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Autore: reggina    04/12/2017    6 recensioni
Si dice che i gemelli abbiano un legame misterioso, speciale e invidiabile.
James e Jason , forse incatenati allo stesso destino, imparano da subito di non essere il centro del mondo.
Si guardano le spalle, si proteggono e si difendono l'un l'altro. Sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemelli, Tachibana/Derrick
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non è facile riprendere la routine universitaria fatta di lezioni ad orari assurdi, segreterie ed esami diventati la norma. Soprattutto è difficile far finta che tutto vada bene senza James, la mancanza gli pesa e Jason riprova lo stesso disagio della prima notte passata al campus: si sentiva piccolo come una formica difronte a quel mondo del tutto nuovo e da scoprire.

La porta di un marrone brutto cigola e si ritrova nel familiare disordine dell’appartamento universitario che, da tre anni, è la sua seconda casa: un inconfondibile e pungente puzza di muffa gli da il bentornato. Ci sono macchie di umidità perenni e James ha avuto la pessima idea di ripulire quei graffi neri sulla parete intonacata con una spugna grondante acqua.

A scaldare il cuore di Jason e a farlo sentire meno solo è, però, il volto abbronzato di Clifford, con la sua consueta espressione energica e risoluta che da l’idea di una grande forza: è seduto al tavolo della minuscola cucina e sta consumando la sua colazione a base di tè e salumi in vaschetta.

Con il suo caro amico e compagno di mille avventure, il neo arrivato si sente fuori dal tempo, in una specie di area protetta. Sembra essere passata una vita da venerdì.

“Dove hai lasciato quel party addicted di tuo fratello? "

Jason dovrebbe dire qualcosa ma si limita a scrollare le spalle e, allora, deve sorbirsi le lamentele del coinquilino che comincia a parlare come un fiume in piena.

“Ha lasciato questo posto un porcile! Quello sbadato non ha nemmeno buttato il sacco dell’immondizia e dire che gli avevo lasciato un bigliettino sul tavolo e lui, in risposta alle mie esortazioni, mi ha detto di smetterla di essere così pesante. E indovina un po’ adesso a chi tocca convincere l’allevamento di vermi a sloggiare dalla cucina? Per non parlare dei residui di cibo nella pentola ormai buoni per il gatto…”

Clifford deve flettere le dita per non strappare il bigliettino incriminato e buttarglielo in faccia e la cosa fa sorridere Jason suo malgrado.

“Tu non hai un gatto! E poi ci sono post-it seminati in ogni angolo come foglie d’autunno; persino sui tovaglioli scriviamo. Può succedere che un avviso ci sfugga!”

Il roccioso ex difensore dell’Hirado allarga le braccia e alza gli occhi al cielo: non l’avrà mai vinta uno contro due!


Il sole scalda i vetri dell’appartamento con impietosa intensità e, dopo un paio d’ore, Clifford si aggira per la stanza con una buona dose di esami in ritardo sulla tabella di marcia.

Per la prima volta anche Jason trova noiosa la lezione che dovrebbe studiare e, inoltre, prova fastidio per un sacco di dettagli insignificanti che prima a malapena notava e che adesso lo irritano.

Non ha voglia di far niente e così sta fermo ad arrovellarsi su cosa fare per non sentirsi così instabile.

Nel tentativo di sfuggire a quel forno cubico, i due studenti hanno riempito frigo e freezer di bottiglie d’acqua, non prima però di averlo ripulito di una mezza dozzina di yogurt scaduti.


Apri e chiudi. Apri e chiudi.

Prima di mezzogiorno, riescono a malapena a cavare lo spazio per tirar fuori il pranzo.

Stipate in freezer ci sono provviste per un reggimento di soldati, dal vasetto di sugo pronto incastrato in un angolino fino alla vaschetta di lasagne dimenticate ad invecchiare al gelo.

E a salvarli è proprio il motto di James : “Cucina oggi, mangia tra tre mesi!”

Clifford sbuffa e, brandendo un coltello da macellaio, si avvicina con tutta l’intenzione di picconare selvaggiamente il ghiaccio accumulato.

“Aspetta!”

“Posso provare con gli insulti che si scambiano i lottatori di sumo prima del combattimento?”

“Ci penso io!”

Jason finalmente ha qualcosa da fare: stacca la spina e introduce una bacinella d’acqua calda per accelerare il processo di scongelamento.

“Potremmo usare la granella ghiacciata sul pavimento per improvvisare dei mojito!”

Non ride alle battute del coinquilino: è pensieroso e distratto da quando si sono rivisti e Cliff intuisce che c’è qualcosa che non va.

Il suono di una notifica e Jason si mette a smanettare sul cellulare.

Ecco! Sono appena arrivato e mi hanno già fregato con un prelievo !!!

L’ sms di James è imprevedibile come lui, lo spiazza e, finalmente, dopo giorni sente che gli si smuove qualcosa dentro.

Il buonumore e il controllo che suo fratello è riuscito a mantenere rendono Jason consapevole di tutte le sue preoccupazioni. È un momento malinconico in cui capisce quanto la sua famiglia sia importante, nonostante le centinaia di kilometri che li separano e si dice che, in fondo, le urla della mamma per convincerli a mettere in ordine la loro stanza non suonavano poi tanto sgradevoli.

Si lascia cadere sul vecchio divano sgangherato, con un piede a terra e l’altro sul cuscino e si accende una sigaretta aspirando profondamente.

“Allora cos’è questa faccia? Escludo che tu abbia litigato con Miss Peperina ed è ancora troppo presto perché tu ciondoli per casa come uno zombie, armato di pigiamone della nonna e occhiaie pre-esami!”


I fuori sede sono quelle bestiole che vivono in gruppo e che frequentano altri fuori sede, amici dell’adolescenza, che si sentono un po’ spaesati, un po’ senza regole, un po’ uguali a te…

Clifford non è il peggiore con cui convivere ma nemmeno il più tranquillo. Ha la fisionomia da amico leale e aperto e Jason gli affiderebbe pure un tesoro.

La sigaretta che tiene accesa in un angolo delle labbra gli fa socchiudere un occhio, il fumo crea dei piccoli anelli nell’aria.

“James ha un tumore!”

Alla fine dice a voce alta quelle tre parole che schiaffeggiano come un romanzo di mille. Non vede nulla, ha come un velo davanti agli occhi.

Vuole solo liberarsi di queste lacrime che gli offuscano la vista, sputare la saliva che gli riempie la bocca.

Cliff non sa cosa dire e vuole evitare banalità e luoghi comuni. Non gli resta che adeguarsi agli sbalzi d’umore dell’amico; non è il momento di fare troppe domande.

“Stasera quegli incivili del quinto piano danno una festa. Andiamo a fare un po’ di vita sociale fuori da queste mura di cartapesta dietro cui viviamo?”

È un tentativo maldestro di tirargli su il morale ma Jason lo apprezza e abbozza un sorriso perché tutto ciò di cui ha bisogno è una spalla su cui piangere e quella di Clifford è abbastanza grossa per accontentarsi.

   
 
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