere rinchiusa in un ospedale e vivere dipendendo dai farmaci; non volevo che provaste sofferenza per me, ma volevo soltanto vedere la vostra felicità ogni giorno, anche se la mia salute peggiorava di giorno in giorno. Sapevo di essere malata e non volevo continuare a vivere sapendo che ero solo un peso per voi, così ho accettato la mia sorte. L'unica cosa che poso dirti è di perdonarmi, perché sono stata egoista ed ho pensato a ciò che volevo io. I dettagli te li racconterà tuo padre, a cui ho detto tutto poco prima di scrivere questa lettera e consegnarla a lui. Sappi solo che ho amato te e tuo padre e veglierò su di voi.

Ti amo, Adrien, e scusa per il mio egoismo.

Mamma "

 

Chat lasciò cadere le lacrime, che atterrarono sul foglio di carta che aveva in mano.

 

Era davvero da sua madre, anche se non era risuscita ad esprimersi al meglio per la sua malattia, e sapeva che voleva dire mille altre cose anche se non ce l'aveva fatta.

 

Il nodo che aveva attorno allo stomaco si strinse ulteriormente, rendendogli quasi difficile respirare.

 

Con il fiato corto, la vista annebbiata per via delle lacrime e la testa che gli girava, si diresse verso la sua camera, dalla quale poi uscì dall'enorme finestra per raggiungere il tetto, stando attento a non scivolare e cadere.

 

Arrivato in cima prese delle enormi boccate d'aria, cercando di ristabilire la respirazione ed il battito cardiaco, ma le nuove lacrime che minacciavano di uscire ed il peso di quelle parole gli impedì di ristabilirsi.

 

Cadde in ginocchio a seguito delle gambe tremanti, fissando un punto non precisato davanti a sé, sentendo le lacrime calde rigargli le guance.

 

L'aria fresca sembrava creare piccoli spilli sulle gote bagnate, ma non gli importava, aveva bisogno di sfogare la sua frustrazione e di liberarsi in qualche modo.

 

Non poteva andare da Marinette, quello era poco ma sicuro –dato che doveva riposare– e doveva cercare di mantenere il controllo; eppure non provava abbastanza collera per diventare la bestia che attacca chiunque si trovi davanti a lui.

 

Voleva solo urlare.

 

Strinse i pugni, scendendo gli artigli conficcarsi nella carne, ma non gli importava; strinse i denti, facendo sì che i canini appuntiti gli bucassero il labbro, ma non gli importava nemmeno quello.

 

Prese un altro respiro e, come se volesse buttare fuori tutto ciò che provava, urlò, ma non un urlo umano, ma bensì una specie di un ibrido tra umano è mostruoso, come se un leone stesse divorando una persona.

 

Il suo urlo echeggiò per le vie di Parigi, spaventando chi era ancora sveglio, e mentre chi era già addormentato rimase tra le braccia di Morfeo, vicino a Place des Vosges, Marinette si svegliò di colpo.

 

 

 

 

 

 

 

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Mi ha dato venire il magone scrivere l'ultima parte, ma un po' di tristezza ci sta sempre (?)

 

Eh beh nel prossimo capitolo ne vedremo delle belle.

 

Mi preparo già a cambiare casa.

 

A sabato prossimo :3

Francy_Kid

  
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