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Autore: PrincessintheNorth    04/12/2017    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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KATHERINE
 
 
 
Mi risvegliai, sentendo il petto di Murtagh sotto al viso e il suo braccio intorno alla mia vita.
Cosa?!
- Ehi, Principessa … - mormorò svegliandosi. – Dormito bene?
Istintivamente, gli tirai su la maglietta per vedere dove fosse la ferita.
Non c’era. Oh, beh, c'erano un gran bel paio di pettorali e sei perfetti addominali, che scendevano in una V che ancora non avevo intenzione di scoprire, il tutto solcato da qualche cicatrice, ma nessuna traccia di ferite fresche. 
- Oh. – ridacchiò. – Piccola, non credevo di svegliarmi e trovarmi sotto assedio …
- Che giorno è?! – chiesi sconvolta.
- Oggi. – rispose.
- Il numero.
- Dodici dicembre, cucciola. Perché?
- Non è possibile …
- Giuro. Dodici dicembre.
- Ma …
- Dobbiamo parlare. – disse serissimo.
E mi venne l’ansia.
- Vuoi darmi della puttana perché credi che voglia farmi sverginare e mettere incinta per politica? – lo precedetti, guadagnandomi un suo sguardo confuso.
Mi prese tra le braccia, e poi il viso tra le mani.
- No. – rispose parlando lentamente. – Andiamo in un bellissimo posto dove troverai persone simili a te e altre persone molto gentili che si occuperanno della tua povera piccola mente malata.
- IDIOTA!
Scoppiò a ridere a crepapelle, tanto da piangere.
- Oh, piccola … sei impazzita veramente … no. Non intendo darti della puttana perché non lo sei. E dato che non sei nemmeno pronta per fare sesso, non credo che lo faresti per politica.
- Ma non sei morto? – sussurrai, sconvolta.
- Che io sappia no, amore.
- Era un sogno … - mi resi conto.
Non era successo davvero.
La nostra litigata non era avvenuta e Murtagh non era morto trafitto da una freccia.
Mi strinse a sé, cullandomi dolcemente.
- È quasi pronta la colazione. – sussurrò. – Magari mettendo qualcosa qui dentro. – mi sfiorò la pancia. – Rinsavisci?
-  Il cibo o un bambino?
- Vedi? Stai diventando matta. – ridacchiò. – Non ti ho nemmeno sposata e già temi che ti metta incinta.
-  È legittimo.
- Va beeene … stai tranquilla, amore mio. Stiamo bene. Non ho intenzione di lasciarti, per nessun motivo.
E ormai, nemmeno io.
Se quel sogno mi aveva lasciato qualcosa oltre alla paura, era la consapevolezza.
Nonostante ogni protezione, nonostante la lunghissima vita che ci aspettava, non eravamo immortali.
Potevamo morire di spada, di veleno, di vecchiaia.
Non aveva senso vivere secondo altissimi valori, se poi non si era felici.
Io volevo Murtagh, e non m’interessava altro.
Del suo tradimento sapevamo solo noi due e Shay. Lei sarebbe stata zitta.
Sarebbe stato il nostro segreto.
- Che c’è? – sussurrò accarezzandomi i capelli.
- Niente …
- Non sembra niente.
- Non preoccuparti, è una cosa bella.
- Allora fai felice anche me, no?
- Mi sa che ti perdono …
La sua espressione dolce mutò nello sconcerto più totale.
Di certo, non se l’aspettava.
Rimase in silenzio, ammutolito, per un po’.
- Cosa?
La voce gli uscì debolissima, neanche avesse il peggior mal di gola della storia.
- Idiota, sei perdonato. – risi saltandogli addosso.
Di sicuro, essere felice era molto meglio che esser triste. Inoltre, ormai ero dell’idea che c’era più dignità nel perdonare che nel chiudere completamente ogni porta.
A quel punto, scoppiammo entrambi a ridere, mi strinse forse troppo forte e mi baciò.
- Grazie … - sussurrò. – Amore … te lo giuro, questa volta andrà bene. Non farò più l’idiota. Sarò la persona che meriti di avere accanto, amore mio.
- HO FFFAMEEEEE TATAAAAAA!!!! – strillò April spalancando la porta.
Distruggendo ogni romanticismo.
- Piccola indemoniata … - sospirai. – Salta su, dai. Tra poco arriva la colazione. E non urlare, che svegli Annabeth.
- Va bene … allola giochiamo?
- Dopotutto, Sua Altezza merita più l’attenzione della tata che di me. – sbuffò Murtagh.
- Dai. Abbiamo avuto tutta la notte.
- Ecco, a questo proposito …
- La colazione, signori. – disse il maggiordomo, entrando con il vassoio in mano. – Per voi, Altezza Reale, il Cavaliere Murtagh ha proposto un tè aromatizzato ai frutti rossi di bosco, quindi ribes, lamponi e fragole.
Ovviamente, il te era destinato a me.
Ma April non la pensava così.
- Molte glazie! – fece, prendendosi il mio tè, prima che io potessi anche solo muovere un muscolo, sotto lo sguardo stupito di tutti.
Trenta secondi dopo, se l’era scolato con la rapidità con cui papà mandava giù le pinte di birra alla locanda, e già porgeva la tazza al maggiordomo.
- Può prepararne un altro? – chiese Murtagh.
- Purtroppo no, sono stati usati gli ultimi frutti di bosco, signore. Altezza Reale, penso potrà godere della colazione della Principessina April …
- La mia pappa! – esclamò però lei, tutta contenta, prendendosi anche il suo piatto di latte e biscotti.
Lasciando me completamente a bocca asciutta.
- Non si preoccupi. – disse Murtagh. – Ci facciamo bastare la mia parte.
- Un’aringa, signore? – commentò scettico. – Credo che andrò a chiedere una seconda portata per la sua giovane sposa.
- Noi non … - feci per dire, ma Murtagh mi tirò una pacca delicata sulla schiena, facendomi capire che forse era meglio non parlare.
- Grazie, Andersen, Lady Kirk apprezza molto. – disse rapidamente.
Non appena il maggiordomo uscì, mi voltai verso di lui.
- Noi non siamo sposati! – protestai.
- No, ma hai dormito nel mio letto. Preferisci che pensi che sia mia moglie o una concubina?
- Non sono nessuna delle due!
- Non tutti hanno una mente così aperta.
Sbuffai. – Allora vada per la moglie.
- Sono d’accordo, anche perché Katherine Kirk suona meglio di Katherine Shepherd.
- Non è vero.
- Fidati.
- ANNABETH! – strillò April tutta contenta, vedendo che la sua compare si era alzata. – Tata e Multy fanno di nuovo muamua, te l’avevo detto!
Annabeth sgranò gli occhioni.
- Ma il muamua come mami e papi?
- Sì!
- Ci stanno spettegolando dietro? – commentò Murtagh.
- Mmh- mmh.
Dopo un quarto d’ora, Andersen tornò con la mia colazione, ovvero un’aringa marinata.
Le piccole saltarono sul letto, raggiungendoci.
- Oggi cosa facciamo? – chiese Annabeth.
- Oggi facciamo una cosa importantissima. – rispose Murtagh serio. – Impariamo una cosa nuova.
- E cosa? – fece April.
- Come si chiama la tata. Chi lo sa?
Le due si guardarono un po’ confuse.
- Tata. – disse Annabeth.
- No. Prova a dire Katherine.
Annabeth stette lì un po’ a pensarci. – Apelin?
-No. Prova Katie. – la spronò.
- Katie!
- Ecco! Chiamiamola così! April, prova tu. Kaaaatie.
- Katie. Ma la posso chiamale tata semple?
- Certo che puoi. – la rassicurai prendendola in braccio. – E adesso dobbiamo sistemare questo nido del chiurlo. – le scompigliai i capelli, e lei se li coprì con le mani.
Da quando le erano cresciuti, si annodavano, e odiava pettinarli.
- Dai, April … poi facciamo le trecce. – la tentò Murtagh. – Te le faccio io.
- Tu. – lo apostrofai. – Ho visto gli obbrobri che definisci trecce.
- Scusa? Io le faccio benissimo. – mi rimbeccò.
- Mi dispiace dirtelo, ma in questo sei negato.
- Non è velo! – April mi tirò uno schiaffo sulla gamba. – Multy è blavo e tu sei cattiva tata!
- ECCO! TU SEI CATTIVA! – le diede corda Murtagh.
- E allora me ne vado!
Lo dissi con un tono palesemente scherzoso, ma ad April non piacque.
Il sorriso le scomparve e le si riempirono gli occhi di lacrime.
- Ehi, tesoro … stai tranquilla, era uno scherzo. Non me ne vado …
- Io ho piula se vai via … - pianse stringendosi a me.
- E io non vado via, amore, sarò qui con te sempre.
- Me lo plometti? – mi guardò con gli occhioni tristi e le labbra tremanti, e nel vederla così mi sfuggì qualche lacrima. Non era giusto che soffrisse, così piccola.
- Te lo prometto, cucciola. Mi prenderò sempre cura di te. L’ho sempre fatto e non cambierà mai, questo.
Finalmente, fece un piccolo sorriso.
 
 
 
- FOLZA KATIEEE!!!! – strillarono le due indemoniate, mentre Murtagh cercava di insegnarmi a usare una spada.
Non andavo poi così male, anche se al mio insegnante la cosa non andava bene. Per lui, la sufficienza l’avrei raggiunta solo quando l’avessi superato.
Cosa impossibile, perché era lo spadaccino migliore dell’Impero e del Nord, essendo a pari merito con papà.
Concludemmo l’incontro dopo un’altra mezz’ora, tra strilli e tifi delle bambine, dal quale lui uscì fresco come una rosa, io sudata e piena di lividi.
- Ho bisogno di un bagno. – brontolai a mezza voce, dirigendomi verso le mie stanze.
- State sbagliando direzione, Lady Kirk. – mi ricordò Murtagh, usando quel mio falso titolo. – Le nostre stanze sono di la. – mi prese per le spalle, dandomi una spintarella verso destra, dove c’erano le sue stanze, che la sera prima avevamo condiviso.
In effetti, sarebbe parso strano, dato che ero “sua moglie”, che andassi a lavarmi da un’altra parte.
- Mi scusi, signor Kirk, mi sono un po’ svampita. – lo presi in giro facendo la voce da oca.
- Niente a cui non sia abituato, amore. – sorrise stringendomi e regalandomi un bacio. – Va pure. Io metto a letto le pesti, ma fatti trovare pronta.
- Mmh …
 
 
 
- Ci sei, amore?
Lo sentii aprire la porta, mentre dietro al paravento mi infilavo la sottoveste che usavo per dormire.
Non era molto lunga e coprente, ma d’altronde ero al Sud, e nonostante fosse inverno, in quella stanza, con il camino acceso, lui nel letto e il piumone, morivo di caldo.
Stranamente, non mi sentivo molto imbarazzata. Beh, dopotutto Murtagh mi aveva vista, seppur per poco, in abiti surdani, che lasciavano ben poco all’immaginazione, e in ogni caso, la sera prima, era stato bravissimo nel non farmi sentire a disagio. Non era capitato neanche per caso che le sue mani sbagliassero dove toccarmi, o che il suo sguardo cadesse in parti private.
- Eccoti … - mormorò, stringendomi a sé e tirandomi su. – Sei bellissima … ma dobbiamo comunque parlare.
Aveva usato un tono grave, per cui iniziai a pensare che fosse qualcosa di serio.
- I miei? Stanno bene? – provai ad informarmi.
- Sì, amore, ma è una cosa che riguarda noi.
Oh, merda.
- C’è un problema gravissimo, che non riusciremo mai a superare … insormontabile ...
- Quale? – ormai l’ansia era alle stelle.
Mi guardò negli occhi. – I tuoi piedi gelati.
Oh.
Beh, di sicuro quella era una risposta inaspettata.
- Ma … avevo le calze, stanotte …
- Non sono state abbastanza. – fece una finta voce lamentosa e disperata, mentre io iniziavo a ridere a crepapelle. – Mi hai congelato! Non sono riuscito a dormire per colpa di quei tuoi ghiaccioli! Perciò, tieni!
Mi mise in mano un paio di calzini più pesanti.
- Oh … okay …
- Dobbiamo pur trovare un modo per convivere, non credi? – fece.
A quel punto, scoppiammo a ridere entrambi.
- E comunque, mi merito un encomio. – rise.
- E perché?
- Sono stato tutta la notte, a letto, con la ragazza dei miei sogni, e non solo non ci ho fatto sesso ma nemmeno l’ho toccata! Non mi è mai capitato di avere una ragazza nel letto e non farci niente! – esclamò, divertito, serrandomi al suo petto.
Mi resi conto di desiderare che quel momento, quel suo abbraccio, durassero per sempre.
Sì.
Avevo fatto molto bene a perdonarlo.
   
 
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